Domenica 27 dicembre 1908 – In edicola il primo numero del Corriere dei Piccoli – Nasce così il fumetto italiano.

 

Corriere dei Piccoli

 

 

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Domenica 27 dicembre 1908 – In edicola il primo numero del Corriere dei Piccoli – Nasce così il fumetto italiano.

Nasce il fumetto italiano: Nell’Italia di re Vittorio Emanuele III e del terzo Governo Giolitti apparve in edicola il Corriere dei Piccoli, supplemento settimanale illustrato del Corriere della Sera. Questa data venne considerata in seguito come l’inizio del fumetto italiano.

Fondato e diretto da Silvio Spaventa Filippi, che era partito da un’idea della pedagogista e scrittrice Paola Lombroso, il Corrierino (variante familiare usata dai suoi giovanissimi lettori) introdusse nel contesto italiano i personaggi dei fumetti americani, presentati all’interno di tavole illustrate, ognuna suddivisa solitamente in quattro strisce di due vignette ciascuna.

Ma in questo primo numero trovò spazio anche uno dei personaggi più popolari lanciati dal settimanale: Bilbolbul, un bambino africano protagonista di storie surreali. A disegnarlo fu Attilio Mussino che insieme ad Antonio Rubino (ideatore di Quadratino, altro personaggio storico) rappresentarono le colonne portanti del Corrierino fino agli inizi degli anni Cinquanta.

In questa prima fase le “nuvolette parlanti” (il termine inglese è balloon) erano rigorosamente vietate, perché ritenute diseducative. Al loro posto c’erano i sottotitoli composti da filastrocche in rima baciata, dal tono moraleggiante. Siamo certamente lontani dall’idea moderna di fumetto.

Le tavole illustrative erano permeate di valori pedagogici, patriottici e risorgimentali, in perfetta sintonia con la mentalità di allora che non ammetteva l’esistenza di libri per ragazzi concepiti esclusivamente per il loro intrattenimento. Tutto doveva avere un fine educativo, e ciò spiega perché la maggior parte dei contenuti fosse costituita da racconti, poesie e brevi testi teatrali.

Il successo del primo numero fu straordinario, al punto che venne stampato in 80.000 copie. Ciò lo rese subito un riferimento per bambini e adolescenti. Nel 1917 fu la volta di un altro protagonista storico di quegli anni: il Signor Bonaventura nato dalla matita di Sergio Tofano.

Dieci anni dopo, presero piede le nuvolette – che sul Corrierino si affermarono solamente a partire dagli anni Sessanta – grazie a nuove pubblicazioni che segnarono l’evoluzione moderna del fumetto made in Italy: dal primo numero di Topolino (edito nel 1932 da Giuseppe Nerbini) ai settimanali L’Avventuroso (che portò dagli Usa Mandrake e Flash Gordon) e Intrepido (che inaugurò il genere romantico e sentimentale).

Dopo il grande avvento, nel Dopoguerra, delle riviste dedicate a un singolo personaggio – il più amato fu Tex Willer di Sergio Bonelli, uscito nel 1948 – si arrivò agli anni Sessanta che portarono alla ribalta i “cattivi”, gli antieroi per eccellenza come Diabolik delle sorelle Giussani (1962), accanto a fumetti d’autore come l’insuperabile Corto Maltese, che Ugo Pratt lanciò in “Una ballata del mare salato”.

Pratt e Benito Jacovitti (padre del famoso cowboy Cocco Bill) furono gli artefici della stagione d’oro del Corrierino, vissuta dalla seconda metà degli anni Sessanta alla prima metà dei Settanta, suggellata dagli esordi di Lupo Alberto (pubblicato da Silver sul Corriere dei Ragazzi, nato come costola del Corriere dei Piccoli da cui si distaccò nel 1972) e di La Pimpa (creata nel 1975 da Altan e considerata il più fortunato fumetto italiano per bambini in età prescolare).

Gli anni ’80 coincisero con il periodo di crisi del settore, fortemente condizionato dall’avvento dei manga giapponesi in TV, che col passare del tempo presero il sopravvento anche nelle riviste di fumetti, la prima delle quali fu Zero (1990), interamente dedicata ai manga.

Nel 2008 venne celebrato un secolo di storia del fumetto, partendo dalla prima uscita del Corriere dei Piccoli che, sebbene avesse smesso le pubblicazioni da gennaio del 1996, venne celebrato come il periodico dedicato all’infanzia più longevo d’Italia.

tratto da: http://www.mondi.it/almanacco/voce/9206

Quando in america i bambini di colore venivano usati come esca per cacciare i coccodrilli…

 

bambini di colore

 

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Quando in america i bambini di colore venivano usati come esca per cacciare i coccodrilli…

Tra la fine del diciannovesimo e l’inizio del ventesimo secolo, la pelle di coccodrillo era particolarmente apprezzata negli Stati Uniti dove era molto usata per fabbricare scarpe, borse e cinture.
Catturare un alligatore non era però un’attività priva di rischi ed erano molti i casi di cacciatori che perdevano un braccio, una gamba o che riportavano altre ferite durante la caccia.

In Florida i cacciatori ebbero un’idea raccapricciante: affittare bambini neri da usare come esche vive per i coccodrilli.

Sembra incredibile, ma durante la schiavitù e sotto le leggi Jim Crow, abrogate solo nel 1965, negli Stati Uniti gli afroamericani furono brutalizzati e maltrattati in ogni maniera immaginabile.
Gli afroamericani erano infatti considerati come “sub-umani” e rappresentati come creature selvagge e prive di valore.

Se esisteva un modo per schiavizzare, torturare, opprimere o uccidere una persona dalla pelle nera, questo veniva quasi sicuramente messo in pratica, per quanto brutale fosse.

In questo terribile contesto, tra le tante atrocità commesse dai bianchi contro i neri in quel periodo, ci fu anche quella di utilizzare i bambini per cacciare i coccodrilli.

Il Jim Crow Museum, in Michigan, raccoglie oggetti legati all’opprimente discriminazione razziale dei neri, tra cui una fotografia dell’epoca in cui sono mostrati nove bambini neri, senza abiti, la cui legenda recita “Alligator Bait”, cioè “esca per coccodrillo”.

Alligator bait

Nell’era più buia della segregazione razziale, i cacciatori noleggiavano i bambini dalle famiglie in cambio di due dollari, per buttarli in acqua allo scopo di attirare i coccodrilli.

Dagli articoli di giornale dell’epoca, i sostenitori di questa tremenda iniziativa, dichiaravano che non ci fosse nulla di terribile nell’utilizzare i bambini come esche, che uscivano dall’acqua solo un po’ bagnati ma divertiti pronti per essere restituiti sani e salvi alle loro madri.

Bambini neri esche per alligatori

I bambini di pelle nera erano usati anche dalle guardie degli zoo per riuscire a spostare gli alligatori nelle aree dei parchi. Nel 1908 il Washington Times riferì che un custode del Giardino Zoologico di New York attirò gli alligatori, per farli uscire dal loro rifugio invernale,  utilizzando i pickaninnies, termine dispregiativo cui ci si riferiva ai bambini di colore.

Sebbene non si trattasse di una prassi diffusa, quella di utilizzare i bambini come esche per i coccodrilli era comunque una pratica abbastanza comune, tanto che il termine “alligator bait” veniva usato anche come insulto nei confronti degli afroamericani.

Che dire, davvero una pagina buia della storia della Florida e dell’umanità.

 

fonte: https://www.greenme.it/vivere/speciale-bambini/bambini-neri-usati-come-esche/

“Dirò cosa mi hanno fatto a Dio. Gli dirò tutto” le ultime strazianti parole di un bambino Siriano…

bambino Siriano

 

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“Dirò cosa mi hanno fatto a Dio. Gli dirò tutto” le ultime strazianti parole di un bambino Siriano…

 

“Dirò cosa mi hanno fatto a Dio. Gli dirò tutto” le ultime strazianti parole di un bambino Siriano…

“Dirò cosa mi hanno fatto a Dio, Gli dirò tutto”

Con queste parole strazianti è morto un bambino siriano di tre anni, vittima dei bombardamenti e della guerra che martirizza da anni il suo paese. E’ lo strazio nascosto di una tragedia inarrestabile, la faccia taciuta delle atrocità che subiscono i piccoli innocenti coinvolti nelle guerre.

Bambini che non hanno più niente, né case, né genitori, né qualcuno che li abbracci e li consoli. Bambini che sono stati costretti a vedere cose che mai avrebbero dovuto

Bambini a cui sono stati rubati sogni e speranza, che hanno perso tutto: anche le loro vite. La frase “Dirò cosa mi hanno fatto a Dio, Gli dirò tutto”, la dice una bambino, (secondo blog e agenzie, di 3 o 4 anni) prima di morire dopo aver subito delle atrocità. Un bambino, in un paese in guerra, solo, promette di dire a Dio che il Male che gli uomini gli hanno fatto è qualcosa di brutto, che la guerra gli ha fatto qualcosa di ingiusto, che la violenza gli ha tolto tutto, anche la vita.

Quante volte la stessa identica successione di parole, diverse solo per l’autoritàPapà/Mamma/maestro/insegnante/fratello maggiore) a cui ci si rivolge, abbiamo ripetuto tutti noi. Quante volte ci ha consolati l’idea non di un vendicatore ma di un uomo o una donna saggi, che vedono dall’alto, in nostro soccorso e capaci non di offrirci la vittoria ma di ristabilire la giustizia ? Quante volte ci ha consolati questa idea, possibilità, soluzione ?

I bambini ovunque vi è la guerra non hanno questa possibilità di speranza in un adulto, in un’autorità in grado d ristabilire la giustizia.

L’Onu oggi denuncia gli orrori subiti dai bambini per mano dell’Isis, e basterà leggere quanto si dice per restare sgomenti.

“Dirò tutto a Dio” è un pensiero sicuramente passato per la mente di un qualsiasi bambino in Siria, fosse anche solo per un secondo.

Speriamo che quel bambino, quei bambini, quelle preghiere di quanti tornano a sentirsi bambini davanti all’orrore di un male così abominevole possano vedere o raggiungere Dio e dirgli cosa è stato fatto loro. E’ una preghiera, è una richiesta, è una supplica davanti ad un male che sfinisce.

“Lo dirò a Dio”, questo basta a non rendere preghiera e speranza inutili. A qualcuno ancora in un mondo silente e sordo davanti alla guerra, è possibile dire qualcosa.

16 Aprile – Giornata mondiale contro la schiavitù infantile – Ricordiamo oggi Iqbal Masih, l’attivista per i diritto dei bambini, assassinato dalle lobby a soli 12 anni!

 

16 Aprile

 

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16 Aprile – Giornata mondiale contro la schiavitù infantile – Ricordiamo oggi Iqbal Masih, l’attivista per i diritto dei bambini, assassinato dalle lobby a soli 12 anni!

IQBAL MASIH: un bambino coraggioso

Era nato nel 1983 Iqbal Masih e aveva quattro anni quando suo padre decise di venderlo come schiavo a un fabbricante di tappeti. Per 12 dollari.

E’ l’inizio di una schiavitù senza fine: gli interessi del “prestito” ottenuto in cambio del lavoro del bambino non faranno che accrescere il debito.

Picchiato, sgridato e incatenato al suo telaio, Iqbal inizia a lavorare per più di dodici ore al giorno. E’ uno dei tanti bambini che tessono tappeti in Pakistan; le loro piccole mani sono abili e veloci, i loro salari ridicoli, e poi i bambini non protestano e possono essere puniti più facilmente.

Un giorno del 1992 Iqbal e altri bambini escono di nascosto dalla fabbrica di tappeti per assistere alla celebrazione della giornata della libertà organizzata dal Fronte di Liberazione dal Lavoro Schiavizzato (BLLF). Forse per la prima volta Iqbal sente parlare di diritti e dei bambini che vivono in condizione di schiavitù. Proprio come lui. Spontaneamente decide di raccontare la sua storia: il suo improvvisato discorso fa scalpore e nei giorni successivi viene pubblicato dai giornali locali.

Iqbal decide anche che non vuole tornare a lavorare in fabbrica e un avvocato del BLLF lo aiuta a preparare una lettera di “dimissioni” da presentare al suo ex padrone. Durante la manifestazione Iqbal conosce Eshan Ullah Khan, leader del BLLF, il sindacalista che rappresenterà la sua guida verso una nuova vita in difesa dei diritti dei bambini. Così Iqbal comincia a raccontare la sua storia sui teleschermi di tutto il mondo, diventa simbolo e portavoce del dramma dei bambini lavoratori nei convegni, prima nei paesi asiatici, poi a Stoccolma e a Boston:

“Non ho più paura di lui – dice riferendosi al suo padrone – è lui che ha paura di me, di noi, della nostra ribellione. “Da grande voglio diventare avvocato e lottare perché i bambini non lavorino troppo”. Iqbal ricomincia a studiare senza interrompere il suo impegno di piccolo sindacalista. Sarebbe diventato un avvocato, ne aveva la stoffa.
Ma la storia della sua libertà è breve. Il 16 aprile 1995, domenica di Pasqua, gli sparano a bruciapelo mentre corre in bicicletta nella sua città natale Muridke, con i suoi cugini Liaqat e Faryad. Due raffiche di proiettili gli tolgono la vita e Iqbal si accascia sulla bicicletta con cui stava finalmente giocando.

“Un complotto della mafia dei tappeti” dirà Ullah Khan subito dopo il suo assassinio. Qualcuno si era sentito minacciato dall’attivismo di Iqbal, la polizia fu accusata di collusione con gli assassini. Di fatto molti dettagli di quella tragica domenica sono rimasti poco chiari.

Aveva solo 12 anni. E mentre i suoi assassini sono liberi, il giornalista pachistano che ne ha raccontato la storia e’ stato accusato di un grave reato: “danneggia il commercio estero della nazione”.

Con i 15 mila dollari del Premio Reebok per la Gioventù in Azione ricevuti nel dicembre ’94 a Boston, Iqbal voleva costruire una scuola perché i bambini schiavi potessero ricominciare a studiare…

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Un racconto di Silvestro Montanaro: “Esiste una colla speciale per riattaccare i piedi?”

 

racconto

 

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Un racconto di Silvestro Montanaro: “Esiste una colla speciale per riattaccare i piedi?”

tratto da RAIAWADUNIAUn blog da seguire…

 

Esiste una colla speciale per riattaccare i piedi?

Dov’è il pallone?

Non riesco a vederlo…Per la verità non riesco a vedere nulla, solo ombre e mi scoppia la testa.

Devo riuscire a trovarlo.

Mio fratello me la farebbe pagare carissima se non glielo riporto. É l’unico pallone sopravvissuto qui nel nostro

villaggio. Vecchio, sporchissimo e mille volterattoppato, ma è l’unico. Vale più di un tesoro.

Me lo ha prestato dopo settimane di preghiere e mille piccoli favori. Ha pure preteso in cambio

l’uso permanente del mio temperino con il manico d’osso, un regalo del nonno. Poi mi ha

detto di aspettarlo e non cercare di scoprire doveandava. Eh, si, lo tiene ben nascosto il suo

tesoro.

Ci ho provato un milione di volte a trovarlo, ma niente. Quello, è davvero furbo..

Quando è tornato, lo aveva tra le mani. Mi ha fissato con occhi di fuoco.

<< Se si rompe….se te lo fai fregare…non tornare a casa perché, giuro, ti faccio a

pezzi…>>.

Poi me lo ha consegnato e ho sentito il cuore accelerare. L’ho stretto tra le mani e sono corso

fuori. Ho raggiunto i miei amici e l’ho sollevatoverso il cielo tra ululati di gioia.

Mi chiamo Samir ed ho 10 anni. Vivo in un piccolo villaggio non troppo lontano dalla

grande Aleppo, una delle città più belle del mio paese, la Siria. Da noi c’è la guerra. Non ho mai

capito perché, nessuno sa spiegarmelo. So solo che è una cosa brutta, bruttissima in cui viviamo

da tanti anni.

Ero piccolissimo e già c’era la guerra. E con la guerra mille problemi e tanta paura. Mangiare

poco e certe volte proprio niente. La scuola chiusa. Papà portato via da uomini armati che

hanno rubato tutto il possibile da casa nostra. Anche il televisore. É stato allora che Alì, mio

fratello, ha nascosto chissà dove il pallone.

Mamma dice che papà prima o poi torna, ma una volta l’ho sentita piangere con le sue amiche.

<< Lo hanno ucciso. Lo hanno fatto fuori come una pecora. Lo hanno sgozzato e lasciato

soffocare nel suo sangue…>>.

Era buono e simpatico il mio papà. Mi manca. Mi manca da morire. Alle volte guardo il cielo e

gli parlo…

Tutto quello che ricordo, in questo momento, è che stavamo giocando a pallone, con un pallone

vero e non con la solita lattina o con una palla fatta di stracci.

Eravamo felici, ma davvero felici. Nonostante la guerra, nonostante la miseria, nonostante la

paura. Ho segnato un goal. Poi un altro. Tutti e due di sinistro, il mio piede migliore. Sono il capitano

della mia squadra ed i miei compagni mi chiamano Maradona.

Poi è venuta la pioggia…

In cielo sono comparsi degli aerei. Non so dire se erano quelli del governo o quelli degli altri.

So solo che dalle loro pance sono usciti dei puntini che in pochi secondi sono divenuti

sempre più grandi e poi ancora di più.

<< Scappate, scappate! >>, urlavano tutti. << Le bombe…le bombe…>>.

Tutti fuggivano come impazziti, ma io sono rimasto.

Dovevo recuperare il pallone. Alì, altrimenti, mi avrebbe fatto a pezzi….

Poi…boom…boom…

La terra tremava, le esplosioni erano come i tuoni di cento tempeste messe insieme e sempre più vicine. E mi sono

sentito sollevare da terra e volare. Poi il buio, non so più per quanto tempo…

Poi solo ombre e suoni smozzicati…

Pian piano la strana nebbia si dirada. Ricomincio a vedere, ma il mondo non è più colorato. É tutto

bianco e nero. Vedo gente accorrere, tutta sporcadi polvere. E sento le urla e i pianti della loro

disperazione. Mi stropiccio gli occhi e cerco il pallone.

E  finalmente lo vedo accanto alle macerie della casa che prima si erigeva ad un angolo dello

spiazzo dove eravamo venuti a giocare ed ora non c’è più.

Provo ad alzarmi, a correre a riprenderlo e sento il dolore. Un male orribile, un pulsare di fitte

dolorose ad una gamba.

La guardo. É lì come sempre, ma ho il pantaloncino strappato. E rivedo il rosso. Quello

del mio sangue.

Il mio piede, il sinistro, il mio piede buono, quello alla Maradona, è un po’ più

in là, reciso come quello di una bambola fatta a pezzi.

Non capisco, è tutto così strano…

Provo a rimetterlo al suo posto, ma niente, non si attacca. Solo altro terribile dolore.

Esiste una colla speciale per riattaccare i piedi?

 

da COL CUORE COPERTO DI NEVE di SILVESTRO MONTANARO

fonte: https://raiawadunia.com/tutto-il-mondo-e-presepe-esiste-una-colla-speciale-per-riattaccare-i-piedi/

Gli animali domestici in casa difendono i vostri bambini dalle allergie

 

animali domestici

 

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Gli animali domestici in casa difendono i vostri bambini dalle allergie

Più amici a 4 zampe ci sono, minore è il rischio di svilupparle

La conferma arriva da uno studio pubblicato sulla rivista PLoS One

Maggiore è la frequenza di contatto da piccoli con animali domestici, ad esempio cani e gatti, minore è il rischio di sviluppare allergie per i bambini, o eczema e asma.
La conferma arriva da uno studio pubblicato sulla rivista PLoS One e reso noto dal magazine britannico New Scientist.
Lo studio è stato condotto da Bill Hesselmar dell’Università svedese di Göteborg rianalizzando i dati di due ricerche. La prima ha coinvolto 1029 bambini di 8-9 anni ed è emerso che se l’incidenza di allergie è del 49% tra i piccoli che nel primo anno di vita non hanno avuto contatti con animali domestici, il tasso scende al 43% tra i bimbi che da piccoli hanno vissuto con un animale in casa, al 24% per i bambini che hanno vissuto con tre animali. Due dei bambini hanno vissuto con 5 animali i primi 12 mesi di vita e nessuno dei due ha sviluppato allergie.
Nell’altro studio sono stati monitorati dalla nascita 249 bambini. Dopo 8-9 anni il tasso di allergie era del 48% per bambini non esposti a presenza di animali domestici il primo anno di vita, del 35% per i bimbi che hanno vissuto con un animale, del 21% tra i bimbi che hanno vissuto con due o più animali.
Hesselmar ritiene che gli animali domestici siano portatori di microbi che stimolano il sistema immunitario in modo tale che i bambini non divengano allergici. Trascorrere tempo con altri bambini e all’aperto potrebbe avere a sua volta un effetto protettivo, conclude.

(ANSA)

Fonte: http://www.ansa.it/canale_saluteebenessere/notizie/salute_bambini/medicina/2018/12/27/gli-animali-domestici-in-casa-difendono-i-bambini-dalle-allergie_673c5096-9d1e-483a-b399-e6a5d1f9c7aa.html

 

Nella foto: un agnello barbaramente ucciso perchè possiate festeggiare la Pasqua, indignati eh? …Ah no, scusate, abbiamo sbagliato. È solo uno degli 8.000 bambini che oggi è morto di fame… Solo uno degli 8.000 che ogni giorno muore di fame. Allora, lasciate perdere, niente indignazione…!

 

Pasqua

 

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Nella foto: un agnello barbaramente ucciso perchè possiate festeggiare la Pasqua, indignati eh? …Ah no, scusate, abbiamo sbagliato. È solo uno degli 8.000 bambini che oggi è morto di fame… Solo uno degli 8.000 che ogni giorno muore di fame. Allora, lasciate perdere, niente indignazione…!

 

Premesso che dopo tutto quello che ho scoperto grazie al Web, quest’anno, come negli ultimi anni, non mangerò agnello e che sono ormai praticamente diventato vegetariano (ma non per una questione di salute, bensì per una questione morale)… Premesso tutto questo, siete (siamo) una massa di coglioni. Tutti subito pronti a indignarsi per l’agnello immolato per la Santa Pasqua, ma ce ne passa per il cazzo degli 8.000 bambini (cioè solo quelli tra 0 e 5 anni) ogni benedetto giorno muoiono di fame…

E santiddio, va bene gli animali, ma dopo i bambini…

 

Ogni giorno nel mondo 8 mila bambini muoiono di fame (prima dei 5 anni)

Un nuovo rapporto e una campagna di Save the Children: fino all’ultimo bambino.

I numeri sono numeri, e poco importa che quelli denunciati da Save the Children nel rapporto appena rilasciato sulla malnutrizione e l’infanzia siano esorbitanti: 3 milioni di bambini muoiono ogni anno prima di compierne 5 per mancanza di cibo o di cibo adeguato. I numeri sono numeri, colpiscono con forza sul momento e poi si perdono nell’impalpabile galassia della statistica.

Jacob invece, 4 anni e la vita già segnata dalla siccità che inaridisce il natio villaggio di Noru-Edou, Turkana Country, Kenya settentrionale, è reale, pelle, ossa e occhi imbarazzanti (foto di apertura). La sua famiglia ha perso quasi tutti gli animali di cui campava e non riesce a far mangiare né lui né le sue due sorelle minori. I volontari di Save the Children l’hanno trovato all’inizio dell’anno, debolissimo, affetto da malnutrizione acuta e, nei peggiori incubi dei genitori, condannato a spegnersi. Adesso partecipa a un trattamento alimentare terapeutico che l’ha visto migliorare ma, sul lungo termine, l’orizzonte è chiuso.

«Avevamo cento capre prima della siccità e ce ne sono rimaste solo quattro, era già capitato che perdessimo animali per le condizioni meteo avverse ma mai come quest’anno» racconta la mamma di Jacob, Alice. Vivono in una sorta di piccole capanne di rami e pietra su un terreno sabbioso e spoglio, sassi, sporadici alberi di acacia qua e là, caldo e freddo a turno senza pietà. Alice ha visto i figli consumarsi sotto i suoi occhi fin quando è riuscita a inserirli nel programma alimentare: «In tempi normali quando arriva la stagione delle piogge ci sono tante piante per gli animali. Vuol dire che le capre producono latte e noi possiamo berlo. A volte consumiamo anche il sangue, perché il sangue delle capre è molto nutriente».

Da mesi il Kenya affronta una siccità peggiore di quella che nel 2011 mise in ginocchio il Corno d’Africa, 2.7 milioni di persone hanno bisogno urgente di assistenza, in maggioranza si tratta di sono anziani, minori, malati. Save the Children, che a febbraio ha visitato tra gli altri 4397 bambini a Turkana Nord trovandone il 38% in condizioni gravi, teme che il livello di malnutrizione sia ben oltre la soglia emergenziale (nell’Africa subsahariana poco meno della metà della popolazione che vive nelle zone rurali può accedere alle fonti d’acqua potabile, mentre appena una persona su 5 ha accesso ai servizi igienici).

«La pelle di Jacob aveva cominciato a staccarsi dal corpo, era così debole che non riusciva a stare in piedi, non c’era nulla che potessimo fare per lui tranne dargli frutti selvatici e aspettare che morisse» continua Alice. La sua storia non è diversa da quella di Nasra che è riuscita a far accogliere la piccola So’di di 10 mesi (foto qui sotto) all’Adado Hospital, Somalia, appena prima che il vomito e la diarrea la portassero via. In Somalia, come in Kenya, la siccità non dà tregua: le migrazioni verso l’Europa sono spinte anche e molto dal clima. E non c’è solo il Corno d’Africa: tra povertà, conflitti e cambiamenti climatici, un minore su 4 sotto i 5 anni soffre di malnutrizione cronica, uno su 12 da quella acuta (la malnutrizione è la concausa del 45% delle morti infantili a livello globale).

«Al momento il lavoro che facciamo in ospedale dipende da Save the Children, non potremmo andare incontro alle esigenze della popolazione in altro modo» spiega il dottor Mohamed Omer Yusuf, responsabile dell’ospedale Adado. Un puntello, certo, ma a una situazione minata. Dopo la grave emergenza El Niño, la peggiore crisi legata al cambiamento climatico degli ultimi 35 anni, solo nel Corno d’Africa quasi 20 milioni di persone soffrono gli effetti della crisi alimentare. Si stima che a livello globale un’accelerata negli effetti dei cambiamenti climatici metterebbe a rischio fame 592 milioni di persone nel 2030 e quasi 477 milioni nel 2050. E poi ci sono i conflitti, che vedono intrappolato tra bombe e trincee il 50% dei 815 milioni di persone denutrite.

 

Si tampona, ma non basta. Con il rapporto sulla malnutrizione infantile Save the Children lancia così la campagna “Fino all’ultimo bambino”, una maratona che dal 12 ottobre al 5 novembre si propone di raccogliere fondi sufficienti per raggiungere i villaggi più remoti, invisibili, oscuri. Quelli che poi un giorno, all’improvviso, si materializzano a bordo dei barconi all’arrembaggio del Mediterraneo, fantasmi della fame e delle nostre paure.

Lo studio che dimostra quanto lo smartphone prima di dormire faccia male ai bambini

 

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Lo studio che dimostra quanto lo smartphone prima di dormire faccia male ai bambini

 

Che gli stimoli elettronici compromettessero il sonno era noto. Ma ora una ricerca definisce i livelli di stress. E fissa le regole per evitare problemi.

Se siete tra quei genitori che ogni sera sono pronti a lanciarsi in lunga lotta pur di togliere il tablet dalle mani dei vostri figli, sappiate che la scienza è dalla vostra parte. Lo schermo di smartphone e tablet disturbano il sonno e riducono le ore di riposo. La notizia non è nuova, ma il nuovo studio condotto dall’università del Colorado-Boulder pubblicata sulla rivista Pediatrics va oltre e fissa alcune regole utili. In particolare, di 454 adolescenti presi in esame il 60% va a letto con il cellulare e il 45% lo usa come sveglia. Supera invece il 90% la percentuale di bambini e ragazzi tra i 5 e i 17 anni, oggetto di studio che vanno a letto più tardi e che dormono poco e male”.

Ma perché? Tre sono le principali cause secondo i ricercatori

  1. I contenuti sono troppo stimolanti, soprattutto se si tratta di videogiochi
  2. La luce e la lunghezza d’onda emanata dai dispositivi incide sui ritmi circadiani e sulla fisiologia del sonno, abbassando drasticamente il livello di melatonina del corpo (quello che ci dice quando andare a dormire, per dirla con parole povere).
  3. Il rimpicciolimento dello schermo dalla tv al cellulare) permette a bambini e ragazzi di vedere di nascosto una puntata della propria serie preferita quando dovrebbero dormire

I più piccoli sono ovviamente più a rischio “perché i loro occhi non sono completamente sviluppati e perché sono molto più sensibili agli stimoli esterni”. Su soggetti così giovani entrano in gioco fattori biologici, neuronali e ambientali. “La luce è il nostro orologio naturale”, spiega Monique LeBourgeois, professore associato del dipartimento di Fisiologia al CU Boulder e autrice dello studio.  “Quando la luce colpisce la nostra retina durante le ore serali, invia una cascata di segnali al sistema circadiano al fine di tenere a bada la melatonina e a ritardare il sonno”. “Sappiamo, inoltre, che i più giovani hanno pupille più grandi e quindi sono più vulnerabili”. Gli studiosi sottolineano che esposti alla stessa intensità di luce, adulti e bambini producono una risposta diversa, con i secondi che vedono crollo doppio di melatonina rispetto ai primi.

Per evitare problemi, gli autori dello studio di rimuovere rutti i dispositivi elettronici dalla stanza dei bambini, inclusa la tv, e di stabilire delle regole. In più sottolineano di educare i bambini all’importanza del sonno di qualità. Ecco di seguito le 3 regole auree per il buon sonno dei più piccoli.

  1. Limitare l’uso dei media prima di andare a letto
  2. Spegnere tutti i dispositivi elettronici e spostarli fuori dalla stanza da letto
  3. Sii un modello da seguire

fonte: https://www.agi.it/salute/smartphone_tablet_bambini_studio-2329160/news/2017-11-06/

2 dicembre, giornata mondiale per l’abolizione della schiavitù – Vuoi concretamente fare qualcosa contro schiavitù? Allora evita questi marchi!

schiavitù

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2 dicembre, giornata mondiale per l’abolizione della schiavitù – Vuoi concretamente fare qualcosa contro schiavitù? Allora evita questi marchi!

UNA SERIE DI GRANDI AZIENDE SONO STATE ACCUSATE DI USARE LA SCHIAVITÙ INFANTILE PER FORNIRVI MOLTE TIPOLOGIE DI BENI, TRA I QUALI IL CIOCCOLATO.

Chi non ama il cioccolato? In effetti, il cittadino medio europeo mangia oltre i 10 chili di cioccolato ogni anno. Ma c’è un aspetto negativo di questo dolce al di là degli ingredienti semplicemente discutibili.

Molti di noi acquistano il  cioccolato senza pensare a chi lo ha fatto, e questo è un problema, dal momento che una serie di grandi aziende sono state accusate di usare la schiavitù infantile per fornirvi l’amato cioccolato.
Lo scorso settembre, una causa è stata presentata con un elenco di aziende che comprende Hershey, Mars e Nestle, sostenendo che le aziende stanno ingannando i propri consumatori perché finanziano il lavoro degli schiavi bambini in Africa occidentale.

È stato motivo di preoccupazione nel settore del cioccolato negli ultimi 15 anni. Il cacao è l’ingrediente principale nel cioccolato, e la maggior parte arriva dall’Africa occidentale, con i due maggiori produttori, la Costa d’Avorio e il Ghana, che rappresentano circa il 60 per cento della fornitura del cacao mondiale.

Molte aziende si affidano quasi esclusivamente all’Africa occidentale per il loro approvvigionamento di cacao, ma la maggior parte del cacao viene prodotto in piccole aziende agricole da parte di agricoltori che soffrono di povertà. Questi estremi spesso sfociano nel lavoro minorile. Già nel 2001, l’industria del cioccolato si è impegnata per porre fine alle pratiche in Costa d’Avorio e Ghana entro il 2005, ma questo termine è stato più volte rinviato. Ora, la speranza è quella di eliminarlo entro il 2020 .

Per capire perché questo è così importante, è necessario guardare al di là del denaro e al di là del cioccolato. È necessario prendere coscienza di ciò che sta accadendo a questi bambini, le condizioni di questi bambini non sono di certo delle migliori, intrappolati in fattorie isolate in cui lavorano per 80/100 ore ogni settimana. Spesso vengono picchiati con pugni, cinture e fruste varie, secondo i bambini liberati che hanno parlato in proposito nel film Schiavitù: Un indagine globale. “Le percosse erano una parte della mia vita”, ha spiegato il bambino schiavo liberato Aly Diabate . “Ogni volta che ti carichi di sacchetti (di semi di cacao) e cadi nessuno ti aiuta. Ti devi rialzare e via di nuovo, o sono problemi”.

Se vuoi evitare di sostenere la schiavitù dei bambini, (se hai una coscienza) si devono evitare queste  società di cioccolato:

Hershey

Mars

Nestlè

ADM Cocoa

Godiva

Fowler’s Chocolate

Kraft

A queste aziende (che tra l’altro sono importanti e grandi multinazionali) non importa poi tanto della schiavitù, visto che li conviene economicamente, infatti molte altre aziende, anche se non grandi come le 7 citate, hanno fatto una priorità nell’evitare di trarre profitto dalla sofferenza del lavoro minorile.

La scioccante documentario del 2000 intitolato Schiavitù: Un indagine globale, espone il profondo e oscuro collegamento del settore del cioccolato e i bambini schiavi. The Guardian  parlando dei 19 bambini liberati dalla schiavitù dalle autorità ivoriane, ha riferito che i bambini lavorano dall’alba al tramonto tutti i giorni, chiusi in un capannone di notte, hanno una tazza di latta in cui fare i bisogni, vengono anche legati e di routine picchiati. Migliaia di bambini vengono acquistati dai loro genitori in paesi come il Mali, il Burkina Faso, il Togo e per una miseria, o in alcuni casi addirittura rubati, e poi spediti in Costa d’Avorio, dove vengono ridotti in schiavitù nelle piantagioni di cacao. E poi c’è in occidente chi si ingrassa grazie a questo….

tratto da: http://lospillo.info/vuoi-concretamente-smettere-sostenere-la-schiavitu-allora-evita-queste-aziende/

 

E’ Scientifico: Cani e gatti rendono i bambini più forti, intelligenti e sensibili

Cani e gatti

 

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E’ Scientifico: Cani e gatti rendono i bambini più forti, intelligenti e sensibili

Ricerche scientifiche affermano che i bambini cresciuti con cani o gatti hanno molti benefici fisici e psicologi, come ad esempio una migliore empatia, autostima, senso di responsabilità e pazienza. Chi ha un animale domestico conosce il piacere e la gioia che solo la compagnia del nostro amico a quattro zampe può dare. Vediamo in dettaglio tutti gli aspetti positivi della crescita comune di cuccioli di uomo e animali.

Gli studi scientifici a riguardo si sprecano. Ma tutti portano alla stessa conclusione: i bambini che crescono con un cane hanno un’intelligenza emotiva molto più sviluppata rispetto a quelli che vivono senza. Si tratta di quel tipo di intelligenza che permette di esprimere i propri sentimenti in modo corretto e di riconoscerli anche nel prossimo. Per gli specialisti è un’intelligenza in grado di dare al bambino un giusto equilibrio tra la ragione e i sentimenti facendone così un adulto equilibrato.

MAGGIORE EMPATIA E CAPACITA’ DI COMPRENDERE GLI ALTRI

I bambini che crescono con gli animali domestici hanno una capacità empatica, dileggere e comprendere le emozioni e i comportamenti altrui maggiore, proprio perché allenati fin dalla più tenera età all’osservazione di un essere vivente ricco di bisogni fisici ma anche psicologici come un animale, ma difficilmente interpretabili.  Gli animali trasmettono continuamente il loro stato emotivo attraverso il loro campo energetico che si esterna attraverso uno sguardo, un gesto, la vicinanza o il calore fisico. Questo allena i bambini a decifrare il codice energetico del linguaggio non verbale ed applicarlo nella vita quotidiana con le altre persone (che spesso nascondono e coprono con il linguaggio verbale il loro stato emotivo).

MIGLIORA L’AUTOSTIMA, LA FIDUCIA E LA COMPASSIONE

Prendersi cura di un animale comporta necessariamente delle responsabilità, queste infondono nel bambino un senso di realizzazione e lo aiutano a sentirsi indipendente e competente. Nienke Endenburg e Ben Baarda, autori del libro The Waltham Book of Human–Animal Interaction, riportano un esperimento nel quale ibambini con bassa autostima hanno mostrato grandi progressi dopo aver avuto un animale nella propria classe per nove mesi. Le sensazioni positive fornite dal nostro animale domestico accrescono la fiducia e l’autostima dei bambini perché l’animale restituisce loro gratitudine ed affetto profondo e sincero. Cresceranno così percependosi come individui capaci di dare e meritevoli di ricevere affetto e amore. Numerosi studi hanno inoltre dimostrato che i bambini che vivono con animali hanno più compassione nei confronti degli altri animali e degli esseri umani.

FAVORISCE LO SVILUPPO COGNITIVO

La vicinanza di un animale domestico può facilitare l’acquisizione del linguaggio e migliorare lecompetenze verbali nei bambini. I bimbi infatti non si limitano a giocare con gli animali, gli parlano e spesso leggono perfino insieme a loro. “Dialogare” con un animale aiuta anche i bambini a combattere la balbuzie.

STIMOLA L’ATTIVITA’ FISICA E LA SOCIALIZZAZIONE

Secondo uno studio condotto dai ricercatori della University of Western Australia, i bambini che crescono con un cane hanno il 50% di probabilità in più di svolgere i livelli minimi di attività fisica raccomandati dai pediatri per crescere sani. Inoltre portare a passeggio l’animale, fargli fare i bisogni spinge il bambino a stare all’aperto esocializzare. Essendo infatti riconosciuto dal suo fedele amico a quattro zampe, avrà meno difficoltà emotive nel contatto con gli altri.

SISTEMA IMMUNITARIO PIU’ FORTE E MENO ALLERGIE

Un aspetto che può spaventare le mamme, è la paura che l’animale possa trasmettere malattie o infezioni ai propri figli, ma non è così! Anzi è stato dimostrato che i bambini che vivono a stretto contatto con gli animali sviluppano prima le difese da possibili allergie e avranno un sistema immunitario più forte crescendo quindi più sani e protetti. Infatti lo studio pubblicato da Clinical & Experimental Allergy spiega come i giovani che hanno vissuto con un cane durante il loro primo anno di vita hanno il 50% di possibilità in meno di diventare sensibili alle allergie rispetto a quelli che non sono cresciuti con un cane.

RIDUCE LO STRESS E FAVORISCE IL RILASSAMENTO

Uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di Pretoria in Sudafrica afferma chegli animali aiutano adulti e bambini ad affrontare periodi difficili con più calma e meno stress. Inoltre è scientificamente provato checoccolare un cane o un gatto rallenta il battito cardiaco, abbassa la pressione sanguigna e rallenta le onde cerebrali indicando un generale rilassamento. Si ottengono quindi rilevanti e benefiche modificazioni neuro-ormonali che rilasciano una sensazione di tranquillità e benessere.

Questa è una delle ragioni che spiega l’ampia introduzione degli animali nelle terapie riabilitative, conosciuta con il nome di pet-therapy. Gli animali offrono un sostegno emotivo impareggiabile e sono in grado di attenuare le emozioni negative. Nel corso di un’indagine nella quale è stato chiesto ai bambini a chi si rivolgerebbero in caso di difficoltà, la maggior parte di loro ha menzionato il proprio animale. Gli animali domestici possono infatti farci sentire un appoggio incondizionato, mentre le altre persone potrebbero invece giudicare e criticare.

QUALE ANIMALE DOMESTICO SCEGLIERE?

Il cane, proprio per la sua storia evolutiva di domesticazione, è l’animale con cui si riesce maggiormente a comunicare. Ma anche altri piccoli animali come gatti, uccellini, conigli, ecc. possono essere compagni importanti per la crescita, non solo del piccolo ma dell’intero nucleo familiare. L’importante è sempre interpellare un veterinario di fiducia che consigli l’animale che maggiormente può adattarsi a quel contesto di famiglia, tenendo contro sia degli spazi che del tempo da dedicare al compagno peloso.