Buon compleanno Federico Monti Arduini il pioniere del Moog italiano, conosciuto dai più “vintage” come “Il Guardiano del Faro” – La sua storia e i suoi capolavori

 

Il Guardiano del Faro

 

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Buon compleanno Federico Monti Arduini il pioniere del Moog italiano, conosciuto dai più “vintage” come “Il Guardiano del Faro” – La sua storia e i suoi capolavori

Buon compleanno Guardiano.
Il primo dicembre 1940 nasceva Federico Monti Arduini – Il Guardiano del Faro

Gli anni ’70 sono stati un periodo folle per l’Italia (e non solo): erano sì gli anni di piombo e della crisi del petrolio, ma erano anche l’epoca dei movimenti femministi e studenteschi, dell’eccentricità e della voglia di cambiare il mondo, proprio come qualche anno più tardi illustrerà Andrea Pazienza nel suo “Pentothal”. In strada si poteva incontrare chiunque: eroinomani, forze armate, cortei, intellettuali e giovinastri. O, a essere estremamente fortunati, un conte-compositore a bordo della sua Austin-Healey 3000 gialla. Il nome di quel conte è Federico Monti Arduini, noto in quegli anni al grande pubblico come Il Guardiano del Faro.

Questo ragazzo, allievo di Von Karajan (direttore d’orchestra considerato tra i migliori tre al mondo, e habitué di casa Monti Arduini), ha lasciato un breve ma indelebile segno nella musica italiana grazie all’uso del Moog, che fino a quel momento era un suono mai sentito dal grande pubblico italiano, tanto che una rivista dell’epoca lo descriveva come “un suono strano, mai sentito prima. Non era né un violino, né un clarino, né un flauto, né uno zufolo, eppure sembrava un po’ tutti questi strumenti messi insieme“. Una peculiarità di cui lo stesso Guardiano era ben cosciente:

A differenza di altri gruppi o artisti, che utilizzavano il Moog come elemento aggiuntivo degli arrangiamenti dei loro brani, io davo allo strumento un ruolo di primo piano: lo facevo cantare, lo facevo ridere. Non lo trattavo come una comparsa, ma come un protagonista. La musica che io proponevo insieme al mio sintetizzatore Moog era una musica di rottura rispetto a quanto circolava allora in Italia, alle canzonette incentrate sulle rime tra ‘cuore’ e ‘amore’: e credo sia stato proprio questo ad aver suscitato tutta quella curiosità intorno al progetto de Il Guardiano del Faro”

Niente “cuore” o “amore” quindi, anzi proprio niente testi. In un paese la cui musica si è sempre poggiata sul potere narrativo della canzonetta, il proporre canzoni solo strumentali poteva essere una scelta da pazzi, persa in partenza; e invece, complice un periodo musicale in cui l’Italia stava scoprendo un certo amore per la sperimentazione, il giovane conte riuscì addirittura a vincere l’edizione del 1975 di “Un disco per l’estate”, vendere 3 milioni di copie ed entrare nelle case e nei cuori del grande pubblico. Ma chi si celava davvero dietro questo strano moniker?

Dietro Il Guardiano del Faro c’è un ragazzo nato nel 1940 e diplomato in pianoforte al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano. Il suo esordio da cantautore arriva presto: a 21 anni pubblica a suo nome “Dolci sogni/Così”, il primo 45 giri, a cui ne seguono altri per la stessa etichetta, la Blueball di Antonio Casetta. Entro breve ne diventa addirittura produttore artistico e arriva a collaborare con Claudio Lippi (che inciderà “Cosa importa”) e altri artisti ben noti all’epoca come Sal Da Vinci o i Nuovi Angeli. Oltre che alla propria carriera solista, si dedicherà negli anni successivi anche al lavoro di autore per grandi della canzone italiana come Mina (“Ma ci pensi“), Gigliola Cinquetti (“Il primo bacio che darò“), Giorgio Gaber (“Parole parole“, “Suona Chitarra“) e Orietta Berti (“Solo tu“).

Proprio la versione inglese di “Solo Tu” (“All My Love”) cantata da Cliff Richard supera le oltre 12 milioni di copie vendute nel mondo e l’impressione che la sua sia una carriera in ascesa si conferma nel 1972: passa dall’altra parte della barricata e diviene direttore generale della Ricordi, carica che manterrà tra l’altro per circa 15 anni. Da quell’anno, fino al 1975, sarà anche direttore artistico e assistente alla Direzione Generale della Polydor Italia.
Lo pseudonimo di Guardiano del Faro (ispirato da un faro vicino la residenza estiva della sua famiglia, quello di Lividonia nei pressi di Porto Santo Stefano, dove la leggenda vuole si chiudesse per comporre sotto effetto di sostanze ricreative) arriva nel 1972 quando produce un 45 giri con su incisi “Il gabbiano triste” e “Oceano”, brani che sono l’uno la versione registrata al contrario dell’altro. Il primo è un rifacimento di “Amazing Grace” di John Newton ed il protagonista indiscusso del brano è proprio lo strumento che caratterizzerà tutta la sua carriera.

Scoprii il sintetizzatore Moog, casualmente, negli anni in cui lavoravo come dirigente per la Ricordi, grazie ad un mio amico importatore che aveva fatto arrivare questo nuovo strumento nella nostra sala di registrazione: lo provai e rimasi affascinato dal suono. Sin da subito, cominciai a registrare un po’ di materiale e al suono del sintetizzatore Moog pensai bene di sovrapporre quello di un pianoforte, di una chitarra e di altri strumenti: nacque così il brano “Il gabbiano infelice”.”

Proprio in occasione della pubblicazione di questo brano (come raccontato da Lucio Salvini, all’epoca direttore generale di Ricordi), visto il conflitto d’interessi causato dalla carica di dirigente del Conte Arduini, Paolo Limiti e Felice Piccarreda (produttore ed ex-funzionario Durium) si propongono come produttori del Guardiano. Salvini, da parte sua, accetta di pubblicare “Il gabbiano infelice” senza sapere nulla dell’autore, aggirando inconsapevolmente tutti i problemi connessi alla figura di Arduini e non facendosi scappare un disco di probabile successo.

Il risultato dell’idea di Arfemo (un altro dei suoi pseudonimi, ottenuto tramite le iniziali del nome e dei due cognomi) piace tanto, sicuramente per l’assoluta novità che rappresenta e forse anche per quell’alone di mistero che circondava la sua figura. Per un periodo piuttosto lungo, infatti, nessuno sapeva chi fosse esattamente questo Guardiano del Faro se non gli amici di cui sopra; nel frattempo “Il gabbiano triste” ha un successo commerciale straordinario, e con pochissime spese il pezzo raggiunge la posizione numero 1 della classifica italiana: 400.000 45 giri e 50.000 LP venduti in pochi mesi. L’anonimato sarebbe durato ancora a lungo se non fosse stato per Mike Bongiorno, che lo invitò nel pubblico di “Lascia o raddoppia” con la promessa di non coinvolgerlo in diretta – una promessa ovviamente disattesa di fronte a milioni di telespettatori.

Nonostante il successo, Il Guardiano del Faro va avanti nella sua sperimentazione con il sintetizzatore ottenendo risultati alterni. Più avanti, affascinato dalla trasversalità dello strumento, visiterà anche la fabbrica di Robert Moog, il quale gliene regalerà un modello polifonico (Polymoog) e si complimenterà per la sua musica scrivendogli una lettera.

In una continua ambivalenza fatta di riletture di temi editi e composizioni proprie, nel 1978 arriva “Oasis” (l’ottavo di una discografia di 14), un album che è un’ottima summa dello stile di Arduini: tra la scala araba del brano che dà il nome al disco, le chitarre e i pianoforti, il risultato è in tutto e per tutto un antesignano di moltissimi generi che sarebbero nati di lì a qualche anno, fino ad arrivare alla più recente chill-wave. Con grafiche di Mario Convertino e disegni di Paolo della Valle, la copertina si presenta con l’illustrazione di un’oasi; il disco, invece, nonostante per alcuni momenti ricordi le colonne sonore dell’epoca (lo stesso Arduini non era nuovo a esperienze simili, d’altra parte: compose la colonna sonora di “La Orca” e “Amore grande, amore libero” film che prende il titolo da un suo stesso brano), si snoda in ottimi brani con un forte richiamo all’esotico e il moog che rimane incontrastato protagonista del disco.

La sua carriera musicale si conclude all’alba degli anni ’80, e dopo qualche assurda apparizione televisiva (tra cui la pubblicità dell’Amaro Ramazzotti!), nel giugno del 1996 Monti Arduini fonda la casa discografica Café Concerto, per poi continuare con esperienze più istituzionali: nel 1998 entra nel Comitato Estero di SIAE, nel 2005 è nel Comitato Studi Regolamenti e Statuti e nel 2009 nel Comitato Elettorale della Società (nelle ultime elezioni, che hanno visto la nomina di Filippo Sugar, si paventava anche il suo nome come possibile Presidente).

Al di là delle sorti artistiche, quello che emerge dalla carriera di Federico Monti Arduini è l’indubbia capacità di fondere gli studi classici a uno strumento d’avanguardia di cui è stato tra i pionieri in Italia, riuscendo a raggiungere il grande pubblico con qualcosa di molto diverso dalle tendenze pop del tempo, e firmando uno dei tormentoni più strani e atipici che l’Italia avesse mai ascoltato.