16 giugno 1980 – In prima assoluta a Chicago esordiva il mitico film The Blues Brothers – Un cult che rimarrà per sempre nella storia del cinema.

 

The Blues Brothers

 

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16 giugno 1980 – In prima assoluta a Chicago esordiva il mitico film The Blues Brothers – Un cult che rimarrà per sempre nella storia del cinema.

Il 16 giugno in anteprima a Chicago e poi il 20 giugno 1980 in circa 600 cinema americani veniva proiettato per la prima volta il film The Blues Brothers, il film che avrebbe fatto la storia del cinema.

Il Film

(USA 1980, colore, 130m); regia: John Landis; produzione: Robert K. Weiss per Universal; sceneggiatura: Dan Aykroyd, John Landis; fotografia: Stephen M. Katz; montaggio: George Folsey Jr.; scenografia: John J. Lloyd; costumi: Deborah Nadoolman; coreografie: Carlton Johnson; musica: Elmer Bernstein.

Chicago, penitenziario Joliet, all’alba. Jake Blues esce di prigione e ad attenderlo, su un’auto truccata chiamata Bluesmobile, trova suo fratello Elwood, da cui apprende che l’orfanotrofio in cui entrambi sono stati allevati rischia di essere chiuso per cinquemila dollari di tasse arretrate. La madre superiora li diffida dal ricorrere a mezzi illegali per trovare il denaro: i due decidono allora di riunire il loro vecchio gruppo blues e guadagnare la cifra necessaria con la musica. L’impresa è ostacolata dalla polizia stradale (che insegue Elwood per innumerevoli violazioni al codice della strada), dall’ufficiale di controllo di Jake (che è in libertà condizionata), da una donna misteriosa che cerca ripetutamente di far fuori i due fratelli con un inesauribile arsenale di armi, da una country-band cui Jake ed Elwood hanno rubato la scena, e infine da un gruppo di neonazisti la cui manifestazione è stata rovinata dal passaggio della Bluesmobile. Nonostante le resistenze dei vecchi compagni, la banda viene finalmente ricostituita e rifornita di strumenti musicali: però è ben presto chiaro che l’idea di guadagnare cinquemila dollari suonando nei locali pubblici è irrealizzabile. Con un piccolo ricatto, Jake ed Elwood ottengono di tenere un concerto nel gigantesco Palace Hotel e grazie a una propaganda capillare riescono a riempirlo di spettatori. Dopo un inizio incerto, lo spettacolo è un trionfo suggellato da un ricco contratto discografico: però il tempo utile per pagare le tasse volge al termine e i due fratelli fuggono dalla sala con il denaro. Dopo un inseguimento apocalittico e una vera strage di automobili, i Blues Brothers fanno appena in tempo a saldare il debito. L’orfanotrofio è salvo e i fratelli, arrestati con tutta la banda, si ritrovano in carcere a suonare Jailhouse Rockscatenando un happening che i secondini si affrettano a reprimere.

Si nasconde nel finale la differenza più sostanziale fra The Blues Brothers, così come conosciuto e apprezzato da una generazione di spettatori, e la versione originale del film, cui produzione e distribuzione impongono tagli di quasi mezz’ora prima dell’uscita in sala: si tratta di poche inquadrature, che rovesciano però completamente il senso trionfale del numero conclusivo. Chi vede il film nella sua versione ‘tradizionale’ ne esce caricato dall’energia liberatoria di un classico del rock messo in scena in uno scatenato happeningcarcerario: ma la versione definitiva, reintegrata negli anni Novanta con dodici minuti fortunosamente ritrovati, si chiude invece con le immagini delle guardie che accorrono a sedare la rivolta musicale dei protagonisti, colpevoli non tanto dei numerosi reati commessi nel corso della vicenda, ma soprattutto di rappresentare una cultura musicale non allineata ai gusti commerciali dell’epoca disco (e sarà proprio la resistenza degli esercenti a programmare una pellicola giudicata troppo ‘black’ e troppo ‘blues’ a imporre i tagli). Concepito da John Landis e Dan Aykroyd come “un incrocio fra Singin’ in the Rain e Ben Hur“, il film nasce dal desiderio della Universal di sfruttare al cinema il successo televisivo e discografico di una coppia di personaggi creati da Aykroyd & Belushi ma, in luogo di limitarsi a portare sullo schermo i modi e i ritmi delle performances televisive, sceglie di farne figure di uno spessore leggendario che l’ironia di fondo tempera solo parzialmente.

The Blues Brothers è un film costruito sulle proprie contraddizioni, su un’anarchia produttiva autorizzata dal sistema stesso (viene messo in produzione senza un budget approvato e viene scritto e realizzato in fretta e furia: nemmeno dieci mesi fra la prima bozza di soggetto e la copia campione), sul continuo cambio di marcia fra temi e stili cinematografici diversi e apparentemente incompatibili, unificati in una mimesi postmoderna che reinventa lo stile del film scena per scena, lungo un catalogo di situazioni unificate solo dal proprio appartenere, appunto, al patrimonio visivo e narrativo di ottant’anni di cinema. Trionfo di un catastrofismo spettacolare che accosta la dinamica del cartone animato a un’ambientazione sorprendentemente realistica (lo Spielberg di 1941 ‒ 1941 Allarme a Hollywood, 1979, aveva puntato invece su un’iperrealtà interamente ricostruita) e a una musica autenticamente popolare, The Blues Brothers rilancia da solo un intero genere musicale e riscuote un buon successo in tutto il mondo, consentendo a Landis di realizzare l’anno seguente il più personale An American Werewolf in London (Un lupo mannaro americano a Londra). La morte prematura di John Belushi, avvenuta nel 1982, contribuisce a conferire al film uno status di cult che garantisce una notevole longevità musicale anche alla band radunata per l’occasione. Nel 1998, Landis & Aykroyd realizzeranno insieme Blues Brothers 2000 (Blues Brothers ‒ Il mito continua), un elegiaco ‘vent’anni dopo’ sull’irripetibilità del passato, rimasto incompreso da un pubblico e da una critica che si merita i finali edulcorati dalla produzione.

Qualche curiosità

  1. La scena in cui la band compare in una sauna, con indosso solo gli asciugamani, è una citazione della foto di copertina dell’album No Sweatdel 1973 dei Blood Sweat & Tears, in cui la band appare in una sauna in identica posa. Lou Marini e Tom Malone, due dei membri della Blues Brothers Band, erano anche in Blood Sweat & Tears e compaiono in entrambe le scene.
  2. Elwood si toglie il cappello tre volte nel film: quando va a dormire nella sua stanza, per rompere la finestra per raggiungere l’hotel Palace, e verso la fine del film quando la Bluesmobile cade a pezzi. Jake si toglie gli occhiali da sole una volta, quando sta parlando con Carrie Fisher, ma non si toglie mai il cappello.
  3. Quando i fratelli nascondono la macchina sotto il ponte, sul muro si vede un graffito: John *cuore* Deborah. E’ un riferimento al regista John Landis e a sua moglie, la costumista Deborah Nadoolman.
  4. Durante le riprese sono state distrutte 103 auto. Era un record fino al 1998 quando fu girato Blues Brothers 2000e le macchine distrutte salirono a 104.
  5. La Bluesmobile è una Dodge Monaco 1974. I veicoli utilizzati nel film sono macchine della polizia acquistate dalla California Highway Patrol. 12 Bluesmobiles sono state usate nel film, tra cui una che è stata costruita solo per cadere a pezzi. Diverse repliche sono state costruite dai collezionisti, ma originale è di proprietà del cognato di Dan Aykroyd.
  1. Durante le riprese in una delle scene notturne, John Belushi è scomparso. Dan Aykroyd si guardò intorno e vide una casetta con le luci accese. Bussò e prima che potesse dire qualcosa il proprietario della casa chiese: “Sei qui per John Belushi, non è vero?” L’uomo disse loro che Belushi aveva chiesto se poteva avere un bicchiere di latte e un panino e poi si era schiantato sul divano.
  2. Durante le riprese della scena di apertura, le guardie di sicurezza della prigione hanno sparato all’elicottero che filmava l’edificio pensando che stasse tentando di spiare sulla struttura.
  3. Il Soul Food Cafe, dove Aretha Franklin canta Think, era il Nate’s Delidi Chicago. Ora è un parcheggio.
  4. Nel seminterrato di Cab Calloway e nel negozio di musica di Ray Charles potete vedere foto incorniciate di di Martin Luther King, Malcolm X e John e Robert Kennedy. Si tratta di un chiaro omaggio all’attivismo per i diritti civili del 1960.
  5. Il guardaroba dei Blues Brothers è nato durante alcuni episodi di Saturday Night Live dove Dan Aykroyd e John Belushi interpretavano degli agenti dei servizi segreti. Come band invece fecero il loro debutto nello show il 22 aprile 1978.
  6. Per il 30esimo anniversario del film, il giornale del Vaticano L’Osservatore Romanolo ha definito “un film cattolico“.
  7. Carrie Fisher si è fidanzata con Dan Aykroyd durante le riprese dopo che lui l’aveva salvata dal soffocamento usando la manovra di Heimlich.
  8. Dan Aykroyd ha collaborato alla sceneggiatura insieme al regista John Landis.
  9. Quando il film uscì non fu accolto molto bene dalla critica: il New York Times lo definì addirittura una “saga presuntuosa”.
  10. Nel 2004 la BBC ha dichiarato la colonna sonora di Blues Brothers come “la più bella della storia del cinema”.
THE BLUES BROTHERS – LA SCENA DEL RISTORANTE

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THE BLUES BROTHERS – IO LI ODIO I NAZISTI DELL’ILLINOIS

Il 24 febbraio di 17 anni fa ci lasciava Alberto Sordi. Il ricordo di un Marchese, soldato, americano a Roma, ma soprattutto di un Italiano

 

Alberto Sordi

 

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Il 24 febbraio di 17 anni fa ci lasciava Alberto Sordi. Il ricordo di un Marchese, soldato, americano a Roma, ma soprattutto di un Italiano

L’Albertone nazionale, scomparso il 24 febbraio del 2003, è stato uno degli artisti più amati dagli italiani: nella sua lunga e ricca carriera ha saputo raccontare pregi e difetti dell’italiano medio. Ha lavorato con i più grandi del cinema nazionale e ci ha fatto ridere, sognare e pensare.

 

Il 24 febbraio del 2003 moriva a Roma all’età di 83 anni uno dei più grandi artisti italiani. Per giorni, centinaia di migliaia di persone hanno reso omaggio all'”Albertone nazionale” che nella sua lunga e ricca carriera ha saputo raccontare pregi e difetti dell’italiano medio. Ha lavorato con i più grandi del cinema italiano, ricevendo onori in tutto il mondo: è stato governatore di Kansas City e sindaco di Roma, anche se solo per un giorno.

Più di 150 film (di cui 19 diretti da lui) in mezzo secolo di attività, tra cui molti capolavori come Il Marchese del Grillo (1981), o Un americano a Roma (1954), solo per citarne qualcuno. Un patrimonio culturale immenso. È stato seduttore e vedovo, marchese e sceicco, cialtrone e commissario, soprattutto Alberto Sordi è stato un italiano.

GLI INIZI – Già prima della guerra la voce da basso di Sordi risuonava nelle orecchie degli italiani che andavano a vedere i film con Oliver Hardy doppiati da lui (Stanlio e Ollio). Il suo talento comico cominciò a farsi strada prima con la rivista poi via radio con la trasmissione ‘Vi parla Alberto Sordi’, in cui nacquero personaggio come Mario Pio. In decine di gag, ripetute da lui stesso in diverse occasioni ma anche imitate da tutti, dai colleghi alla gente comune, nelle quali si era come cristallizzata quella maschera del romano e dell’italiano medio che è stata la caratteristica più tipica di Alberto Sordi.

"Maccarone, m'hai provocato e io ti distruggo..."

L’AMICIZIA CON VERDONE – Alberto Sordi ha avuto un legame speciale con Carlo Verdone, da molti designato come suo erede. I due attori hanno recitato insieme in alcuni film, come “In viaggio con papà” e “Troppo forte”. A Verdone però non piace l’etichetta di erede, per lui Alberto Sordi è semplicemente un maestro unico, inimitabile e irragiungibile.

I PREMI – Sordi nella sua lunga carriera è stato premiato per sette volte ai David di Donatello (più quattro riconoscimenti speciali), ha vinto quattro Nastri d’Argento, un Leone d’oro alla Carriera, infiniti trofei e il titolo di Cavaliere di Gran Croce, oltre alla cittadinanza italiana di Kansas City. La sua città, Roma, lo ha eletto sindaco per un giorno solo in occasione del suo ottantesimo compleanno, poi gli ha dedicato una via e una galleria in centro.

LA FEDE GIALLOROSSA – Alberto Sordi non ha mai nascosto il suo tifo per la Roma, anzi lo ha rappresentato con ironia anche in alcune gag dei suoi film. Come quando ne Il marito tira l’acqua dal balcone con una pompa ai tifosi della Lazio e fa le pernacchie al telefono a Peppino nel giorno di un derby. «Appena nato il mio primo vagito fu Forza Roma», dice alla moglie nel film per spiegarle che deve correre a vedere la partita allo stadio. I tifosi giallorossi all’Olimpico hanno reso spesso omaggio ad Alberto Sordi: tantissimi gli striscioni che sono apparsi in suo onore. In occasione di Roma-Empoli del 2 marzo 2003, ad una settimana circa dalla scomparsa dell’attore fu intonata la canzone “Ma ‘ndo vai…” ed esposto un grande striscione con su scritto: «Silenzio, il marchese s’è addormito».

Da il Marchese del Grillo: "Io so' io, e voi..."

SCENE CELEBRI – Tantissime le scene che sono rimaste nella storia del cinema: quella in cui Nando Moriconi, filo-americano ma romanissimo, in Un americano a Roma prova a mangiare cibo americano o presunto tale (mostarda, yogurt, marmellata), e poi si getta famelico sui maccheroni, è forse la più celebre di tutte. «Maccherone, m’hai provocato e io te distruggo, io me te magno…». Ma tutto il film è una collezione di gag citatissime: dalla frase «America’, facce Tarzan!», al celebre idioma anglo-maccheronico coniato da Sordi e dagli sceneggiatori (di cui si ricorda soprattutto l’espressione ‘santibailor’) fino all’ epiteto riservato a Carlo Delle Piane, ‘cicalò’ (‘e statte zitto, statte zitto a’ cicalò’).

LAVORATORI… – Nei Vitelloni di Federico Fellini (1953), sceneggiato dal regista con Ennio Flaiano e Tullio Pinelli, Sordi, al termine di una notte brava, si prende gioco con irriverente cinismo di un gruppo di operai mattinieri passando in macchina e urlando: ”Lavoratori…” seguito dal gesto dell’ombrello e da una pernacchia. Celebri sono rimaste anche alcune frasi del Marchese del Grillo, come quella che il marchese rivolge ad un gruppo di popolani «Mi dispiace, ma io so’ io e voi non siete un c…!».