L’ira di Dio nucleare nella terra di nessuno

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L’ira di Dio nucleare nella terra di nessuno

 

Scrisse la biologa Rachel Carson decenni addietro a proposito di scorie nucleari smaltite in mare e sottoterra: gli errori che vengono compiuti ora sono compiuti per sempre. Questa è la storia di questi errori in quanto orrori biologici.

Mistero della fede lucana. Sì, ho effettuato attività di gestione di rifiuti nucleari per l’Itrec e avuto rapporti con uno noto esponente politico della zona e dirigenti E.N.E.A. A fare queste dichiarazioni davanti la Polizia Giudiziaria (PG, ndr) che indaga sui traffici illeciti di rifiuti radioattivi in Basilicata è stato un fisico nucleare esperto. Raccontò agli inquirenti il quinquennio ’85 -’90. Anni in cui, aveva riferito pure l’ex vice presidente dell’istituto di vigilanza E.N.E.A, le verifiche erano affidate a istituti privati che eseguivano solo controlli sommari agli automezzi che entravano e uscivano, rendendo possibili traffici non autorizzati. È una storia questa, che non poteva non cominciare come un giallo, e da un mistero in terra lucana a cui si può credere o no, quello delle scorie nucleari di mezza Europa fatte sparire in fondo allo Ionio e sotto la terra. In fondo la Basilicata è sempre stata terra di buchi sfruttati dall’ecomafia. In molti sostengono, accreditati da carte dei Servizi, che ciò sia avvenuto in combutta con un para Stato. Certo la PG relazionò alla D.D.A i presunti traffici di materiale nucleare con l’Iraq, e quei collegamenti tra un amministratore locale un dirigente dell’E.N.E.A e soggetti implicati a vario titolo in traffici di materiali radioattivi. Uno dei magistrati titolari delle indagini, coadiuvato dalla PG, ascoltò una persona che aveva lavorato presso il Centro Trisaia che gli aveva detto perché l’E.N.E.A era terra di nessuno. Era il secondo ad affermare ciò. Chiunque poteva entrare e uscire senza particolari controlli. Non c’era un registro di entrata e uscita di persone e mezzi ma venivano rilasciati permessi i cui originali successivamente erano distrutti. Disse che quando decise di mettere ordine a questo sistema organizzando un archivio per la contabilità dei rifiuti si verificò l’ira di Dio a Rotondella.

Notizie non attendibili e strane circostanze. La PG fornì tutto quello che aveva alla D.D.A, persino notizie considerate non attendibili, o non supportate da elementi oggettivi. Poteva essere importante sapere di quella condotta di scarico a mare usata per smaltire abusivamente reflui contaminati? Poteva importare di quelle strane attività eseguite alla Trisaia da una società con sede a Policoro? E dell’utilizzo da parte di ignoti legati al Centro Trisaia di Rotondella di un fondo di proprietà di una società con sede nella stessa Rotondella quale sito di abbandono di materiale nucleare? Presto questa storia nata come un giallo si trasformò in un noir farcito di enigmi tenebrosi e fuorvianti. Precisamente quando Mario Di Matteo, che del Comune di Rotondella era stato sindaco, cominciò a raccontare alla PG d’aver fondato una società che aveva eseguito bonifiche di rifiuti presenti in una fossa all’interno del Centro Trisaia, e di possedere su una memoria esterna PC una documentazione d’interesse investigativo. L’ex sindaco morì poco dopo in strane circostanze. Fu trovato in una strada vicino casa un’ora dopo il decesso, in pigiama. Per i medici si era trattato di infarto. Evidentemente è una storia importante questa, da batticuore. Forse perché i suoi tratti noir sono direttamente proporzionali al flusso di denaro veicolato dalla gestione di materiali scomodi per tutti, Stato compreso. Intanto la PG riferì alla D.D.A le indagini effettuate per individuare alcuni commercialisti con studio a Matera che, come affermato da un collaboratore di giustizia, si sarebbero messi in contatto con una famiglia della ‘ndrangheta per la gestione del traffico illecito di rifiuti nucleari. E guarda caso prestavano attività presso uno studio dove avevano sede due società che gestivano le aree a Terzo Cavone in agro di Scanzano Jonico dove avrebbe dovuto essere ubicato il deposito unico di stoccaggio delle scorie nucleari.

Carte e fusti spariti. È una storia questa, che passa dal giallo al noir alla spy story. Un magistrato titolare delle indagini verbalizzò il racconto di un noto esponente politico che diceva d’aver presentato ben due esposti alla Procura della Repubblica di Matera. Il primo riguardante la perdita di reflui liquidi provenienti dall’E.N.E.A da una tubazione al mare, il secondo sulla contabilità nucleare nel Centro. Aveva allegato una documentazione non più in suo possesso che era sparita persino dai fascicoli depositati presso la Procura di Matera. Ed è una spy story internazionale. Il nome in codice Billy, un altro dipendente E.N.E.A, aveva consegnato un volume contenente gli allegati di un’audizione alla Commissione parlamentare sulla Banca Nazionale del Lavoro (BNL, ndr) sulla utilizzazione dei finanziamenti concessi all’Iraq dalla filiale di Atlanta della BNL e altri documenti. Billy riferì le irregolarità nella gestione e nello smaltimento dei rifiuti radioattivi, e la superficialità e assenza di controlli alla Trisaia. Ma perché la PG non poté esaminare tale documentazione e confrontarla con gli altri atti d’indagine? Altro mistero della fede lucano. Finalmente a giugno del 2005 L’Espresso pubblicò la testimonianza di Francesco Fonti, ‘ndranghetista collaboratore di giustizia su seppellimenti e affondamenti di rifiuti radioattivi in terra lucana. Spiegò come lo Stato pagava la ‘ndrangheta per farli sparire. “Partimmo con i 40 camion caricati a Rotondella verso le due di notte – raccontò – e un’ora dopo arrivammo con sette o otto di essi al fiume Vella dove era stata predisposta la buca che fu riempita con i bidoni e poi ricoperta. A preparare la fossa erano stati i macchinari messi a disposizione da Y, uomo di Musitano che abitava a Nova Siri, il quale procurò anche i fari per illuminare l’area”.

Servizi di pulizia segreti. Sanno chi è il signor Y, l’imprenditore di Policoro coinvolto anche successivamente in reati che hanno riguardato l’ambiente. E sanno chi sono le società e i commercialisti a Matera che ripulivano. Musitano invece, U’fascista, era uno ‘ndranghetista di Platì mandato in soggiorno obbligato in Basilicata a due passi dall’Itrec a cui un ingegnere dell’ENEA di Rotondella aveva comunicato l’esigenza di far sparire rifiuti che arrivavano da ogni parte d’Europa. Lo stesso ingegnere che aveva relazioni col Di Matteo trovato morto in pigiama per strada che mandava fax all’amministratore delegato e al presidente Sogin per parlare di appalti sui rifiuti all’Itrec. Di una delle operazioni curata in Basilicata nel ‘87 assieme a Musitano, perché di solito ci pensava una rete di imprenditori locali come emerso dalle indagini, Fonti disse di conoscere i luoghi di interramento perché il nipote di Musitano aveva fatto parte della manovalanza per sotterrarli e glieli aveva riferiti. Per la storia nucleare lucana quella del 2005 fu un’estate di fuoco. Entrò in scena il Signor X, soggetto collegato a servizi segreti deviati e organizzazioni criminali sottoposto a programma di protezione a cui era stata attribuita persino una nuova identità. Il Signor X disse che nell’alveo del Fiume Sarmento in agro di San Giorgio Lucano potevano essere stati interrati materiali radioattivi. Ma per dare informazioni più precise voleva la ricompensa e siccome per gli inquirenti già fruiva dei benefici di legge di preciso non si fece nulla. In autunno la PG trasmise all’antimafia una nota del Comando Provinciale C.F.S. di Matera con annotazione e documentazione su uno strano trasporto dall’E.N.E.A di Saluggia di piante dei manufatti presenti nell’E.N.E.A di Rotondella e di cesio e plutonio che a Rotondella non potevano trattare. Sulla copia della bolla di trasporto non era indicata la massa del plutonio trasportato ma solo quella del cesio. Che consegnassero fustini con residui radioattivi si sapeva però, anche da una nota del C.F.S. di Matera e da un permesso che autorizzava un trasportatore. E le rappresentazioni geometriche dei manufatti all’E.N.E.A a che servivano?

La storia infinita. Due anni dopo alla D.D.A il Capo Servizio Impianto Esercizio Itrec aggiunse ulteriori notizie a quanto già dichiarato. Un dirigente E.N.E.A contrario all’ingresso nel Centro di rifiuti provenienti dall’esterno gli aveva svelato che alla Trisaia non era mai stata presente una centrifuga per l’arricchimento dell’uranio, e parlò di attività di collaborazione svolte con tecnici provenienti da Pakistan, Cina, Iraq e Polonia. Se non si arricchiva uranio cosa si arricchiva? Plutonio in segreto? Certo sul mercato nero il valore di tali materiali per la fabbricazione di armi è rimasto a sette zeri. La D.D.A intanto seppe pure che sino al gennaio 2007 per fatti connessi al traffico internazionale di materiale radioattivo avevano indagato o indagavano le procure di Matera, Reggio Calabria, Udine, Torre Annunziata, Livorno, Milano, Roma e Asti. Emerse inoltre che a Rotondella erano stoccati sì ingenti quantitativi di rifiuti nucleari a bassa attività in adempimento alle norme vigenti (biomedicali, parafulmini ecc., ndr), ma che per conferirli i produttori, tra cui numerosi ospedali Siciliani e Campani, pagavano cifre irrisorie, alcune migliaia di lire a fusto, mentre per mettere in sicurezza e bonificare alcune fosse dove erano stoccati l’E.N.E.A, e cioè lo Stato, stava sostenendo ingenti spese. E mentre il direttore dell’impianto Itrec e il titolare della licenza di esercizio erano stati condannati perché non avevano realizzato il sistema di solidificazione dei residui liquidi ad alta attività provenienti dal riprocessamento del combustibile nucleare, finalmente è stato vinto l’appalto di 40 milioni di euro per realizzare l’impianto che dovrà solidificarli. A vincerlo un’associazione temporanea di imprese con un bel curriculum tra mazzette e relazioni criminali. Ma è un’altra storia questa, di quelle classiche, a incasso, una storia infinita. Ai lucani cosa resta?

fonte: http://analizebasilicata.altervista.org/blog/lira-di-dio-nucleare-nella-terra-di-nessuno/

A noi non ci fanno sapere niente, ma Chernobyl brucia ancora…!

 

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A noi non ci fanno sapere niente, ma Chernobyl brucia ancora…!

 

Chernobyl brucia ancora

Preoccupante allarme lanciato dall’europarlamentare Dario Tamburrano . «Un grande impianto, finanziato con fondi UE, usa come combustibile legno contaminato proveniente da Chernobyl; i fumi vanno per l’aria e le ceneri tossiche vengono impiegate come fertilizzante in tutta l’Ucraina avvelenando i raccolti. Che poi vengono esportati (anche in Italia)».

Preoccupante la denuncia dell’europarlamentare Dario Tamburrano .

«Chernobyl brucia ancora. Il fuoco é finanziato con i soldi dei cittadini europei ed il risultato é l’arrivo di cibo radioattivo sulle nostre tavole. Lo dice l’associazione di volontariato “Mondo in cammino” , e sullo scandalo che essa denuncia desideriamo fare luce. Tanto per cominciare stiamo preparando un’interrogazione alla Commissione Europea. Oggi – il 31mo anniversario della tragedia – é il giorno più adatto per parlarne»: spiega Tamburrano.

«Nella zona di Ivankiv (Ucraina), a poca distanza da Chernobyl, la banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (ERBD , che é sostenuta dalle istituzioni UE, ha finanziato la costruzione di Ekotes, un enorme impianto a biomassa che produce energia elettrica usando come combustibile non solo il legno locale, fortemente radioattivo, ma anche sembrerebbe il legno ancor più radioattivo che viene illegalmente tagliato nella “zona di interdizione” attorno alla centrale nucleare esplosa il 26 aprile 1986. Gli alberi bruciati da Ekotes hanno assorbito ed incorporano le sostanze radioattive depositatesi al suolo a causa dell’incidente: soprattutto (ma non solo) Cesio 137 e Stronzio 90 . Durante la combustione queste sostanze in parte vengono disperse nell’atmosfera e in parte si concentrano nelle ceneri che, a quanto afferma “Mondo in cammino” – vengono distribuite ai contadini di tutta l’Ucraina affinché le usino come fertilizzante nei campi. Così la radioattività delle ceneri viene incorporata dal cibo: e l’Ucraina esporta verso l’UE grandi quantità di derrate alimentari».

«Secondo i dati di “Mondo in cammino”, la centrale a biomasse Ekotes arriva a bruciare in un solo giorno quasi 6.500 quintali di legno; ogni quintale di legno produce – oltre alle emissioni in atmosfera – un chilo di cenere con una radioattività media pari a 3.000 Becquerel. E’ impossibile sapere dove esattamente finisce il cibo concimato con le ceneri radioattive. Tuttavia dal 2014 l’Ucraina é legata all’UE da un accordo di associazione e dal primo gennaio 2016 UE ed Ucraina formano una zona di libero scambio. Per fare un solo esempio, già nel 2015 l’Ucraina ha quadruplicato la quantità di grano venduta all’Italia ed é diventata il terzo maggior fornitore di grano destinato alla panificazione nel nostro Paese. Noi ci preoccupiamo – giustamente – per la pagnotta germogliata sulle ceneri  radioattive: ma la gente che vive attorno alla centrale a biomasse, oltre a mangiare cibo contaminato, respira la radioattività diffusa nell’aria dall’impianto. Secondo “Mondo in cammino”, circa il 90% dei bambini della zona di Ivankiv soffre di turbe cardiache correlate all’incorporazione nel tempo di Cesio 137 e nei cimiteri le lapidi di bambini e ragazzi stanno occupando uno spazio spropositato. La banca EBRD (Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo), che ha finanziato la centrale a biomassa Ekotes, annovera fra i fondatori l’Unione Europea (a quel tempo si chiamava Comunità Europea) e la Banca Europea degli Investimenti, che è l’istituzione finanziaria dell’UE. Ha finanziato in Ucraina addirittura 377 progetti per un ammontare complessivo di oltre 12 miliardi di euro: fra di essi c’è anche il mantenimento in funzione delle vecchie e pericolose centrali nucleari “sorelle” di Chernobyl che hanno raggiunto e superato l’età pensionabile. A suo tempo ne abbiamo chiesto conto alle istituzioni UE, ricevendo rassicurazioni dall’EBRD e dalla Commissione Europea . Interrogheremo presto la Commissione Europea per verificare se quelle promesse siano state mantenute, sia per sollevare la questione della centrale elettrica a biomasse Ekotes».

Tamburrano sul suo portale pubblica anche i  documenti ricevuti da “Mondo in cammino” sull’impianto sulle ceneri radioattive.

fonte: http://www.terranuova.it/News/Ambiente/Chernobyl-brucia-ancora