20 luglio 1893 – La vera storia di Pietro Rigosi, il ferroviere ribelle protagonista de “La Locomotiva”, l’eroe “giovane e bello” della guerra santa dei pezzenti di Francesco Guccini

 

Pietro Rigosi

 

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20 luglio 1893 – La vera storia di Pietro Rigosi, il ferroviere ribelle protagonista de “La Locomotiva”, l’eroe “giovane e bello” della guerra santa dei pezzenti di Francesco Guccini

LA VERA STORIA DI PIETRO RIGOSI, IL FERROVIERE RIBELLE PROTAGONISTA DE “LA LOCOMOTIVA” DI GUCCINI

“Non so quanti anni avesse visto allora, di che colore i suoi capelli,
ma nella fantasia ho l’immagine sua: gli eroi son tutti giovani e belli”.

Invece il protagonista della canzone di Guccini un nome e un cognome preciso ce l’ha: Pietro Rigosi. Sarà lo stesso cantautore a parlarne diverso tempo dopo l’uscita di una delle sue canzoni di maggior successo.. I fatti sono riportati dettagliatamente anche in un articolo del Resto del Carlino il 21 luglio 1893. Giorno 20 il telegrafo della stazione di Bologna aveva trascritto un messaggio proveniente da quella di Poggio Renatico. Il contenuto era chiaro: la locomotiva del treno merci 1343 era stata sganciata dai vagoni e si dirigeva a una velocità di 50 km orari, parecchio per l’epoca, verso il capoluogo senza alcun permesso. Si sollecitavano i colleghi di Bologna e di tutte le stazioni che la precedevano a far transitare il treno su binari sgombri affinché l’azione non provocasse un disastro. A guidare quella “locomotiva impazzita” c’era il ferroviere Pietro Rigosi, classe 1860, sposato e padre di due bambini. Aveva approfittato di una distrazione del macchinista del treno merci per prenderne possesso e poi, facendo fischiare la motrice come un forsennato, lanciarsi al galoppo verso il suicidio. Sì perché l’intento di Rigosi era chiaro: uccidersi. E lo dimostrò quando entrando alle 17 e 10 alla stazione di Bologna e vedendo che era stato deviato su un binario tronco, uscì dalla cabina e si piazzò sul fanale di fronte della locomotiva. Impattò violentemente con i carri merci che si trovavano sulla linea morta. Unico coinvolto nell’incidente, Rigosi ne uscì vivo ma ferito gravemente; perse una gamba e fu segnato da profonde cicatrici al volto. Secondo alcune ricostruzioni il suo obiettivo era un treno di prima classe che in quell’orario stazionava quotidianamente a Bologna.
Tanto la stampa dell’epoca quanto la direzione delle Ferrovie bollò il suo gesto come quello di un matto. Uno squilibrato da pensionare e graziare misericordiosamente. L’azione di Rigosi fu invece, probabilmente, l’eclatante gesto di un ferroviere che più volte aveva dimostrato di mal digerire le durissime condizioni di lavoro e le dure punizioni aziendali riservate a chi non rispettava la ferrea disciplina. Erano anni in cui i macchinisti spalavano quintali di carbone per percorrere pochi chilometri, facevano turni massacranti che li portavano a guidare spesso per più di ventiquattro ore consecutive e avevano una speranza di vita assai breve. Evidentemente quello di Rigosi era un atto estremo che voleva porre l’accento sul mondo dei ferrovieri e, più in generale, dei lavoratori che in quell’Italia di fine ottocento non si vedevano riconosciuti i diritti più elementari.

Cannibali e Re

tratto da:

https://www.facebook.com/cannibaliere/photos/a.989651244486682/1997802613671535/?type=3&theater

20 luglio, una data triste per gli Uomini Liberi – Il 20 luglio 1881 anche Toro Seduto fu costretto ad arrendersi all’arroganza dei visi pallidi…!

 

Toro Seduto

 

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20 luglio, una data triste per gli Uomini Liberi – Il 20 luglio 1881 anche Toro Seduto fu costretto ad arrendersi all’arroganza dei visi pallidi…!

Il 20 luglio 1881 Toro Seduto, il leggendario capo Sioux che guidò l’alleanza dei nativi d’America nella resistenza all’invasione delle Grandi pianure, si arrende all’esercito dei bianchi. Nato intorno al 1831 nei pressi di Grand River, nel Sud Dakota, Toro Seduto (in lingua lakota ‘Tatanka Iyotanka’, ovvero ‘bufalo seduto imbronciato’) non stipulò mai alleanze con i ”visi pallidi” con i quali rifiutò sempre di sottoscrivere qualsiasi trattato, tanto da diventare un simbolo della resistenza dei nativi e da essere eletto nel 1867 capo dell’intera nazione Sioux.

Con la scoperta dell’oro nelle Black Hills, cuore del territorio Sioux e area sacra per molte tribù (dichiarata tra l’altro off limits ai bianchi dal Trattato di Fort Laramie del 1868) le ostilità con i ‘visi pallidi’ s’intensificano, fino a quando, nel 1875, il governo degli Stati Uniti ordina agli indiani di stabilirsi definitivamente nelle riserve, scatenando così la loro reazione. Toro Seduto riunisce le tribù nel suo accampamento sul Rosebud Creek, nel Montana, offrendo preghiere al Grande Spirito e ferendosi le braccia fino a farne sgorgare il sangue in segno di sacrificio.

E’ appunto in occasione di questa cerimonia che ha una visione in cui i soldati degli Stati Uniti cadono dal cielo su un accampamento indiano come cavallette. Spostatisi nella valle del fiume Little Bighorn, i Lakota vengono raggiunti da altri tremila indiani: il 25 giugno 1876 l’accampamento è attaccato dal Settimo cavalleggeri comandato dal generale George Armstrong Custer (come ha appunto previsto Toro Seduto nella sua visione) e la battaglia che segue si risolve in una disfatta per l’esercito degli Stati Uniti, trovatosi inaspettatamente in inferiorità numerica.

La spietata reazione statunitense riduce però allo stremo i nativi, costringendo infine alla resa Toro Seduto, ultimo dei capi Lakota a cedere le armi, appunto il 20 luglio 1881. Raggiunto il suo popolo a Standing Rock nel 1883, due anni più tardi si unisce a Buffalo Bill girando con lui per l’America e l’Europa nel ‘Buffalo Bill Cody’s Wild West Show’, uno spettacolo da circo in cui guadagna 50 dollari alla settimana esibendosi a cavallo e firmando fotografie e gadget per il pubblico dei bianchi.

Tornato in riserva (dove trascorre i suoi giorni in una capanna sul Grand River continuando ad avere due mogli e rifiutando la religione cristiana), viene arrestato come agitatore e ucciso “accidentalmente” il 15 dicembre 1890. Sepolto a Forte Yates, nel 1953 i suoi resti vengono trasferiti a Mobridge, nel Sud Dakota, con una stele di granito a indicare la tomba.