Ecco il primo farmaco a base di cannabis approvato dalla FDA che “blocca” epilessia…

 

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Ecco il primo farmaco a base di cannabis approvato dalla FDA che “blocca” epilessia…

Primo farmaco a base di cannabis ‘blocca’ due gravi forme di epilessia: approvato dalla FDA

Il medicinale, chiamato Epidiolex e prodotto da una casa farmaceutica britannica, ha superato con successo gli studi clinici sulla sindrome di Dravet e la sindrome di Lennox-Gastaut, due gravi patologie a esordio infantile caratterizzate da violente convulsioni. Il farmaco grazie all’azione del cannabidiolo riesce a ridurne significativamente il numero.

Il primo farmaco a base di cannabis è stato approvato dalla Foood and Drug Administration (FDA), l’ente governativo americano che si occupa della regolamentazione di farmaci e prodotti farmaceutici, oltre che di terapie sperimentali. Si tratta dell’Epidiolex, uno sciroppo prodotto dalla casa farmaceutica britannica GW Pharmaceuticals che sarà messo in commercio per contrastare due gravi forme di epilessia a esordio infantile: la sindrome di Lennox-Gastaut – una encefalopatia – e la sindrome di Dravet o epilessia mioclonica grave dell’infanzia, una rara condizione genetica. Per quanto concerne quest’ultima, l’Epidiolex è il primo farmaco approvato dalla FDA per il suo trattamento.

Il principio attivo dell’Epidiolex è il cannabidiolo (CBD), una delle numerose componenti chimiche presenti nella pianta della canapa utile (Cannabis sativa), dalla quale si ottengono sostanze stupefacenti come la marijuana. Il cannabidiolo non è uno psicoattivo come il THC o delta-9-tetraidrocannabinolo, il principio attivo maggiore della marijuana che è alla base degli effetti antidolorifici ed euforizzanti. Al contrario, il CBD è noto nella sperimentazione come antiossidante e antiinfiammatorio, ma soprattutto come anticonvulsivante, il motivo per cui è finito al centro della ricerca sulle due sindromi.

Il medicinale, uno sciroppo, agisce infatti nel ridurre le gravi convulsioni – spasmi muscolari incontrollati – che caratterizzano entrambe le patologie. Negli studi clinici condotti sino ad oggi, ha dimostrato di essere sensibilmente più efficace dei placebo, conquistando così la fiducia dei 13 membri che compongono il comitato consultivo della FDA. Lo scorso aprile con un voto all’unanimità raccomandarono l’Epidiolex, in attesa dell’approvazione definitiva arrivata il 25 giugno. Pur essendo estremamente efficace, la soluzione orale presenta comunque degli effetti collaterali da non sottovalutare, come l’aumento degli enzimi epatici, diarrea, debolezza, riduzione dell’appetito, una forte sonnolenza, infezioni, eruzioni cutanee, sonno disturbato e malessere generale. Tenendo presente la gravità delle convulsioni, tuttavia, i benefici sono di gran lunga superiori.

Negli Stati Uniti il farmaco dovrebbe essere commercializzato al massimo entro l’autunno, mentre in Europa l’organo competente – la European Medical Society – dovrebbe pronunciarsi nel giro di alcuni mesi. Ancora non è noto il prezzo. Trattandosi di un medicinale che può essere sfruttato per trattare patologie diverse da quelle per cui è stato testato, è probabile che in futuro verrà prescirtto anche per altre condizioni.

fonte: walesjaqueline

l pomodoro nero italiano rallenta l’invecchiamento: il segreto del Sunblack è nella buccia

 

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l pomodoro nero italiano rallenta l’invecchiamento: il segreto del Sunblack è nella buccia

Ricercatori del laboratorio PlantLab presso l’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa hanno svelato il segreto genetico della buccia nera del ‘SunBlack’, il pomodoro nero ricchissimo di antiossidanti creato nel 2008 incrociando due distinte varietà. Il colore è legato a un gene mutato che nei pomodori tradizionali sopprime la produzione di antociani.

A dieci anni esatti dalla sua creazione in laboratorio, è stato finalmente svelato il segreto della “buccia nera” – in realtà un intenso viola scuro – del prelibato e salutare pomodoro SunBlack, ricchissimo di antiossidanti. Il suo colore deriva da un gene della varietà di pomodoro chiamata atroviolacea (atv), la cui origine potrebbe risalire a un incrocio con un pomodoro selvatico avvenuto decenni addietro.

Il peculiare frutto scuro fu sviluppato nel 2008 grazie alla collaborazione di quattro atenei italiani, l’Università della Tuscia, l’Università di Pisa, l’Università di Modena e Reggio Emilia e la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. I ricercatori lo ottennero combinando due varietà distinte di pomodoro: la già citata atroviolacea (atv), caratterizzata da foglie ricche di antiossidanti, e la Anthocyanin Fruit (Aft), dove è la buccia dei frutti – di colore leggermente violaceo – ad avere un contenuto superiore di queste sostanze.

L’intento degli studiosi era proprio quello di ottenere un innovativo prodotto salutare, contenente un numero sensibilmente superiore di antociani rispetto ai pomodori tradizionali. Questi pigmenti noti per le elevate capacità antiossidanti, infatti, sono abbondanti in frutti come mirtilli, arance rosse e uva nera, che tuttavia non vengono consumati con la medesima frequenza dei pomodori. Da qui nacque il SunBlack, che non è un organismo geneticamente modificato (OGM), dato che è stato ottenuto attraverso incroci tradizionali.

Benché sviluppato in laboratorio, il pomodoro “nero” celava ancora il segreto della sua buccia, ma grazie al lavoro dei genetisti del laboratorio PlantLab, coordinato dal rettore della Scuola Superiore Sant’Anna Pierdomenico Perata, è stato finalmente individuato il frammento di DNA alla base delle sue proprietà nutraceutiche. Il gene in questione, che codifica per una proteina R3-MYB ed è responsabile della repressione molecolare degli antociani nei pomodori tradizionali, nella variante atv risulta inattivo, ed è proprio per questo che le sue foglie possono esprimere questi pigmenti antiossidanti, così come la buccia del derivato SunBlack.

Conoscere questa sequenza di DNA, spiega Perata, permetterà di realizzare più facilmente nuove varietà di SunBlack, inoltre sarà possibile “verificare l’avvenuto incrocio con un semplice test del Dna, invece di dover attendere la produzione dei frutti per verificare l’effettiva presenza degli antociani”. Studiando il profilo genetico della varietà Anthocyanin Fruit i ricercatori guidati dal professor Perata sperano di ottenere ulteriori informazioni per spingere a produrre ancor più antociani nei pomodori SunBlack, magari all’interno della polpa, tenendo presente che al momento sono limitati alla sola buccia. I dettagli della nuova ricerca, messa a punto da Perata assieme alle dottoresse Sara Colanero e Silvia Gonzali, sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Frontiers in Plant Science.

[Credit: Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa]

continua su: https://scienze.fanpage.it/il-pomodoro-nero-italiano-rallenta-l-invecchiamento-il-segreto-del-sunblack-e-nella-buccia/
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fonte: https://scienze.fanpage.it/il-pomodoro-nero-italiano-rallenta-l-invecchiamento-il-segreto-del-sunblack-e-nella-buccia/

Viva le quattro more: la vittoria delle nostre Pantere è un trionfo per l’Italia anti-razzista

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Viva le quattro more: la vittoria delle nostre Pantere è un trionfo per l’Italia anti-razzista

Viva le Quattro more: la loro vittoria un trionfo per l’Italia anti-razzista

Loro sono brave belle e veloci. Velocissime come questo mondo che corre, comunica, si muove come non aveva mai fatto prima.

Le donne belle sono le donne libere e felici, quelle che vivono per un ideale, una passione. Loro sono il volto dell’Italia reale contro l’intolleranza xenofoba e la retorica dei ‘veri italiani’ bianchi che ricorda sinistramente le teorie della purezza della razza.
Loro sono la migliore risposta alla negazione dello Ius Soli che discrimina ragazzi nati in Italia e che da noi vivono regolarmente, hanno fatto le scuole e parlano perfettamente (come è ovvio che sia) la lingua della terra dove sono nati. Loro sono brave belle e veloci. Velocissime come questo mondo che corre, comunica, si muove come non aveva mai fatto prima. Idee e persone entrano in contatto senza più ostacoli. Internet, i social, i mezzi di trasporto veloci. Come possiamo credere di fermare le persone, il loro desiderio di contatto e di riscatto? Un secolo fa un pastore della Sardegna poteva anche non aver mai visto il mare o Nuoro. Il suo razzismo, la sua paura del diverso era giustificabile. Oggi no. Oggi sappiamo cosa succede praticamente ovunque. Il lager nazisti non erano conosciuti dalla maggior parte dei tedeschi, i lager libici sappiamo invece che esistono. Abbiamo foto, video, racconti. Tutto in tempo reale. Non abbiamo più alibi, ci è rimasta solo la cattiveria.

 

Maria Benedicta Chigbolu, Ayomide Folorunso, Raphaela Lukudo e la campionessa europea Libania Grenot hanno vinto la medaglia d’oro nella staffetta femminile 4×400 ai Giochi del Mediterraneo a Tarragona, in Spagna.
Una vittoria nello stesso giorno in cui a Pontida è andato in scena un meeting pieno di odio, razzismo e egoismo nazionalista (nel senso deteriore della parola). Oggi il razzismo ha già perso perché nessuno potrà fermare questo esodo di persone, idee e culture. Non lo permetterà la tecnologia ma anche i ragazzi dell’erasmus, le nuove gerazioni che si sono mescolate per scelta, studio, lavoro.

 

Migliaia i tweet e i post per celebrare la vittoria delle quattro ragazze. Mentre ovviamente non sono mancati post polemici come questo in cui si chiedeva che “visto che 4 ragazze italiane di colore vincono la staffetta 4×400 non sia adesso il caso di far entrare tutta l’Africa in Italia, così giusto per dominare le future olimpiadi?”.

 

Ma chi sono queste donne meravigliose? 

 

Libania Grenot, la più famosa del quartetto. Sempre dalle pagine Fidal si scopre che Libania “a Cuba era considerata un talento. Il papà Francisco è sindacalista, la mamma Olga giornalista. L’ultima apparizione con la maglia rossoblù e la stella è stata quella dei Mondiali di Helsinki 2005. Poi l’avventura italiana propiziata dal matrimonio, nel settembre 2006. Un anno di inattività praticamente completa, quindi la ripresa con il tecnico Riccardo Pisani a Tivoli. La cittadinanza è arrivata ad aprile 2008 aprendole la strada per il primo miglioramento del record italiano dei 400, da lei portato nel 2009 a 50.30. Dalla fine del 2011 si allena in Florida seguita dal tecnico statunitense Loren Seagrave. Nel 2014 la consacrazione internazionale con la vittoria agli Europei di Zurigo, mentre il 27 maggio 2016 è diventata primatista italiana dei 200 metri (22.56) a Tampa, negli Stati Uniti. Ha confermato il titolo continentale nel 2016 ad Amsterdam, dove ha conquistato anche il bronzo con la 4×400 azzurra, poi la sua prima finale olimpica individuale a Rio, seguita dal record italiano in staffetta”.

 

Ayomide Folorunso, 22 anni. Sempre la biografia della Fidal informa che “la sua famiglia è originaria del Sud-Ovest della Nigeria, ma “Ayo” dal 2004 si è stabilita con i genitori – la mamma Mariam e il papà Emmanuel, geologo minerario – a Fidenza: qui è stata notata nelle competizioni scolastiche dal tecnico Chittolini e affidata a Maurizio Pratizzoli. Non è riuscita a vestire l’azzurro nei Mondiali under 18 del 2013 pur avendo ottenuto il minimo in ben cinque specialità, perché ha ricevuto il passaporto pochi giorni dopo la rassegna iridata. A giugno del 2015 è stata arruolata in Fiamme Oro, proveniente dal Cus Parma. Nel 2016, agli Assoluti di Rieti, ha stabilito il primato italiano under 23 dei 400 ostacoli in 55.54 migliorando il personale di oltre un secondo, ritoccato a 55.50 con il quarto posto in finale agli Europei di Amsterdam. Semifinalista ai Giochi di Rio, dove ha realizzato il primato italiano con la staffetta 4×400 azzurra, nel 2017 ha conquistato il titolo europeo under 23 e anche l’oro alle Universiadi. Studentessa di medicina e aspirante pediatra, dimostra una personalità matura anche negli interessi culturali: appassionata di letture fantasy, non manca di approfondire quotidianamente anche le Sacre Scritture nella comunità pentecostale alla quale appartiene”.

 

Raphaela Lukudo, 24 anni, si viene a sapere che “la famiglia è originaria del Sudan, ma si era stabilita da tempo in Italia: prima nel Casertano e successivamente, quando “Raffaella” aveva appena due anni, a Modena. Ha scoperto l’atletica nel 2006, con il Mollificio Modenese, per diventare quindi una promessa del giro di pista sotto la guida tecnica di Mario Romano. Nel 2011, dopo aver dimostrato il suo valore ancora allieva ai Mondiali di categoria (semifinalista sul piano nonostante un infortunio alla vigilia della gara), si è trasferita per un paio di anni con la famiglia nei pressi di Londra, rientrando poi in Italia. Dal giugno 2015 si allena con Marta Oliva alla Cecchignola, nel centro sportivo dell’Esercito. Nella stagione indoor 2018 ha conquistato il suo primo titolo assoluto sui 400 metri per scendere a 53.08, ottava italiana alltime. Studia scienze motorie ma ha frequentato l’istituto d’arte, conservando la passione per “disegno e foto”.

 

Maria Benedicta Chigbolu, 29 anni, come si legge nella biografia Fidal (la Federazione italiana di atletica) è “la seconda di sei figli (tre fratelli e tre sorelle) di una insegnante di religione, Paola, e di un consulente internazionale nigeriano, Augustine. Il nonno Julius è stato una celebrità in Nigeria: ha partecipato ai Giochi olimpici di Melbourne 1956 arrivando in finale nel salto in alto e poi è anche diventato presidente della Federatletica nigeriana. Il primo approccio con l’atletica a sedici anni quando un professore dell’Istituto magistrale socio psicopedagogico Vittorio Gassman di Roma, notate le sue notevoli qualità fisiche, l’ha indirizzata al campo romano della Farnesina. Qui ha cominciato a praticare l’atletica seguita da Fulvio Villa. Reclutata nell’Esercito, è allenata a Rieti da Maria Chiara Milardi e legata sentimentalmente al quattrocentista azzurro Matteo Galvan. Ha vinto il bronzo europeo della 4×400 nel 2016, poi ha realizzato il primato italiano con la staffetta azzurra ai Giochi di Rio. Laureata in scienze dell’educazione e della formazione, in passato ha anche fatto la fotomodella”.

 

Da Sarda ho pensato ai Quattro mori… accostamento facile. Ma quella bandiera che tanto amo oggi l’ho immaginata con i volti di queste donne stupende che hanno battuto l’orrore di Pontida
tratto da: https://www.globalist.it/news/2018/07/02/viva-le-quattro-more-la-loro-vittoria-un-trionfo-per-l-italia-anti-razzista-2027193.html

Le cinque buone abitudini che ti allungano la vita di almeno 10 anni

 

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Le cinque buone abitudini che ti allungano la vita di almeno 10 anni

Uno studio dimostra che queste cinque buone abitudini ci allungano la vita di almeno 10 anni.

Speriamo sempre di vivere più a lungo possibile, ma allo stesso tempo seguiamo stili di vita che non aiuto a mantenere il nostro corpo in salute, come il vizio dell’alcol e del fumo. Adesso i ricercatori ci svelano quali sono le cinque abitudini che dovremmo avere per allungare la nostra vita di almeno dieci anni. Ecco quali sono.

Lo studio. Problemi al cuore, ictus e altre condizioni ci portano ad una morte prematura, eppure in Occidente non abbiamo i problemi che di solito sono responsabili di un incremento del rischio di morte, cosa sbagliamo? Per darci una risposta i ricercatori hanno analizzato i dati raccolti da due grandi studi di coorte che prendono in considerazione diversi aspetti della nostra vita quotidiana, dalla dieta alle informazioni mediche e hanno scoperto che per allungare la nostra aspettativa di vita dobbiamo:

smettere di fumare

mangiare sano

fare sport, almeno 30 minuti al giorno

mantenere sotto controllo il peso (18.5-24.9 kg/m)

ridurre il consumo di alcol (15g/giorno per le donne e tra i 5 e i 30 grammi al giorno per gli uomini)

I risultati. Dai dati raccolti è emerso che:

a confronto con coloro che non hanno fatto loro nessuna delle abitudini, per i soggetti che invece le hanno seguite tutte e cinque il rischio di morte si era ridotto del 74%, il rischio di morte per malattia cardiovascolare si era ridotto dell’82% e il rischio di morte per cancro si era ridotto del 65%
I ricercatori sostengon che c’è un’associazione diretta tra il comportamento di ognuno di noi e il rischio di morte prematura e che fare proprie tutte e cinque queste abitudini allunga realisticamente la durata della vita: stiamp arlando di 14 anni in più per le donne e 12 in più per gli uomini.

La ricerca, intitolata “Impact of Healthy Lifestyle Factors on Life Expectancies in the US Population” è stata pubblicata sulla rivista Circulation.

fonte: https://scienze.fanpage.it/le-cinque-buone-abitudini-che-ti-allungano-la-vita-di-almeno-10-anni/
http://scienze.fanpage.it/

Le calorie non sono tutte uguali: quali sono le più dannose per la salute

 

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Le calorie non sono tutte uguali: quali sono le più dannose per la salute

Un team internazionale di esperti della nutrizione ha dimostrato che le calorie delle bevande zuccherate sono più dannose per la salute rispetto ad altre, come quelle dell’amido. La ragione risiede nell’aumento dei fattori di rischio per le malattie metaboliche e cardiache.

A parità di calorie, quelle delle bevande zuccherate fanno più male alla salute, poiché rispetto alle altre aumentano significativamente i fattori di rischio per le malattie cardiache e metaboliche. Anche all’interno di diete che non comportano un aumento del peso. A portare nuovamente sul banco degli imputati le bibite è stato un copioso team di ricerca composto da studiosi di vari istituti internazionali, tra i quali il Children’s Hospital Oakland Research Institute (Stati Uniti), l’Università della California di Davis, l’Università di Stanford e l’Università di Kiel (Germania).

Gli scienziati coinvolti nell’indagine, coordinati dalla professoressa Kimber Stanhope, docente presso la Scuola di Medicina Veterinaria dell’ateneo californiano, sono tutti esperti di scienze nutrizionali, e hanno deciso di riunirsi per rispondere all’annoso quesito sulla ‘qualità’ delle calorie. In parole semplici, si sono chiesti se sono tutte uguali sotto il profilo degli effetti sulle malattie cardiometaboliche e sull’obesità. La risposta è stata seccamente no, dimostrando che le calorie delle famigerate bevande zuccherate hanno un impatto maggiormente negativo.

“La novità è che un gruppo impressionante di scienziati con una vasta esperienza nella nutrizione e nel metabolismo concordano con la conclusione che le bevande zuccherate aumentano i fattori di rischio cardiometabolico rispetto a quantità uguali di amido”, ha dichiarato l’autrice principale dello studio, anch’essa biologa nutrizionista.

Gli studiosi, che hanno presentato i risultati della propria indagine in seno alla Conference Academic CrossFit Foundation, hanno dimostrato anche che l’aspartame, uno dei dolcificanti più diffusi, non fa ingrassare come suggeriscono alcuni. Stanhope e colleghi hanno inoltre indicato che i grassi polinsaturi di noci, semi e oli vegetali hanno un fattore di rischio minore per le malattie rispetto a quelli saturi, ma ciò non è sempre vero quando si tratta di formaggio e yogurt. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Obesity Reviews.

fonte: https://scienze.fanpage.it/le-calorie-non-sono-tutte-uguali-quali-sono-le-piu-dannose-per-la-salute/
http://scienze.fanpage.it/