Le 7 marche di cioccolato che sfruttano il lavoro minorile – Fareste bene ad appuntarvele per ricordarle quando siete al supermercato!

cioccolato

 

.

.

seguiteci sulla pagina Facebook Curiosity 

.

.

Le 7 marche di cioccolato che sfruttano il lavoro minorile – Fareste bene ad appuntarvele per ricordarle quando siete al supermercato!

 

Conosciamo “il lato nero del cioccolato”

Nel settembre 2015 è stata presentata un’azione giudiziaria contro la Mars, la Nestlè e la Hershey sostenendo che stavano ingannando i consumatori che “senza volerlo” stavano finanziando il lavoro schiavo infantile del cioccolato in Africa Occidentale.

Bambini tra gli 11 e i 16 anni (a volte anche più giovani) sono chiusi in piantagioni isolate in cui lavorano tra le 80 e le 100 ore a settimana. Il documentario Slavery: A Global Investigation ha intervistato dei bambini che sono stati liberati, che hanno raccontato che spesso ricevevano pugni e venivano picchiati con cinte e fruste.

“Essere picchiato faceva parte della mia vita”, ha raccontato Aly Diabate, uno dei bambini liberati. “Quando ti mettevano addosso i sacchi [di chicchi di cacao] e cadevano mentre li trasportavi, nessuno ti aiutava. Anzi, ti picchiavano finché non ti rialzavi”.

Nel 2001, la Food and Drug Administration voleva approvare una legislazione per l’applicazione del marchio “slave free” (senza lavoro schiavo) sulle confezioni, ma prima che il provvedimento venisse votato l’industria del cioccolato – includendo Nestlé, Hershey e Mars – ha usato il suo denaro per bloccarla, promettendo di porre fine al lavoro schiavo infantile nelle sue imprese entro il 2005.

Questo limite temporale è stato ripetutamente rimandato, e attualmente la meta è il 2020. Nel frattempo, il numero di bambini che lavorano nell’industria del cacao è aumentato del 51% tra il 2009 e il 2014, in base a un resoconto del luglio 2015 della Tulane University.

Come ha detto uno dei bambini liberati, “godete di qualcosa che è stato fatto con
la mia sofferenza. Ho lavorato sodo per loro, senza alcun beneficio. State mangiando la mia carne”.

Le 7 marche di cioccolato che utilizzano cacao proveniente dal lavoro schiavo infantile sono:

  1. Hershey
  2. Mars
  3. Nestlè
  4. ADM Cocoa
  5. Godiva
  6. Fowler’s Chocolate
  7. Kraft

Per avere un’idea più chiara della questione, ecco il documentario O Lado Negro do Chocolate.

La situazione è stata denunciata anche dal The Guardian, mentre il Daily Mail ha sottolineato che i bambini impiegati in questa industria utilizzano strumenti e macchinari pericolosi, portano i chicchi di cacao su lunghe distanze, lavorano per molte ore e sono esposti a pesticidi e ad altre sostanze chimiche pericolose senza indumenti protettivi. Gran parte del pericolo deriva dal fatto di utilizzare machete con grosse lame.

Secondo l’Huffington Post, le violazioni dei diritti dei bambini sono alla base di oltre il 70% della produzione mondiale di cacao. In base a un rapporto investigativo della BBC, centinaia di migliaia di bambini vengono comprati o rapiti e poi portati in Costa d’Avorio, il più grande produttore mondiale di cacao, dove vengono schiavizzati nelle piantagioni.

I genitori spesso pensano che i figli troveranno un lavoro onesto fuori dal loro Paese e potranno mandare un po’ di denaro a casa, ma nella maggior parte dei casi non è così. I bambini non vengono pagati, non ricevono educazione, sono malnutriti e spesso non rivedranno più le proprie famiglie.

Insomma, prima di mangiare un pezzo di cioccolata sarebbe bene informarsi su com’è stato prodotto, e soprattutto sulle spalle di chi.

[Traduzione dal portoghese a cura di Roberta Sciamplicotti]

Ripubblichiamo integralmente una lettera  di chiarimento inviataci dal Gruppo Nestlé in Italia

Fonte: Aleteia

 

tratto da: https://www.informarexresistere.fr/le-7-marche-di-cioccolato-che-sfruttano-il-lavoro-minorile/

La foresta degli elefanti massacrata dai giganti dell’Olio di Palma!

 

foresta

 

.

.

seguiteci sulla pagina Facebook Curiosity 

.

.

 

La foresta degli elefanti massacrata dai giganti dell’Olio di Palma!

Pepsico, Unilever, Nestlé, McDonald’s e molti altri comprano olio di palma da aziende che stanno devastando gli ultimi ettari di una foresta pluviale patrimonio dell’umanità

L’olio di palma ha portato l’Ecosistema Leuser sull’orlo della crisi

Le principali multinazionali dell’agroalimentare sono complici della deforestazione degli ultimi brandelli di un luogo unico sul pianeta, rimpiazzato con colture per l’olio di palma. L’Ecosistema Leuser, 2.6 milioni di ettari di foresta pluviale in Indonesia, è l’ultimo posto sulla terra dove vivono gli elefanti, i rinoceronti, le tigri e gli orangutan di Sumatra. Ha uno dei sistemi forestali più ricchi ma meno conosciuti, ma è stato semidistrutto da aziende collegate alla filiera di Pepsico, Unilever e Nestlé. Le piantagioni di palma da olio su terreni deforestati forniscono il grasso vegetale a decine di marchi, inclusi McDonald’s, Mars, Kellogg’s e Procter & Gamble.

Le accuse sono contenute nel nuovo rapporto di Rainforest Action Network (RAN), organizzazione ambientalista impegnata nella salvaguardia delle foreste. Tramite dati satellitari, prove fotografiche e coordinate GPS, la ricerca è tesa a dimostrare la continua distruzione dell’ecosistema Leuser, sull’orlo del collasso nonostante una moratoria annunciata lo scorso giugno.

Gli attivisti hanno ricostruito la filiera dell’olio di palma dalla società di disboscamento Agra Bumi Niaga (ABN), che vende ad un impianto di trasformazione della Ensem Sawita (ES), la distribuisce l’olio di palma ad alcuni dei più grandi commercianti del mondo. Il tutto a danno dell’ecosistema, che viene utilizzato come corridoio ecologico dagli ultimi elefanti di Sumatra, specie a rischio estinzione. A Leuser tra il 2012 e il 2015, almeno 35 di loro sono stati uccisi, ma il numero degli scontri tra umani e animali è destinato a crescere man mano che le piantagioni di palme frammentano gli habitat.

Tigri, leopardi nebulosi e orsi del sole diventano sempre più vulnerabili ai bracconieri, poiché il loro ambiente scompare. Leuser è ancora la più grande foresta pluviale di Sumatra e rientra nel patrimonio mondiale dell’UNESCO. Ma il suo tasso di disboscamento è tra i più alti del mondo. Nel 2015, gli incendi legati alle piantagioni di palma da olio hanno distrutto 8 mila chilometri quadrati di giungla.

Il presidente dell’Indonesia Joko Widodo ha risposto con una moratoria sui nuovi permessi alle aziende legate al business dell’olio di palma lo scorso aprile. Due mesi dopo, il governatore di Aceh, Zaini Abdullah, ha ordinato alle compagnie di fermare la deforestazione, anche in caso di licenze valide. Tuttavia, la ricerca di RAN dimostra come le operazioni sul terreno siano proseguite, mantenendo aperto il flusso di risorse dall’Indonesia alle grandi multinazionali del cibo.

fonte: http://www.rinnovabili.it/ambiente/foresta-elefanti-olio-di-palma-333/