Il grano dono degli dei

 

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Il grano dono degli dei

Sacralità e poesia del pane

LIUCCIO GIUSEPPINOI Viaggi del Poeta

Il pane è da sempre re dell’alimentazione. Nei secoli è stato la benedizione delle case, simbolo di ricchezza e di abbondanza. La mancanza, sinonimo di privazione, stenti, miseria, E, forse per questo, la mitologia antica è popolata di dee e dei protettori dei campi e dei frumenti, i cui raccolti abbondanti assicuravano pane e sopravvivenza. Ritualità che si è, poi, trasferita nella liturgia cristiana, ricca, a sua volta, di madonne e santi a protezione di campagne. Quelli della mia generazione hanno fatto in tempo a vivere le atmosfere del forno a legna e la poesia del pane fatto in casa, come del successivo passaggio alla fase paraindustriale dei forni, diciamo così, pubblici. La panificazione in famiglia era una festa di mamme e nonne, dee sorridenti e prosperose, allo spolvero della farina, all’impasto a forza di muscoli robusti nella madia, che si gonfiava a crescita miracolosa di pasta, che, lacerata a pugni abbondanti, assumeva a colpi decisi di maestria di massaie, la forma di “panelle” e “panielli”, abilmente segnati, questi ultimi, per ricavarne, a prima croccante cottura, “vescuotti” biscotti da sgranocchiare e/o da conservare in cesti diligentemente coperti da bianchissime tovaglie, “mesali” di lino e generalmente appesi alle travate per la ventilazione. Come le “panelle”, d’altronde. E che spettacolo l’infornatura rapida a scivolo di pala nel forno incandescente di brace aromatizzata da fascine di collina e di montagna! Che ebbrezza spiare quelle forme che crescevano a sorriso rosato di pasta a cottura uniforme! Che aroma a pungere narici e solleticare desideri di deschi appetitosi quel pane fragrante e fumante appena sfornato ad esposizione di “tompagno” (si chiamava e si chiama ancora così quel quadrato di tavola approntato a momentaneo deposito delle forme appena cotte)! Memorie di altre stagioni!

Oggi il pane fatto in casa è una rarissima civetteria di donne e di famiglie che, periodicamente, riscoprono vecchie abitudini. Oggi ci sono panifici e panetterie e forni. E tutti i paesi, o quasi, ne dispongono di almeno uno. Ma per fortuna resistono ancora quelli a legna con la panificazione all’antica. Ed è frequente trovarli nel mio Cilento. Quando, camminando per strade, slarghi e vicoli, ti inonda una zaffata fragrante che ti punge le narici e solletica l’appetito, è la spia che il forno è quello giusto, soprattutto se dai comignoli dei tetti rossi, (che poesia i comignoli e gli embrici rossi che squillano al fioco sole dell’autunno/ inverno e mettono allegria !) fuoriesce ondeggiante a gomitoli la nuvola biancastra con il carico di aroma di erica e ginepro di montagna. Puoi, anzi devi, fermarti. Hai trovato il tuo “pane quotidiano”

Il richiamo al “Padre Nostro”, la preghiera che si recita sempre in forma corale e solenne durante la messa ci riporta alla sacralità del pane. E, d’altra parte, quelli della mia generazione hanno esperienze e ricordi nitidi di ritualità di grande fascino che si praticavano e si praticano ancora durante la Settimana Santa nei paesi del Cilento Ne ho scritto altre volte, ma lo faccio accora, convinto come sono della validità didattica e della tecnica di comunicazione del vecchio adagio “repetita iuvant”. E così mi rifaccio ancora ai ricordi di dolce malinconia che sanno di poesia dell’infanzia lontana: … dall’oscurità di vecchie casse o dalla penombra di cantine sotterranee emerge il miracolo del grano pallido sbocciato e cresciuto per incanto nei reticoli di stoppa inumidita e riempie di vita tenera piatti di ruvida creta e con la civetteria di grappoli screziati di violacciocche adora il “Sepolcro” di Cristo ed esalta il Sacramento dell’Eucarestia. Quel pane che, nel miracolo della transustanziazione, si fa corpo e quel vino, che pulsa sangue nelle vene del “Redentore”, riaccendono nostalgie per le tovaglie di candido lino e cesti stracolmi di pane croccante sul lungo tavolo al centro della chiesa madre. E il sacerdote in camice bianco e stola violacea rinnova il mistero del “Giovedì Santo”. E ancora una volta la mediterraneità trionfa nel fasto dei suoi alimenti. Che bontà quel pane bianco. “il pane benedetto”, al quale nella nostra ingenuità infantile attribuivamo efficacia miracolistica, sbocconcellandolo con grande avidità. E, così, le campagne biondeggiano dell’oro del frumento e s’ingravidano degli umori e dei profumi dei vigneti. E libri di scuola e reperti dei musei rovesciano nell’immaginario collettivo scene di conviti e quadri di vita agreste e dei e ninfe popolano templi e campagne, fiumi e boschi. E Demetra e Cibele, Hera ed Iside, Bacco e Pan, Priapo e Sileno occhieggiano dal pantheon del passato; e cristianesimo e paganesimo, fede e superstizione, storia e mito si mescolano e si fondono nel superiore concetto della cultura.” Ed il grano assunse valore e simbolo beneaugurante di fecondità in tutti i continenti. In India, dopo la prima notte di matrimonio la madre dello sposo si avvicina alla sposa e le pone sul capo una misura di grano e subito dopo lo sposo le si avvicina prende qualche pugno di frumento e lo spande intorno a sé. Stessa tradizione o quasi nell’area Mediterranea, come in Sardegna, ove i genitori della sposa, prima di recarsi in chiesa benedicono la figlia con chicchi di frumento. Stesso valore simbolico ha l’usanza molto diffusa nel Cilento e non solo, dove gli sposi all’uscita della chiesa sono assaliti da una festosa mitragliata di chicchi di grano e di riso, ed anche confetti con l’allusione maliziosa al dolce dell’atto d’amore finalizzato alla procreazione. E, naturalmente, grano e pane sono stati fonte di ispirazione dei poeti di tutti i tempi e di tutte le letterature, a cominciare da quella classica latina e greca, Omero in primis, (straordinarie le scene dell’agricoltura dipinte sullo scudo di Achille), ma anche quelle cantate da Sofocle in “Edipo a Colono”, e ancora quelle descritte da Esiodo nelle “Opere e i giorni”. E che dire di Virgilio che dedica un intero poemetto alla prima forma di pane nel “Moretum” e di Catone nel suo trattato sull’agricoltura e della poesia immaginifica ricca di metafore coinvolgenti delle Metamorfosi di Ovidio. Nella letteratura italiana, poi, il tema è ampiamente presente. Mi vengono in mente alcuni versi dell’Alcione di d’Annunzio come alcune scene dell’assalto ai forni di Manzoni. Per non parlare della poesia e narrativa del secondo novecento che conobbe le battaglie sociali contro i latifondi cantate e narrate da Rocco Scotellaro, Ignazio Silone, Giuseppe Jovine ecc. ecc. Analoghi esempi troveremmo nella pittura, nella musica e nella cinematografia. Ma penso anche all’archeologia, soprattutto per noi che abbiamo campi di ricerca ricchi di sorprese come Poseidonia/Paestum e Velia, i cui territori hanno conosciuto anche l’epopea contadina dell’“assalto ai latifondi” narrate in belle pagine di letteratura contemporanea. Ecco un tema da teatralizzare, che mi permetto di suggerire sommessamente alle scuole del territorio, Vallo, Paestum ed Agropoli innanzitutto. Dispongono di docenti ed alunni motivati. Troverebbero comprensione ed apertura mentale, credo, nel giovane Direttore del Museo Archeologico di Paestum, Gabriel Zuchtriegel e, mi auguro fortemente, anche nel Presidente del Parco e in alcuni sindaci ed assessori lungimiranti. Il primo ha già sperimentato positivamente la teatralizzazione di testi di Alfonso Gatto, Ungaretti e miei nell’area Archeologica con la professoressa Carmen Lucia ed i suoi bravi alunni. Gli altri, a cominciare dalla Maria Rosaria Trama, apprezzata docente di Lettere del Liceo Parmenide di Vallo, hanno promesso pubblicamente impegno e fondi per la cultura. Nel Cilento, poi, si moltiplicano le “feste del pane”, che acquistano, purtroppo, sempre più connotazioni di “sagre” chiassose e non di eventi culturali. E se fossero preceduti da un serio convegno sul pane nel mito, nelle religioni e nella letteratura, come suggerii, inascoltato, alcuni anni fa ai miei conterranei? E se mettessimo in piedi una mostra con testimonianze della semina, della mietitura, della trebbiatura e della panificazione e rispettivi attrezzi di lavoro? Faremmo opera di cultura e di recupero della tradizione a proiezione di futuro. Io tornerò sul tema convegno e mostra: lo sento come un dovere per la mia terra e come testimonianza d’amore, qualunque ne sia l’esito.

Concludo, intanto, con uno dei miei tanti testi sul tema che si prestano alla teatralizzazione.

LO PPANEFacia lo ppane ogni settimana/mamma pe lo tenè ra frisco a frisco./Lo furno era inta la cucina:/paria n’altare mbacci no cantone:/E me mannava addò zia Magarita/pe ghì a mprestà, com’era l’uso tanno,/lo lovato stipato inta lo ffrisco./Ammassava inta la matra la farina/chera ianca re grano carusedda/e chera gialla re lo granorinio./Com’era bella mamma, uocchi re sole,/nu macaturo ncapo e mantusino/nettito come neve re iennaro!/M’arricordo lo furno c’avvampava/co frascedde re fringi e de mortedde/re scantamani ca scuppettianno/spanniano l’addore pe la casa./Ricordo lo munnolo, lo vuccolo/pe spiane lo ppane ca cucia:/panelle, li panielli e li vescuotti/ca rusecava co cerasa e pruma,/presseca,pera cosce, uva e fico./E che sapore ca tenia lo vicci/mbuttunato co vruoccoli re rapa/scoppettiati co no filo r’uoglio./Che festa era la pizza re peddecchie/re pemmarore co caso grattato!/Io ne mangiava fedde belle grosse/e me untava musso, facci e mano./E mamma me uardava e se priava./Io me sentia patrone re lo munno/si me stringia e me vasava nfronte!!!”

fonte: http://www.unicosettimanale.it/rubriche/14998/il-grano-dono-degli-dei

Il supergrano del futuro? È nato in Sardegna, diecimila anni fa!

 

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Il supergrano del futuro? È nato in Sardegna, diecimila anni fa!

 

Il supergrano del futuro è nato in Sardegna diecimila anni fa

Il monococco, coltivato nell’isola, è il primo a essere sfruttato dall’uomo. Ha una spiga piccola e piatta, un alto contenuto proteico e poco glutine

di Giandomenico Mele

Scoprire il grano di una terra che conosci fin da bambino e farne una ragione di vita, per trasformarla in un’impresa economica. Nella genesi di un’idea spesso si cela il ricordo di un’esperienza e Lorenzo Moi, cognome che evoca ascendenze sarde, ma padovano doc, 30 anni, in Sardegna ci viene fin da piccolissimo. Prima in vacanza nella zona di Orosei, poi in giro per l’isola dietro una passione e un mestiere. La prima nasce dalla laurea in Scienze e tecnologie agrarie, la seconda dal grano monococco, tipologia a spiga piccola, con glutine digeribile e indicato per la prevenzione della celiachia. Da lì è nata TricuMonOro, un’associazione che riunisce dal 2013 una trentina di persone che pensano di fare di questo tipo di grano un investimento economico e un’ipotesi di rilancio di un’intera filiera produttiva.

«Il grano monococco è il primo addomesticato dall’uomo oltre 10 mila anni fa – racconta Lorenzo Moi –. Ha una spiga piccola e piatta e si caratterizza per un alto contenuto proteico, che supera il 20% contro il 10% delle altre tipologie di grano». Può sembrare un paradosso, ma mangiare pasta o pane sembra più simile ad addentare una bistecca che fare il pieno di carboidrati. Poi un glutine classificato poco tossico, che si adatta bene alle intolleranze, con la presenza di zinco, fosforo, potassio, ferro e integratori naturali che lo rendono un prodotto ambitissimo per i nutrizionisti. Ma ogni buon grano, per la trasformazione, ha bisogno del suo mulino. Dunque accanto all’agricoltura torna d’attualità la cultura dei mulini, con Moi e i suoi soci che hanno rimesso a posto un mulino in pietra a Onifai e stanno recuperando un antico mulino a Orosei. Economia del grano. Accanto a Moi, passo dopo passo nella sua impresa, c’è la Cna della Gallura e il suo presidente Benedetto Fois, che ha scoperto Lorenzo Moi e la sua passione per il grano e ne ha sposato in pieno il progetto. Nata TricuMonOro, la Cna ne ha subito individuato il potenziale e condiviso quella sorta di potenza creatrice che sta nella missione di un incubatore di imprese che sanno valorizzare prodotto e territorio.

«Abbiamo capito il valore del lavoro sui grani locali, attraverso il recupero delle antiche varietà che non vogliono tanto porsi in concorrenza con i prodotti internazionali e massificati, quanto creare qualcosa di locale, biologico, salutare e non contaminato – spiega Fois –. Incentiviamo le iniziative dei giovani in agricoltura, puntando su standard di eccellenza, come per esempio la tecnica del diserbo dei campi con false semine, che preparano il terreno con semi di erbe che si schiudono naturalmente per poi, dopo la pulizia del campo, riseminare con coltivazioni biologiche». Niente chimica, solo valore aggiunto dato dal lavoro e dalla passione. Piccolo commercio. Un’altra caratteristica di questi piccoli modelli di economia legata all’agricoltura è il vecchio detto del “non fare il passo più lungo della gamba”. Da Orosei i campi seminati si sono estesi fino a Riola Sardo in provincia di Oristano e naturalmente in Gallura, a Berchiddeddu.

«Quando nel 2016 sono rientrato in Sardegna ho deciso che quella della coltivazione e trasformazione del grano diventasse la mia attività principale – racconta Lorenzo Moi –. Abbiamo iniziato a piccoli passi e ora abbiamo un’estensione di circa 25 ettari, che contiamo di triplicare nei prossimi anni. Per ora vendiamo solo ai privati, ma ci stiamo organizzando per aprire uno spaccio nel nostro mulino di Onifai. Vendiamo farina, pane carasau e vari tipi di pasta fresca, dalla fregula ai malloreddus». Il marchio che sta cominciando a cavalcare anche l’onda lunga del commercio elettronico si chiama “I grani di Atlantide” e richiama il mito ma anche il concetto di terra fertile. Un grano che punta sul suo alto contenuto proteico e che previene la celiachia: come testimoniano le relazioni degli Istituti di Gastroenterologia delle università di Brescia e Federico II di Napoli.

«Mi piacerebbe che i miei coetanei seguissero il nostro esempio – conferma Moi –. Mi sono iscritto alla Cna per dare qualche consiglio a chi voglia iniziare un percorso come il mio». Inseguendo un modello che si spera fertile e fecondo come grandi distese di grano.

tratto da: http://www.lanuovasardegna.it/regione/2017/07/10/news/il-supergrano-del-futuro-e-nato-in-sardegna-diecimila-anni-fa-1.15597912

Bulgur: le fantastiche proprietà benefiche del grano spezzato

 

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Bulgur: le fantastiche proprietà benefiche del grano spezzato

Bulgur: proprietà benefiche e ricette del grano spezzato
Ancora poco diffuso nelle nostre ricette, il bulgur è un cereale versatile in cucina e ricco di importanti proprietà nutrizionali.

Il bulgur (grano spezzato) è un alimento antico ricavato dal frumento integrale ridotto in granella dopo un’apposita lavorazione. Ricco di amido, proteine vegetali e privo di grassi, è una buona fonte di fibra alimentare.

Di origini molto antiche, è diffuso soprattutto nella cucina mediorientaleper la sua estrema versatilità e le caratteristiche nutrizionali. Si può acquistare nei supermercati o, più facilmente, in negozi alimentari etnici o biologici.

Bulgur proprietà

Dall’elevato potere energetico, 100 g di questo cereale apportano circa 350 kcal. Dal punto di vista nutrizionale, contiene una discreta quantità di sali minerali, tra cui ferro, fosforo, magnesio e potassio, che si concentrano soprattutto nel rivestimento esterno dei chicchi. Nel frumento crudo sono presenti vitaminedel gruppo B (B1 e B2), PP ed E, che tendono però a disperdersi nell’acqua in fase di cottura.

Grazie alla presenza di fibra alimentare, svolge un’azione benefica per la motilità intestinale. Rispetto ad altri cereali, presenta una maggiore digeribilità. Utilizzando un metodo di cottura conservativo, il bulgur si rivela anche un’ottima fonte di ferro, indicato in caso di anemia e per chi segue una dieta vegetariana. Il suo potere saziante, inoltre, lo rende ideale come alimento da inserire in una dieta dimagrante. Possiede anche un indice glicemico più basso di altri cereali per cui è indicato per chi soffre di glicemia alta e diabete. È invece sconsigliato a chi soffre di celiachia poiché contiene glutine.

Bulgur come si cucina

Solitamente si trova in commercio in tre pezzature, di cui quella più fine è ideale per preparare insalate e piatti freddi.

Più diffuso è il bulgur precotto, che si può preparare in modo piuttosto semplice e rapido. Occorre farlo prima reidratare lasciandolo in ammollo in acqua per circa 30 minuti. In seguito si lascia cuocere in una quantità d’acqua pari al doppio del suo volume per altri 10 minuti. In caso di bulgur integrale crudo, invece, basta procedere direttamente alla bollitura in acqua salata per circa 15 minuti.

Bulgur ricette

Questo ingrediente è facile da utilizzare in cucina per la sua notevole versatilità. Può facilmente sostituire il riso o il cous cous nelle varie preparazioni ed essere utilizzato per pietanze fredde o calde. Piatti unici, ripieni, crocchette, zuppe e insalate sono solo alcune delle numerose applicazioni culinarie per il grano spezzato. Nella cucina mediorientale serve a preparare il tabulé, una ricetta tipica libanese condita con pomodori, cipolla,  succo di limone, prezzemolo e menta.

 

fonte: http://www.ehabitat.it/2017/09/16/bulgur-proprieta-e-ricette-del-grano-spezzato/

Ecco la rete dei custodi di cereali antichi: il Salento resiste alle multinazionali del grano

 

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Ecco la rete dei custodi di cereali antichi: il Salento resiste alle multinazionali del grano

CASTIGLIONE D’OTRANTO (Lecce) – Non seminano più solo per se stessi, ma sono diventati i custodi dei cereali antichi nel Salento, la risposta del territorio al dominio assoluto delle multinazionali del grano. Baluardo di biodiversità, sono undici le realtà leccesi che hanno fatto del ritorno alla cerealicoltura autoctona la propria bandiera: non è questione di produzione e vendita spicciola, ma di impegno comune nel recupero della biodiversità locale, nello studio di nuove strade sostenibili e nella chiusura del ciclo produttivo dei cereali. Sono legate tra loro nella Rete di Salentokm0, collaborando nella promozione comune delle coltivazioni e nella distribuzione dei prodotti. Punto di riferimento per tutti resta l’esperienza di “Simenza, cumpagnìa siciliana di sementi contadini”, associazione culturale che raggruppa 120 aziende che custodiscono le varietà di grani locali, la cui produzione bio è estesa su 1.500 ettari. Sarà proprio questa realtà tra le protagoniste della terza e ultima giornata di Preludi alla Notte Verde, precedendo il grande evento conclusivo del 31 agosto interamente dedicato alle tematiche della terra e dell’ambiente. Il focus sui grani antichi e sulle reti sociali virtuose, come anche quella dei custodi salentini, è in calendario per mercoledì 30 agosto, a Castiglione d’Otranto. Si parte alle h 19, presso la ex scuola elementare, con i laboratori a tema: quello di panificazione con pasta madre per i bambini, a cura di Il Tempo di Momo, e “C’era una volta la pizza: laboratorio e viaggio nel sistema dell’agro-business”, a cura di Officine Cittadine. In piazza della Libertà, alle 21, si presenta “Terre Frumentarie, l’esperienza di Simenza cumpagnia siciliana simenze contadine”, con Giuseppe Li Rosi, contadino rivoluzionario, presidente dell’associazione Simenza. Alle 21.30, dialogo su “Esperienze virtuose di reti solidali e costruzioni di comunità nel Sud Italia e nel Mediterraneo”, con Giuseppe Li Rosi, Dario Monte (Monte Frumentario, filiera agricola costruita dalla Cooperativa Terra di Resilienza del Cilento per un’economia locale solidale), Tiziana Pedone (rete Coltivatori di cambiamento coordinata da Salento Km0), Giorgio Menchini (Presidente Cospe, progetto Lungo la costa adriatica. Conversione ecologica e interculturalità), Mauro Lazzari (Ass. Lua-Parco dei Paduli / Metamor, progettista del Mulino di Comunità di Castiglione). Modera Virginia Meo. In chiusura, dj Campesinos.

Speculazioni sui prezzi e importazioni selvagge: come si sta organizzando il Salento

I grandi gruppi industriali lavorano ai fianchi dei piccoli contadini, continuando ad acquistare terre soprattutto in Puglia e Sicilia e tenendo basso il prezzo dei cereali pagato agli agricoltori, specie nel Mezzogiorno. Un quintale di grano duro non vale più di due pizze: la Borsa del grano di Foggia, quest’estate, lo ha fissato a 23,75 euro a quintale, molto meno che a Bologna, mercato di riferimento per il centro Italia (24,25 euro/q), e di Milano, che per il nord lo fissa a 24,5 euro/q. Nel 2016 andò anche peggio: Foggia lo fissò in 19 euro. Le conseguenze sono importanti: abbandono delle coltivazioni, corrispondente aumento delle importazioni, speculazioni sui prezzi. Il gioco è semplice: il grano si può stoccare anche per tre anni, immettendolo sui mercati a seconda delle quotazioni. È quello che si ritiene che facciano le «5 sorelle» dei cereali (Adm, colosso a stelle e strisce; Cargill di Minneapolis; i franco-statunitensi della Louis Dreyfus; gli argentini della Bunge Y Borne e gli svizzeri della Glencore), mettendo in ginocchio i piccoli, gli agricoltori reali. L’arrivo di immense navi cariche di grano proveniente da Ucraina, Sud America e Australia nei porti di Taranto e Bari è la fotografia più immediata di questa premessa. Non è un caso che lo scorso anno la forbice tra prezzo del grano e della pasta sia stata del 400 per cento e tra grano e pane del 1.450 per cento. E si parla quasi sempre di grano creso, cultivar di frumento duro irradiato, prodotto in laboratorio negli anni ’70 e – oggi sa – responsabile di molte intolleranze alimentari. Il Salento, però, non sta a guardare. E per questo sta organizzando la rete che, da un lato, serve a reintrodurre cereali autoctoni e dall’altro tenta di strappare fette di mercato locale alle multinazionali, vendendo la propria farina, facendo nascere appositi gruppi di acquisto e chiudendo la filiera attraverso la creazione di forni sociali e mulini di comunità, come quello che sta per sorgere a Castiglione d’Otranto.

Chi sono i custodi dei cereali antichi nel Salento?

I custodi sono undici realtà sparse in tutti gli angoli del Salento: Casa delle Agriculture Tullia e Gino (Castiglione d’Otranto); Karadrà (Aradeo); Az. Agricola Merico (Miggiano); Mulino Maggio (Poggiardo); azienda agricola Melusina (San Donaci); Casina dei Mori (Nardò); PresentèFuturo (Spongano); Ass.Marina Serra (Tricase); agriturismo Piccapane (Cutrofiano); agriturismo Fontanelle (Otranto); agriturismo Salos (Otranto). A censirle è la Rete Salentokm0. «Tra le varietà recuperate – spiega la coordinatrice Francesca Casaluci, che è anche presidente onoraria della Notte Verde 2017 – quella più apprezzata resta il grano duro Senatore Cappelli, che molte famiglie, piccoli agricoltori e aziende che vogliono diversificare la produzione sono tornare a coltivare. Ci sono, però, molte altre varietà dimenticate interessanti, reintrodotte nel Salento in maniera più puntiforme: Russarda, San Pasquale, Marzuolo, Maiorca, Saragolla, Gentil Rosso, Carosella, farro, orzo. Passo avanti fondamentale è stata la sperimentazione del “miscuglio di semi”, sulla scorta dell’insegnamento del genetista Salvatore Ceccarelli, che proprio grazie alla Notte Verde la Puglia ha potuto conoscere. In ogni caso, recuperare antiche varietà serve a poco se la produzione non è sostenibile, abbandonando l’uso della chimica».

 

fonte: http://www.corrieresalentino.it/2017/08/ecco-la-rete-dei-custodi-di-cereali-antichi-il-salento-resiste-alle-multinazionali-del-grano/

 

Grano antico e grano moderno: cosa sono?

 

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Grano antico e grano moderno: cosa sono?

I cereali, un alimento “vecchio” che accompagna quotidianamente le nostre abitudini alimentari. Questo rappresenta la maggiore fonte di calorie nella dieta umana da millenni. Il nostro approccio negli ultimi 100 anni con questo eccelso alimento è notevolmente variato; è cambiata la selezione genetica, le tecnologie produttive, tutto è stato notevolmente velocizzato, in funzione anche agli stili di vita sempre più frenetici e agitati.

Negli anni ’70 mediante la tecnica dell’irraggiamento con raggi gamma, abbiamo variato la genetica del grano trasformandolo da un fusto molto alto in un fusto molto più basso, riducendo il rischio di “allettamento” (coricamento) aumentandone così, la resa produttiva per ettaro. Per questo ultimo motivo nacquero le varietà di frumento moderno che portarono al progressivo abbandono delle varietà e specie antiche, ma organoletticamente superiori. Il ritorno all’impiego di specie e varietà di cereali abbandonate, iniziato come un fenomeno di moda circoscritto a una nicchia di fruitori, è stato dunque definito “antico”, ritorno al “grano antico”. Il termine “grani antichi” è prettamente commerciale, che sta a identificare tutta una serie di grani che furono alla base dell’alimentazione delle civiltà mediterranee prima ancora di essere sostituiti dalle moderne culture intensive, in breve grani che sono rimasti autentici e originali, ovvero che non hanno subito modificazioni da parte dell’uomo.

DIFFERENZE TRA ANTICO E MODERNO

L’affermarsi delle varietà moderne su quelle antiche è da imputarsi principalmente all’elevato contenuto di glutine, spesso anche aggiunto nei grani. La ricerca di farine tecnologiche, più semplici da lavorare (impasti velocemente panificabili) e naturalmente l’aumento della resa produttiva ha fatto si che le varietà antiche fossero state dimenticate.

È bene dire che le migliori qualità tecnologiche delle farine e delle semole non sono correlate positivamente con le proprietà nutrizionali

Negli ultimi anni infatti diversi studi epidemiologici hanno evidenziato che il “bombardamento” da glutine sia uno dei cofattori scatenanti della sensibilizzazione al glutine stesso, evidenziando così un costante incremento degli intolleranti alla proteina. Da un punto di vista della qualità funzionale possiamo affermare che, nel grano, si trovano molte sostanze fitochimiche biologicamente attive come polifenoli (flavonoidi, lignani, isoflavoni) carotenoidi, tocoferoli e fibra. Questi composti influenzano positivamente tutte le attività dell’organismo umano.

Differenze significative sono state trovate tra le antiche e le moderne, non tanto in termini quantitativi, ma di qualità di composti.
È scontato dire che il migliore profilo di metaboliti secondari presenti, la migliore qualità alimentare del glutine nelle varietà antiche, ci portano alla riflessione di ritornare ad ampliare le coltivazioni di questi grani che combinano caratteristiche tecnologiche alle nutraceutiche. Per tutti questi motivi bisognerebbe utilizzarli più spesso e senza timore. Generalmente il grano antico è lavorato con una macinazione a pietra, con il risultato di una farina meno raffinata. I profumi e i sapori che queste farine sprigionano fanno tornare indietro nel tempo.
&Nbsp;
I grani antichi possono essere sintetizzati in:
• Specie del genere Triticum escluso il grano duro e tenero. A questa sezione appartengono il farro piccolo (T. monococcum L), medio (T. dicoccum L.) e grande (T. spelta L.)
• Varietà di grano duro e tenero degli inizi del ‘900. Senatore Cappelli.

Farro è il nome comune con il quale sono chiamati i frumenti vestiti che si differenziano dai più classici frumenti nudi (tenero e duro). Questa differenziazione sta nel fatto che al momento della trebbiatura i chicchi (cariosside) non si separano dalle glumelle (“la pula”).

Tutte le tipologie di farro differiscono per caratteri morfologici, fisiologici, qualitativi e agronomici, tutte con una loro particolare identità
legata al territorio di origine. Sul piano nutrizionale, il monococco si distingue per la sua eccezionale ricchezza in proteine (19%), vitamine e carotenoidi, oltre che per l’elevato contenuto in zinco e ferro. Inoltre ha un ridotto contenuto di amido che lo rende ben digeribile e una bassissima percentuale di glutine (solo il 3%).

Il farro dicocco presenta un buon contenuto in sali minerali, vitamine e proteine polifunzionali, sebbene siano inferiori al monococco. È ricco di beta-glucani (gomme naturali con preziosa funzione di protezione dell’apparato digerente e di agevolazione della digestione) e possiede inoltre un basso indice glicemico.
Il contenuto in glutine del farro dicocco è mediamente basso e, soprattutto, si tratta di un glutine poco tenace.
Lo spelta ha invece una composizione molto simile al frumento tenero. Senatore Cappelli – grano duro. È stato per decenni il frumento tipo duro maggiormente coltivato nel Sud Italia e nelle isole. Una posizione di tutto rispetto fino a che le varietà più produttive e di taglia bassa non hanno preso il sopravvento fino alla quasi scomparsa dopo gli anni Cinquanta.

IN CUCINA

Con tutte le premesse fatte, l’utilizzo di grano antico rappresenta un percorso di storia gastronomica del nostro Paese, riscoprendo così specialità e prodotti tipici locali. Se sfogliamo vecchi ricettari ci accorgiamo subito che l’utilizzo di grani “poveri” è tra le basi dell’alimentazione dei nostri nonni.
Perché usarli per fare il pane? Le farine ottenute da grani “antichi”, sottoposte a test e ad analisi di vario tipo, hanno dimostrato proprietà notevolmente superiori, e maggiore variabilità di elementi nutritivi. La lavorazione col solo utilizzo di lievito madre richiede tempi più lunghi e modalità difficilmente standardizzabili rispetto alla lavorazione industriale. Tuttavia permette di ottenere un pane fragrante, sano, conservabile, del quale non si spreca nemmeno un pezzetto.

Chiunque ne comprenda il valore è disposto a riconoscere al produttore, al mulino e all’agricoltore il maggior lavoro.

LA RICERCA

Nel 1994 sono stati presentati al convegno Farro cereale della salute interessanti risultati circa l’assimilazione di grani antichi e verdure. Sotto controllo medico 5.000 pazienti ammalati con malattie incurabili come morbo di cron, celiachia, diabete mellito, cancro, e gravi allergie sono stati sottoposti, senza altre cure mediche, a un’alimentazione esclusivamente a base di farro, verdura e frutta biologica; escludendo completamente l’utilizzo di carne, latticini, pesce e altri cereali.

Dopo alcuni mesi 4.500 persone erano completamente guarite mentre le restanti 500 persone stavano molto meglio, ma non erano ancora guariti del tutto. Secondo i medici che hanno seguito il test si è ottenuto un successo strepitoso, e le ragioni di questa guarigione ha origine dalla particolare chimica del granello del farro. Infatti il farro ha una crusca molto diversa rispetto al frumento duro e tenero dato che tale fibra è costituita in gran parte da polisaccaridi non cellulosici che la nostra flora intestinale può trasformare in acidi organici a catena corta, che vengono assorbiti secondo questa preferenza, butirrato, acetato, propionato, e che costituiscono la primaria fonte di energia per l’epitelio del colon e stimolano il turnover cellulare, il flusso sanguigno e la motilità intestinale. Sono anche coinvolti nella riparazione tessutale determinando una generale rigenerazione e dell’intero organismo. Inoltre, il farro fornisce anche dei tiocianati che sono responsabili del ripristino e aumento delle difese immunologiche. Poi le sue proteine non allergeniche, molto complesse, facilmente digeribili e i suoi amidi molto complessi e a lenta cessione degli zuccheri, fornivano un tipo di alimentazione allo stesso tempo molto potente e rigenerante che grazie al ripristino della capacità assimilatoria effettuata dai suddetti polisaccaridi non cellulosici consentiva all’organismo malato di disporre di un’ondata di nuove forze in grado di ripristinare le funzioni organiche compromesse dalla malattia. In conclusione i medici affermarono: “Secondo noi, visti i risultati ottenuti dovremmo convertire tutte le superfici coltivate con i frumenti moderni in terreni coltivati esclusivamente con farro”.

Naturalmente nessuno dei responsabili della salute pubblica li ha ascoltati e nessuno ha mai più parlato di questi fatti rivoluzionari e di grande importanza per la salute pubblica e per l’ambiente al contrario, invece, si sono diffusi ancora di più coltivazioni soggette a pratiche agricole mediante impiego di concimi chimici, diserbanti e pesticidi.

tratto da: http://www.ristorazioneitalianamagazine.it/grano-antico-grano-moderno-cosa/

La rivincita dei Grani Antichi Siciliani contro i prodotti tossici che ci arrivano dall’estero: arrivano 22 nuovi “custodi” per dieci varietà!

Grani Antichi Siciliani

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La rivincita dei Grani Antichi Siciliani contro i prodotti tossici che ci arrivano dall’estero: arrivano 22 nuovi “custodi” per dieci varietà!

 

Da I Nuovi Vespri

Grani antichi siciliani: arrivano 22 nuovi ‘custodi’ per dieci varietà

Il parere favorevole è stato espresso dalla  Commissione sulle varietà da conservazione dei grani antichi, presieduta dal Dirigente generale del dipartimento Agricoltura, Gaetano Cimò. Ad ognuna di queste richieste accolte corrisponde un agricoltore che diventa custode della varietà. Iniziativa lodevole, anche se per il grano duro la Regione potrebbe fare molto di più

“La Commissione sulle varietà da conservazione dei grani antichi, presieduta dal Dirigente generale del dipartimento Agricoltura, Gaetano Cimò, ha espresso parere favorevole in merito a 22 richieste di iscrizione di varietà di grano al Registro nazionale delle varietà da conservazione”.

La notizia la leggiamo in un comunicato diffuso dall’assessore regionale all’Agricoltura, Antonello Cracolici. 

“I pareri saranno inviati al Ministero Politiche Agricole per l’emanazione dei successivi decreti ministeriali di iscrizione al registro – leggiamo sempre nel comunicato diramato da Cracolici -. Le nostre varietà di grano e i prodotti trasformati di qualità certificata e biologici, uniti alla straordinaria forza attrattiva del made in Sicily, possono intercettare una domanda crescente nel mondo ed aprire nuovi spazi di mercato. Abbiamo riattivato i processi di iscrizione e certificazione per le varietà autoctone siciliane e per la valorizzazione dei grani antichi, per dare la possibilità alle aziende interessate di cogliere questa opportunità”.

“ La valutazione ha riguardato 46 richieste di iscrizione pervenute – sottolinea il Dirigente generale del dipartimento, Agricoltura, Cimò -. Dall’esame sono stati rilasciati 22 pareri favorevoli che riguardano varietà di grano. Altre 22 domande di iscrizione saranno oggetto di chiarimenti ed integrazione documentale e saranno valutate in Commissione non appena verranno completate, mentre 2 istanze sono state rigettate”.

La Commissione, come già ricordato, ha accolto 22 richieste. Eccole:

due per la varietà Bidì; una per la varietà Romano; una per la varietà Regina, una per la varietà Capeiti; una per la varietà Tripolino; una per la varietà Tumminia Reste Bianche; sei per la varietà Perciasacchi; quattro per la varietà Russello; una per la varietà Maiorca; e quattro richieste per la varietà Tumminia Reste Nere.

Ad ognuna di queste richieste accolte corrisponde un agricoltore che diventa custode della varietà. Ruolo che ha onori ed oneri. L’onore è quello di custodire questa varietà di grano antico della Sicilia; l’onere è legato alla cura che l’agricoltore è tenuto a dedicare alla varietà di grano che custodisce.

Com’è possibile notare, una varietà può avere due o più custodi:a la varietà Perciasacchi – nota varietà di grano duro antico della Sicilia – ha ben sei custodi.

Ogni custode diventa, in piccolo, il titolare di una ditta sementiera: produce il seme e lo può vendere.

La costituzione della Commissione sulle varietà da conservazione dei grani antichi è un fatto importante, perché aiuta a valorizzare grani antichi che, altrimenti, avrebbe avuto difficoltà di diffusione; per non parlare della difficoltà nel commercializzare, ad esempio, pasta prodotta con grani antichi non registrati.

Insomma, il Governo regionale, questa volta, ha fatto una cosa buona. Anche se per il grano duro della Sicilia dovrebbe fare molto di più: per esempio, difendendo gli agricoltori dalle speculazioni al ribasso dei prezzi; e difendendo il grano duro della Sicilia dall’invasione di grani duri esteri di pessima qualità.

fonte: http://www.inuovivespri.it/2017/04/21/grani-antichi-siciliani-arrivano-22-nuovi-custodi-per-dieci-varieta/