Nella foto: un agnello barbaramente ucciso perchè possiate festeggiare la Pasqua, indignati eh? …Ah no, scusate, abbiamo sbagliato. È solo uno degli 8.000 bambini che oggi è morto di fame… Solo uno degli 8.000 che ogni giorno muore di fame. Allora, lasciate perdere, niente indignazione…!

 

Pasqua

 

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Nella foto: un agnello barbaramente ucciso perchè possiate festeggiare la Pasqua, indignati eh? …Ah no, scusate, abbiamo sbagliato. È solo uno degli 8.000 bambini che oggi è morto di fame… Solo uno degli 8.000 che ogni giorno muore di fame. Allora, lasciate perdere, niente indignazione…!

 

Premesso che dopo tutto quello che ho scoperto grazie al Web, quest’anno, come negli ultimi anni, non mangerò agnello e che sono ormai praticamente diventato vegetariano (ma non per una questione di salute, bensì per una questione morale)… Premesso tutto questo, siete (siamo) una massa di coglioni. Tutti subito pronti a indignarsi per l’agnello immolato per la Santa Pasqua, ma ce ne passa per il cazzo degli 8.000 bambini (cioè solo quelli tra 0 e 5 anni) ogni benedetto giorno muoiono di fame…

E santiddio, va bene gli animali, ma dopo i bambini…

 

Ogni giorno nel mondo 8 mila bambini muoiono di fame (prima dei 5 anni)

Un nuovo rapporto e una campagna di Save the Children: fino all’ultimo bambino.

I numeri sono numeri, e poco importa che quelli denunciati da Save the Children nel rapporto appena rilasciato sulla malnutrizione e l’infanzia siano esorbitanti: 3 milioni di bambini muoiono ogni anno prima di compierne 5 per mancanza di cibo o di cibo adeguato. I numeri sono numeri, colpiscono con forza sul momento e poi si perdono nell’impalpabile galassia della statistica.

Jacob invece, 4 anni e la vita già segnata dalla siccità che inaridisce il natio villaggio di Noru-Edou, Turkana Country, Kenya settentrionale, è reale, pelle, ossa e occhi imbarazzanti (foto di apertura). La sua famiglia ha perso quasi tutti gli animali di cui campava e non riesce a far mangiare né lui né le sue due sorelle minori. I volontari di Save the Children l’hanno trovato all’inizio dell’anno, debolissimo, affetto da malnutrizione acuta e, nei peggiori incubi dei genitori, condannato a spegnersi. Adesso partecipa a un trattamento alimentare terapeutico che l’ha visto migliorare ma, sul lungo termine, l’orizzonte è chiuso.

«Avevamo cento capre prima della siccità e ce ne sono rimaste solo quattro, era già capitato che perdessimo animali per le condizioni meteo avverse ma mai come quest’anno» racconta la mamma di Jacob, Alice. Vivono in una sorta di piccole capanne di rami e pietra su un terreno sabbioso e spoglio, sassi, sporadici alberi di acacia qua e là, caldo e freddo a turno senza pietà. Alice ha visto i figli consumarsi sotto i suoi occhi fin quando è riuscita a inserirli nel programma alimentare: «In tempi normali quando arriva la stagione delle piogge ci sono tante piante per gli animali. Vuol dire che le capre producono latte e noi possiamo berlo. A volte consumiamo anche il sangue, perché il sangue delle capre è molto nutriente».

Da mesi il Kenya affronta una siccità peggiore di quella che nel 2011 mise in ginocchio il Corno d’Africa, 2.7 milioni di persone hanno bisogno urgente di assistenza, in maggioranza si tratta di sono anziani, minori, malati. Save the Children, che a febbraio ha visitato tra gli altri 4397 bambini a Turkana Nord trovandone il 38% in condizioni gravi, teme che il livello di malnutrizione sia ben oltre la soglia emergenziale (nell’Africa subsahariana poco meno della metà della popolazione che vive nelle zone rurali può accedere alle fonti d’acqua potabile, mentre appena una persona su 5 ha accesso ai servizi igienici).

«La pelle di Jacob aveva cominciato a staccarsi dal corpo, era così debole che non riusciva a stare in piedi, non c’era nulla che potessimo fare per lui tranne dargli frutti selvatici e aspettare che morisse» continua Alice. La sua storia non è diversa da quella di Nasra che è riuscita a far accogliere la piccola So’di di 10 mesi (foto qui sotto) all’Adado Hospital, Somalia, appena prima che il vomito e la diarrea la portassero via. In Somalia, come in Kenya, la siccità non dà tregua: le migrazioni verso l’Europa sono spinte anche e molto dal clima. E non c’è solo il Corno d’Africa: tra povertà, conflitti e cambiamenti climatici, un minore su 4 sotto i 5 anni soffre di malnutrizione cronica, uno su 12 da quella acuta (la malnutrizione è la concausa del 45% delle morti infantili a livello globale).

«Al momento il lavoro che facciamo in ospedale dipende da Save the Children, non potremmo andare incontro alle esigenze della popolazione in altro modo» spiega il dottor Mohamed Omer Yusuf, responsabile dell’ospedale Adado. Un puntello, certo, ma a una situazione minata. Dopo la grave emergenza El Niño, la peggiore crisi legata al cambiamento climatico degli ultimi 35 anni, solo nel Corno d’Africa quasi 20 milioni di persone soffrono gli effetti della crisi alimentare. Si stima che a livello globale un’accelerata negli effetti dei cambiamenti climatici metterebbe a rischio fame 592 milioni di persone nel 2030 e quasi 477 milioni nel 2050. E poi ci sono i conflitti, che vedono intrappolato tra bombe e trincee il 50% dei 815 milioni di persone denutrite.

 

Si tampona, ma non basta. Con il rapporto sulla malnutrizione infantile Save the Children lancia così la campagna “Fino all’ultimo bambino”, una maratona che dal 12 ottobre al 5 novembre si propone di raccogliere fondi sufficienti per raggiungere i villaggi più remoti, invisibili, oscuri. Quelli che poi un giorno, all’improvviso, si materializzano a bordo dei barconi all’arrembaggio del Mediterraneo, fantasmi della fame e delle nostre paure.