Conversando con Josè Pepe Mujica: una voce fuori dal coro

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Conversando con Josè Pepe Mujica: una voce fuori dal coro

Non veniamo al mondo per lavorare o per accumulare ricchezza, ma per vivere. E di vita ne abbiamo solo una.

Erano tante le persone che martedì 8 novembre si sono ritrovate all’auditorium Unipol Banca di Bologna ad ascoltare Pepe Mujica, colui che ha ricoperto la carica di presidente dell’Uruguay dal 2010 al 2015. Io sono potuto arrivare con un certo anticipo, e per questo sono riuscito a trovare uno degli ultimi posti a sedere nella sala della conferenza. Molte più persone, soprattutto tanti giovani, sono rimasti fuori dalla sala e si sono dovuti accontentare di seguire la conferenza su 2 maxi schermi allestiti nell’ampio atrio in previsione della grande affluenza. E mi ha fatto molto piacere vedere quei giovani che erano lì per lui, per Mujica. Per ascoltare le parole del “presidente povero”. Al suo ingresso nella sala lo accogliamo con una vera e propria standing ovation, un caldissimo e lungo applauso pieno d’entusiasmo e di calore. Era accompagnato dall’inseparabile moglie Lucia, conosciuta negli anni in cui entrambi combattevano la dittatura militare che governò il Paese tra il 1973 e il 1985. Facevano parte del famoso gruppo armato dei Tupamaros, che era il Movimiento de Libaraciòn Nacional.

Per loro quelli furono anni duri. Per più di un decennio furono reclusi e torturati nelle prigioni del regime. A quei tempi il motto di Mujiaca era: “Il mondo ci divide; l’azione ci unisce”.

Ed è proprio della vita avventurosa e della lunga vicenda politica e umana dell’ex presidente uruguaiano, che si parla nel libro che rappresenta il motivo della conferenza: “Una pecora nera al potere. Pepe Mujica, la politica della gente”, scritto da Andres Danza e Ernesto Tulbovitz, ora pubblicato in Italia dal Gruppo Editoriale Lumi.

Il libro vuole farci conoscere meglio questo personaggio carismatico, che ha antenati baschi e la nonna materna italiana, nata in una famiglia molto modesta di Favale di Malvaro, paesino di montagna sopra Rapallo. Il presidente povero, che da Presidente dell’Uruguay ha sempre devoluto il 90% dello stipendio ai poveri e alle organizzazioni di solidarietà sociale,ostinandosi a continuare ad usare il suo vecchio maggiolone azzurro del 1987. E per questo, e grazie ad alcuni valori importanti per un leader quali coerenza, sobrietà e passione, la sua fama ha valicato i confini del Paese, e sempre ha suscitato un sentimento di grande amore e rispetto da parte del popolo uruguagio.

Quel suo essere una voce fuori dal coro l’ha accompagnato per tutta la sua vita, a partire dal suo legame fortissimo con la terra e la vita semplice, anche quando era Presidente. L’ha sempre dimostrato nei suoi atteggiamenti, nel modo di comunicare, nelle scelte economiche e di ogni genere operate a volte sconvolgendo i più comuni atti di protocollo. Nella vita sociale, durante i suoi cinque anni al governo, ha legalizzato in Uruguay l’aborto, le droghe leggere e i matrimoni gay. Ma Mujica è stato anche il presidente che non usava Twitter, portava i jeans e, come un normalissimo contadino, vendeva i prodotti della sua terra in un mercatino popolare la domenica.

Quando comincia a parlare mi colpisce la sua naturalezza, la sua semplicità, dalle quali però emergono un grande amore per la cultura, e la filosofia. E secondo lui un grave problema dell’economia e della politica è proprio quello di aver abbandonato il campo della filosofia.

Afferma questo con quello sguardo ironico e furbetto di chi ha visto tanto, riuscendo a parlare al cuore delle persone in modo diretto, senza troppi giri di parole.

Nella prima parte dell’intervista, che comunque mantiene sempre i toni di una chiacchierata tra amici, Mujica parla dell’importanza della sobrietà. E nelle sue conferenze ripete spesso la frase: “Abbiamo inventato una montagna di consumi superflui. E viviamo comprando e buttando… E quello che stiamo sprecando è tempo di vita perché quando compri qualcosa non lo fai con il denaro, ma con il tempo di vita che hai dovuto utilizzare per guadagnare quel denaro. L’unica cosa che non si può comprare è la vita. La vita si consuma. Ed è da miserabili consumare la vita per perdere la libertà”. Un altro modo di affermare che secondo lui “poveri sono quelli che rincorrono i soldi”.

Può apparire strano per un ex-tupamaros, ma Mujica quando racconta i passaggi più duri della sua vita, traspaia una visione profondamente radicata alle teorie della non violenza. Dichiara che non ha mai sentito odio per i militari, li vedeva come strumenti di una fase storica.

E per questo cita una frase di Nelson Mandela, che come lui visse l’esperienza del carcere: “Sapevo che l’oppressore era schiavo quanto l’oppresso, perché chi priva gli altri della libertà è prigioniero dell’odio, è chiuso dietro le sbarre del pregiudizio e della ristrettezza mentale. L‘oppressore e l’oppresso sono entrambi derubati della loro umanità”.

Nella ricerca di un mondo migliore, Mujica intende la storia come una cosa viva, che ci insegna che l’unica cosa permanente è proprio la dimensione del cambiamento. Il cambiamento ci sollecita a saper leggere la realtà, senza per questo voltare pagina, ma trovando una nuova dimensione della realtà, per essere capaci di crescere ed evolvere con il tempo, per essere adeguati al passo del tempo, al passo della vita.

Interrogato sulla sua attuale visione politica, Mujica in modo molto realistico vede la storia degli uomini come un’alternanza tra spinte conservatrici e spinte di rinnovamento egualitarie. La lotta per il progresso non finisce mai. Per Mujica il limite del liberalismo, non inteso esclusivamente in termini economici, è che ci ha portato il principio di libertà e uguaglianza relativa tra gli uomini, dove non ci sono più differenze di origine e di sangue, e c’è libertà di pensiero. Però quella rivoluzione liberale ci ha promesso qualcosa che poi non riesce a garantirci completamente, ovvero l’uguaglianza.

Secondo Mujica esiste una forte connessione tra visione libertaria e liberismo, e confessa che nel profondo del suo cuore si sente un po’ anarchico. La conferenza prosegue poi su temi legati ai problemi dell’attualità politica internazionale: elezioni americane, temi di economia mondiale, i flussi migratori, la crisi dell’America Latina, i problemi endemici del continente africano. E spesso il parlare di Mujica è stato interrotto dai nostri calorosi applausi.

Un incontro bello e profondo, che ha dato molto a tutte le persone che hanno potuto essere presenti e ascoltare una persona che ha fatto della sua sobrietà e normalità, qualità straordinarie ed ispiratrici. Grazie Presidente!

Vorrei però concludere questo articolo citando un fatto accaduto la sera prima a Modena, dove Mujica dopo la sua conferenza è stato avvicinato da un amico di Vivere Sostenibile, il meteorologo Luca Lombroso che gli ha chiesto un parere sui cambiamenti climatici in atto nel nostro pianeta.

Gli abbiamo fatto qualche domanda, per schiarirci le idee. Ecco una sintesi della risposta che Mujica ha dato a Luca, che ringraziamo per la collaborazione:

La tragedia dei cambiamenti climatici sostanzialmente dipende dagli uomini che vogliono cambiare la natura a loro vantaggio. Dobbiamo impegnarci per fermare le atrocità inflitte alla natura,imponendo serie restrizioni per abbassare considerabilmente i livelli di anidride carbonica e metano prodotti dalle attività umane. Questo colpisce però l’interesse economico di molto industrie, e queste fanno resistenza con la loro influenza e potere sui governo dei loro paesi.

L’umanità si è avviata verso una specie di olocausto collettivo, con danni e sacrifici che si sta moltiplicando progressivamente. Non capiamo la gravità della situazione. Non credo che il surriscaldamento climatico sia un problema solo di un gruppo di tecnici e di portavoce, non è solo responsabilità degli uomini che ci comandano. E’ una responsabilità di tutti noi. Siamo chiamati a fare in modo di che i governi mondiali stabiliscano accordi adeguati. E’ assolutamente necessario, è in ballo il futuro dell’umanità.

 

 

fonte: https://viveresostenibileroma.wordpress.com/2017/02/02/conversando-con-jose-pepe-mujica-una-voce-fuori-dal-coro/

La lezione di Josè Pepe Mujica: “La vita è un miracolo, non sprecatela nel consumismo. Per essere felici trovate il tempo di vivere”

 

 

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La lezione di Josè Pepe Mujica: “La vita è un miracolo, non sprecatela nel consumismo. Per essere felici trovate il tempo di vivere”

“È fondamentale difendersi dagli attacchi del mercato. E per far ciò serve la sobrietà nel vivere, che consiste nel trovare il tempo di vivere. Questo è l’unico reale esercizio della nostra libertà”. Sono le parole di Josè Pepe Mujica, ex presidente dell’Urugay e personaggio di rilievo internazionale per la particolarità della sua presidenza, cinque anni che hanno segnato una svolta nel paese uruguayano.

Ma il suo è stato anche un esempio per il mondo. E lo ha dimostrato anche oggi, ospite al Teatro Palladium di Roma per presentare il libro “La felicità al potere” e per incontrare gli studenti. Ha parlato di capitalismo, di cultura e dell’importanza della libertà, diretta espressione della felicità, tema a lui molto caro. “Tutti gli esseri umani sono liberi – ha proseguito Mujica – ma è fondamentale che utilizzino il proprio libero arbitrio. Ad esempio, quando lavoro, perché ne ho necessità, non sono libero. Però, quando faccio qualcosa che mi piace, allora sì che sono libero”.

Per Mujica è tutta una questione di come ci si pone nei confronti del mondo: o soggiogare alle regole del mercato, del sistema e del materialismo, divenendone schiavi, oppure cercare di distaccarsi da tutto questo: “Se non posso cambiare il mondo posso cambiare la mia condotta personale e la posso cambiare adoperandomi nella ricerca della felicità”.

Una lotta individuale, quindi. Una lotta che deve avere un solo risultato, un solo scopo: la felicità. Un valore, questo, che purtroppo non è proprio del sistema vigente – se non apparentemente – nella nostra società, come sottolinea la “pecora nera al potere”, in cui domina una cultura egemonizzata dall’economia capitalista: “E’ logico che un sistema generi una cultura a suo favore, sarebbe innaturale il contrario. E questa cultura di cui parlo è molto presente nella nostra società. E che cosa ci porta? Ci porta solitudine e infelicità. Il nostro mondo moderno è caratterizzato da questi due fattori: un dato che lo dimostra è la quantità di suicidi che registriamo, un numero maggiore delle vittime di guerra sommate a quelle degli omicidi”.

Un fenomeno molto complesso quello messo in luce da Mujica. Secondo lui, questi suicidi sono l’emblema della contraddizione insita nel capitalismo: “Se da un lato, infatti, ci permette di aver un maggior grado di benessere e di vivere più a lungo, allo stesso tempo ci porta anche molti elementi negativi, come dimostrano i dati sui suicidi nel mondo”.

Non sono sfuggite a Mujica anche un paio di battute sulle prossime elezioni americane: “Non mi preoccupa tanto se vincerà Trump, perché lui passerà, così come tutti i presidenti. In Europa c’è stato Hitler, e anche lui è passato, alla fine. Quello che mi preoccupa veramente è la gente che lo voterà: loro sì che rimarranno. Loro rappresentano una classe media che, vivendo nell’incertezza, attribuisce le colpe ora ai cinesi, ora ai messicani. In realtà sta esprimendo una patologia”. Una patologia che deriva dalla concentrazione di ricchezza e benefici nelle mani di poca gente. “Un fenomeno che, negli Usa come in Europa – ha sottolineato – sta creando delle aspettative nella grande moltitudine delle classe media: sono quelli che votano Trump o che in Francia sostengono i nazionalisti. Una contraddizione che appartiene alle destre di tutto il mondo, proprio perché l’economia è globalizzata”.

“Certo – ha affermato Mujica, ritornando sulle presidenziali Usa – anche Clinton è abbastanza conservatrice”. “Il paradosso di oggi, del mondo moderno – ha proseguito – è che i candidati sono commercializzati come fossero dei prodotti, e questo lo dobbiamo alla tecnologia”. “La rivoluzione informatica che ha investito il nostro mondo – ha avvertito – avrà ripercussioni istituzionali pesanti nella forma di democrazia che avremo in futuro, così come la sta avendo sulla cultura, le università e il sistema scolastico”.

Poi un ultimo messaggio rivolto ai giovani e a chi si prepara a vivere le dinamiche del mondo e della nostra società: “La vita è un miracolo, essere vivi è un miracolo. E non possiamo vivere oppressi dal mercato che ci obbliga a comprare, ancora e ancora. Anche perché non paghiamo con i soldi, ma con il tempo della nostra vita”.