Un Cult – Da Amici miei, la mitica supercazzola al vigile…
In Amici miei la prima vittima di una supercazzola è il vigile Paolini, in procinto di multare in via dei Renai 17 a Firenze (dinanzi al bar Necchi) il Melandri per aver utilizzato in modo inopportuno il clacson. Il malcapitato è impossibilitato a compilare il verbale a causa della proverbiale entrata in scena del conte Mascetti (un Tognazzi leggendario), che gli si rivolge così: “Tarapia tapioco! Prematurata la supercazzola o scherziamo? No, mi permetta, no io… Scusi, noi siamo in quattro, come se fosse antani anche per lei soltanto in due oppure in quattro anche scribai con cofandina, come antifurto, per esempio”.
Preso in contropiede, il vigile porge l’indice al conte, sentendosi dire che il dito “stuzzica e prematura anche”. A dare manforte all’elegante Mascetti ci penserà il giornalista Perozzi, il quale, dinanzi all’ira del vigile, esclama: “No! Attenzione, no, pastène soppaltate secondo l’articolo 12, abbia pazienza, sennò posterdati per due anche un pochino antani in prefettura!”.
“Parola o frase senza senso, pronunciata con serietà per sbalordire e confondere l’interlocutore”; la definisce il dizionario. La dizione corretta della parola tuttavia sembra essere supercazzora: nel libro omonimo Amici miei (Rizzoli 1976), scritto dagli stessi autori della sceneggiatura (Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi e Tullio Pinelli), si legge “supercazzora” (oltre a “brematurata” al posto di “prematurata”), e nel sequel Amici miei atto III diretto da Nanni Loy il Melandri riceve una videocassetta che inizia con una schermata recitante: “La Supercazzora 69 presenta”. Dietro l’invenzione della supercazzola, però, ci sarebbe la figura del palermitano Corrado Lojacono, paroliere, cantante e attore, inventore di alcuni formidabili giochi di parole.
Mister Magoo è un simpatico vecchietto, calvo e brontolone, che si ostina a non voler portare gli occhiali nonostante sia fortemente miope. Mister Magoo fa la sua prima apparizione nel 1949 all’interno del cartone animato “Ragtime Bear” prodotto dalla United Productions of America (U.P.A.) una società creata qualche anno prima da tre ex dipendenti della Disney.
L’INDIMENTICABILE SIGLA
La storia fu scritta da Milliard Kaufman e portata alla Columbia che cercava cartoons divertenti con animali. Il cartoon venne accettato malvolentieri, ma passò solo perchè era presente un orso. Il personaggio principale è invece l’anziano e brontolone Magoo, che va in vacanza con suo nipote Waldo. Waldo indossa un cappotto di procione e suona un banjo e quando Waldo fugge per via di un orso, Magoo essendo quasi cieco, scambia l’orso per suo nipote, con tutti i risultati esilaranti che questo equivoco comporta. Dopo questo successo la UPA ha continuato a produrre 52 cartoon di Magoo ricevendo 4 nomine per il premio Academy Award e vincendolo per ben due volte con “When Magoo Flew” nel 1954 e “Magoo’s Puddle Jumper” nel 1956.
Il successo di quel primo cortometraggio diede origine a un serial durato una decina di anni, a un comic book, a una serie di tavole domenicali realizzate per i quotidiani e a numerosi spot pubblicitari. Il 18 dicembre del 1962 Mister Magoo è stato protagonista di un film d’animazione trasmesso per la NBC TV, dove lo troviamo nei panni di Ebenezer Scrooge, in una rivisitazione in chiave umoristica del “Canto di Natale” di Dickens. Il successo fu tale che furono prodotti altri film ispirati ai classici della letteratura che con Magoo nelle improbabili vesti di Robin Hood dalla mira infallibile, Long John Silver dell’Isola del tesoro, Cyrano de Bergerac, re Artù, Biancaneve e i sette nani, Guglielmo Tell, Capitan Kidd, Moby Dick, Sogno di una notte di mezza estate di Shakepeare e molti altri.
UN CARTONE
Il cartoni animati di Mister Magoo hanno come tema principale gli equivoci dell’incosciente, vecchietto che si caccia in un mare di guai: quando prende l’aereo, crede che si tratti di una nave e quando crede di essere sul ponte a prendere un pò d’aria in realtà si trova sulle ali dell’aereo. In un altro episodio quando assiste ad un conflitto a fuoco fra banditi e poliziotti, pensa che si tratti dei fuochi d’artificio di una festa e così via. La cosa straordinaria è che Mister Magoo passa icolume in mezzo a tutte queste avventure, in quanto è sempre accompagnato da una fortuna incredibile, che non lo abbandona mai, anche quando fa l’equilibrista sui ponteggi dei grattacieli, pensando di trovarsi sopra un ascensore.
Amarcord – Emil, il ragazzo terribile che ha rallegrato la nostra infanzia
Nei pomeriggi della mia infanzia a metà degli anni 70 ricordo che in TV seguivo un bellissimo telefilm dal titolo “Emil”.
Emil era un bambino che aveva più o meno la mia età, viveva a Katthult in una fattoria con i genitori, la sorellina Ida, il garzone Alfred e la serva Lina! C’era anche la vecchia e saggia Tata Marta che andava ad aiutare nella fattoria e spesso raccontava a Emil e Ida storie di folletti!
Emil era un bambino molto vivace e combinava molti guai… era un vero monello! Per scappare alle botte del Babbo si rifugiava nella falegnameria dove passava il tempo a intagliare statuine in legno aspettando che il Babbo si calmasse!
Emil è una serie televisiva per bambini prodotta nei primi anni settanta e tratta da una serie di romanzi dell’autrice svedese Astrid Lindgren, iniziati negli anni sessanta e incentrati sul personaggio di Emil (in svedese Emil i Lönneberga).
La serie è ambientata in una fattoria nei pressi del villaggio di Lönneberga, nella regione dello Småland, tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo.
Il protagonista è Emil Svensson (Jan Ohlsson), un bambino molto vivace e combinaguai tanto da essere chiuso in castigo nella falegnameria della fattoria, dove trascorre il tempo intagliando statuine di legno. Verso la fine della storia, quella che sta per rivelarsi la sua peggiore monelleria si rivela un atto eroico, grazie al quale il ragazzino è completamente riabilitato.
per rinfrecarvi la memoria, ecco il primo episodio… In rete ne potrete trovare altri.
Un cult: Il Marchese del Grillo – “…Mi dispiace, ma io so’ io …e voi non siete un c….”
Nella Roma papalina del 1809, il Marchese Onofrio del Grillo è un alto dignitario pontificio alla corte di Papa Pio VII, fa parte della Guardia Nobile a difesa del Santo Padre ed è anche Reggitore del Sacro Soglio. In realtà sono impegni che lo occupano ben poco e il nobile passa le sue giornate nell’ozio più completo, frequentando le bettole e le osterie più malfamate della città, coltivando relazioni amorose clandestine con le popolane, facendo dannare la madre e il resto della sua parentela bigotta e conservatrice.
Il suo passatempo preferito, che lo rende famoso in tutta la città, è fare scherzi di ogni genere ai danni di chiunque: la sua famiglia, i nobili suoi amici, il popolo, gli artigiani che lavorano per lui, perfino il Papa stesso. E quando si caccia in qualche situazione difficile, riesce sempre ad uscirne grazie alle sue conoscenze altolocate. Però le sue burle hanno spesso il sapore della denuncia nei confronti della società corrotta e clientelare, dove il nobile ricco riesce sempre a cavarsela ai danni del popolino ignorante.
Quanno se scherza, bisogna èsse’ seri! (Marchese del Grillo)
Mi dispiace, ma io so’ io e voi non siete un cazzo! – La battuta distintiva del Marchese del Grillo che viene dal sonetto “Li soprani der monno vecchio” del Belli.
Li soprani der monno vecchio di Giuseppe Gioachino Belli
C'era una vorta un Re cche ddar palazzo
mannò ffora a li popoli st'editto:
"Io sò io, e vvoi nun zete un cazzo,
sori vassalli bbugiaroni, e zzitto.
Io fo ddritto lo storto e storto er ddritto:
pòzzo vénneve a ttutti a un tant'er mazzo:
Io, si vve fo impiccà nun ve strapazzo,
ché la vita e la robba Io ve l'affitto.
Chi abbita a sto monno senza er titolo
o dde Papa, o dde Re, o dd'Imperatore,
quello nun pò avé mmai vosce in capitolo!".
Co st'editto annò er Boja per ccuriero,
interroganno tutti in zur tenore;
e arisposeno tutti: "È vvero, è vvero!"
traduzioneC'era una volta un Re che dal palazzomandò in piazza al popolo quest'editto:"Io sono io, e voi non siete un cazzo,signori vassalli invigliacchiti, e silenzio.Io sono capace di cambiare una cosa da uno stato all'altro e viceversa:Io vi posso barattare tutti per un nonnulla:Io se vi faccio impiccare tutti non vi faccio torto,Visto che Io ho il potere di darvi la vita e quel con cui vivere.Chi vive in questo mondo senza possedere la caricao di Papa, o di Monarca o di Imperatore,colui non potrà mai far sentire la sua voce in pubblico!".Con tale editto si recò il boia come portavoce,chiamando all'attenzione tutti quanti a gran voce;e il popolo intero rispose: "È vero, è vero!"
Un cult: da “Così è la vita” – Aldo Giovanni e Giacomo – Il leone e la gazzella… Troppo forte!
Tratto dal film “Così è la vita” di Aldo, Giovanni e Giacomo, l’esilarante scena del leone e della gazzella…
Il testo otiginale
“Ogni mattina in Africa quando sorge il sole, una gazzella si sveglia e sa che dovrà correre più del leone o verrà uccisa.
Ogni mattina in Africa quando sorge il sole, un leone si sveglia e sa che dovrà correre più della gazzella o morirà di fame.
Ogni mattina in Africa non importa che tu sia un leone o una gazzella, l’importante è che cominci a correre.”
viene così sconvolto da Aldo:
“In Africa, tutte le mattine, quando sorge il sole, una gazzella muore. Si sveglia già morta, perché si vede che non stava molto bene il giorno prima e allora…
Comunque, sempre in Africa, tutte le mattine, quando sorge il sole, un leone appena si sveglia comincia a correre per evitare di fare la fine della gazzella che è morta il giorno prima.
E poi, correndo, vede che c’è la gazzella morta il giorno prima lì e dice “Che cosa corro a fare? Mi fermo e gli do due mozzicate”.
Comunque, dove voglio arrivare? Non è importante che tu sia un armadillo o un pavone. L’importante è che se muori, me lo dici prima”
Giorgio Gaber nasceva il 25 gennaio 1939 a Milano, cantautore, autore di spettacoli teatrali, attore, showman televisivo. Un intellettuale a tutto tondo.
Le sue opere sono ancora tutte attualissime.
Ecco a Voi 3 dei suoi capolavori scelti per voi…
La libertà
[parlato]: Vorrei essere libero, libero come un uomo.
Vorrei essere libero come un uomo.
Come un uomo appena nato
Che ha di fronte solamente la natura
E cammina dentro un bosco
Con la gioia di inseguire un’avventura.
Sempre libero e vitale
Fa l’amore come fosse un animale
Incosciente come un uomo
Compiaciuto della propria libertà.
La libertà non è star sopra un albero
Non è neanche il volo di un moscone
La libertà non è uno spazio libero
Libertà è partecipazione.
[parlato]: Vorrei essere libero, libero come un uomo.
Come un uomo che ha bisogno
Di spaziare con la propria fantasia
E che trova questo spazio
Solamente nella sua democrazia.
Che ha il diritto di votare
E che passa la sua vita a delegare
E nel farsi comandare
Ha trovato la sua nuova libertà.
La libertà non è star sopra un albero
Non è neanche avere un’opinione
La libertà non è uno spazio libero
Libertà è partecipazione.
La libertà non è star sopra un albero
Non è neanche il volo di un moscone
La libertà non è uno spazio libero
Libertà è partecipazione.
[parlato]: Vorrei essere libero, libero come un uomo.
Come l’uomo più evoluto
Che si innalza con la propria intelligenza
E che sfida la natura
Con la forza incontrastata della scienza
Con addosso l’entusiasmo
Di spaziare senza limiti nel cosmo
E convinto che la forza del pensiero
Sia la sola libertà.
La libertà non è star sopra un albero
Non è neanche un gesto o un’invenzione
La libertà non è uno spazio libero
Libertà è partecipazione.
La libertà non è star sopra un albero
Non è neanche il volo di un moscone
La libertà non è uno spazio libero
Libertà è partecipazione.
Com’è bella la città
(Parlato) La città di Milano ha una struttura tipicamente concentrica. I nostri interventi tendono a razionalizzare dov’è possibile tutto ciò che riguarda la viabilità, i servizi, le strutture primarie, le infrastrutture. Si deve dare al cittadino uno spazio vitale, abitabile, confortevole, soprattutto congeniale alla sua natura intima e al tempo stesso operosa. In questo contesto, in questo contesto, in questo contesto…
Vieni, vieni in città
che stai a fare in campagna?
Se tu vuoi farti una vita
devi venire in città.
Com’è bella la città
com’è grande la città
com’è viva la città
com’è allegra la città.
Piena di strade e di negozi
e di vetrine piene di luce
con tanta gente che lavora
con tanta gente che produce.
Con le réclames sempre più grandi
coi magazzini le scale mobili
coi grattacieli sempre più alti
e tante macchine sempre di più.
Com’è bella la città
com’è grande la città
com’è viva la città
com’è allegra la città.
Vieni, vieni in città
che stai a fare in campagna?
Se tu vuoi farti una vita
devi venire in città.
Com’è bella la città
com’è grande la città
com’è viva la città
com’è allegra la città.
Piena di strade e di negozi
e di vetrine piene di luce
con tanta gente che lavora
con tanta gente che produce.
Con le réclames sempre più grandi
coi magazzini le scale mobili
coi grattacieli sempre più alti
e tante macchine sempre di più.
Com’è bella la città
com’è grande la città
com’è viva la città
com’è…
Vieni, vieni in città
che stai a fare in campagna
se tu vuoi farti una vita
devi venire in città.
Com’è bella la città
com’è grande la città
com’è viva la città
com’è allegra la città.
Piena di strade e di negozi
e di vetrine piene di luce
con tanta gente che lavora
con tanta gente che produce.
Con le réclames sempre più grandi
coi magazzini le scale mobili
coi grattacieli sempre più alti
e tante macchine sempre di più.
Com’è bella la città
com’è grande la città
com’è viva la città
com’è allegra la città.
Com’è bella la città
comvè grande la città
com’è viva la città
com’è allegra la città.
Piena di strade e di negozi
e di vetrine piene di luce
con tanta gente che lavora
con tanta gente che produce.
Con le réclames sempre più grandi
coi magazzini le scale mobili
coi grattacieli sempre più alti
e tante macchine sempre di più
sempre di più, sempre di più, sempre di più!
Io Non Mi Sento Italiano
Parlato: Io G. G. sono nato e vivo a Milano.
Io non mi sento italiano
Ma per fortuna o purtroppo lo sono.
Mi scusi Presidente
Non è per colpa mia
Ma questa nostra Patria
Non so che cosa sia.
Può darsi che mi sbagli
Che sia una bella idea
Ma temo che diventi
Una brutta poesia.
Mi scusi Presidente
Non sento un gran bisogno
Dell’inno nazionale
Di cui un po’ mi vergogno.
In quanto ai calciatori
Non voglio giudicare
I nostri non lo sanno
O hanno più pudore.
Io non mi sento italiano
Ma per fortuna o purtroppo lo sono.
Mi scusi Presidente
Se arrivo all’impudenza
Di dire che non sento
Alcuna appartenenza.
E tranne Garibaldi
E altri eroi gloriosi
Non vedo alcun motivo
Per essere orgogliosi.
Mi scusi Presidente
Ma ho in mente il fanatismo
Delle camicie nere
Al tempo del fascismo.
Da cui un bel giorno nacque
Questa democrazia
Che a farle i complimenti
Ci vuole fantasia.
Io non mi sento italiano
Ma per fortuna o purtroppo lo sono.
Questo bel Paese
Pieno di poesia
Ha tante pretese
Ma nel nostro mondo occidentale
È la periferia.
Mi scusi Presidente
Ma questo nostro Stato
Che voi rappresentate
Mi sembra un po’ sfasciato.
E’ anche troppo chiaro
Agli occhi della gente
Che tutto è calcolato
E non funziona niente.
Sarà che gli italiani
Per lunga tradizione
Son troppo appassionati
Di ogni discussione.
Persino in parlamento
C’è un’aria incandescente
Si scannano su tutto
E poi non cambia niente.
Io non mi sento italiano
Ma per fortuna o purtroppo lo sono.
Mi scusi Presidente
Dovete convenire
Che i limiti che abbiamo
Ce li dobbiamo dire.
Ma a parte il disfattismo
Noi siamo quel che siamo
E abbiamo anche un passato
Che non dimentichiamo.
Mi scusi Presidente
Ma forse noi italiani
Per gli altri siamo solo
Spaghetti e mandolini.
Allora qui mi incazzo
Son fiero e me ne vanto
Gli sbatto sulla faccia
Cos’è il Rinascimento.
Io non mi sento italiano
Ma per fortuna o purtroppo lo sono.
Questo bel Paese
Forse è poco saggio
Ha le idee confuse
Ma se fossi nato in altri luoghi
Poteva andarmi peggio.
Mi scusi Presidente
Ormai ne ho dette tante
C’è un’altra osservazione
Che credo sia importante.
Rispetto agli stranieri
Noi ci crediamo meno
Ma forse abbiam capito
Che il mondo è un teatrino.
Mi scusi Presidente
Lo so che non gioite
Se il grido “Italia, Italia”
C’è solo alle partite.
Ma un po’ per non morire
O forse un po’ per celia
Abbiam fatto l’Europa
Facciamo anche l’Italia.
Io non mi sento italiano
Ma per fortuna o purtroppo lo sono.
Io non mi sento italiano
Ma per fortuna o purtroppo
Per fortuna o purtroppo
Per fortuna
Per fortuna lo sono.
“Ci dobbiamo affrettare, affrettiamoci ad amare” – Il fantastico monologo di Roberto Benigni su amore e felicità
“Si ricapitola, si riassume in questa parola: amarsi; peró c’è una cosa da dire: che il tempo passa, e il problema fondamentale dell’umanità da 2000 anni è rimasto lo stesso.. amarsi.
Solo che ora e diventato piú urgente, molto piú urgente, e quando oggi sentiamo ancora ripetere che dobbiamo amarci l’un l’altro, sappiamo che ormai non ci rimane molto tempo. Ci dobbiamo affrettare. Affrettiamoci ad amare. Noi amiamo sempre troppo poco e troppo tardi. Affrettiamoci ad amare.
Perché al tramonto della vita saremo giudicati sull’amore. Perché non esiste amore sprecato, e perché non esiste un’emozione più grande di sentire quando siamo innamorati che la nostra vita dipende totalmente da un’altra persona, che non bastiamo a noi stessi.
E perché tutte le cose, ma anche quelle inanimate, come le montagne, i mari, le strade, ma di più, di più, il cielo, il vento, di più, le stelle, di più, le città, i fiumi, le pietre, i palazzi, tutte queste cose che di per se sono vuote, indifferenti.
Improvvisamente quando le guardiamo si caricano di significato umano e ci affascinano, ci commuovono, perché?
Perché contengono un presentimento d’amore, anche le cose inanimate, perché il fasciame di tutta la creazione è amore e perché l’amore combacia con il significato di tutte le cose. La felicità, sì, la felicità, a proposito di felicità, cercatela, tutti i giorni, continuamente, anzi chiunque mi ascolti ora si metta in cerca della felicità ora, in questo momento perché è lì, ce l’avete, ce l’abbiamo, perché l’hanno data a tutti noi.
Ce l’hanno data in dono quando eravamo piccoli, ce l’hanno data in regalo in dote, ed era un regalo così bello che lo abbiamo nascosto, come fanno i cani con l’osso quando lo nascondono, e molti di noi l’hanno nascosto così bene che non sanno dove l’hanno messo, ma ce l’abbiamo.
Ce l’avete, guardate in tutti i ripostigli, gli scaffali, gli scomparti della vostra anima, buttate tutto all’aria, i cassetti i comodini che c’avete dentro e vedete che esce fuori, c’è la felicità, provate a voltarvi di scatto magari la pigliate di sorpresa ma è lì, dobbiamo pensarci sempre alla felicità, e anche se lei qualche volta si dimentica di noi, noi non ci dobbiamo mai dimenticare di lei. Fino all’ultimo giorno della nostra vita, e non dobbiamo avere paura nemmeno della morte, guardate che è più rischioso nascere che morire eh.. non bisogna aver paura di morire, ma di non cominciare mai a vivere davvero, saltate dentro all’esistenza ora, qui.
Perché se non trovate niente ora non troverete niente mai più, é qui l’eternità, dobbiamo dire sì alla vita, dobbiamo dire un sì talmente pieno alla vita che sia capace di arginare tutti i no, perché alla fine di queste due serate insieme abbiamo capito che non sappiamo niente, e che non ci si capisce niente, e si capisce solo che c’è un gran mistero e che bisogna prenderlo com’è e lasciarlo stare.
Perché la cosa che fa più impressione al mondo è la vita va avanti e non si capisce come faccia, ma come fa?! ma come fa a resistere, ma come fa a durare così, è un altro mistero e nessuno l’ha mai capito perché la vita è molto più di quello che possiamo capire noi, per questo resiste, se la vita fosse solo quello che capiamo noi, sarebbe finita da tanto, tanto tempo.
E noi lo sentiamo, lo sentiamo che da un momento all’altro ci potrebbe capitare qualcosa di infinito, e allora a ognuno di noi non rimane che una cosa da fare, inchinarsi, ricordarsi di fare un inchino ogni tanto al mondo, piegarsi, inginocchiarsi davanti all’esistenza.
Un Cult: Frankenstein Junior – Calma, dignità e classe…
Frederick e i suoi collaboratori riescono a rubare un cadavere, a procurarsi un cervello e ad iniziare gli esperimenti. Il primo grosso tentativo di dar vita alla creatura, però, si rivela un fallimento e il dottore non la prende affatto bene.
L’effetto comico, però, è garantito dal fatto che in principio Frederick sembra accettare con un certo distacco la non riuscita dell’esperimento. Un grande scienziato infatti deve sempre dimostrare «calma, dignità e classe». O almeno dovrebbe…
“Se la scienza ci insegna qualcosa, ci insegna ad accettare i nostri fallimenti, come i nostri successi, con calma, dignità e classe…
Figlio di puttana bastardo te la farò pagare! perché mi hai fatto questo? Perché mi hai fatto questo?”
Attenzione. È il grande giorno – il video che sin da bambini abbiamo sempre sognato di vedere: Willy Coyote cattura Beep-Beep…!
Un ricordo alla canzone Vil coyote di Eugenio Finardi, apparsa per la prima volta nell’album Il vento di Elora del 1989. Nella canzone, Finardi prende simpaticamente le parti del coyote, destinato ad essere un eterno perdente, che però non si arrende mai e somiglia un po’ a ognuno di noi:
«Ma io mi sento come Vil Coyote,
che cade ma non molla mai,
che fa progetti strampalati, troppo complicati
quel Bip Bip lui non lo prenderà mai…Sì siamo tutti come Vil Coyote,
che ci ficchiamo sempre nei guai:
ci può cadere il mondo addosso, finire sotto un masso,
ma noi non ci arrenderemo mai»
Ma ora, IL GRANDE GIORNO È ARRIVATO
È il grande giorno – In questo video Willy Coyote riesce a catturare finalmente Beep-Beep! È il momento che tutti quelli della nostra generazione aspettavano. Ce lo sognavamo di notte… E ora non resta che vedere il buon Silvestro che finalmente si mangia Titti…!