Buon Primo Maggio con Giorgio Gaber – Il nostro giorno

 

Giorgio Gaber

 

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Buon Primo Maggio con Giorgio Gaber – Il nostro giorno

Primo maggio. Una data importante, la festa dei lavoratori, una festa per ricordare quello che i nostri nonni hanno conquistato, i diritti ottenuti per lavorare con dignità e non essere sfruttati.

Vi proponiamo questo brano scritto dal grande Giorgio Gaber proprio per questa occasione.

Il nostro giorno

Un giorno per chi lotta con coraggio
è il nostro giorno è il primo maggio.

Un garofano è spuntato d’un sol colpo fra le dita
ma sicuro che sbadato oggi è maggio che ci invita
ad unirci fino a sera per la nostra primavera
forza amici in allegria questa nostra festa sia.

Un giorno per chi vive nel lavoro
un giorno per chi spera nel futuro
un giorno per chi lotta con coraggio
è il nostro giorno è il primo maggio.

Un giorno per chi lotta con coraggio
è il nostro giorno è il primo maggio.

Via di corsa tutti in piazza tutti fuori ad applaudire
c’è persin la mia ragazza sotto il sol dell’avvenire
Le officine oggi son vuote dorme il tram nel capannone
rosso maggio le tue note della strada son padrone.

Un giorno per chi vive nel lavoro
un giorno per chi spera nel futuro
un giorno per chi lotta con coraggio
è il nostro giorno è il primo maggio

Un giorno per chi lotta con coraggio
è il nostro giorno è il primo maggio.

Questo giorno è tutti i giorni tutto l’anno vi è racchiuso
primo maggio tu ritorni a dar forza a chi è deluso.
Questa festa è una gran festa non ce l’hanno regalata
su leviamo alta la testa noi l’abbiamo conquistata.

Un giorno per chi vive nel lavoro
un giorno per chi spera nel futuro
un giorno per chi lotta con coraggio
è il nostro giorno è il primo maggio

Un giorno per chi lotta con coraggio
è il nostro giorno è il primo maggio.

Un giorno per chi lotta con coraggio
è il nostro giorno è il primo maggio.

Giorgio Gaber

Il 25 gennaio 1939 nasceva il signor G: Giorgio Gaber, il cantautore che ha messo a nudo le ipocrisie della nostra società

 

 

Gaber

 

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Il 25 gennaio 1939 nasceva il signor G: Giorgio Gaber, il cantautore che ha messo a nudo le ipocrisie della nostra società

Autore di grandi successi pop e inventore del teatro-canzone nel quale ha raccontato vizi e debolezze dellʼuomo senza fare sconti a nessuno. 

Il 25 gennaio del 1939 nasceva Giorgio Gaber. Cantautore e attore, ha unito queste due figure in maniera unica inventando quella formula nota come teatro-canzone, a cui tanti oggi si rifanno citandolo. Con le sue canzoni ha lasciato un segno indelebile nella storia della cultura italiana portando una lettura della società e dell’uomo spietata e senza sconti, appena filtrata dal velo dell’ironia.

Il 25 gennaio del 1939, al civico 28 di via Londonio a Milano nasceva Giorgio Gaberscik, proprio a pochi passi dalla sede milanese della Rai che, solo vent’anni dopo, giovanissimo, l’avrebbe reso popolare a livello nazionale come interprete di rock’n’roll assieme a Mina e Celentano con la trasmissione “Il Musichiere”.

E proprio sulla facciata di quella casa campeggia la targa che ricorda l’evento.

“Qui nacque nel 1939 GIORGIO GABER. Inventore del Teatro – Canzone. – si legge sulla targa – La sua opera accompagna vecchie e nuove generazioni sulla strada della libertà di pensiero e dell’onestà intellettuale.”

Gaber è entrato nel cuore della gente e nella cultura del nostro Paese in due modi distinti. Nella prima fase della sua carriera, negli anni 60, con una serie di canzoni che hanno fatto la storia della nostra “musica leggera”. Da “La ballata del Cerutti” a “Porta Romana”, passando per “Torpedo blu”, “Non arrossire”, “Goganga”, “Come è bella città” e tante altre ancora. Brani in cui la canzone d’autore italiana si pone all’incrocio tra le influenze che arrivano dall’America e la canzone francese, all’epoca faro per gran parte del nostro cantautorato. Dal 1970 in avanti Gaber cambia decisamente direzione. La fine di quel decennio è caratterizzata da un grande fermento politico e culturale, di cui il ’68 è solo una delle espressioni. Gaber si sente stretto nelle maglie della discografia tradizionale e della televisione paludata di allora e cerca uno spazio di libertà nel teatro.

La svolta è segnata da “Il signor G”, del 1970, il primo di una lunga serie di spettacoli, scritti con Sandro Luporini, in cui le canzoni si alternano a monologhi. Non è la classica prosa teatrale, ma nemmeno un concerto: è il teatro canzone. Dove Gaber può esprimere tutta la sua poetica, la visione del mondo e in cui la libertà è il tratto fondamentale (e non a caso “La libertà” diventerà uno dei brani simbolo della sua carriera). Libertà di dire quello che pensa a costo di farsi dei nemici (e in quegli anni la sinistra lo metterà all’indice come e più della destra), libertà di andare controcorrente e mettere alla berlina il conformismo e il velleitarismo di ampi settori della società moderna, libertà di denudare il re senza sconti. Ma anche libertà di parlare di fragilità e sentimenti, contraddizioni e nevrosi del privato della vita quotidiana. “Dialogo tra un impegnato un non so”, “Far finta di essere sani”, “Anche per oggi non si vola”, “Polli d’allevamento”, “Anni affollati”, “Io se fossi Gaber” tratteggiano la nostra società e l’Italia di quegli anni come nessuno ha più fatto.

Lo strumento per far ciò può essere l’ironia, come accade ne “Lo shampoo”, “Il conformista”, “Destra-Sinistra” o “L’uomo che perdeva i pezzi”, ma l’invettiva, come in “Io se fossi Dio” o “Quando è moda è moda”, brano inserito in “Polli di allevamento” (1978) in cui fa a pezzi il Movimento per il suo essersi trasformato in conservazione borghese e apparato di potere a sua volta e prende le distanze da una certa sinistra senza giri di parole (“Di quelli che diranno che sono qualunquista non me ne frega niente:/non sono più compagno né femministaiolo militante/ mi fanno schifo le vostre animazioni, le ricerche popolari e le altre cazzate/ e finalmente non sopporto le vostre donne liberate con cui voi discutete democraticamente/ sono diverso perché quando è merda è merda non ha importanza la specificazione”).

Negli ultimi anni torna alla canzone nella forma più tradizionale con due album già dal titolo significativi: “La mia generazione ha perso” e “Io non mi sento italiano”.

Gaber se ne è andato nel gennaio del 2003, ma la sua opera ha continuato a mettere radici e a germogliare. Il suo mito ed il suo pensiero resteranno per sempre con noi.

Buon compleanno Signor G – Il 25 gennaio di 81 anni fa nasceva Giorgio Gaber… Il nostro ricordo ed i suoi capolavori.

 

Giorgio Gaber

 

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Buon compleanno Signor G – Il 25 gennaio di 81 anni fa nasceva Giorgio Gaber… Il nostro ricordo ed i suoi capolavori.

Autore di grandi successi pop e inventore del teatro-canzone nel quale ha raccontato vizi e debolezze dellʼuomo senza fare sconti a nessuno. 

Giorgio Gaber nasceva il 25 gennaio 1939 a Milano, cantautore, autore di spettacoli teatrali, attore, showman televisivo. Un intellettuale a tutto tondo.

Le sue opere sono ancora tutte attualissime.

Ecco a Voi 3 dei suoi capolavori scelti per voi…

La libertà

[parlato]: Vorrei essere libero, libero come un uomo.
Vorrei essere libero come un uomo.

Come un uomo appena nato
Che ha di fronte solamente la natura
E cammina dentro un bosco
Con la gioia di inseguire un’avventura.
Sempre libero e vitale
Fa l’amore come fosse un animale
Incosciente come un uomo
Compiaciuto della propria libertà.

La libertà non è star sopra un albero
Non è neanche il volo di un moscone
La libertà non è uno spazio libero
Libertà è partecipazione.

[parlato]: Vorrei essere libero, libero come un uomo.
Come un uomo che ha bisogno
Di spaziare con la propria fantasia
E che trova questo spazio
Solamente nella sua democrazia.
Che ha il diritto di votare
E che passa la sua vita a delegare
E nel farsi comandare
Ha trovato la sua nuova libertà.

La libertà non è star sopra un albero
Non è neanche avere un’opinione
La libertà non è uno spazio libero
Libertà è partecipazione.

La libertà non è star sopra un albero
Non è neanche il volo di un moscone
La libertà non è uno spazio libero
Libertà è partecipazione.

[parlato]: Vorrei essere libero, libero come un uomo.
Come l’uomo più evoluto
Che si innalza con la propria intelligenza
E che sfida la natura
Con la forza incontrastata della scienza
Con addosso l’entusiasmo
Di spaziare senza limiti nel cosmo
E convinto che la forza del pensiero
Sia la sola libertà.

La libertà non è star sopra un albero
Non è neanche un gesto o un’invenzione
La libertà non è uno spazio libero
Libertà è partecipazione.

La libertà non è star sopra un albero
Non è neanche il volo di un moscone
La libertà non è uno spazio libero
Libertà è partecipazione.

 

 

Com’è bella la città

(Parlato) La città di Milano ha una struttura tipicamente concentrica. I nostri interventi tendono a razionalizzare dov’è possibile tutto ciò che riguarda la viabilità, i servizi, le strutture primarie, le infrastrutture. Si deve dare al cittadino uno spazio vitale, abitabile, confortevole, soprattutto congeniale alla sua natura intima e al tempo stesso operosa. In questo contesto, in questo contesto, in questo contesto…

Vieni, vieni in città
che stai a fare in campagna?
Se tu vuoi farti una vita
devi venire in città.

Com’è bella la città
com’è grande la città
com’è viva la città
com’è allegra la città.

Piena di strade e di negozi
e di vetrine piene di luce
con tanta gente che lavora
con tanta gente che produce.

Con le réclames sempre più grandi
coi magazzini le scale mobili
coi grattacieli sempre più alti
e tante macchine sempre di più.

Com’è bella la città
com’è grande la città
com’è viva la città
com’è allegra la città.

Vieni, vieni in città
che stai a fare in campagna?
Se tu vuoi farti una vita
devi venire in città.

Com’è bella la città
com’è grande la città
com’è viva la città
com’è allegra la città.

Piena di strade e di negozi
e di vetrine piene di luce
con tanta gente che lavora
con tanta gente che produce.

Con le réclames sempre più grandi
coi magazzini le scale mobili
coi grattacieli sempre più alti
e tante macchine sempre di più.

Com’è bella la città
com’è grande la città
com’è viva la città
com’è…

Vieni, vieni in città
che stai a fare in campagna
se tu vuoi farti una vita
devi venire in città.

Com’è bella la città
com’è grande la città
com’è viva la città
com’è allegra la città.

Piena di strade e di negozi
e di vetrine piene di luce
con tanta gente che lavora
con tanta gente che produce.

Con le réclames sempre più grandi
coi magazzini le scale mobili
coi grattacieli sempre più alti
e tante macchine sempre di più.

Com’è bella la città
com’è grande la città
com’è viva la città
com’è allegra la città.

Com’è bella la città
comvè grande la città
com’è viva la città
com’è allegra la città.

Piena di strade e di negozi
e di vetrine piene di luce
con tanta gente che lavora
con tanta gente che produce.

Con le réclames sempre più grandi
coi magazzini le scale mobili
coi grattacieli sempre più alti
e tante macchine sempre di più
sempre di più, sempre di più, sempre di più!

Io Non Mi Sento Italiano

Parlato: Io G. G. sono nato e vivo a Milano.
Io non mi sento italiano
Ma per fortuna o purtroppo lo sono.

Mi scusi Presidente
Non è per colpa mia
Ma questa nostra Patria
Non so che cosa sia.
Può darsi che mi sbagli
Che sia una bella idea
Ma temo che diventi
Una brutta poesia.
Mi scusi Presidente
Non sento un gran bisogno
Dell’inno nazionale
Di cui un po’ mi vergogno.
In quanto ai calciatori
Non voglio giudicare
I nostri non lo sanno
O hanno più pudore.

Io non mi sento italiano
Ma per fortuna o purtroppo lo sono.

Mi scusi Presidente
Se arrivo all’impudenza
Di dire che non sento
Alcuna appartenenza.
E tranne Garibaldi
E altri eroi gloriosi
Non vedo alcun motivo
Per essere orgogliosi.
Mi scusi Presidente
Ma ho in mente il fanatismo
Delle camicie nere
Al tempo del fascismo.
Da cui un bel giorno nacque
Questa democrazia
Che a farle i complimenti
Ci vuole fantasia.

Io non mi sento italiano
Ma per fortuna o purtroppo lo sono.

Questo bel Paese
Pieno di poesia
Ha tante pretese
Ma nel nostro mondo occidentale
È la periferia.

Mi scusi Presidente
Ma questo nostro Stato
Che voi rappresentate
Mi sembra un po’ sfasciato.
E’ anche troppo chiaro
Agli occhi della gente
Che tutto è calcolato
E non funziona niente.
Sarà che gli italiani
Per lunga tradizione
Son troppo appassionati
Di ogni discussione.
Persino in parlamento
C’è un’aria incandescente
Si scannano su tutto
E poi non cambia niente.

Io non mi sento italiano
Ma per fortuna o purtroppo lo sono.

Mi scusi Presidente
Dovete convenire
Che i limiti che abbiamo
Ce li dobbiamo dire.
Ma a parte il disfattismo
Noi siamo quel che siamo
E abbiamo anche un passato
Che non dimentichiamo.
Mi scusi Presidente
Ma forse noi italiani
Per gli altri siamo solo
Spaghetti e mandolini.
Allora qui mi incazzo
Son fiero e me ne vanto
Gli sbatto sulla faccia
Cos’è il Rinascimento.

Io non mi sento italiano
Ma per fortuna o purtroppo lo sono.

Questo bel Paese
Forse è poco saggio
Ha le idee confuse
Ma se fossi nato in altri luoghi
Poteva andarmi peggio.

Mi scusi Presidente
Ormai ne ho dette tante
C’è un’altra osservazione
Che credo sia importante.
Rispetto agli stranieri
Noi ci crediamo meno
Ma forse abbiam capito
Che il mondo è un teatrino.
Mi scusi Presidente
Lo so che non gioite
Se il grido “Italia, Italia”
C’è solo alle partite.
Ma un po’ per non morire
O forse un po’ per celia
Abbiam fatto l’Europa
Facciamo anche l’Italia.

Io non mi sento italiano
Ma per fortuna o purtroppo lo sono.

Io non mi sento italiano
Ma per fortuna o purtroppo
Per fortuna o purtroppo
Per fortuna
Per fortuna lo sono.