La fantastica scoperta tutta italiana sulla molecola che limita lo sviluppo del tumore.

 

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La fantastica scoperta tutta italiana sulla molecola che limita lo sviluppo del tumore.

La ricerca del team di Mantovani dell’Humanitas pubblicata su «Nature»

Come una Ferrari. Così funziona il nostro sistema di difesa immunitario: è potente, dotato di acceleratori che lo fanno partire e viaggiare ad alta velocità, quando si tratta di difendere l’organismo da aggressioni pericolose, ma anche di freni, che gli impediscono di andare fuori strada. Se, però, il sistema frena troppo, la macchina finisce per fermarsi. È più o meno quello che succede a certe cellule immunitarie di fronte a un tumore, un nemico da raggiungere e annientare: tirano il freno e lasciano alle cellule cancerose campo libero per espandersi e dare metastasi.
È questa la metafora che aiuta a capire l’ultima, sofisticata, scoperta del gruppo di ricerca di Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’Istituto Humanitas di Milano e docente all’Humanitas University, appena pubblicata su Nature e finanziata da Airc, l’Associazione per la ricerca contro il cancro: si tratta della scoperta di un nuovo «freno» che si chiama in sigla IL-1R8.

L’importanza della scoperta

Perché è così importante? Perché oggi l’ultima frontiera delle terapie anti-cancro si chiama immunoterapia: permette di tenere a bada tumori prima difficilissimi da curare, come il melanoma, e agisce proprio sul sistema immunitario, sbloccando i freni che lo inibiscono e rendendolo di nuovo capace di distruggere le cellule tumorali. Tanto per dire: i pazienti con melanoma, fino a poco tempo fa, potevano sopravvivere qualche mese, oggi arrivano anche a dieci anni di vita in più.
Al momento sono fondamentalmente due i «freni» che possono essere neutralizzati dalle immunoterapie: si chiamano Pd1 (e Pdl1) e Ctl4. «Questi “freni” appartengono a cellule del sistema immunitario chiamate linfociti T – spiega Mantovani -. Noi, invece, abbiamo scoperto un altro “dispositivo frenante”, l’IL-1R8 che si trova su altre cellule immunitarie chiamate Natural Killer , cellule con “licenza di uccidere”. Se ne trovano tante in organi come il fegato e il polmone, spesso bersaglio di metastasi». Ecco perché l’idea di riattivare i «killer di professione», potrebbe portare a nuove terapie anti-metastasi in questi organi.

Il team

Alberto Mantovani e il suo gruppo continuano a lavorare alacremente e presto ci potranno essere novità: grazie all’aiuto dei giovani e delle donne. Perché il «gruppo di testa» della ricerca pubblicata da Nature è la coppia «senior» formata da Mantovani e da Cecilia Garlanda, ricercatrice dell’Humanitas (cui si aggiunge Angela Santoni dell’Università La Sapienza di Roma), ma i primi firmatari del lavoro sono due giovanissimi «scienziati», Martina Molgora e Eduardo Bonavita, studenti di dottorato di ricerca che hanno appena ricevuto il Mit Award, un premio assegnato dal prestigioso Massachusetts Institute of Technology di Boston. Sono al lavoro in Italia.

fonte: http://www.corriere.it/salute/sportello_cancro/17_ottobre_26/scoperta-italiana-molecola-che-limita-sviluppo-tumore-121e02d6-ba26-11e7-b70e-7d75d3b9777f.shtml

È nell’amaro che si nascondono molte sostanze capaci di proteggerci.

 

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È nell’amaro che si nascondono molte sostanze capaci di proteggerci.

Pompelmi e pomodori oggi sono più dolci, ma sarebbe bene tornare ad apprezzare ortaggi e frutta amarognoli: sono sani e grazie al loro gusto regolano anche l’appetito

Dove sono finiti i vecchi pompelmi, quelli che davano spremute aspre, per alcuni difficili da mandar giù? Se lo è chiesto il New York Times scoprendo, è il caso di dirlo, un’amara verità: grazie a scelte commerciali, incroci fra specie o metodi di trasformazione degli alimenti, il gusto amaro sta quasi sparendo dalla nostra tavola. Nei supermercati arrivano pompelmi rosa o rossi, meno acidi; i pomodori di oggi contengono quasi duecento volte meno della pungente tomatina rispetto a varietà mai incrociate dagli albori dell’agricoltura; preparando i succhi di agrumi l’industria utilizza resine che intrappolano naringina, limonina, naringenina per rendere il risultato più gradevole al palato.

L’amaro era la spia di tossine da non mangiare

Scelte che non stupiscono, perché l’uomo si è evoluto sospettando dell’amaro: il dolce è il sapore dell’energia di pronto uso, amiamo il salato perché il sodio serve all’organismo per funzionare, mentre l’amaro è la spia di tossine da non mangiare. Molti composti naturali dal sapore acre sono infatti prodotti dalle piante come veri e propri pesticidi, per tenere alla larga batteri o insetti. Peccato però che i composti che rendono “bitter” alcuni tipi di frutta e verdura siano in realtà il loro segreto di salute: in dosi elevate possono essere dannosi e ci siamo evoluti per riconoscerne il pericolo, ma in piccole quantità sono ottimi per mantenerci sani.

I cibi amari: sono sani proprio perché sono «tossici»

Sono amari infatti fitonutrienti come la naringina degli agrumi, antinfiammatoria e anti-ulcera, o la sinigrina di broccoli, cavoli e cavolini di Bruxelles, dalle proprietà antitumorali; stesse proprietà anticancro e stesso sapore poco gradito ai più si trovano nella quercetina del tè verde, nella genisteina della soia e così via, mentre pure cacao, vino rosso e caffè possono avere effetti benefici proprio grazie ai loro nutrienti amarognoli. «I fitonutrienti prevengono i tumori perché distruggono le cellule: sono sani proprio perché sono tossici», dice Adam Drewnowski, epidemiologo dell’università di Seattle che ha studiato l’azione anti-tumore al polmone in grandi fumatori della quercetina di tè verde, broccoli e vino rosso. E se quella di Jed Fahey della Johns Hopkins University di Baltimora sembra un po’ una provocazione («Mangiare vegetali selezionati o creati per essere meno amari è come bere le calorie vuote di una bibita in lattina», dice il ricercatore), di certo per il nostro bene dovremmo abituarci a tollerare un poco di più il gusto bitter anche perché i fitonutrienti dal sapore sgradevole sono ottimi regolatori dell’appetito: «I recettori per l’amaro non sono solo sulla lingua ma in tutto il tratto gastrointestinale e ora sappiamo che sono coinvolti nella regolazione dell’appetito. Eliminare i vegetali amarognoli, oltre a privare di sostanze utili per la salute, può compromettere la capacità di moderare l’introito di cibo», spiega Daniele Del Rio del Dipartimento di Scienze degli Alimenti e del Farmaco dell’università di Parma.

Sì all’aperitivo dal gusto amarognolo

Si potrebbe obiettare che aver tolto l’amaro dai vegetali ne abbia aumentato il consumo da parte nostra, soprattutto dei bambini, ma secondo Drewnowski il gioco non vale la candela: «C’è sì un vantaggio, perché i vegetali hanno anche una bassa densità energetica, fibre, vitamina C, ma il loro effetto salutare diminuisce se eliminiamo i fitonutrienti amari: l’obiettivo deve dunque essere apprezzare di più ortaggi e frutta meno dolci». Riuscirci non è impossibile: caffè e birra piacciono perché l’amaro si associa a caffeina e alcol che percepiamo come “ricompensa”, ma il concetto si può applicare a cibi più sani unendo al sapore sgradito un altro gusto che piace, per esempio usando cavoli e simili per condire la pasta, generalmente gradita. Sì infine all’aperitivo dal gusto amarognolo, che aumenta la secrezione gastrica e favorisce la digestione, per iniziare bene il pasto e magari abituarsi così a sapori non dolci.

tratto da: http://www.corriere.it/salute/nutrizione/17_giugno_01/amaro-sostanze-capaci-proteggerci-8e3e8c58-46a6-11e7-b9f8-52348dc803b5.shtml?intcmp=exit_page

Fine del Mondo: Nibiru, il pianeta X scoperto dai Sumeri che presto colliderà con la terra. Una storia in bilico tra scienza, leggenda, fantascienza e bufala…

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Fine del Mondo: Nibiru, il pianeta X scoperto dai Sumeri che presto colliderà con la terra. Una storia in bilico tra scienza, leggenda, fantascienza e bufala…

Fine del Mondo: astronomi sostengono ‘Nibiru sarà presto visibile’

Alcuni astronomi sostengono che il Pianeta X sarà presto visibile dal Pianeta Terra

Nibiru tra un po’ potrà essere visto in modo chiaro e visibile a occhio nudo dal nostro Pianeta come la Luna. Ad affermare questa teoria è l’astronomo Broussard, da sempre appassionato del #Pianeta x, il quale sostiene che fino ad ora non sono state pervenute immagini autentiche di questo Pianeta, nonostante ne siano state diffuse alcune in rete, ma che molti pensano siano dei falsi. Ben presto Nibiru sarà visto in tutto il mondo, poiché avverrà il passaggio del Pianeta X talmente vicino alla Terra che esso potrebbe costituire una minaccia per l’intero cosmo. La NASA ha da sempre smentito le ipotesi di Mr. Broussard, attribuendo la presenza di questo Pianeta minaccioso a una vera e propria truffa su Internet.

Ma qual è la verità?

Nibiru tra leggenda e realtà

La storia di Nibiru ha inizio nel 1976 quando lo scrittore Zecharia Sitchin attraverso le sue ricerche sui Sumeri e i Babilonesi, afferma dell’esistenza di un enorme Pianeta che orbita il Sole ogni 3600 anni. I teorici della cospirazione dichiarano che il Pianeta X passerà talmente tanto vicino alla Terra da provocare una tensione gravitazionale così potente da innescare catastrofi naturali, come terremoti violentissimi. Tra mito e realtà, il Pianeta X è così minaccioso poiché ben 10 volte più grande della Terra: benché scoperto dai Sumeri, quindi se ne parla da tempi antichissimi, non vi sono riscontri effettivi sulla sua esistenza e soprattutto su un’#Apocalisse imminente. L’astronomo Broussard non è della stessa opinione: egli è convinto che il governo sia a conoscenza della catastrofe incombente e abbia già preparato dei bunker sotterranei e scorte di cibo per fronteggiare l’inevitabile collisione.

Avvistamenti e immagini di Nibiru

Alcuni sostenitori dell’esistenza di Nibiru confermano la presenza del Pianeta X, affermando di averne catturato l’immagine con la propria fotocamera. Una foto scattata da un telescopio a infrarossi posizionato nell’emisfero sud del Polo Nord, avrebbe immortalato l’immagine del Pianeta X. Video girati a Los Angeles il 24 settembre avrebbero immortalato l’icona del pianeta X. Mr Broussard è convinto dell’apparizione dell’enorme Pianeta, dichiarando che: “Nibiru sarà riconosciuto a breve come un nuovo Pianeta, appena visto esso sarà reale e sarà visto in tutto il mondo”. Non ci resta altro che aspettare l’imminente arrivo del Pianeta X, mantenendo la calma e non facendoci prendere dal panico, puntando gli occhi al cielo e scongiurando l’avvento di un’Apocalisse.

 

Contro il proliferare di farine super-raffinate e di dubbia provenienza, ecco i mini – mulini domestici, per avere un prodotto fresco e sicuro.

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Contro il proliferare di farine super-raffinate e di dubbia provenienza, ecco i mini – mulini domestici, per avere un prodotto fresco e sicuro.

Piccoli mulini da casa per avere farina fresca e doc. Perché la nostra civiltà ha impoverito la ricchezza nutritiva dei cereali.

Piccoli, utili e veloci. Sono i macchinari casalinghi, da acquistare anche online, che permettono di raffinare in proprio i cereali migliori. Per mantenere intatta la loro ricchezza nutritiva

Ritorno al passato, agli antichi mulini a pietra? Tutt’altro, semmai un ritorno al futuro. Perché la nostra civiltà nell’arco dell’ultimo secolo ha impoverito la ricchezza nutritiva dei cereali. Purtroppo nei mulini moderni si è sempre più diffuso il metodo della raffinazione per mezzo dei rulli d’acciaio ad alta velocità, che rende la farina ricca di calorie ma povera di sostanze bionutritive benefiche: proprio quelle più necessarie per la salute secondo i risultati delle più recenti ricerche scientifiche. Chi segue un’alimentazione naturale conosce il valore biologico dei cereali integrali, con tutte le vitamine, i minerali, le fibre e i preziosi acidi grassi essenziali contenuti nel germe. Infatti oggi più che mai le farine macinate negli antichi mulini a pietra (ancora magnificamente funzionanti nelle migliori aziende agricole tradizionali) sono molto ricercate per la loro qualità superiore. Ecco perché, su esempio di altri Paesi mitteleuropei dove macinarsi la propria farina in casa è un’esigenza molto sentita, si sta diffondendo anche in Italia l’utilizzo dei piccoli mulini domestici.

Funzionamento e costi

Come funzionano i mulini casalinghi? Proprio come gli antichi mulini a pietra. E sono facili da usare: da una parte si immettono i chicchi di cereale, e dall’altra parte in pochi minuti esce la quantità di farina utile alle necessità del momento; con la garanzia della massima genuinità e con il vantaggio di avere sempre a disposizione il prodotto fresco, perché bisogna tener conto anche del fatto che le farine, una volta macinate, perdono in fretta le loro preziose sostanze vitali, percorrendo le molteplici tappe della catena alimentare. Quanto costano i piccoli mulini domestici? Non tanto, e naturalmente dipende dalle esigenze: diciamo che partendo da 250 euro si trova un buon mulino elettrico in grado di macinare 1 chilo di farina in circa 5 minuti, con un consumo energetico del tutto trascurabile.

Sul Web troverete un’ampia gamma di mulini casalinghi.

Datevi da fare ed cominciate la Vostra avventura con il vostro mulino personale.

 

tratto da: http://lospillo.info/piccoli-mulini-casa-farina-fresca-doc-perche-la-nostra-civilta-impoverito-la-ricchezza-nutritiva-dei-cereali/

 

Dalla Svezia le finestre solari che si riscaldano con il freddo

 

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Dalla Svezia le finestre solari che si riscaldano con il freddo

Grazie all’aiuto della nanotecnologica, un team di scienziati sviluppa una nuova tecnica per trasformare le ordinarie finestre in “radiatori solari”

Nanoantenne nel cuore delle finestre solari passive

(Rinnovabili.it) – Da semplici vetri di infissi a radiatori trasparenti alimentati dal sole. Questo il passaggio evolutivo ricreato all’Università di Göteborg, in Svezia. Qui, un gruppo di ricercatori, in collaborazione con colleghi provenienti da Cina, Iran e Stati Uniti, ha creato delle nuove finestre solari passive capaci di contribuire in maniera sostanziale al risparmio energetico domestico. “Abbiamo sviluppato un modo sorprendentemente semplice, economico ed efficace per trasformare le normali finestre in vetro in schermi termici a energia solare, in grado di modificare in maniera significativa l’equilibrio termico gli ambienti domestici e di lavoro”, spiega Alexandre Dmitriev, ricercatore dell’ateneo svedese e co-autore del paper pubblicato su di Nano Letters. Un contributo essenziale “soprattutto se si pensa alla crescente quantità di superfici vetrate utilizzate nell’architettura moderna”.

L’idea alla base delle finestre solari passive è la stessa adottata da alcune celle fotovoltaiche: sfruttare le proprietà plasmoniche delle nanoparticelle metalliche (un’eccitazione collettiva associata  alle oscillazioni degli elettroni) in modo da catturare radiazioni a lunghezza d’onda predefinita e aumentarne il tempo di “intrappolamento” nello strato attivo.

In questo caso, le minuscole antenne sono costituite da sandwich di ossido di alluminio nichelato e modellate direttamente sul vetro. Con l’aiuto delle oscillazioni degli elettroni che si creano sulla superficie di questi materiali (dette per l’appunto “plasmoni superficiali”), le nanoantenne migliorano l’assorbimento dei raggi solari, riscaldando l’intera superficie.

Nel nuovo studio i ricercatori hanno dimostrato la direzionalità nell’assorbimento luminoso: quando il sole colpisce il vetro delle finestre solari passive, la luce viene assorbita in modo più efficiente dal lato esterno (quello rivestito dalle nanoantenne) rispetto alla parte posteriore (substrato). Il risultato? La finestra acquista circa 10 gradi centigradi in più, interrompendo la dissipazione di calore degli ambienti interni. E dal momento che le nanoantenne sono altamente modulari, possono essere trasferite o “verniciate” su qualsiasi superficie.

“Tutti questi vantaggi possono portare a applicazioni in cui avere simultaneamente trasparenza, direzionalità e proprietà termiche, con possibilità di aggiungere elementi come il raffreddamento passivo radiativo e l’isolamento termico”, ha aggiunto Dmitriev. “Queste antenne potrebbero anche essere accoppiate a sistemi molecolari in grado di memorizzare la luce del sole sotto forma di calore e cederla su richiesta”.

In futuro, il team prevede di raggiungere incrementi di temperatura ancora più grandi, consentendo alle superfici di assorbire le radiazioni ultraviolette e quelle vicine all’infrarosso.

 

fonte: http://www.rinnovabili.it/energia/efficienza-energetica/finestre-solari-passive/

NON C’E’ NESSUNA CRISI – La parabola del contadino e dello speculatore. Da non perdere !!

 

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NON C’E’ NESSUNA CRISI – La parabola del contadino e dello speculatore. Da non perdere !!

Guarda il video alla fine dell’articolo.

Un contadino ha un campo di grano e produce pasta e pane. Un secondo contadino ha un frutteto. Un allevatore ha un gregge di pecore e produce latte e formaggi. Un artigiano realizza mobili in legno, un altro fila la lana e tesse indumenti.

Quello che ha il pane ne scambia una parte con il formaggio dell’allevatore e con i maglioni del secondo artigiano. Quello che ha la frutta ne scambia un po’ con un tavolo e quattro sedie, e con qualche chilo di pasta. Ognuno produce qualcosa e tutti insieme hanno le cose essenziali per vivere. La natura, del resto, nel medio termine si può considerare prevedibile: se un anno c’è meno frutta, l’anno dopo ce ne sarà di più.

Arriva uno speculatore che, promettendo di scambiare nuovi beni, si prende un po’ di pane, un po’ di frutta, un po’ di latte e un po’ di formaggio. Non restandone più a sufficienza per tutti, scambia quello che ha preso con chi ne ha bisogno ma, data la scarsità di beni che ne deriva, pretende da ciascuno un corrispettivo maggiore di indumenti, di sedie, di pane, di formaggio… Se l’allevatore, mettiamo, non riesce a far fronte alle richieste, perché non dispone di risorse sufficienti a coprire l’aumento artificiale del fabbisogno, lo speculatore gli concede lo stesso il pane e tutto il resto, ma lo impegna a versare l’ammanco ipotecando il formaggio che non è ancora stato prodotto. Lo indebita.

Arriva un secondo speculatore e si prende la restante parte della produzione locale. I contadini, gli artigiani e l’allevatore accettano, perché hanno bisogno di compensare la carestia indotta, cercando di produrre di più nel disperato tentativo di entrare subito in possesso di ciò che viene improvvisamente loro a mancare.

A questo punto, tutti i beni disponibili sono nelle mani dei due speculatori, i quali sono liberi di decidere come, a chi e per quanto scambiarli. Fanno i prezzi, esigono sempre di più e indebitano progressivamente i contadini, gli artigiani e l’allevatore che ora non producono più per vivere, ma vivono per produrre una quantità sufficiente, sempre maggiore, di cibo e di beni, che possa soddisfare le richieste degli speculatori.

Con l’arrivo di un terzo speculatore, proveniente da terre lontane, che a sua volta ha indebitato altri artigiani, altri allevatori e altri contadini, i tre iniziano a riunirsi periodicamente per scambiarsi i debiti dei produttori, scommettendo sulla loro capacità di ripagarli con perseveranza, senza morire di inedia. Senza fallire.

Quando gli speculatori, tra di loro, esagerano con le speculazioni, scommettendo sulla capacità di ripianare il debito di un allevatore che muore di infarto, per esempio a causa dell’eccessivo lavoro, perdono parte dei loro crediti, che poi sono i debiti di chi produce i beni reali. Così dichiarano ufficialmente l’apertura della crisi. Lo stato di crisi, dicono, richiede ai contadini di produrre più grano e più frutta, agli allevatori di produrre più latte, agli artigiani di fabbricare più tavoli e più indumenti e così via. Altrimenti verrà loro richiesto di saldare i loro debiti immediatamente, e poiché è chiaro che non possono farlo, le loro fattorie verranno espropriate, i loro allevamenti confiscati e moriranno di fame.

Ma la crisi non è dei contadini, che continuano a produrre il grano e la frutta che producevano all’inizio. Non è degli allevatori, che hanno sempre lo stesso numero di pecore, anzi di più, e dunque producono la stessa quantità di formaggi e di latte. Non è di chi fabbrica i mobili sempre alla stessa maniera, né di chi tesse indumenti esattamente come faceva una volta. No: sono gli speculatori ad essere in crisi, non i produttori. E’ il loro meccanismo di inflazione programmata dei prezzi per i beni di prima necessità ad essersi gonfiato fino ad esplodere. La loro ingordigia, il loro universo artificiale, il mondo parallelo e immaginario che hanno costruito accanto a quello reale: è tutto e solo questo ad essere andato in crisi.

Finì che i contadini, gli allevatori e gli artigiani mandarono a quel paese gli speculatori e ricominciarono a scambiarsi il pane, il latte, il formaggio, i mobili e i vestiti tra di loro, lasciando gli speculatori al loro meritato destino.

 

Ci stiamo mangiando l’Africa e la chiamiamo democrazia

 

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Ci stiamo mangiando l’Africa e la chiamiamo democrazia

Secondo gli economisti, i paesi africani sono tutti in crescita, l’Africa è in continuo sviluppo ma ha due giganteschi problemi: noi occidentali e la non redistribuzione del valore all’interno delle nazioni africane.

Il problema è anche che la maggior parte della crescita di questi paesi è alimentata dal debitoe dalle vendite di risorse naturali, quindi è una crescita su carta, non una crescita della società: la maggioranza della popolazione vive in povertà con poche e rare parentesi di prosperità.

Nei paesi africani, la storia negli ultimi cento anni è particolarmente ripetitiva, in modo quasi inquietante. Ogni tanto c’è una rivolta, arriva un nuovo leader con idee socialiste-nazionaliste del tutto legittime che vengono bollate dall’occidente come filo-comuniste. Il leader stesso viene additato come dittatore, anche se strappa una nazione da una monarchia oscurantista e oppressiva, portandola a una repubblica moderna. Il leader in questione di solito resiste vivo qualche anno, poi viene destituito o ucciso da una rivolta finanziata dai paesi che hanno interessi economici nelle risorse locali. Se il leader riesce a restare in carica più a lungo, in genere finisce per impazzire e diventa un dittatore sanguinario. Molto lo fa la scarsa formazione culturale, l’assenza di intellighenzia del paese, ma parecchio lo fa la pressione quotidiana. Se vivi in una situazione in cui non ti puoi fidare di nessuno, ogni giorno potrebbe essere l’ultimo e l’unico modo per sopravvivere è essere molto paranoici… Da lì alla follia, il passo è breve.

Uno degli ultimi di questi leader di lunga carriera è stato Gheddafi. I media europei si fingono disgustati da Gheddafi, un vecchio dittatore pazzo e vizioso, maniaco di chirurgia plastica, sfarzo, harem e lolitismo (come se in Italia non avessimo avuto il maggiore rappresentante della categoria!). Ma l’informazione mediatica di massa dimentica sempre di raccontare che Gheddafi è stato prima di tutto un idealista, un teorico del neo-socialismo, che ha guidato la rivoluzione contro un re oppressore del popolo che svendeva le risorse a Francia e Stati Uniti, schiacciando la popolazione nella miseria e nell’analfabetismo.

In seguito al colpo di stato, presentato dai media come “oppressiva dittatura militare”, Gheddafi ha messo in pratica le sue idee di rifiuto per il capitalismo, scegliendo una forma di socialismo nazionalista ispirato al socialismo arabo di Gamāl ʿAbd al-Nāṣer, quest’ultimo però presentato come grande politico perché levava a USA e Francia la fatica di mettere d’accordo Husayn e Arafat. Gheddafi ha messo in pratica la ridistribuzione della ricchezza petrolifera per sostenere programmi di benessere sociale: i soldi provenienti dal petrolio venivano depositati direttamente nei conti bancari dei cittadini libici. I loro figli avevano accesso a scuole statali gratuite che prima nemmeno esistevano. C’era lavoro e ospedali pubblici all’avanguardia.
Ha dimostrato che un paese africano che gestisce le sue risorse senza occidentali è un paese ricco. Pensate se lo facesse domattina il nostro governo, se invece di farci pagare le tasse e spendere otto milioni di euro in chat erotiche e scommesse (spesa scoperta ad agosto 2017 dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Digitalizzazione), ci versasse i soldi delle forniture all’estero direttamente sui nostri conti correnti, perché è giusto che partecipiamo anche agli utili. Non diventeremmo grandi sostenitori del governo che attua questa misura?

Sotto la guida di Gheddafi, i libici hanno goduto non solo di assistenza sanitaria e istruzione gratuita, cose rarissime in Africa, ma anche di elettricità gratuita e prestiti senza interessi, oltre ai versamenti dei dividendi dello stato sul proprio conto. Infatti la Libia di Gheddafi negli anni 70-80 è diventata improvvisamente un paese prospero: perché redistribuiva ai cittadini e li istruiva. Creando così (ed è stato questo il principio della fine) un pericoloso precedente per gli altri stati africani che cominciarono a interessarsi della Libia e valutarono che magari potevano fare lo stesso.

Ovviamente è bastato poco perché i leader dell’Occidente vedessero la Libia come una minaccia, la presentassero come uno stato totalitarista in cui non venivano rispettati i diritti umani, fino a finanziarne la rivoluzione del 2011. Certo, Gheddafi a quel punto era già perso nella sua follia dentro la sua casa sotterranea a ordinare di giustiziare chi pensava che lo tradisse. Ma se invece i libici delle nuove generazioni, i quali avevano i mezzi culturali e politici, fossero stati aiutati dall’occidente a far funzionare la repubblica invece che a devastare il paese con una guerra civile? Oggi non ci sarebbe un paese comodamente in crisi, ma un paese prospero, scomodo per chi deve comprare le risorse minerarie, perché non vuole altri al tavolo della contrattazione, un competitor ulteriore al tavolo degli equilibri internazionali, ovvero uno che prima o poi vorrà una fetta di quel 90% di ricchezza mondiale detenuta da pochissimi.

I media raccontano che Gheddafi è stato un dittatore brutale e probabilmente è in parte vero, negli ultimi due decenni lo è stato, ormai incontrollabile, perseguitato dai fantasmi della paura e del non potersi fidare di nessuno, deluso da tutti, con diversi tentativi di colpi di stato alle spalle. Sarebbe bastata però una destituzione incruenta, politica. Invece un paese nel caos è quello che ha bisogno l’Occidente.

La verità è che Gheddafi è stato una delle principali minacce del sistema petro-dollaro dell’economia globale e del continuo sfruttamento dell’Africa. E’ stato l’artefice principale di un paese che prosperava ribellandosi al controllo americano e europeo, un esempio pericoloso per gli altri stati africani che potevano prendere la stessa via.

La Libia di Gheddafi finanziò Sankara in Burkina Faso, Gheddafi stesso lo introdusse ad altri politici e filosofi africani anticolonialisti. Un uomo dalle idee pericolose, che è meglio farci ricordare sfatto e in abiti ridicoli nei suoi ultimi anni che non come pensatore anti-capitalista e artefice del welfare del suo paese che aveva reso ricco.

Purtroppo, la Libia è stata completamente distrutta dall’Occidente quando gli Stati Uniti l’hanno invasa nel 2011 facendola regredire di un centinaio di anni, togliendo tutti i benefici statali, distruggendo gli ospedali all’avanguardia, le scuole, tutto. La Libia oggi è uno stato fallito e caotico, dipendente dall’importazione della “libertà e democrazia” americane.

Secondo Garikai Chengu, ricercatore di Harvard specializzato nei movimenti politici africani e lui stesso attivista, la liberazione africana dovrà prevedere tre fasi: la ridistribuzione di terreni e risorse naturali alle popolazioni locali; il rifiuto completo delle politiche neoliberali del Fondo Monetario e della Banca mondiale; lo sviluppo della capacità di raffinazione minerale in proprio, senza le grandi compagnie multinazionali.

Purtroppo per l’Africa, queste misure non hanno ancora radicato e quando si affacciano in veste di qualche rivoluzionario, come nel caso della Libia, del Burkina Faso, dell’Egitto, vengono prontamente bollate come l’opera di militari-dittatori folli e subito boicottate da USA ed Europa in nome di una pace e di una democrazia che non sono altro che le parole vuote lanciate ai media, come i frisbee ai cani.

 

fonte: http://www.dolcevitaonline.it/ci-stiamo-mangiando-lafrica-e-la-chiamiamo-democrazia/

 

 

La leggenda del barbiere…

 

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La leggenda del barbiere…

Un giorno un fioraio andò dal barbiere per un taglio di capelli. Dopo che ebbe finito chiese il conto e il barbiere rispose: “Non posso accettare soldi. Questa settimana sto facendo servizio alla comunità.
Il fioraio grato, lasciò il locale. Quando il barbiere andò ad aprire l’attività, la mattina seguente, trovò una nota di ringraziamento e una dozzina dirose davanti alla porta.
Poi venne un fornaio per un taglio di capelli e quando è andò a pagare, il barbiere disse: “Non posso accettare soldi. Questa settimana sto facendo servizio alla comunità.” Il fornaio, molto felice se ne andò. La mattina dopo, quando il barbiere tornò al negozio, trovò una nota di ringraziamento e una dozzina di ciambelle che lo aspettava sulla porta.
Poi un Senatore si recò a tagliare i capelli e quando era sul punto di pagare ancora una volta il barbiere: “Non posso accettare soldi. Questa settimana sto facendo servizio alla comunità.” Il Senatore si allontanò estremamente contento.
Il giorno dopo, quando il barbiere andò ad aprire il locale, c’erano una dozzina di Senatori, 10 Deputati, 15 Consiglieri Regionali, il Sindaco e diversi Consiglieri Comunali, alcuni dei quali con la moglie e i bambini al seguito, facendo la fila per tagliare i capelli gratis.

Per non dimenticare – Il 24 ottobre 2005 ci lasciava Rosa Parks, la “madre dei diritti civili”… Il suo “folle” gesto di rifiutare di cedere il posto a un bianco sull’autobus cambiò per sempre la Storia!

 

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Per non dimenticare – Il 24 ottobre 2005 ci lasciava Rosa Parks, la “madre dei diritti civili”… Il suo “folle” gesto di rifiutare di cedere il posto a un bianco sull’autobus cambiò per sempre la Storia!

 

Con il suo netto rifiuto di cedere il posto su un autobus a un bianco, Rosa Parks cambiò per sempre la storia dei diritti civili.

Accadeva il primo dicembre del 1955 a Montgomery, in Alabama. Rosa Parks, figlia di James e Leona McCauley e moglie di Raymond Parks, attivo nel movimento dei diritti civili, stava tornando a casa dopo il lavoro di sarta in un grande magazzino.

Faceva molto freddo e la donna, non trovando posti liberi nel settore riservato agli afroamericani, decise di sedersi al primo posto dietro alla fila per i bianchi, nel settore dei posti “comuni”. Subito dopo di lei salì un uomo bianco, che restò in piedi.

Dopo qualche fermata l’autista chiese a Rosa di lasciare libero quel posto. Lei non si scompose e rifiutò di alzarsi con dignitosa fermezza.

Per quel “no” fu arrestata e portata in carcere per condotta impropria e per non aver rispettato il divieto che obbligava i neri a cedere il proprio posto ai bianchi nei settori cosiddetti comuni.

Un atto coraggioso e determinato in seguito al quale si avviò una protesta storica.

Quella stessa notte, infatti, Martin Luther King, insieme ad altre decine di leader delle comunità afroamericane, pose in atto una serie di azioni di protesta. Tra queste, il boicottaggio dei mezzi pubblici di Montgomery, che andò avanti per 381 giorni, affinché fosse cancellata una norma odiosa e discriminatoria che comprometteva persino la normale possibilità quotidiana di sedersi, come gli altri, su un autobus.

Una protesta che assunse proporzioni sempre più ampie e che ottenne il sostegno dei tassisti afroamericani che avevano adeguato le loro tariffe a quella degli autobus.

Il 13 novembre 1956, la Corte Suprema degli Stati Uniti dichiarò fuorilegge la segregazione razziale sui mezzi di trasporto pubblici poiché giudicata incostituzionale.

Da allora Rosa Parks è considerata The Mother of the Civil Rights movement, la donna che, come disse Bill Clinton consegnandole un’onoreficenza nel 1999, “mettendosi a sedere, si alzò per difendere i diritti di tutti e la dignità dell’America”.

Rosa Parks morì a Detroit il 24 ottobre 2005.

La foto esposta durante la commemorazione funebre a Montgomery era quella scattata dalla polizia il giorno del suo arresto.  Da allora ci sono stati molti progressi: gli afro americani hanno conquistato il diritto di non essere discriminati, di votare, di frequentare l’università, è stato eletto il primo presidente nero, Barack Obama, che nel 2012, volle farsi fotografare seduto al posto di Rosa, nel famoso bus che ancora è conservato all’Henry Ford Museum, vicino Detroit.