Letterina alla Befana di Luciana Littizzetto

Luciana Littizzetto

 

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Letterina alla Befana di Luciana Littizzetto

Cara Befana è la tua socia che ti parla, la tua Walter ego.

Intanto vorrei dire a tutti che non sei una escort, anche se quando voli sulla scopa sembra che tu faccia la lap dance in orizzontale. Sia chiaro per tutti.

Dunque cara Bef, puoi dire a quelli che costruiscono i bancomat che la smettano di costruire i bancomat controsole? Che per riuscire a fare il prelievo bisogna coricarsi sul bancomat e schiacciare il naso dentro al vetro per vedere qualcosa?

Spiega loro che quando noi andiamo al bancomat non è per prendere la tintarella sul culo, eh! Noi al bancomat ci andiamo per prelevare. Ecco. E se sul vetro batte il sole vediamo solo la polvere dei secoli. Quindi appello ai bancomat designer, mettere bene un bancomat non è difficile: aspettate mezzogiorno, se la luce picchia contro basta che lo spostiate di posizione, teste di pirla!

E già che siamo lì, illumina, oh Befana, chi fa i feltrini da mettere sotto le gambe delle sedie. Fa’ sì che siano fatti per restare per sempre sotto le gambine e non che se ne vadano subito in giro come fa il cerotto, che se te ne metti uno sul dito del piede tempo di mettere la calza è già risalito fino al ginocchio.

Fai poi una legge che regolamenti le richiamate telefoniche col cellulare, che quando cade la linea parte la scarambola che tutti e due richiamano contemporaneamente e ti escono i nervi dalla guaina. Ecco, facciamo che richiama il primo che ha chiamato. Ecco. E fine al ballarò.

Fa’ anche che le zip delle giacche a vento si incastrino quando non hai una minchia da fare e non quando parte lo skilift.

Fai i cicles a sapore costante (le gomme). E non che quando lo metti in bocca è fortissimo, ha il sapore di duecento borocilline e dopo cinque minuti non sa più di niente e ti sembra di masticare l’elastico delle mutande.

E chiedi, cara Befi, all’ikea di fare i plaid a misura d’uomo: bastano trenta centimetri in più così uno riesce a coprirsi i piedi senza lasciar fuori le tette. E poi, Befi mia, già che parli con quelli lì, spiegagli che facciano le federe della misura dei nostri cuscini che sono rettangolari e non quadrati. Chissene frega che in Svezia usano i cuscini quadri! Noi siamo in Italia, se la federa è quadra e il cuscino un rettangolo a noi poi resta fuori una budella di cuscino che sembra un’ernia espulsa.

E fai, oh Befana tutta tana, un disegno di legge sui contagocce, che si chiamano contagocce ma se li premi orinano come un cucciolo di cocker. Tranne la Novalgina, perché le gocce di Novalgina sono stitiche: prima che ne cada una passa il tempo di una partita di calcio.

E già che ci sei proponi a Monti di fare anche una riforma dei tappi coi buchi dell’Aperol, che sono sempre intasati e poi quando scuoti di colpo ne viene giù mezzo litro. Finanzi la ricerca almeno per questo.

Vieta le pubblicità di cibo per gatti servito nei piatti di porcellana inglese, i gatti son gatti, non sono fighetti decadenti come i loro padroni.

E se trovi una belva feroce per strada la riporti al circo, allora rimetti tutte le slot machine nei casinò e toglile dai bar.

Inventa un allarme per appartamenti che almeno una volta nella vita suona perché ci sono davvero i ladri e non per i cazzi suoi.

Fai oltremodo sì che i gelatai smettano di fare i gelati con gusti che mi sento di definire pragmaticamente del cacchio, tipo tè verde, zenzero, soia, perché di questo passo arriveremo ad abbinare cioccolato, cardo e ascella di Gattuso. Non è degno di un paese civile.

N.B. Notare Fazio gonfio come un’otaria. Ma senza baffi.

Luciana Littizzetto

LA RIVOLUZIONE – Una breve, geniale, attualissima farsa di Achille Campanile

 

Achille Campanile

 

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LA RIVOLUZIONE – Una breve, geniale, attualissima farsa di Achille Campanile

LA RIVOLUZIONE

Personaggi: Il Prefetto, Il Segretario, La donna di servizio, 3 Rivoluzionari

Un salotto finemente ammobiliato, classico, con pezzi di un certo pregio. La donna di servizio e il Segretario guardano preoccupati fuori dalla finestra. Il Prefetto passeggia nervosamente per la stanza, ha un braccio fermo, visibilmente artificiale.

Prefetto: che vedete? Ci sono novità?

Segretario: sono in fondo alla strada, signor Prefetto

Prefetto: ma che fanno? Avanzano, retrocedono, deviano?

Domestica: avanzano, signore, avanzano; paiono decisi come pompieri purtroppo

Prefetto: e la polizia che fa? Perché non arriva? Avete allertato l’esercito?

Segretario: abbiamo già chiamato e richiamato, signor Prefetto, ma pare che siano impegnati in altri punti caldi della città. Hanno detto che verranno appena possono

Prefetto: già, invece di stare qua a difendere il Prefetto se ne stanno a presidiare chissà cosa. Maledetti anche loro. Ricordatemi di fare licenziare il comandante della polizia, quando la burrasca sarà passata.

Segretario: (fra sé) se saremo ancora vivi…

Prefetto: (piagnucolando) ma che vogliono da me quegli scalmanati? contestano un sistema di vita e se la pigliano con me? Mi sono appena insediato, io, che posso fare? Pure in questo paese di morti di sonno vengono a estendersi i tumulti di piazza?

Domestica: arrivano signor Prefetto, che facciamo?

Prefetto: ah, ma mi sentiranno quelli del partito. Prima mi mettono negli impicci poi, nel momento del pericolo, chi li vede più? E’ una carica onorifica, m’hanno detto il mese scorso, una formalità, non ti preoccupare, ti saremo sempre vicini. Che gli pigli un accidente a tutti…

Rivoluz: (si odono da fuori, in lontananza poi sempre più forte) a morte! Rivoluzione! la corda, la corda!

Prefetto: (alla Domestica) chiudete la porta, non ricevo nessuno oggi, men che meno quegli energumeni. Dite che sono indisposto, che sono partito per l’Indocina, dite che sono morto ieri…

Segretario: ma v’hanno visto, signor Prefetto, spaccheranno tutto

Prefetto: ma io non posso affrontarli ora, ohi ohi, mi sento male, mi ha assalito la debolezza, ho sudori per la schiena, mi sento la febbrina (si accascia e si asciuga il sudore)

Segretario: coraggio signor Prefetto, su, si tenga su (gli fa vento)

Prefetto: ma con un povero invalido, se la devono prendere? (si rialza) oh no, proprio ora (si alza il braccio artificiale e si tende con il pugno chiuso in alto)

Segretario: signor Prefetto che fate? Vi pare il momento di salutare?

Prefetto: macché salutare, mi si è guastata la molla del braccio ortopedico, è un difetto di fabbricazione, ogni tanto scatta.

Domestica: e nei momenti meno opportuni mi pare

Rivoluz: (bussano alla porta) aprite!! A morte!! Giustizia!!

Prefetto: che nessuno apra!

Segretario: ma volete mettere giù quel braccio? Con quel pugno chiuso, vi prenderanno per un comunista, volete comprometterci tutti?

Prefetto: le ho spiegato che si è incantato il meccanismo

Domestica: ma mettetelo giù! (lo aiuta ad abbassare il braccio, che non si muove)

Prefetto: s’è incantata la molla, non si riesce ad abbassarlo

Segretario: volete provocare un pandemonio con quel pugno chiuso? Almeno aprite il pugno, (lo aiuta anche lui) così

Domestica: (coprendosi il viso con le mani) per carità! Questo è il saluto fascista, volete far succedere il finimondo con quella mano aperta?

Prefetto: aiutatemi a richiuderla, per favore

(schiamazzi e urla fuori dalla porta)

Domestica: adesso non si riesce più a chiuderla

Prefetto: beh, poco male. Visto che con questo braccio faccio il saluto fascista, con quello buono faccio il saluto comunista e così siamo a posto, l’equilibrio è ristabilito. (alza l’altro braccio con il pugno chiuso)

Segretario: per carità, vi piglieranno per un opportunista e saranno dolori, per voi e per noi.

Domestica: (armeggiando con la mano) facciamo così: mezza chiusa e mezza aperta (rimangono l’indice e il medio aperte a “V”)

Segretario: per amor del cielo! Quella è la victory di Churchill. Vi prenderanno per un guerrafondaio, antipacifista, anglofilo, chiudete quelle due dita!

Domestica: così (chiude le due dita)

Segretario: per carità! Quella è una benedizione, roba da preti, vi prederanno per democristiano, papista, clericale

Prefetto: maledetto braccio

(chiude anche l’indice, rimanendo alzato solo il medio)

Domestica: signore, quello è un gesto offensivo, sconveniente. Volete provocarli? Farli inferocire ancora di più?

Prefetto: e allora crepa!

(da un colpo violento all’arto, che si ferma in posizione contorta, impossibile)

Domestica: ma questa è una posizione innaturale!

Segretario: meglio innaturale che provocatoria

(i rivoluzionari sfondano la porta, sono ceffi patibolari armati di forche e bastoni. Alla vista del Prefetto col braccio nella posizione assurda si fermano incerti, stupiti. Le seguenti battute devono essere ripartite tra i rivoluzionari a seconda di quanti essi siano)

Rivoluz: non è il saluto fascista

Rivoluz: e nemmeno quello comunista

Rivoluz: deve essere un nuovo partito

Rivoluz: forse è quello che attendiamo da anni

Rivoluz: una nuova idealità!

Rivoluz: in effetti questo non è il Prefetto del mese scorso

Rivoluz: appunto

Rivoluz: è meraviglioso, guardate che saluto nuovo

Rivoluz: non s’è n’è mai visto uno simile

Rivoluz: chi riuscirebbe a farlo?

Rivoluz: questo si che significa rovesciare la situazione

Rivoluz: se lo acclamassimo nostro capo?

Rivoluz: è lui! L’uomo del destino! Il nostro condottiero!

Rivoluz: viva il nostro condottiero! Evviva! Evviva!

(il Prefetto viene portato fuori a spalla, tra acclamazioni di trionfo. Cala il sipario.)

Achille Campanile

Quando José Mujica conquistò il mondo in 45 secondi

 

José Mujica

 

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Quando José Mujica conquistò il mondo in 45 secondi

Bastarono 45 secondi a José Mujica per farsi conoscere al mondo conquistando il web. Ecco il video del 2015 in cui l’ex Presidente Uruguaiano (allora in carica), da sempre stimato per la sua saggezza, lanciò il suo appello per una vita semplice.

Il video divenne virale superando i due milioni e mezzo di visualizzazioni in quattro giorni.

Vale la pena riascoltarlo…

“Abbiamo inventato una montagna di consumi superflui. E viviamo comprando e buttando… E quello che stiamo sprecando”, spiega Mujica, “è tempo di vita perché quando compri qualcosa non lo fai con il denaro, ma con il tempo di vita che hai dovuto utilizzare per guadagnare quel denaro. L’unica cosa che non si può comprare è la vita. La vita si consuma. Ed è da miserabili consumare la vita per perdere la libertà”

 

Intervista a José Mujica del novembre 2016

Lei è diventato un ideale politico nel mondo perché ha vissuto e vive come la parte più povera dei suoi concittadini e non come quella più ricca. Pensa di essere una eccezione nella politica di oggi?
“Sicuramente sono stato un’eccezione anche nel mio Paese. Però la mia è soprattutto una filosofia di vita. Il problema è che viviamo in un mondo nel quale si crede che colui che trionfa debba possedere tanto denaro, avere privilegi, una casa grande, maggiordomi, tanti servitori, vacanze extralusso. Mentre io penso che questo modello vincente sia solo un modo idiota di complicarsi la vita. Penso che chi passa la sua vita a accumulare ricchezza sia malato come un tossicodipende, andrebbe curato”.

Diventare sempre più ricchi è una malattia?
“Ho conosciuto dei multimilionari, anche molto anziani. E a molti ho chiesto per quale ragione continuassero a accumulare denaro se tanto poi alla fine avrebbero dovuto lasciarlo qua. La risposta è sempre stata che non potevano farne a meno, come una malattia”.

Ha avuto un contraccolpo personale, una forma di depressione, quando ha lasciato il potere. Le è mai successo di pensare: “Peccato, non sono più presidente”?
“Ma no, no. Piuttosto la verità è che alla fine può essere anche un’esperienza deludente. Riesci a ottenere meno di un terzo di tutte le cose che ti eri riproposto di fare. E è molto maggiore il numero dei sogni che finiscono in polvere rispetto a quelli che sei riuscito a realizzare facendo il presidente. Sono anche convinto che la politica non debba essere una professione. È un servizio, una passione. Chi vuole arricchirsi che si dedichi al commercio, alla banca, ma non alla politica. E per una società sana è necessario anche che si ruoti molto di più nelle responsabilità, soprattutto in quelle che implicano la rappresentazione degli interessi di tutti”.

Nel corso del suo mandato sono state approvate tre leggi rivoluzionarie anche in America Latina: aborto, matrimoni gay e legalizzazione delle droghe leggere. Cos’altro avrebbe voluto fare e non ha potuto?
“Nel mio Paese c’è ancora una percentuale di indigenti. Minima, ma c’è. E coloro che vivono al di sotto della linea di povertà sono il 9-10% della popolazione. Non è accettabile in Uruguay, un Paese che produce alimenti per un numero di persone pari a dieci volte i suoi abitanti”.

Ha detto di essere contrario all’assegnazione di un premio Nobel per la Pace?
“I Nobel vanno assegnati agli scienziati, ai medici. In un mondo come il nostro, dove ci sono guerre da tutte le parti, assegnare il Nobel per la Pace è una presa in giro. Una burla. Noi usciremo dalla preistoria dell’umanità soltanto quando non ci saranno più armi ed eserciti”.

Si oppone alla globalizzazione?
“No, non è possibile. Sarebbe come essere contrari al fatto che agli uomini cresce la barba. Ma quella che abbiamo conosciuto finora è soltanto la globalizzazione dei mercati. Che ha come conseguenza la concentrazione di ricchezze sempre maggiori in pochissime mani. E questo è molto pericoloso. Genera una crisi di rappresentatività nelle nostre democrazie perché aumenta il numero degli esclusi. Se vivessimo in maniera saggia, i sette miliardi di persone nel mondo potrebbero avere tutto ciò di cui hanno bisogno. Il problema è che continuiamo a pensare come individui, o al massimo come Stati, e non come specie umana”.

Lei è ateo ma condivide molte idee con Papa Francesco, soprattutto la critica della società consumistica e del capitalismo selvaggio.
“La mia idea di felicità è soprattutto anticonsumistica. Hanno voluto convincerci che le cose non durano e ci spingono a cambiare ogni cosa il prima possibile. Sembra che siamo nati solo per consumare e, se non possiamo più farlo, soffriamo la povertà. Ma nella vita è più importante il tempo che possiamo dedicare a ciò che ci piace, ai nostri affetti e alla nostra libertà. E non quello in cui siamo costretti a guadagnare sempre di più per consumare sempre di più. Non faccio nessuna apologia della povertà, ma soltanto della sobrietà”.

Fuga verso la libertà – La bellissima storia di Brianna, la mucca che saltò giù dal camion che la portava al macello e che, dopo una lunga fuga, diede alla luce il suo vitellino…

 

macello

 

 

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Fuga verso la libertà – La bellissima storia di Brianna, la mucca che saltò giù dal camion che la portava al macello e che, dopo una lunga fuga, diede alla luce il suo vitellino…

La mucca che ha evitato il macello saltando da un camion nel New Jersey si trova ora nella sua nuova casa, la Skylands Animal Sanctuary Rescue, dove ha dato alla luce una vitellina

In fuga verso la libertà, sottraendosi a un destino spietato! Ha fatto il giro del mondo la storia di Brianna, mucca e super mamma, che nel New Jersey è saltata – incinta – giù da un camion diretto a un mattatoio e si è messa a correre più che mai.

Una Holstein bianca e nera che ha fatto scalpore quando ha inforcato la Route 80 trottando verso la salvezza. Sulla strada, il direttore della Polizia Jerry Speziale l’ha intercetta e i volontari dello Skylands Animl Sanctuary, un’oasi gestita da animalisti, l’hanno praticamente adottata.

Brianna è ora la madre orgogliosa di una bellissima vitellina di nome Winter”, ha detto il fondatore del santuario Mike Stura.

E continua “Era a meno di dieci minuti da quel macello quando è volata via dal camion”.

Sia Brianna che Winter sono ora contenti e più che mai legati, ha detto Stura, con Winter che beve normalmente il latte dalla sua mamma.

Brianna e Winter si uniranno a 68 altri bovini nel santuario. Ci sono altre coppie di madri e bambini che vivono nel santuario, tra cui Frida e Al, Emma e Jackson.

 

 

 

tratto da: https://www.greenme.it/informarsi/animali/29975-mucca-camion-macello-vitellino

Dalla Cina ecco il “Sole artificiale” – Un sorprendente reattore sperimentale capace di raggiungere temperature 15 volte superiori al quella del nucleo del Sole. Una fonte illimitata di energia pulita!

 

Sole artificiale

 

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Dalla Cina ecco il “Sole artificiale” – Un sorprendente reattore sperimentale capace di raggiungere temperature 15 volte superiori al quella del nucleo del Sole. Una fonte illimitata di energia pulita!

“Sole artificiale” da 100 milioni di gradi in Cina/ Energia nucleare, un sorprendente reattore sperimentale

In Cina sono stati in grado di mettere in moto un “sole artificiale” da 100 milioni di gradi. L’esperimento risale all’inizio del 2018, ma è stato reso pubblico solamente ora.

In Cina sono stati in grado di mettere in moto un “sole artificiale” da 100 milioni di gradi. L’esperimento risale all’inizio del 2018, ma è stato reso pubblico solamente ora. Al centro troviamo un reattore sperimentale che ha raggiunto una temperatura incredibile. Questo è stato creato per produrre dell’energia pulita per cercare di partire dall’acqua di mare. Per capire l’importanza di questa temperatura, basta considerare che questa è circa 15 volte superiore a quella che si può andare a misurare all’interno del Sole durante la fusione dell’Idrogeno. L’East costruito ad Hefei è stato immediatamente soprannominato “sole artificiale” proprio perché può raggiungere una potenza davvero superiore a quella del sole stesso. La comunicazione è arrivata dall’Accademia delle Scienze cinese e dagli Istituti di Scienza Fisica Hefei che hanno sottolineato come l’incredibile temperatura sia stata toccata per circa una decina di secondi.

“Sole artificiale” da 100 milioni di gradi in Cina: raggiunti i 10 megawatt

Il “sole artificiale” sviluppato in Cina la potenza del riscaldamento ha raggiunto i 10 megawatt cioè l’energia di accumulo nel plasma. Il tutto è aumentato a 300 kilojoule e la temperatura dello stesso elettrone è riuscito a raggiungere circa 100 milioni di gradi Celsius per la prima volta nella storia. La situazione è stata una vera e propria svolta che ha portato a una svolta importante, pronta ad aprire una nuova produzione di energia. Il record dunque fa capire come le possibilità dell’energia siano praticamente infinite e ci sia la possibilità di sviluppare ulteriori tracce nel progresso dello studio ambientale. Proprio per l’importanza della notizia in Cina si è deciso di farla uscire con calma, visto che il tutto era stato stabilito già all’inizio del 2018. Al momento si sta continuando a studiare come da questa scoperta si possano studiare delle interessanti e molteplici evoluzioni.

fonte: https://www.ilsussidiario.net/news/energia-e-ambiente/2018/11/16/sole-artificiale-da-100-milioni-di-gradi-in-cina-energia-nucleare-un-sorprendente-reattore-sperimentale/1807959/?fbclid=IwAR3_WgtZvuLgIh4Mst2xTWjoR_NUP_e0lFkkKIbZXxpDoKG1zdUEurBZS4c

“La mia famiglia” – Il grandioso monologo di Paola Cortellesi sulle condizioni delle donne e dei giovani di oggi – Un vero cazzotto nello stomaco…

Paola Cortellesi

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“La mia famiglia” – Il grandioso monologo di Paola Cortellesi sulle condizioni delle donne e dei giovani di oggi – Un vero cazzotto nello stomaco…

 

La mia famiglia

La mia famiglia siamo uno, mi chiamo Colacci Luciana, sto per venire al mondo, e non vedo l’ora, perché nella pancia si sta veramente strettissimi. Mamma nonostante sia incinta di nove mesi, lavora a servizio da una signora, papà lavora per un traslochi, si chiama Mario e si lamenta sempre che non c’ha una lira dice sempre: se andassi a rubare, sì che sarei ricco! La differenza tra mamma e papà è che mamma lavora e si sta zitta, e papà invece lavora e si lamenta. Appena nascerò però m’ha promesso che mi fasci adentro la bandiara della Lazio, sai che risate!

La mia famiglia siamo cinque, io sto alle elementari e i miei hanno fatto altri due figli a raffica dopo di me, alla seconda femminuccia mio padre ha rosicato, e s’è calmato soltanto quando è arrivato il maschietto, papà ci tiene al cognome, e nel nostro paese lo puoi mantenere solo se sei maschio. A casa c’è tanto rumore, la televisione, il traffico della tangenziale, i mie fratelli che stanno sempre a piangere, papà che russa. Io vorrei un po’ di silenzio, secondo me quando si fa troppo rumore le persone non riescono apensare e, così, ci si confone.

La mia famiglia siamo trenta, con i miei compagni di classe stiamo sempre insieme per strada, noi ragazze sognamo l’amore romantico sotto la luna piena, i ragazzi invece disegnano enormi peni, come si dice? Enormi peni, sul muro, di tutte le forme, certe volte pure con le variazioni sofisticate, io veramente non la capisco st’ossessione che c’hanno i maschi. L’anno prossimo vorrei tanto fare la scuola alberghiera, però non ce l’ho vicino casa, dietro casa c’è ragioneria, allora mio padre mi ha detto che devo fare ragioneria così vado a scuola a piedi e risparmiamo 36.000 lire al mese della tessera dell’autobus.

La mia famiglia siamo quattro, mi sono presa il diploma e ho cominciato a lavorare, prima a nero, e poi sono entrata nel delirio di sti contratti a termine e ho cominciato a capire come funzionano le cose, e ho capito che io un posto fisso non lo avrei avuto mai, vivo ancora a casa con i miei, ma a venticinque anni mi sento stanca come se ne avessi cinquanta, però sto lì e sto zitta. Quando è morto mio padre non è che c’aveva la pensione o l’assicurazione perché lavorava a nero come tutti quelli del quartiere nostro, c’ha lasciato quattro soldi e una 127 verde che quando arrivavo sotto casa tutti quanti strillavano : “Eccola là è arrivata Luciana col testaverde! Mia madre c’ha settantanni e sta ancora a sevizio, che ora la chiamano collaboratrice domestica, ma per tutti rimane sempre una sguattera. E, siccome che nella vita uno parla sempre del lavoro che fa, gli avvocati parlano dei processi, i medici delle malattie, mia madre parla solo di stracci e di sapone, forse è per questo che sono venuta su una ragazzetta pulita!

La mia famiglia siamo due, mi hanno fatto un contratto a termine in un’azienda, ogni sei mesi me lo rinnovano, oramai è un bel po’ che lavoro, ho conosciuto Stefano, ci siamo innamorati, ci siamo pure sposati, lui fa il muratore, mi rispetta e ci vogliamo proprio bene, viviamo in un monolocale in affitto fuori Roma a Guidonia, a 350 euro al mese, che poi è la metà di quello che guadagno. Le vacanze le facciamo a fine settembre perché costa di meno, l’altranno in calabria nella pensione ci stavamo solo noi due e una vecchia su una sedia a rotelle trascinata da una moldava scoglionata, pure il cinema all’aperto aveva chiuso. Quando non pioveva andavamo al mare alla spiaggia libera, un giorno siamo andati persiono a visitare Potenza, gli unici turisti nella storia di quella città! La gente ci guardava strano, dicevano: boh gli si sarà fermata la macchina proprio qua. E invece dei monumenti ci indicavano direttamente i meccanici, però io e Stefano ci ridevamo sopra, capito, stavamo noi due e stavamo bene. Settimana dopo tornavamo al lavoro, guardavamo le foto con gli amci, raccontavamo la vacanza, a noi ci stava bene pure così, perché un lavoro ce l’avevamo ancora, ripetitivo faticoso, mal retribuito, però almeno ci faceva sopravvivere, era una vita di merda sia ben chiaro, però era quello che ci era capitato, e a noi ci stava bene pure così.

La mia famiglia siamo due e mezzo, un bel giorno ho compiuto trentatrè anni e mi sono detta: ma mica devo morire sulla croce come Cristo, io ho ancora tutta la vita davanti, in azienda mi hanno pure promesso che se lavoro tanto, non baccaglio sullo stipendio da fame, non pretendo i buoni pasto e mi fermo quel paio d’ore in più al giorno senza che mi paghino lo straordinario, dice che sicuramente mi rinnovano il contratto e pare che l’anno dopo mi assumano in pianta stabile. E io faccio tutto, faccio tutto, faccio tutto mi sacrifico, mi spacco la schiena per settecento euro al mese, e in più sorrido sempre che manco mi era stato rischiesto, però faccio un errore solo, uno solo, in un momento di grande gioia e di allegria, decido di mettere al mondo una creatura, con Stefano c’avevamo tanta voglia, e invece di riceve una pacca sulla spalla, mi vengono a dire che non mi rinnovano il contratto, che l’azienda deve risparmiare, che mi ringrazia per il lavoro svolto ma non hanno più bisogno di me, e me lo dicono che sto al settimo mese di gravidanza, con mio marito che sta a lavorare in Germania, e mia madre che non gliela fa più manco a tenersi dritta con la schiena. E che dite? Ma come vado avanti io secondo voi? Che faccio mi vendo la 127?

La mia famiglia siamo tre milioni settecento cinquantasettemila, io faccio parte di quel 12% del paese che sta sotto la soglia di povertà, io non chiedo niente di speciale, io voglio solo essere ascoltata, io rivoglio la vita mia, rivoglio lo stipendio basso mio, voglio essere premiata perché metto al mondo una creatura. Una donna se rimane incinta e non ha il contratto protetto rimane sull’astrico, io non lo voglio il macchinone, i capelli me li tingo da sola, ma ridatemi lo stipendio mio! Io non sono pazza, io sono soltanto stanca!
Il piccolo mario è nato, pesava nemmanco due kili, però non ha versato nemmeno una lacrima, ci ha guardato dritto negli occhi, sembrava un piccolo guerriero silenzioso. Nostro signore ha detto che gli ultimi saranno i primi, non ha detto di preciso quando.

La mia famiglia siamo tre.

QUI il video:

Un racconto di Silvestro Montanaro: “Esiste una colla speciale per riattaccare i piedi?”

 

racconto

 

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Un racconto di Silvestro Montanaro: “Esiste una colla speciale per riattaccare i piedi?”

tratto da RAIAWADUNIAUn blog da seguire…

 

Esiste una colla speciale per riattaccare i piedi?

Dov’è il pallone?

Non riesco a vederlo…Per la verità non riesco a vedere nulla, solo ombre e mi scoppia la testa.

Devo riuscire a trovarlo.

Mio fratello me la farebbe pagare carissima se non glielo riporto. É l’unico pallone sopravvissuto qui nel nostro

villaggio. Vecchio, sporchissimo e mille volterattoppato, ma è l’unico. Vale più di un tesoro.

Me lo ha prestato dopo settimane di preghiere e mille piccoli favori. Ha pure preteso in cambio

l’uso permanente del mio temperino con il manico d’osso, un regalo del nonno. Poi mi ha

detto di aspettarlo e non cercare di scoprire doveandava. Eh, si, lo tiene ben nascosto il suo

tesoro.

Ci ho provato un milione di volte a trovarlo, ma niente. Quello, è davvero furbo..

Quando è tornato, lo aveva tra le mani. Mi ha fissato con occhi di fuoco.

<< Se si rompe….se te lo fai fregare…non tornare a casa perché, giuro, ti faccio a

pezzi…>>.

Poi me lo ha consegnato e ho sentito il cuore accelerare. L’ho stretto tra le mani e sono corso

fuori. Ho raggiunto i miei amici e l’ho sollevatoverso il cielo tra ululati di gioia.

Mi chiamo Samir ed ho 10 anni. Vivo in un piccolo villaggio non troppo lontano dalla

grande Aleppo, una delle città più belle del mio paese, la Siria. Da noi c’è la guerra. Non ho mai

capito perché, nessuno sa spiegarmelo. So solo che è una cosa brutta, bruttissima in cui viviamo

da tanti anni.

Ero piccolissimo e già c’era la guerra. E con la guerra mille problemi e tanta paura. Mangiare

poco e certe volte proprio niente. La scuola chiusa. Papà portato via da uomini armati che

hanno rubato tutto il possibile da casa nostra. Anche il televisore. É stato allora che Alì, mio

fratello, ha nascosto chissà dove il pallone.

Mamma dice che papà prima o poi torna, ma una volta l’ho sentita piangere con le sue amiche.

<< Lo hanno ucciso. Lo hanno fatto fuori come una pecora. Lo hanno sgozzato e lasciato

soffocare nel suo sangue…>>.

Era buono e simpatico il mio papà. Mi manca. Mi manca da morire. Alle volte guardo il cielo e

gli parlo…

Tutto quello che ricordo, in questo momento, è che stavamo giocando a pallone, con un pallone

vero e non con la solita lattina o con una palla fatta di stracci.

Eravamo felici, ma davvero felici. Nonostante la guerra, nonostante la miseria, nonostante la

paura. Ho segnato un goal. Poi un altro. Tutti e due di sinistro, il mio piede migliore. Sono il capitano

della mia squadra ed i miei compagni mi chiamano Maradona.

Poi è venuta la pioggia…

In cielo sono comparsi degli aerei. Non so dire se erano quelli del governo o quelli degli altri.

So solo che dalle loro pance sono usciti dei puntini che in pochi secondi sono divenuti

sempre più grandi e poi ancora di più.

<< Scappate, scappate! >>, urlavano tutti. << Le bombe…le bombe…>>.

Tutti fuggivano come impazziti, ma io sono rimasto.

Dovevo recuperare il pallone. Alì, altrimenti, mi avrebbe fatto a pezzi….

Poi…boom…boom…

La terra tremava, le esplosioni erano come i tuoni di cento tempeste messe insieme e sempre più vicine. E mi sono

sentito sollevare da terra e volare. Poi il buio, non so più per quanto tempo…

Poi solo ombre e suoni smozzicati…

Pian piano la strana nebbia si dirada. Ricomincio a vedere, ma il mondo non è più colorato. É tutto

bianco e nero. Vedo gente accorrere, tutta sporcadi polvere. E sento le urla e i pianti della loro

disperazione. Mi stropiccio gli occhi e cerco il pallone.

E  finalmente lo vedo accanto alle macerie della casa che prima si erigeva ad un angolo dello

spiazzo dove eravamo venuti a giocare ed ora non c’è più.

Provo ad alzarmi, a correre a riprenderlo e sento il dolore. Un male orribile, un pulsare di fitte

dolorose ad una gamba.

La guardo. É lì come sempre, ma ho il pantaloncino strappato. E rivedo il rosso. Quello

del mio sangue.

Il mio piede, il sinistro, il mio piede buono, quello alla Maradona, è un po’ più

in là, reciso come quello di una bambola fatta a pezzi.

Non capisco, è tutto così strano…

Provo a rimetterlo al suo posto, ma niente, non si attacca. Solo altro terribile dolore.

Esiste una colla speciale per riattaccare i piedi?

 

da COL CUORE COPERTO DI NEVE di SILVESTRO MONTANARO

fonte: https://raiawadunia.com/tutto-il-mondo-e-presepe-esiste-una-colla-speciale-per-riattaccare-i-piedi/

Africa – Aiutarli a casa loro? Intanto, potremmo col cominciare a smetterla di rapinarli a casa loro…

Africa

 

 

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Africa – Aiutarli a casa loro? Intanto, potremmo col cominciare a smetterla di rapinarli a casa loro…

 

Dossier. Secondo il rapporto «Honest Accounts», a conti fatti il continente africano risulta essere creditore climatico e finanziario. E gli stessi africani nemmeno lo sanno

Nel 1989 la Campagna Nord-Sud (Biosfera, sopravvivenza dei popoli, debito) organizzò a Verona il convegno «Il Sud del mondo, nostro creditore». Trent’anni dopo, i politici occidentali amano invece lo slogan «aiutiamoli a casa loro» (sottotitolo: così non ci invadono).
Ma prendiamo il continente africano. Come diceva Leopold Senghor: «L’Africa ha dato tanto, ma gli stessi africani non lo sanno». Li informa e ci informa il rapporto Honest Accounts. How the world profits from Africa’s Wealth, preparato da una serie di organizzazioni britanniche e africane, fra le quali Global Justice Now e People’s Health Movement KenyaHealth Poverty ActionUganda Debt Network: «I 48 paesi dell’Africa sub-sahariana sono ricchi di risorse minerarie, lavoratori specializzati, nuove attività economiche e biodiversità. Ma sono a tutti gli effetti derubati da un sistema globale che avvantaggia una piccola minoranza consentendo alla ricchezza di uscire dall’Africa; così, secondo la Banca africana di sviluppo, 800 milioni vivono con meno di 4 dollari al giorno».

Nel 2015 il continente ha ricevuto 161,6 miliardi di dollari fra rimesse, prestiti e donazioni. Però di miliardi ne ha dati – diciamo persi – ben 202,9, sia direttamente sia indirettamente. Il suo credito è dunque pari a 41,3 miliardi di dollari.

Ecco i dettagli forniti da Honest Accounts. I paesi africani ricevono intorno ai 19 miliardi come donazioni, ma oltre il triplo di questa somma (68 miliardi) si disperde in uscite finanziarie illegali grazie a elusioni e falsificazioni da parte delle multinazionali, macchine saccheggiatrici che per le materie prime africane delle quali si occupano pagano pochissime tasse ai paesi ospiti, rifugiandosi con escamotages nei paradisi fiscali. Inoltre: all’Africa arrivano in rimesse dall’estero circa 31 miliardi, ma le multinazionali straniere spostano 32 miliardi di profitti nei loro paesi di provenienza. I governi africani, poi, sempre nel 2015, hanno ricevuto 32,8 miliardi di dollari in prestiti ma hanno pagato 18 miliardi per gli interessi. Altri 29 miliardi sono stati «rubati» all’Africa con la sottrazione abusiva di legname, con la pesca e il commercio illegale di piante e animali esotici. E poi ci sono i 10,6 miliardi di dollari di costi relativi all’impatto dei cambiamenti climatici, rispetto ai quali sia storicamente che attualmente l’Africa ha una responsabilità minima. Vanno aggiunti i 26 miliardi di dollari che il continente deve investire per i programmi di contrasto ai cambiamenti stessi.

Si può parlare di «maledizione delle risorse naturali»: la maggioranza delle popolazioni locali non ne trae benefici e le attuali modalità di estrazione conducono all’impoverimento e a mortali guerre per procura. Soprattutto da quando gli Usa hanno deciso di non lasciare più l’Africa agli ex colonizzatori europei – si pensi al Congo, con le sue riserve ancora intatte stimate intorno ai 24 trilioni di dollari, e con i milioni di morti nel conflitto. Ci sono, ovviamente, responsabilità condivise. I leader africani che non si allineano vengono assassinati, come accadde al burkinabè Thomas Sankara nel 1987 pochi mesi dopo il suo epico discorso all’Organizzazione per l’unità africana (Oua) sull’ingiustizia del debito.

Ha sottolineato Nathalie Sharples di Health Poverty Action, intervenendo giorni fa a Roma al convegno «I migranti, l’Africa, le nostre responsabilità» – organizzato dalla Federazione italiana emigrazione immigrazione e da Casa Africa: «Per onestà, la narrazione va cambiata. Altro che parlare di aiuti. Si dica che occorre procedere a riparazioni, a compensazioni in base al danno provocato. L’Occidente non è un caritatevole benefattore, come fa credere ai suoi cittadini i quali, dal canto loro, credono di cavarsela con piccole donazioni. Questa percezione è fuorviante, crea ostilità e impedisce la mobilitazione sulle cause reali della povertà: cambiamenti climatici, accordi commerciali ingiusti che rapinano le risorse naturali, paradisi fiscali, debito coloniale».

Honest Accounts propone un «programma onestà» in 9 punti. Fra questi: politiche economiche che portino a uno sviluppo equo; riparazioni obbligatorie da parte del Nord, previo calcolo delle responsabilità; contrasto ai paradisi fiscali; promozione di forme di attività economiche diverse dalle estrattive, e una tassazione maggiore su queste ultime; risarcimento dei costi climatici e serio impegno per riduzioni vincolanti delle emissioni di gas serra nel Nord.

A proposito di clima, Antonello Pasini, fisico del Cnr e coautore di Effetto serra effetto guerra (2017), ha ricordato al convegno di Roma che nel 2050 ben 143 milioni di persone saranno profughi ambientali. Nei dieci paesi saheliani più ambientalmente fragili, la diminuzione delle precipitazioni e l’aumento della temperatura aggravano i fenomeni di siccità e possono provocare distruzione dei raccolti, carestie. Ma la buona notizia è che una saggia restituzione internazionale può dar luogo a progetti win-win: con meno di 100 euro si recupera un ettaro di terre degradate in Africa. Questi interventi sono in grado di alimentare le popolazioni e allo stesso tempo di assorbire CO2 dall’atmosfera.

Ma non è tutto. Ai debiti dell’Occidente nei confronti dell’Africa subsahariana dovremmo aggiungere i danni bellici. Non solo gli africani arruolati a partire dalla prima guerra mondiale dalle potenze coloniali ma, in tempi recentissimi, l’intervento Nato in Libia nel 2011, su netto impulso della Francia, preoccupata fra l’altro che il dinaro d’oro proposto dalla Libia all’Africa minacciasse l’impero del franco Cfa nelle ex colonie subsahariane. Una guerra costata parecchio all’Africa. Sia per le centinaia di migliaia di sub-sahariani (oltre ai nordafricani) che lavoravano nel paese bombardato e ora smembrato, ma anche per un altro enorme danno sociale: la diffusione del terrorismo che ora infetta il Sahel grazie alle armi saccheggiate o ricevute dai gruppi di «ribelli». Per questo, in testa alla lista del da farsi dovrebbe campeggiare un: «Non bombardiamoli».

Tratto da: il manifesto, EDIZIONE DEL 20.12.2018