8 marzo – Ricordiamo Ipazia d’Egitto, la grande scienziata assassinata dai fondamentalisti Cristiani.

 

Ipazia d'Egitto

 

.

seguiteci sulla pagina Facebook Curiosity 

.

.

8 marzo – Ricordiamo Ipazia d’Egitto, la grande scienziata assassinata dai fondamentalisti Cristiani.

Il ricordo di una grande donna e grande scienziata che anticipò i secoli con il suo pensiero, ma fu barbaramente uccisa dai fondamentalisti cristiani.

Una festa della donna l’8 marzo del 415 d.C. non era nemmeno immaginabile. Eppure c’è un filo che lega quel giorno così lontano al nostro presente, perché in quella data fu barbaramente uccisa una delle più grandi menti della storia: Ipazia d’Egitto, scienziata che fu vittima del fondamentalismo religioso che vedeva in lei una nemica del cristianesimo, forse per la sua amicizia con il prefetto romano Oreste che era nemico politico di Cirillo, vescovo di Alessandria (nonché venerato come santo della Santa Romana Chiesa, ma questa, forse, è un’altra storia).

Malgrado Ipazia fosse intima amica con Sinesio, vescovo di Tolemaide, che spesso seguiva le sue lezioni, i fondamentalisti temevano che la sua filosofia neoplatonica, il suo pensiero, la sua libertà, la sua mente così proiettata verso il futuro, il suo modo di discutere da pari a pari con scienziati e intellettuali (tutti rigorosamente uomini) della sua epoca, avessero un’influenza pagana, e dunque negativa, sulla comunità cristiana di Alessandria.

Il suo assassinio è stato uno dei più terribili e atroci crimini commessi dall’umanità contro la cultura e la scienza: la sua morte però segnò l’inizio del declino per Alessandria d’Egitto. Molti suoi studenti abbandonarono la città, divenuta nei secoli un famoso centro culturale di tutto il mondo antico, soprattutto per la sua biblioteca, bruciata dai soldati romani nel III secolo d. C. e che, si racconta, contenesse oltre 500.000 volumi, ovvero tutto lo scibile dell’epoca.

Secoli dopo, un’altra grande donna e scienziata, Margherita Hack, scrisse nella prefazione al libro “Ipazia. Vita e sogni di una scienziata del IV secolo d.c.” di Antonio Colavito e Adriano Petta (La Lepre Edizioni): “Ipazia rappresenta il simbolo dell’amore per la verità, per la ragione, per la scienza che aveva fatto grande la civiltà ellenica. Con il suo sacrificio comincia quel lungo periodo oscuro in cui il fondamentalismo religioso tenta di soffocare la ragione. Tanti altri martiri sono stati orrendamente torturati e uccisi. Il 17 febbraio 1600 Giordano Bruno fu mandato al rogo per eresia, lui che scriveva: «Esistono innumerevoli soli; innumerevoli terre ruotano attorno a questi, similmente a come i sette pianeti ruotano attorno al nostro Sole. Questi mondi sono abitati da esseri viventi». Galileo, convinto sostenitore della teoria copernicana, indirettamente provata dalla sua scoperta dei quattro maggiori satelliti di Giove, fu costretto ad abiurare”.

Perché purtroppo ancora oggi il fondamentalismo non è morto, anzi…

 

tratto da Globalist – https://www.globalist.it/culture/2017/03/08/ipazia-la-scienziata-che-fu-assassinata-per-mano-dei-fondamentalisti-212847.html

Paolo Villaggio in “Dottor Jekyll e gentile signora” – Il memorabile, geniale, brillantissimo discorso agli studenti. Come, 40 anni fa, in meno di un minuto riuscì a sintetizzare e mettere a nudo il volto mostruoso e spietato del capitalismo!

Paolo Villaggio

 

 

.

seguiteci sulla pagina Facebook Curiosity 

.

.

Paolo Villaggio in “Dottor Jekyll e gentile signora” – Il memorabile, geniale, brillantissimo discorso agli studenti. Come, 40 anni fa, in meno di un minuto riuscì a sintetizzare e mettere a nudo il volto mostruoso e spietato del capitalismo!

Paolo Villaggio in “Dottor Jekyll e gentile signora” del 1979 sul volto mostruoso del capitalismo.

Questo corpo rappresenta un paese ad economia sottosviluppata.

La testa è il top del paese, dove sono concentrati potere politico, potere militare, banche, chiesa.

Questa è la spina dorsale con le aziende agricole, unica risorsa di questo schifoso paese.

Queste sono le membra, gambe e braccia, la massa inerte dei lavoratori, i cosiddetti braccianti.

Quale è il nostro obiettivo? Corrompere qui (la testa), distogliere capitale all’agricoltura creando nuove masse di disoccupati, in modo che, offrendo lavoro sottocosto con paghe da fame, si possa succhiare il sangue fino al midollo a questa massa di poveracci…

Quaranta anni dopo Diego Fusaro così giustificava le migrazioni: “Il capitale ha bisogno di masse di schiavi ricattabili e senza diritti, ecco a cosa serve l’immigrazione di massa” …Uguale no?

 

By Eles

 

Un Cult: Banana Joe alle prese con la burocrazia…

 

Banana Joe

 

 

.

seguiteci sulla pagina Facebook Curiosity 

.

.

 

Un Cult: Banana Joe alle prese con la burocrazia…

 

Banana Joe – L’idea del film venne allo stesso attore protagonista Bud Spencer che la propose a Steno chiedendogli se poteva essere interessante per trarne una commedia leggera e divertente. Steno trovò nell’idea eccellente. Una degna continuazione della serie di Piedone.

Bud Spencer con la sua idea denunciava, in modo neanche velato, l’invasione del capitalismo, l’industrializzazione incombente e la burocrazia inefficiente; una critica della società e di alcune tipologie di esseri umani che erano già alla base della saga poliziesca di Piedone.

Bud, una novità, firmò il soggetto con il suo vero nome, Carlo Pedersoli, mentre la sceneggiatura venne scritta da Mario Amendola, Bruno Corbucci e Steno.

Una curiosità: il film uscito l’8 Aprile del 1982 in Italia non ebbe un clamoroso successo, piazzandosi solo al 90° posto dei film più visti della stagione 1981/82. Ebbe un colossale ritorno, invece, in Germania, Spagna ed in Sudamerica, dove è divenuto un vero e proprio cult, tanto che in Germania non è affatto difficile imbattersi in persone che indossano la maglietta o un indumento con la serigrafia di Banana Joe.

Ecco Banana Joe alle prese con la burocrazia…

Un Cult – Il mitico Carosello di Caballero e Carmencita

 

Caballero e Carmencita

 

 

.

seguiteci sulla pagina Facebook Curiosity 

.

.

 

Un Cult – Il mitico Carosello di Caballero e Carmencita

Caballero e Carmencita – La serie è andata in onda dal 1965 al 1973, realizzata con pupazzi animati dall’agenzia Armando Testa.

Il Caballero Misterioso è un abilissimo pistolero che si muove “nella pampa sconfinata, dove le pistole dettano legge”. E’ in cerca della bellissima Carmencita, che però gli preferisce un altro uomo, con il “baffo che conquista”.

Caballero: Bambina, sei già? mia. Chiudi il gas e vieni via.
Carmencita: Pazzo! L’uomo che amo è un uomo molto in vista. E’ forte, è bruno e ha il baffo che conquista.
Caballero: Bambina, quell’uom son mì… Oh yeh yeh yeh yeh yeh, oh yeh!
Carmencita: Paulista! Amore mio…

Un Cult – Da Amici miei, la mitica supercazzola al vigile…

 

supercazzola

 

.

seguiteci sulla pagina Facebook Curiosity 

.

.

 

Un Cult – Da Amici miei, la mitica supercazzola al vigile…

In Amici miei la prima vittima di una supercazzola è il vigile Paolini, in procinto di multare in via dei Renai 17 a Firenze (dinanzi al bar Necchi) il Melandri per aver utilizzato in modo inopportuno il clacson. Il malcapitato è impossibilitato a compilare il verbale a causa della proverbiale entrata in scena del conte Mascetti (un Tognazzi leggendario), che gli si rivolge così: “Tarapia tapioco! Prematurata la supercazzola o scherziamo? No, mi permetta, no io… Scusi, noi siamo in quattro, come se fosse antani anche per lei soltanto in due oppure in quattro anche scribai con cofandina, come antifurto, per esempio”.

Preso in contropiede, il vigile porge l’indice al conte, sentendosi dire che il dito “stuzzica e prematura anche”. A dare manforte all’elegante Mascetti ci penserà il giornalista Perozzi, il quale, dinanzi all’ira del vigile, esclama: “No! Attenzione, no, pastène soppaltate secondo l’articolo 12, abbia pazienza, sennò posterdati per due anche un pochino antani in prefettura!”.

“Parola o frase senza senso, pronunciata con serietà per sbalordire e confondere l’interlocutore”; la definisce il dizionario. La dizione corretta della parola tuttavia sembra essere supercazzora: nel libro omonimo Amici miei (Rizzoli 1976), scritto dagli stessi autori della sceneggiatura (Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi e Tullio Pinelli), si legge “supercazzora” (oltre a “brematurata” al posto di “prematurata”), e nel sequel Amici miei atto III diretto da Nanni Loy il Melandri riceve una videocassetta che inizia con una schermata recitante: “La Supercazzora 69 presenta”. Dietro l’invenzione della supercazzola, però, ci sarebbe la figura del palermitano Corrado Lojacono, paroliere, cantante e attore, inventore di alcuni formidabili giochi di parole.

Il monologo di Roberto Saviano sul razzismo – Dovrebbero vederlo tutti e tutti dovrebbero impararlo a memoria… Poi ognuno può restare della propria idea: o essere un fesso buonista o essere complice di questa carneficina…!

 

Roberto Saviano

 

.

.

seguiteci sulla pagina Facebook Curiosity 

.

.

Il monologo di Roberto Saviano sul razzismo – Dovrebbero vederlo tutti e tutti dovrebbero impararlo a memoria… Poi ognuno può restare della propria idea: o essere un fesso buonista o essere complice di questa carneficina…!

Il monologo di Roberto Saviano sul razzismo: “Italiani e migranti sono dalla stessa parte”

Il toccante monologo sull’accoglienza a “Che tempo che fa” Roma, 25 feb. (askanews) – Il toccante monologo di Roberto Saviano su razzismo e immigrazione in apertura di “Che tempo che fa” di Fabio Fazio su Rai1: “L’unico modo è ripensare l’accoglienza, pensare a corridoi umanitari. Nelle merendine che mangiamo c’è il cacao africano si muovono le cose che ci permettono di vivere, perché non dovrebbero muoversi le persone? L’unico modo è capire che italiani e migranti sono dalla stessa parte, con lo stesso destino. Quando viene violato il diritto da una parte, significa che presto verrà violato anche il nostro. Il diritto è l’unica cosa che più si espande meno si consuma”. Lo scrittore ha concluso citando il Vangelo secondo Matteo: “Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.

 

Il 24 febbraio di 17 anni fa ci lasciava Alberto Sordi. Il ricordo di un Marchese, soldato, americano a Roma, ma soprattutto di un Italiano

 

Alberto Sordi

 

.

.

seguiteci sulla pagina Facebook Curiosity 

.

.

Il 24 febbraio di 17 anni fa ci lasciava Alberto Sordi. Il ricordo di un Marchese, soldato, americano a Roma, ma soprattutto di un Italiano

L’Albertone nazionale, scomparso il 24 febbraio del 2003, è stato uno degli artisti più amati dagli italiani: nella sua lunga e ricca carriera ha saputo raccontare pregi e difetti dell’italiano medio. Ha lavorato con i più grandi del cinema nazionale e ci ha fatto ridere, sognare e pensare.

 

Il 24 febbraio del 2003 moriva a Roma all’età di 83 anni uno dei più grandi artisti italiani. Per giorni, centinaia di migliaia di persone hanno reso omaggio all'”Albertone nazionale” che nella sua lunga e ricca carriera ha saputo raccontare pregi e difetti dell’italiano medio. Ha lavorato con i più grandi del cinema italiano, ricevendo onori in tutto il mondo: è stato governatore di Kansas City e sindaco di Roma, anche se solo per un giorno.

Più di 150 film (di cui 19 diretti da lui) in mezzo secolo di attività, tra cui molti capolavori come Il Marchese del Grillo (1981), o Un americano a Roma (1954), solo per citarne qualcuno. Un patrimonio culturale immenso. È stato seduttore e vedovo, marchese e sceicco, cialtrone e commissario, soprattutto Alberto Sordi è stato un italiano.

GLI INIZI – Già prima della guerra la voce da basso di Sordi risuonava nelle orecchie degli italiani che andavano a vedere i film con Oliver Hardy doppiati da lui (Stanlio e Ollio). Il suo talento comico cominciò a farsi strada prima con la rivista poi via radio con la trasmissione ‘Vi parla Alberto Sordi’, in cui nacquero personaggio come Mario Pio. In decine di gag, ripetute da lui stesso in diverse occasioni ma anche imitate da tutti, dai colleghi alla gente comune, nelle quali si era come cristallizzata quella maschera del romano e dell’italiano medio che è stata la caratteristica più tipica di Alberto Sordi.

"Maccarone, m'hai provocato e io ti distruggo..."

L’AMICIZIA CON VERDONE – Alberto Sordi ha avuto un legame speciale con Carlo Verdone, da molti designato come suo erede. I due attori hanno recitato insieme in alcuni film, come “In viaggio con papà” e “Troppo forte”. A Verdone però non piace l’etichetta di erede, per lui Alberto Sordi è semplicemente un maestro unico, inimitabile e irragiungibile.

I PREMI – Sordi nella sua lunga carriera è stato premiato per sette volte ai David di Donatello (più quattro riconoscimenti speciali), ha vinto quattro Nastri d’Argento, un Leone d’oro alla Carriera, infiniti trofei e il titolo di Cavaliere di Gran Croce, oltre alla cittadinanza italiana di Kansas City. La sua città, Roma, lo ha eletto sindaco per un giorno solo in occasione del suo ottantesimo compleanno, poi gli ha dedicato una via e una galleria in centro.

LA FEDE GIALLOROSSA – Alberto Sordi non ha mai nascosto il suo tifo per la Roma, anzi lo ha rappresentato con ironia anche in alcune gag dei suoi film. Come quando ne Il marito tira l’acqua dal balcone con una pompa ai tifosi della Lazio e fa le pernacchie al telefono a Peppino nel giorno di un derby. «Appena nato il mio primo vagito fu Forza Roma», dice alla moglie nel film per spiegarle che deve correre a vedere la partita allo stadio. I tifosi giallorossi all’Olimpico hanno reso spesso omaggio ad Alberto Sordi: tantissimi gli striscioni che sono apparsi in suo onore. In occasione di Roma-Empoli del 2 marzo 2003, ad una settimana circa dalla scomparsa dell’attore fu intonata la canzone “Ma ‘ndo vai…” ed esposto un grande striscione con su scritto: «Silenzio, il marchese s’è addormito».

Da il Marchese del Grillo: "Io so' io, e voi..."

SCENE CELEBRI – Tantissime le scene che sono rimaste nella storia del cinema: quella in cui Nando Moriconi, filo-americano ma romanissimo, in Un americano a Roma prova a mangiare cibo americano o presunto tale (mostarda, yogurt, marmellata), e poi si getta famelico sui maccheroni, è forse la più celebre di tutte. «Maccherone, m’hai provocato e io te distruggo, io me te magno…». Ma tutto il film è una collezione di gag citatissime: dalla frase «America’, facce Tarzan!», al celebre idioma anglo-maccheronico coniato da Sordi e dagli sceneggiatori (di cui si ricorda soprattutto l’espressione ‘santibailor’) fino all’ epiteto riservato a Carlo Delle Piane, ‘cicalò’ (‘e statte zitto, statte zitto a’ cicalò’).

LAVORATORI… – Nei Vitelloni di Federico Fellini (1953), sceneggiato dal regista con Ennio Flaiano e Tullio Pinelli, Sordi, al termine di una notte brava, si prende gioco con irriverente cinismo di un gruppo di operai mattinieri passando in macchina e urlando: ”Lavoratori…” seguito dal gesto dell’ombrello e da una pernacchia. Celebri sono rimaste anche alcune frasi del Marchese del Grillo, come quella che il marchese rivolge ad un gruppo di popolani «Mi dispiace, ma io so’ io e voi non siete un c…!».

 

Un 23 febbraio di 55 anni fa ci lasciava il mitico, unico, irresistibile, inarrivabile Stan Laurel… Un ricordo.

 

Stan Laurel

 

 

.

seguiteci sulla pagina Facebook Curiosity 

.

.

 

Un 23 febbraio di 55 anni fa ci lasciava il mitico, unico, irresistibile, inarrivabile Stan Laurel… Un ricordo.

Stan Laurel ci lasciò alle 13.45 del 23 febbraio 1965, all’età di 74 anni, in un appartamento dell’Hotel Oceana a Santa Monica.

Stan Laurel è stato senza dubbio il re dei grandi clowns del Novecento. Un Pierrot sgangherato, un eterno bambino. Insieme all’amico e compagno inseparabile Oliver hanno ormai fatto ridere almeno cinque generazioni e tante, tantissime rideranno ancora

E’ stato un vero genio della risata, capace di trarre da ogni spunto elementi per destare ilarità. Ironizzava in modo intelligente e raffinato sulla gente, sul mondo e sulla vita, ma prima di tutto su sé stesso.

Si dice che egli, in punto di morte, si sia rivolto all’infermiera dicendole:

– “Mi piacerebbe essere in montagna a sciare in questo momento!”
– Infermiera: “Le piace sciare Signor Laurel?”
– “No, lo detesto… ma è sempre meglio che stare qui!”

…e ancora

“Se al mio funerale vedo qualcuno con il muso lungo, non gli parlerò mai più.”

L'ultimo video di Stanlio e Ollio insieme - Stan Laurel incontra per l'ultima volta il suo compagno di sempre un Oliver Hardy  ormai anziano e malato...

Chi era il grande Stan Laurel

Arthur Stanley Jefferson, meglio conosciuto come Stan Laurel (Stanlio in Italia), nasce ad Ulverston, nel Lancashire (Gran Bretagna), il 16 giugno del 1890. Il padre, produttore, attore e commediografo, Arthur J. Jefferson era il proprietario del Jefferson Theatre Group e una delle sue attrici era la bella Madge Metcalfe (che in seguito divenne sua moglie).

Quando il gruppo teatrale si trovò in difficoltà, la coppia andò a vivere con i genitori di Madge ad Ulverstone, nel Lancashire settentrionale a nord di Morecambe Bay, dove Arthur Stanley Jefferson nacque, il 16 giugno del 1890, cinque anni dopo il fratello Gordon. Più tardi, i genitori di Stan, gli diedero una sorellina di nome Beatrice nata, però, a North Shields dove, nel frattempo, la famiglia si era trasferita.

Qui, il padre di Stan fu nominato direttore del Royal Theatre.

Jefferson divenne ben presto uno dei più famosi impresari del nord dell’Inghilterra, così come il proprietario di una catena di teatri e direttore amministrativo della North British Animated Picture Company.

Il giovane Stan era particolarmente affascinato dall’ambiente teatrale, dove trascorreva la maggior parte del suo tempo libero.

Quando fu spedito a studiare in un, da lui odiato, collegio a Bishop Auckland, sfruttava ogni opportunità per visitare il teatro di suo padre a North Shields, distante dal collegio una trentina di miglia. I risultati negativi, in termini di studio non si fecero attendere ma il padre del futuro comico non fece nulla per scoraggiare in lui l’amore per il teatro, nella segreta speranza che un giorno l’avrebbe sostituito nel campo della gestione e amministrazione teatrale.

Dopo che il genitore perse una gran parte dei suoi averi in un infelice investimento nel New Theatre Royal a Blythe, vendette tutti i suoi teatri per andare a dirigere, nel 1905, il famoso Metropole Theatre di Glasgow. Stan, allora sedicenne, abbandonò gli studi per lavorare a tempo pieno nel botteghino del teatro ma, la sua vera ambizione era quella di lavorare sul palco, cosa che, dopo innumerevoli insistenze, puntualmente avvenne anche se con risultati davvero poco lusinghieri. Ma la testardaggine di Laurel era leggendaria e, malgrado i deboli riscontri, continuò per la sua strada.

Non molto tempo dopo, iniziò una tournée in Inghilterra con il Levy e Cardwell’s Pantomimes, nello spettacolo Sleeping Beauty. Con la paga di una sterlina a settimana, lavorava come direttore di scena e recitava nella parte di un “Golliwog”, un bambolotto negro grottesco. Dopo questi inizi, il primo grosso “colpo”, gli capitò quando gli venne offerta la possibilità di lavorare con la compagnia teatrale più famosa del paese, quella di Fred Karno, la cui stella sarebbe ben presto diventato Charlie Spencer Chaplin. Con la compagnia di Karno fece diversi spettacoli e non era facile emergere in un ambiente così saturo di talenti. Ad ogni modo, Laurel mostrava eccezionali qualità mimiche, riconosciute peraltro dal grande Marcel Marceau, che anni dopo ebbe motivo di scrivere: “Stan Laurel è stato uno dei più grandi mimi del nostro tempo.” Aveva trovato la sua strada.

Nel 1912 finito il contratto con Karno, come sostituto di Chaplin, Stan decide di tentare la fortuna negli USA. Nel 1916 prende moglie e nello stesso periodo cambia il proprio cognome da Jefferson a Laurel (unico motivo la superstizione: Stan Jefferson è lungo precisamente tredici lettere!). Nel 1917 viene notato da un piccolo produttore che gli permette di girare il primo film “Nuts in May”.

Sempre nel 1917 Laurel si trova a girare “Lucky Dog” nel quale incontra il giovane Hardy.

Nel 1926 Stan Laurel, nel ruolo di regista, gira “Get’em Young” dove Oliver è uno degli attori. Il film non parte molto bene, visto che Oliver si ustiona e viene sostituito,per volere di Roach, dallo stesso Stan che in questo modo perde la regia. Nel 1927, però, nascono i primi lavori della coppia Laurel & Hardy, anche se sono ancora ben lontani dall’essere protagonisti della pellicola.

Il primo film ufficiale della coppia è “Putting Pants on Philip”, anche se in questa pellicola non ritroviamo le caratterizzazioni dei personaggi a noi noti. Da questo momento comincia il ferreo sodalizio con Hardy.

Gli anni d’oro finiscono verso il 1940, quando cessa il rapporto con gli Studi Roach e Laurel & Hardy si rivolgono alla Metro e alla Fox; grandi case cinematografiche che non lasciano alla coppia molto controllo sulle pellicole.

Il successo in America comicia a calare e così Stan ed Ollie si recano in Europa, dove la loro fama è ancora grandissima; il successo è immediato.

Proprio in Europa girano l’ultimo film “Atollo K” una coproduzione italo-francese che purtroppo si rivela un fiasco (fra l’altro, durante le riprese Stan viene colto da un brutto malore).

Nel 1955 il figlio di Hal Roach ha l’idea di riproporre la coppia in una serie di comiche per la TV… ma la salute dei due attori è pessima. Nel 1957 il 7 Agosto, all’età di 65 anni muore Oliver Hardy e con lui una coppia irripetibile; Stan ne rimane sconvolto.

Negli ultimi anni della sua vita Stan viene gratificato con l’Oscar, ma si dispiace che il povero Ollie non possa vedere quel magnifico riconoscimento.
Il 23 febbraio 1965 all’età di settantacinque anni Stan Laurel, e con lui la sua irripetibile maschera, si spegne.

Buon compleanno Faber – il 18 febbraio del 1940 nasceva Fabrizio De André. Lo ricordiamo con alcuni dei suoi pensieri più belli

 

18 febbraio 1940

 

.

seguiteci sulla pagina Facebook Curiosity 

.

.

Buon compleanno Faber – il 18 febbraio del 1940 nasceva Fabrizio De André. Lo ricordiamo con alcuni dei suoi pensieri più belli

Sono passati più di vent’anni dalla scomparsa di Fabrizio De André, morto l’11 gennaio 1999, un notevole lasso di tempo che, invece di offuscare il valore culturale e popolare del suo lavoro, rende ancora più doloroso il distacco dal cantautore genovese, specie se paragonato al desolante panorama odierno della musica italiana di largo consumo.

De André si serviva della musica per raccontare l’uomo, la sua vita, le sue fragilità. Ha saputo portare al centro dell’attenzione chi da sempre era considerato e collocato ai margini della società: emarginati, ribelli e prostitute.

Non si può prescindere dalla forza dei suoi testi e dalla curiosità che trasmetteva, in modo silenzioso, portando l’ascoltatore, quasi senza accorgersene, a leggere L’antologia di Spoon River, i Vangeli Apocrifi o ad ascoltare Georges Brassens, Leonard Cohen e Bob Dylan.

Il cantautore genovese, inoltre, ha avuto il merito di aver liberato il dialetto dalle pastoie delle vecchie ballate popolari, traghettandolo nella musica moderna e assegnandogli una centralità che non aveva mai avuto prima di lui.

La poetica di De André

Bocca di rosa, una delle sue canzone più famose, è un po’ l’emblema della sua poetica. De André, nelle sue canzoni, parte sempre da un episodio di vita per raccontare “le umane cose” ed il loro evolversi secondo schemi prestabiliti e sempre uguali.

A meno di un atto di coraggio che implica il voler essere sé stessi, liberi da qualsiasi etichettatura sociale. Un atto che, spesso, si paga caro.

L’uomo-vittima di De André combatte sempre quello che non conosce, perché gli ricorda la parte più oscura di sé. L’uomo-eroe è quello che sceglie di scegliere. Ovviamente, la strada più difficile.

Vogliamo ricordare, in occasione dei 20 anni dalla sua morte, il grande cantautore genovese attraverso le frasi, gli aforismi e le citazioni più belle tratte dalle sue canzoni.

Le citazioni più belle

“Ama e ridi se amor risponde/piangi forte se non ti sente/Dai diamanti non nasce niente/ dal letame nascono i fiori” (Via del campo)

“Per chi viaggia in direzione ostinata e contraria/ col suo marchio speciale di speciale disperazione” (Smisurata preghiera)

“Poi, d’improvviso, mi sciolse le mani e le mie braccia divennero ali/quando mi chiese: “Conosci l’estate?”/ io, per un giorno, per un momento/corsi a vedere il colore del vento” (Il sogno di Maria)

“Ci hanno insegnato la meraviglia verso la gente che ruba il pane/ora sappiamo che è un delitto il non rubare quando si ha fame” (Nella mia ora di libertà)

“C’è chi aspetta la pioggia/ per non piangere da solo” (Il bombarolo)

“E l’amore ha l’amore come solo argomento/ e il tumulto del cielo ha sbagliato momento” (Dolcenera)

“Non si risenta la gente per bene/ se non mi adatto a portar le catene” (Il fannullone)

“Ma che la baciai, per Dio, sì lo ricordo/e il mio cuore le restò sulle labbra” (Canzone di un malato di cuore)

“Passerà anche questa stazione senza far male/passerà questa pioggia sottile come passa il dolore” (Hotel Supramonte)

“Si sa che la gente dà buoni consigli/ se non può più dare cattivo esempio” (Bocca di rosa)

“Coltiviamo per tutti un rancore che ha l’odore del sangue rappreso/ciò che allora chiamammo dolore è soltanto un discorso sospeso” (Ballata degli impiccati)

“E se tu tornerai t’amerò come sempre ti amai/ come un bel sogno inutile che si scorda al mattino” (Per i tuoi larghi occhi)

“Quei giorni perduti a rincorrere il vento/a chiederci un bacio e volerne altri cento” (Amore che vieni, amore che vai)

“Primavera non bussa, lei entra sicura/come il fumo lei penetra in ogni fessura/ ha le labbra di carne, i capelli di grano/ che paura, che voglia che ti prenda per mano/Che paura, che voglia che porti lontano” (Un chimico)

“E ora sorridimi perché presto la notte finirà/ con le sue stelle arrugginite, in fondo al mare” (Verdi pascoli)

“All’ombra dell’ultimo sole s’era assopito un pescatore/e aveva un solco lungo il viso/come una specie di sorriso” (Il pescatore)

“Passano gli anni, i mesi,e se li conti anche i minuti/è triste trovarsi adulti senza essere cresciuti” (Un giudice)

“E come tutte le più belle cose/ vivesti solo un giorno come le rose” (La canzone di Marinella)

“Pensavo: è bello che dove finiscono le mie dita/debba in qualche modo incominciare una chitarra” (Amico fragile)

“Dormi sepolto in un campo di grano/ non è la rosa non è il tulipano/ che ti fan veglia dall’ombra dei fossi/ ma sono mille papaveri rossi” (La guerra di Piero)

“O resterai più semplicemente dove un attimo vale un altro/ senza chiederti come mai/ continuerai a farti scegliere o finalmente sceglierai” (Verranno a chiederti del nostro amore)

“Dove fiorisce il rosmarino c’è una fontana scura/ dove cammina il mio destino c’è un filo di paura” (Canto del servo pastore)

Pensare

“Gli uomini si dividono in due categorie: quelli che pensano e quelli che lasciano che siano gli altri a pensare”.

Virtù ed errore

“C’è poco merito nella virtù e ben poca colpa nell’errore. Anche perché non sono ancora riuscito a capire bene, malgrado i miei cinquantotto anni, cosa esattamente sia la virtù e cosa esattamente sia l’errore, perché basta spostarci di latitudine e vediamo come i valori diventano disvalori e viceversa. Non parliamo poi dello spostarci nel tempo: c’erano morali, nel Medioevo, nel Rinascimento, che oggi non sono più assolutamente riconosciute”.

Giovani

“Non è che i giovani d’oggi non abbiano valori; hanno sicuramente dei valori che noi non siamo ancora riusciti a capir bene, perché siamo troppo affezionati ai nostri”.

Gesù

“Fra la rivoluzione di Gesù e quella di certi casinisti nostrani c’è una bella differenza: lui combatteva per una realtà integrale piena di perdono, altri combattevano e combattono per imporre il loro potere”.

Preghiera

“Quando non hai nessuna possibilità di decidere del tuo destino, ti metti nelle mani di qualcuno che, in quel momento, speri che esista. E così ti arrendi alla tentazione della preghiera: non una preghiera tua, che forse non ne sei capace, ma una di quelle che ti hanno insegnato da bambino e che, magari, ti ricordi ancora a memoria”.

Cantautori

“Certe volte mi chiedo se noi che cantiamo insieme al pubblico non siamo rimasti per caso un “club” di signorine romantiche che giocano a “palla a mano” fra le mura di un giardino di melograni mentre fuori la gente si sbrana”.

Elemosina

“Trovo estremamente più dignitoso chiedere l’elemosina che fare le scarpe al proprio collega in ufficio”.

Solitudine

“La solitudine non consiste nello stare soli, ma piuttosto nel non sapersi tenere compagnia. Chi non sa tenersi compagnia difficilmente la sa tenere ad altri. Ecco perché si può essere soli in mezzo a mille persone, ecco anche perché ci si può trovare in compagnia di se stessi ed essere felici (per esempio ascoltando il silenzio, stretto parente della solitudine)”.

Consensi elettorali

“Agli estorsori di consensi convengono i disagi sociali degli uomini: gli uomini disagiati, senza lavoro, senza soldi, sono facilmente orientabili, sono facilissime fonti di consensi (anche elettorali)”.

Italia

“L’Italia appartiene a cento uomini, siamo sicuri che questi cento uomini appartengano all’Italia?”.

Marinaio

“Il cuore del marinaio è sempre all’asciutto, a scaldarsi intorno al fuoco. Il marinaio non ama il mare: ci lavora e lo teme. Sogna di avere sempre la terra sotto i piedi, ricorda gli aromi, i volti e i sapori di casa”.

Rapimento

“Durante il rapimento mi aiutò la fede negli uomini, proprio dove latitava la fede in Dio. Ho sempre detto che Dio è un’invenzione dell’uomo, qualcosa di utilitaristico, una toppa sulla nostra fragilità… Ma, tuttavia, col sequestro qualcosa si è smosso. Non che abbia cambiato idea ma è certo che bestemmiare oggi come minimo mi imbarazza”.

Genova

“Genova è anche gli amici che da lontano ti vedono crescere e invecchiare, per esempio i pescatori, che hanno la faccia solcata da rughe che sembrano sorrisi e, qualsiasi cosa tu gli confidi, l’hanno già saputa dal mare”.

Utopia

“Io penso che un uomo senza utopia, senza sogno, senza ideali, vale a dire senza passioni e senza slanci sarebbe un mostruoso animale fatto semplicemente di istinto e di raziocinio, una specie di cinghiale laureato in matematica pura”.

Anarchia

“Se posso permettermi il lusso del termine, da un punto di vista ideologico sono sicuramente anarchico. Sono uno che pensa di essere abbastanza civile da riuscire a governarsi per conto proprio”.

Libertà e anarchia

“Aspetterò domani, dopodomani e magari cent’anni ancora finché la signora Libertà e la signorina Anarchia verranno considerate dalla maggioranza dei miei simili come la migliore forma possibile di convivenza civile, non dimenticando che in Europa, ancora verso la metà del Settecento, le istituzioni repubblicane erano considerate utopie”.

Governo

“Quello che io penso sia utile è di avere il governo il più vicino possibile a me e lo stato, se proprio non se ne può fare a meno, il più lontano possibile dai coglioni”

Sanremo

“Se si trattasse ancora di una gara di ugole, si trattasse cioè di un fatto di corde vocali, la si potrebbe ancora considerare una competizione quasi sportiva, perché le corde vocali sono pure sempre dei muscoli. Nel caso mio, dovrei andare ad esprimere i miei sentimenti, o la tecnica attraverso i quali io riesco ad esprimerli, e credo che questo non possa essere argomento di competizione”

Uomo e artista

“Io ho tentato in tutti i modi di poter essere un uomo. Avrei potuto esprimermi per esempio attraverso la coltivazione dei fiori se fossi vissuto ad Albenga, oppure attraverso l’allevamento delle vacche se non mi avessero venduto di soppiatto una fattoria che avevano i miei nel ’54. Mi è accaduto di fare il cantautore. Il fatto di diventare un artista, in qualche maniera, ti impedisce di diventare uomo in maniera normale. Quindi credo che ad un certo punto della tua vita tu devi recuperare il tempo che hai perduto per fare l’artista per cercare di diventare un uomo”.

Canzone

“La canzone è una vecchia fidanzata con cui passerei ancora molto volentieri buona parte della mia vita, sempre e soltanto nel caso di essere ben accetto”.

Donare

“I potenti rammentino che la felicità non nasce dalla ricchezza né dal potere, ma dal piacere di donare”.

Solitudine

“Io sono uno che sceglie la solitudine. E che come artista si fa carico di interpretare il disagio rendendolo qualcosa di utile e di bello. È il mio mestiere”.

Sardegna

“La vita in Sardegna è forse la migliore che un uomo possa augurarsi: ventiquattro mila chilometri di foreste, di campagne, di coste immerse in un mare miracoloso dovrebbero coincidere con quello che io consiglierei al buon Dio di regalarci come Paradiso”.

Genoa

“Non posso scrivere del Genoa perché sono troppo coinvolto. L’inno non lo faccio perché non amo le marce e perché niente può superare i cori della Gradinata Nord. Semmai al Genoa avrei scritto una canzone d’amore, ma non lo faccio perché per fare canzoni bisogna conservare un certo distacco verso quello che scrivi, invece il Genoa mi coinvolge troppo”.

Realtà e finzione

“Tutte le sere quando finisco un concerto desidererei rivolgermi alla gente e dire loro: “tutto quello che avete ascoltato fino adesso è assolutamente falso, così come sono assolutamente veri gli ideali e i sentimenti che mi hanno portato a scrivere queste cose e a cantarle”. Ma con gli ideali e con i sentimenti si costruiscono delle realtà sognate. La realtà, quella vera, è quella che ci aspetta fuori dalle porte del teatro. E per modificarla, se vogliamo modificarla, c’è bisogno di gesti concreti, reali”.

Doppio binario

“Ebbi ben presto abbastanza chiaro che il mio lavoro doveva camminare su due binari: l’ansia per una giustizia sociale che ancora non esiste, e l’illusione di poter partecipare in qualche modo a un cambiamento del mondo. La seconda si è sbriciolata ben presto, la prima rimane”.

Poesie

“Benedetto Croce diceva che fino all’età dei diciotto anni tutti scrivono poesie e che, da quest’età in poi, ci sono solo due categorie di persone che continuano a scrivere: i poeti e i cretini. E quindi io, precauzionalmente, preferisco definirmi un cantautore”.

Morte

“Sicuramente ho paura della morte. Non tanto la mia che in ogni caso, quando arriverà, se mi darà il tempo di accorgermene, mi farà provare la mia buona dose di paura, quanto la morte che ci sta intorno, lo scarso attaccamento alla vita che noto in molti nostri simili che si ammazzano per dei motivi sicuramente molto più futili di quanto non sia il valore della vita. Io ho paura di quello che non capisco, e questo proprio non mi riesce di capirlo”.

Scrittura

“Perché scrivo? Per paura che si perda il ricordo della vita delle persone di cui scrivo. Per paura che si perda il ricordo di me”

 

18 febbraio – Buon compleanno Faber. Un ricordo con alcuni dei suoi pensieri e alcune delle sue più belle canzoni…

 

Fabrizio De André

 

.

.

seguiteci sulla pagina Facebook Curiosity 

.

.

18 febbraio – Buon compleanno Faber. Un ricordo con alcuni dei suoi pensieri e alcune delle sue più belle canzoni…

Buon compleanno Fabrizio. Lo ricordiamo con qualche esempio della sua poesia… Qui potete leggere una breve biografia: Fabrizio De André: la vita e la carriera di uno dei più grandi cantautori di tutti i tempi….

Tutto Fabrizio De André in 11 pensieri…

  • Questo nostro mondo è diviso in vincitori e vinti, dove i primi sono tre e i secondi tre miliardi. Come si può essere ottimisti?
  • Passerà anche questa stazione senza far male, passerà questa pioggia sottile come passa il dolore.
  • Libertà l’ho vista dormire nei campi coltivati, a cielo e denaro, a cielo ed amore, protetta da un filo spinato.
  • L’inferno esiste solo per chi ne ha paura.
  • Benedetto Croce diceva che fino all’età dei diciotto anni tutti scrivono poesie. Dai diciotto anni in poi rimangono a scriverle due categorie di persone: i poeti e i cretini. E quindi io precauzionalmente preferirei considerarmi un cantautore.
  • Se i cosiddetti “migliori” di noi avessero il coraggio di sottovalutarsi almeno un po’ vivremmo in un mondo infinitamente migliore.
  • Durante il rapimento mi aiutò la fede negli uomini, proprio dove latitava la fede in Dio. Ho sempre detto che Dio è un’invenzione dell’uomo, qualcosa di utilitaristico, una toppa sulla nostra fragilità… Ma, tuttavia, col sequestro qualcosa si è smosso. Non che abbia cambiato idea ma è certo che bestemmiare oggi come minimo mi imbarazza.
  • Quello che io penso sia utile è di avere il governo il più vicino possibile a me e lo stato, se proprio non se ne può fare a meno, il più lontano possibile dai coglioni.
  • E per tutti il dolore degli altri è dolore a metà.
  • La vita in Sardegna è forse la migliore che un uomo possa augurarsi: ventiquattro mila chilometri di foreste, di campagne, di coste immerse in un mare miracoloso dovrebbero coincidere con quello che io consiglierei al buon Dio di regalarci come Paradiso.
  • Ho sempre avuto due chiodi fissi: l’ansia di giustizia e la convinzione presuntuosa di poter cambiare il mondo. Oggi quest’ultima è caduta.

Tutto De André in 4 canzoni:

Il pescatore

All’ombra dell’ultimo sole
S’era assopito un pescatore
E aveva un solco lungo il viso
Come una specie di sorriso
Venne alla spiaggia un assassino
Due occhi grandi da bambino
Due occhi enormi di paura
Eran gli specchi di un’avventura
E chiese al vecchio “dammi il pane
Ho poco tempo e troppa fame”
E chiese al vecchio “dammi il vino
Ho sete e sono un assassino”
Gli occhi dischiuse il vecchio al giorno
Non si guardò neppure intorno
Ma versò il vino e spezzò il pane
Per chi diceva “ho sete, ho fame”
E fu il calore d’un momento
Poi via di nouvo verso il vento
Davanti agli occhi ancora il sole
Dietro alle spalle un pescatore
Dietro le spalle un pescatore
E la memoria è già dolore
È già il rimpianto d’un aprile
Giocato all’ombra di un cortile
Vennero in sella due gendarmi
Vennero in sella con le armi
Chiesero al vecchio se lì vicino
Fosse passato un assassino
Ma all’ombra dell’ultimo sole
S’era assopito il pescatore
E aveva un solco lungo il viso
Come una specie di sorriso
E aveva un solco lungo il viso
Come una specie di sorriso

Volta la carta

C’è una donna che semina il grano
Volta la carta si vede il villano
Il villano che zappa la terra
Volta la carta viene la guerra
Per la guerra non c’è più soldati
A piedi scalzi son tutti scappati
Angiolina cammina cammina sulle sue scarpette blu
Carabiniere l’ha innamorata, volta la carta e lui non c’è più
Carabiniere l’ha innamorata, volta la carta e lui non c’è più
C’è un bambino che sale un cancello
Ruba ciliege e piume d’uccello
Tira sassate non ha dolori
Volta la carta c’è il fante di cuori
Il fante di cuori che è un fuoco di paglia
Volta la carta il gallo ti sveglia
Angiolina alle sei di mattina s’intreccia i capelli con foglie d’ortica
Ha una collana di ossi di pesca, la gira tre volte intorno alle dita
Ha una collana di ossi di pesca, la conta tre volte in mezzo alle dita, ehi
Mia madre ha un mulino e un figlio infedele
Gli inzucchera il naso di torta di mele
Mia madre e il mulino son nati ridendo
Volta la carta c’è un pilota biondo
Pilota biondo camicie di seta
Cappello di volpe sorriso da atleta
Angiolina seduta in cucina che piange, che mangia insalata di more
Ragazzo straniero ha un disco d’orchestra, che gira veloce che parla d’amore
Ragazzo straniero ha un disco d’orchestra, che gira che gira che parla d’amore, ehi
Madamadorè ha perso sei figlie
Tra i bar del porto e le sue meraviglie
Madamadorè sa puzza di gatto
Volta la carta e paga il riscatto
Paga il riscatto con le borse degli occhi
Piene di foto di sogni interrotti
Angiolina ritaglia giornali, si veste da sposa, canta vittoria
Chiama i ricordi col loro nome, volta la carta e finisce in gloria
Chiama i ricordi col loro nome, volta la carta e finisce in gloria, ehi

 

La città vecchia

Nei quartieri dove il sole del buon Dio
non da i suoi raggi
ha già troppi impegni per scaldar la gente
d’altri paraggi
una bimba canta la canzone antica
della donnaccia
quel che ancor non sai tu lo imparerai
solo qui fra le mie braccia
E se alla sua età le difetterà la campetenza
presto affinerà le capacità con l’esperienza
dove sono andati i tempi d’una volta, per Giunone
quando ci voleva per fare il mestiere
anche un po’ di vocazione?
Una gamba qua una gamba là
gonfi di vino
quattro pensionati mezzo avvelenati
al tavolino
li troverai là col tempo che fa
estate inverno
a stratracannare a strameledir
le donne il tempo ed il governo
Loro cercan là la felicità
dentro a un bicchiere
per dimenticare d’esser stati presi
per il sedere
ci sarà allegria anche in agonia
col vino forte
porteran sul viso l’ombra di un sorriso
fra le braccia della morte
Vecchio professore cosa vai cercando
in quel portone
forse quella che sola ti può dare
una lezione
quella che di giorno chiami con disprezzo
pubblica moglie
quella che di notte stabilisce il prezzo
alle tue voglie
Tu la cercherai tu la invocherai
più d’una notte
ti alzerai disfatto rimandando tutto
al ventisette
quando incasserai delapiderai
mezza pensione
diecimila lire per sentirti dire
“micio bello e bamboccione”
Se ti inoltrerai lungo le calate
dei vecchi moli
in quell’aria spessa carica di sale
gonfia di odori
lì ci troverai i ladri gli assassini
e il tipo strano
quello che ha venduto per tremila lire
sua madre a un nano
Se tu penserai e giudicherai
da buon borghese
li condannerai a cinquemila anni
più le spese
ma se capirai se li cercherai
fino in fondo
se non sono gigli son pur sempre figli
vittime di questo mondo

Geordie

Mentre attraversavo London Bridge
Un giorno senza sole
Vidi una donna pianger d’amore
Piangeva per il suo Geordie
Impiccheranno Geordie con una corda d’oro
È un privilegio raro
Rubò sei cervi nel parco del Re
Vendendoli per denaro
Sellate il suo cavallo dalla bianca criniera
Sellatele il suo pony
Cavalcherà fino a Londra stasera
Ad implorare per Geordie
Geordie non rubò mai neppure per me
Un frutto o un fiore raro
Rubò sei cervi nel parco del Re
Vendendoli per denaro
Salvate le sue labbra, salvate il suo sorriso
Non ha vent’anni ancora
Cadrà l’inverno anche sopra il suo viso
Potrete impiccarlo allora
Né il cuore degli inglesi né lo scettro del Re
Geordie potran salvare
Anche se piangeranno con te
La legge non può cambiare
Così lo impiccheranno con una corda d’oro
È un privilegio raro
Rubò sei cervi nel parco del Re
Vendendoli per denaro