È in fin di vita, ma hanno voglia di insultarlo, il suo grido di dolore non morirà mai – Migranti, Andrea Camilleri: NON IN NOME MIO – Io mi rifiuto di essere complice di questa volgarità nazista…

 

Andrea Camilleri

 

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È in fin di vita, ma hanno voglia di insultarlo, il suo grido di dolore non morirà mai – Migranti, Andrea Camilleri: NON IN NOME MIO – Io mi rifiuto di essere complice di questa volgarità nazista…

“Ci tengo da cittadino italiano, a dire questa frase: Non in nome mio”. Così lo scrittore Andrea Camilleri è intervenuto commentando lo sgombero avvenuto a Castelnuovo di Porto di una comunità di 540 migranti, definendolo “persecutorio, cioè a dire che stiamo entrando in un regime di violenza e di prepotenza”. Camilleri ha anche sottolineato la necessità di “tenere aperti i porti a tutti, mai chiusi, mentre si perseguitano anche coloro che ormai sono italiani perfettamente integrati. Questa è un’ossessione, rendetevene conto. Mi rifiuto di essere un cittadino italiano complice di questa nazista volgarità”.

A. Camilleri

Andrea Camilleri, in un video inviato a Fanpage.it, ha commentato lo sgombero avvenuto al centro di accoglienza di Castelnuovo di Porto, alle porte di Roma, di più di 500 migranti: “Non in nome mio. Questa è un’ossessione, rendetevene conto. Io mi rifiuto di essere un cittadino italiano complice di questa nazista volgarità”.

“Ci tengo da cittadino italiano, a dire questa frase: Non in nome mio”. Comincia così lo sfogo dello scrittore Andrea Camilleri, intervenuto inviando un videomessaggio a Fanpage.it per commentare lo sgombero avvenuto a Castelnuovo di Porto, alle porte di Roma, di una comunità di 540 migranti “che erano riusciti perfettamente a integrarsi nella società italiana, com gente che lavorava e pagava le tasse in Italia”, come effetto del Decreto Sicurezza voluto dal ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Un provvedimento, quello attuato nel Cara capitolino, che Camilleri ha definito “persecutorio, cioè a dire, attenzione, stiamo entrando assolutamente in un regime di violenza e di prepotenza”.

Lo scrittore di origine siciliana ha anche sottolineato la necessità di  “tenere aperti i porti a tutti, mai chiusi, perché i porti spesso sono la riva sognata dalla gente, da migliaia di persone. Gli si chiude la porta in faccia e non solo, si comincia a perseguitare anche coloro che ormai sono italiani perfettamente integrati. Questa è un’ossessione, rendetevene conto. Io mi rifiuto di essere un cittadino italiano complice di questa nazista volgarità”. Dal 22 gennaio scorso è iniziato lo sgombero del Cara di Castelnuovo di Porto, che dovrebbe terminare entro il 31 gennaio, quando circa 500 migranti saranno trasferiti altrove. Ieri la protesta della parlamentare Leu Rossella Muroni, che si è messa davanti al pullman in partenza con i primi profughi chiedendo indicazioni precise del luogo dove i migranti venivano portati. Il tutto tra gli applausi dei presenti. Dopo il centro di accoglienza alle porte di Roma, è stato già annunciato dalle autorità competenti che la stessa procedura sarà avviata per il più grande centro di rifugiati d’Europa, il Cara di Mineo in provincia di Catania, e poi ancora in quelli di Bologna, Crotone, Bari e Borgo Mezzanone, nel Foggiano. Circa seimila, in tutto, le persone che saranno trasferite, mentre molti rischiano il rimpatrio perché non hanno più la protezione umanitaria.

Tratto da: https://www.fanpage.it/migranti-camilleri-tenere-i-porti-aperti-non-saro-complice-di-questa-volgarita-nazista/

I sogni di Andrea Camilleri

Andrea Camilleri

 

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I sogni di Andrea Camilleri

Ci sono compleanni e compleanni.

Per il mio compleanno, per esempio, gente che ne sa davvero a pacchi mi ha regalato il regalo di compleanno di un altro. Non fu caso di riciclo, fu caso di genio. Perché quell’altro era Andrea Camilleri, e il regalo per il suo compleanno, il novantesimo compleanno, glielo ha fatto a settembre – il 6 settembre di quest’anno – la sua casa editrice. Alla Sellerio, cioè, c’è stato qualcuno – verosimilmente più d’uno, capace che una mano l’hanno data i fratelli Sellerio stessi – che s’è messo lì sui libri, su tutti i libri, scritti da Camilleri dal 1984 in poi, e li ha riletti. Scopo del gioco: trovare e collezionare tutti i brani che avessero a che fare con il tema del sogno, raccoglierli in un volume antologico unico e chiudere questo stesso libro in un cofanetto insieme a una festa di cartoline raffiguranti tuuuutte le copertine dei libri blu con in cima il nome Andrea Camilleri, polizieschi e non, storici e narrativi. Quarantotto, mica due. Il risultato è un piccolo, delizioso, capolavoro da collezionisti, da amatori, nel senso vero della parola: una cosa per persone che amano. Che amano la lettura, che amano l’editoria di progetto e di ricerca, che amano quell’asso piglia tutto che è il commissario Salvo Montalbano, che amano il più grande – forse l’unico – caso letterario che negli utlimi decenni in Italia sia scoppiato, esploso, deflagrato e mai rientrato. Un volumetto piccino e prezioso, che vola via in un fiato, in cui la trama, ovviamente, non c’è, ma non fa sentire la sua mancanza. Come una raccolta di brevi racconti, ma messi insieme come su un palcoscenico. Perché Camilleri regista era, e regista rimase: lo fa dire a Catarella – quel geniale, storditissimo e sgrammaticatissimo centralinista del commissariato – che cadendo in un conflitto a fuoco rassicura il suo capo “Ancora non sinni addunò, dottori? Triatro è”. E canta, un’aria della Tosca.
Roba che Pirandello, giusto per fare il nome di un altro agrigentino che due parole in fila sapeva metterle, si sarebbe alzato ad applaudire.

Ogni pagina un indizio, o un ricordo, o un flash. Un sogno erotico di specchiata monogamia, con protagonista Livia, la stoica – oltre che storica – fidanzata a distanza del commissario; o un incubo territoriale, il cui protagonista è un Totò Riina che, di punto in bianco diventa ministro dell’interno. Dice, pare babbiata (neologismo siculo-camilleriano entrato a forza nel dizionario italiano, per altro), ma non è mica poi tanto distante dalla realtà, se ci pensi. Chiedilo a Freud cosa vuol dire, dice il narratore al protagonista, e il protagonista al lettore, in un gioco di rimandi che pare il teatro dell’assurdo, senza mai uscire dallo schema narrativo.

E poi, come narra, sto narratore. Non so, sarà che parla di casa mia – tutta la provincia di Ragusa è Vigata, non lo sapete? Il commissariato è a Scicli, Marinella è a Punta Secca, la veduta panoramica è Ibla – o sarà che parla una lingua che suona come la mia lingua ma che però sa fare il miracolo di farsi capire da chi la mia lingua non la conosce. Non lo so qual è la magia di Camilleri, ma qualche trucco, da qualche parte, ci deve essere. Magari in mezzo alle cartoline a un certo punto lo trovo.

Ps: Effetti collaterali da non sottovalutare. Ogni volta che chiudi un microcapitolo, il sogno tratto da un libro, torni inevitavilmente a leggere il titolo del libro da cui il brano viene. E va a finire che fai tipo album di figurine: ce l’ho, ce l’ho, manca. E quelli che mancano te li devi recuperare, non ci sono santi: devi capire cosa voleva dire quel sogno, che indizio era, e per quale indagine. A occhio e croce sto regalo di compleanno mi costerà uno sproposito in gialli arretrati.

 

Andrea Camilleri, I sogni di Andrea Camilleri, Sellerio, 2015

 

Camilleri: “Il prossimo diluvio universale non sarà fatto d’acqua, ma di tutti i nostri rifiuti accumulati nei secoli. Moriremo soffocati dalla nostra stessa merda.”

 

Camilleri

 

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Camilleri: “Il prossimo diluvio universale non sarà fatto d’acqua, ma di tutti i nostri rifiuti accumulati nei secoli. Moriremo soffocati dalla nostra stessa merda.”

Camilleri: “Il prossimo diluvio universale non sarà fatto d’acqua, ma di tutti i nostri rifiuti accumulati nei secoli. Moriremo soffocati dalla nostra stessa merda.”

Camilleri lo fa pensare al suo Commissario Montalbano: “Il prossimo sdilluvio universale” pinsò “non sarà fatto d’acqua, ma di tutti i nostri rifiuti accumulati nei secoli. Moriremo assuffucati dalla nostra stissa merda.” (da La prima indagine di Montalbano, in Ritorno alle origini, Oscar bestsellers Arnoldo Mondadori Editore, novembre 2005, p. 244).

Un concetto già espresso in passato da un importante commediografo italiano del Novecento troppo presto dimenticato, Ugo Betti.

Betti scrisse attorno agli anni Cinquanta una commedia intitolata «Il Diluvio» nella quale si immaginava che il prossimo diluvio universale non sarebbe stato provocato, come il precedente, dall’acqua caduta dal cielo, bensì dal riaffiorare inarrestabile dalle fogne, dai water, dagli scarichi di tutto il liquame da secoli prodotto da noi stessi. Lentamente ma inesorabilmente quel liquame avrebbe coperto persino i grattacieli.

Il concetto è chiaro e purtroppo concretamente reale: stiamo affogando nella nostra stessa merda!

 

by Eles