Da Il marchese del Grillo – Il fantastico monologo di Don Bastiano davanti al patibolo… “Ma soprattutto, posso perdonare a voi, figli miei, che non siete padroni di un cazzo!”
E voi, massa di pecoroni invigliacchiti, sempre pronti a inginocchiarvi, a chinare la testa davanti ai potenti! Adesso inginocchiatevi, e chinate la testa davanti a uno che la testa non l’ha chinata mai, se non davanti a questo strummolo qua [la ghigliottina]!
Inginocchiatevi, forza! E fatevi il segno della croce! E ricordatevi che pure Nostro Signore Gesù Cristo è morto da infame, sul patibolo, che è diventato poi il simbolo della redenzione! Inginocchiatevi, tutti quanti! E segnatevi, avanti! E adesso pure io posso perdonare a chi mi ha fatto male.
In primis, al Papa, che si crede il padrone del Cielo.
In secundis, a Napulione, che si crede il padrone della Terra.
E per ultimo al boia, qua, che si crede il padrone della Morte.
Ma soprattutto, posso perdonare a voi, figli miei, che non siete padroni di un cazzo!
E adesso, boia, mandami pure all’altro mondo, da quel Dio Onnipotente, Lui sì padrone del Cielo e della Terra, al quale – al posto dell’altra guancia – io porgo… tutta la capoccia!
Un cult: Il Marchese del Grillo – “…Mi dispiace, ma io so’ io …e voi non siete un c….”
Nella Roma papalina del 1809, il Marchese Onofrio del Grillo è un alto dignitario pontificio alla corte di Papa Pio VII, fa parte della Guardia Nobile a difesa del Santo Padre ed è anche Reggitore del Sacro Soglio. In realtà sono impegni che lo occupano ben poco e il nobile passa le sue giornate nell’ozio più completo, frequentando le bettole e le osterie più malfamate della città, coltivando relazioni amorose clandestine con le popolane, facendo dannare la madre e il resto della sua parentela bigotta e conservatrice.
Il suo passatempo preferito, che lo rende famoso in tutta la città, è fare scherzi di ogni genere ai danni di chiunque: la sua famiglia, i nobili suoi amici, il popolo, gli artigiani che lavorano per lui, perfino il Papa stesso. E quando si caccia in qualche situazione difficile, riesce sempre ad uscirne grazie alle sue conoscenze altolocate. Però le sue burle hanno spesso il sapore della denuncia nei confronti della società corrotta e clientelare, dove il nobile ricco riesce sempre a cavarsela ai danni del popolino ignorante.
Quanno se scherza, bisogna èsse’ seri! (Marchese del Grillo)
Mi dispiace, ma io so’ io e voi non siete un cazzo! – La battuta distintiva del Marchese del Grillo che viene dal sonetto “Li soprani der monno vecchio” del Belli.
Li soprani der monno vecchio di Giuseppe Gioachino Belli
C'era una vorta un Re cche ddar palazzo
mannò ffora a li popoli st'editto:
"Io sò io, e vvoi nun zete un cazzo,
sori vassalli bbugiaroni, e zzitto.
Io fo ddritto lo storto e storto er ddritto:
pòzzo vénneve a ttutti a un tant'er mazzo:
Io, si vve fo impiccà nun ve strapazzo,
ché la vita e la robba Io ve l'affitto.
Chi abbita a sto monno senza er titolo
o dde Papa, o dde Re, o dd'Imperatore,
quello nun pò avé mmai vosce in capitolo!".
Co st'editto annò er Boja per ccuriero,
interroganno tutti in zur tenore;
e arisposeno tutti: "È vvero, è vvero!"
traduzioneC'era una volta un Re che dal palazzomandò in piazza al popolo quest'editto:"Io sono io, e voi non siete un cazzo,signori vassalli invigliacchiti, e silenzio.Io sono capace di cambiare una cosa da uno stato all'altro e viceversa:Io vi posso barattare tutti per un nonnulla:Io se vi faccio impiccare tutti non vi faccio torto,Visto che Io ho il potere di darvi la vita e quel con cui vivere.Chi vive in questo mondo senza possedere la caricao di Papa, o di Monarca o di Imperatore,colui non potrà mai far sentire la sua voce in pubblico!".Con tale editto si recò il boia come portavoce,chiamando all'attenzione tutti quanti a gran voce;e il popolo intero rispose: "È vero, è vero!"