24 gennaio – Nasceva oggi John Belushi, il più grande talento comico americano, il mitico Jake dei The Blues Brothers…

 

John Belushi

 

 

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24 gennaio – Nasceva oggi John Belushi, il più grande talento comico americano, il mitico Jake dei The Blues Brothers…

John Adam Belushi nasce il 24 gennaio 1949 a Chicago – John Adam Belushi, figlio di Anastos e di Agnes, fratello di Miriam, Billy e soprattutto di Jim, che ne porta l’eredità. Un figlio dell’immigrazione anche, in una famiglia che non ha mai dimenticato la terra d’origine, l’Albania, e che è eternamente grata alla città d’adozione, Chicago.

John, il più grande talento comico degli Stati Uniti all’epoca dello splendente Saturday Night Live, morì 33 anni fa, a causa dei suoi eccessi. Al mondo ha lasciato due capolavori, The Blues Brothers e Animal House, due film che hanno fatto storia perché uno è diventato un cult indimenticabile, l’altro ha aperto un genere cinematografico nuovo: i college movie.

Fin da ragazzo John Belushi coltiva tre passioni: il baseball, il teatro e il rock ‘n’ roll. Ai tempi della scuola John Belushi è uno studente modello; si diploma nel 1967 presso la Wheaton Central High School, della cui squadra di football è capitano. E’ questo il periodo in cui conosce e si innamora di Judith Jacklin, sua futura sposa.

La sua carriera inizia a soli 22 anni quando dopo un provino viene reclutato dalla “Second City Comedy”, storica compagnia di Chicago dedita agli sketch improvvisati. In questi anni John Belushi conosce a Toronto Dan Aykroyd, con il quale instaura un solido rapporto lavorativo, oltre a una profonda amicizia.

Nel 1975 la NBC dà vita ad una delle trasmissioni destinate a rivoluzionare la televisione americana: “Saturday Night Live“. Dopo essersi fatto conoscere per la sua comicità demenziale in spettacoli teatrali prima, e alla radio poi, John Belushi viene reclutato nel cast di “Saturday Night Live”, e la sua popolarità si impenna. Sullo stesso palco si alternano rockstar, attori e comici in un clima informale. Belushi aggiorna di puntata in puntata il suo repertorio di personaggi. La sera del 22 aprile 1978 John Belushi e Dan Aykroyd si presentano davanti alla telecamera nei panni di Joliet Jake ed Elwood, con abito e cravatta neri, occhiali da sole e cappello modello “fedora”: cantano un pezzo blues accompagnandolo con frenetici balletti e capriole. Sarebbe stato il preludio del fenomeno mondiale “Blues Brothers”.

Nella sua carriera cinematografica sono cinque i film a cui il suo nome è rimasto legato da un doppio filo; due di questi sono divenuti vero e proprio culto: “Animal House” (1978) e “The Blues Brothers” (1980), entrambi diretti da John Landis. Nel primo John Belushi interpreta la parte del repellente Bluto Blutarski, capo di una banda di goliardi, nel secondo è Jake, ex galeotto, con il cui fratello Elwood (Dan Aykroyd) si dedica al blues e alla beneficenza (“in missione per conto di Dio”); a contibuire a rendere leggenda quest’ultimo film sono le partecipazioni di mostri sacri del genere musicale quali James Brown, Ray Charles, Aretha Franklin e John Lee Hooker.

Negli altri tre film John Belushi non veste quelle sue maschere-icona per le quali è ricordato. In questi film interpreta ruoli più terreni: in “1941: allarme a Hollywood” (1979) di Steven Spielberg è un pilota, in “Chiamami aquila” (1981) di Michael Apted, veste i panni di un giornalista di Chicago innamorato di una ornitologa, e infine in “I vicini di casa” (1981) di John Avildsen, interpreta un paranoico teso alla difesa della sua privacy.

L’attore muore a soli 33 anni. La mattina del 5 marzo 1982 John Belushi viene ritrovato in un bungalow di un complesso alberghiero. Già in cattive condizioni fisiche dovute all’obesità e all’eccesso di alcool, la morte è sopraggiunta a causa di un’iniezione letale di cocaina ed eroina.

La sua salma riposa all'”Abel’s Hill Cemetery” a Martha’s Vineyard, nel Massachusetts.

10 delle sue grandi frasi:

  • “Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare” [Animal House, 1978]
  • “I miei personaggi dicono che va bene essere incasinati. La gente non deve necessariamente essere perfetta. Non deve essere intelligentissima. Non deve seguire le regole. Può divertirsi. La maggior parte dei film di oggi fa sentire la gente inadeguata. Io no”
  • “Oh un pensiero molto carino. Il giorno che io esco di prigione, il mio unico fratello mi viene a prendere con una macchina della polizia!” [The Blues Brothers, 1980]
  • “Vivi veloce, muori giovane e cerca di lasciare dietro di te un cadavere gradevole”
  • “Tutta la mia vita è preordinata da altri, io devo solo esserci”
  • “La scena è il solo posto in cui sono consapevole di ciò che sto facendo”
  • “Cosa? È finita? Hai detto finita? Non finisce proprio niente se non l’abbiamo deciso noi. È forse finita quando i TEDESCHI bombardarono Pearl Harbor? Col cazzo che è finita!” [Animal House, 1978]
  • “Pensi che a nessuno importa se sei vivo o morto? Prova a non pagare per due mesi la rata della macchina…”
  • “Quello che non mi convince è che mi baci e mi guardi come se io stessi per morire” [Chiamami aquila, 1981]
  • “La gente vuole apparire per ciò che non è. Tutti vogliono essere sempre perfetti, intelligentissimi, belli. Ma pensare solo a divertirsi e basta proprio non vi va?”

 

16 giugno 1980 – In prima assoluta a Chicago esordiva il mitico film The Blues Brothers – Un cult che rimarrà per sempre nella storia del cinema.

 

The Blues Brothers

 

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16 giugno 1980 – In prima assoluta a Chicago esordiva il mitico film The Blues Brothers – Un cult che rimarrà per sempre nella storia del cinema.

Il 16 giugno in anteprima a Chicago e poi il 20 giugno 1980 in circa 600 cinema americani veniva proiettato per la prima volta il film The Blues Brothers, il film che avrebbe fatto la storia del cinema.

Il Film

(USA 1980, colore, 130m); regia: John Landis; produzione: Robert K. Weiss per Universal; sceneggiatura: Dan Aykroyd, John Landis; fotografia: Stephen M. Katz; montaggio: George Folsey Jr.; scenografia: John J. Lloyd; costumi: Deborah Nadoolman; coreografie: Carlton Johnson; musica: Elmer Bernstein.

Chicago, penitenziario Joliet, all’alba. Jake Blues esce di prigione e ad attenderlo, su un’auto truccata chiamata Bluesmobile, trova suo fratello Elwood, da cui apprende che l’orfanotrofio in cui entrambi sono stati allevati rischia di essere chiuso per cinquemila dollari di tasse arretrate. La madre superiora li diffida dal ricorrere a mezzi illegali per trovare il denaro: i due decidono allora di riunire il loro vecchio gruppo blues e guadagnare la cifra necessaria con la musica. L’impresa è ostacolata dalla polizia stradale (che insegue Elwood per innumerevoli violazioni al codice della strada), dall’ufficiale di controllo di Jake (che è in libertà condizionata), da una donna misteriosa che cerca ripetutamente di far fuori i due fratelli con un inesauribile arsenale di armi, da una country-band cui Jake ed Elwood hanno rubato la scena, e infine da un gruppo di neonazisti la cui manifestazione è stata rovinata dal passaggio della Bluesmobile. Nonostante le resistenze dei vecchi compagni, la banda viene finalmente ricostituita e rifornita di strumenti musicali: però è ben presto chiaro che l’idea di guadagnare cinquemila dollari suonando nei locali pubblici è irrealizzabile. Con un piccolo ricatto, Jake ed Elwood ottengono di tenere un concerto nel gigantesco Palace Hotel e grazie a una propaganda capillare riescono a riempirlo di spettatori. Dopo un inizio incerto, lo spettacolo è un trionfo suggellato da un ricco contratto discografico: però il tempo utile per pagare le tasse volge al termine e i due fratelli fuggono dalla sala con il denaro. Dopo un inseguimento apocalittico e una vera strage di automobili, i Blues Brothers fanno appena in tempo a saldare il debito. L’orfanotrofio è salvo e i fratelli, arrestati con tutta la banda, si ritrovano in carcere a suonare Jailhouse Rockscatenando un happening che i secondini si affrettano a reprimere.

Si nasconde nel finale la differenza più sostanziale fra The Blues Brothers, così come conosciuto e apprezzato da una generazione di spettatori, e la versione originale del film, cui produzione e distribuzione impongono tagli di quasi mezz’ora prima dell’uscita in sala: si tratta di poche inquadrature, che rovesciano però completamente il senso trionfale del numero conclusivo. Chi vede il film nella sua versione ‘tradizionale’ ne esce caricato dall’energia liberatoria di un classico del rock messo in scena in uno scatenato happeningcarcerario: ma la versione definitiva, reintegrata negli anni Novanta con dodici minuti fortunosamente ritrovati, si chiude invece con le immagini delle guardie che accorrono a sedare la rivolta musicale dei protagonisti, colpevoli non tanto dei numerosi reati commessi nel corso della vicenda, ma soprattutto di rappresentare una cultura musicale non allineata ai gusti commerciali dell’epoca disco (e sarà proprio la resistenza degli esercenti a programmare una pellicola giudicata troppo ‘black’ e troppo ‘blues’ a imporre i tagli). Concepito da John Landis e Dan Aykroyd come “un incrocio fra Singin’ in the Rain e Ben Hur“, il film nasce dal desiderio della Universal di sfruttare al cinema il successo televisivo e discografico di una coppia di personaggi creati da Aykroyd & Belushi ma, in luogo di limitarsi a portare sullo schermo i modi e i ritmi delle performances televisive, sceglie di farne figure di uno spessore leggendario che l’ironia di fondo tempera solo parzialmente.

The Blues Brothers è un film costruito sulle proprie contraddizioni, su un’anarchia produttiva autorizzata dal sistema stesso (viene messo in produzione senza un budget approvato e viene scritto e realizzato in fretta e furia: nemmeno dieci mesi fra la prima bozza di soggetto e la copia campione), sul continuo cambio di marcia fra temi e stili cinematografici diversi e apparentemente incompatibili, unificati in una mimesi postmoderna che reinventa lo stile del film scena per scena, lungo un catalogo di situazioni unificate solo dal proprio appartenere, appunto, al patrimonio visivo e narrativo di ottant’anni di cinema. Trionfo di un catastrofismo spettacolare che accosta la dinamica del cartone animato a un’ambientazione sorprendentemente realistica (lo Spielberg di 1941 ‒ 1941 Allarme a Hollywood, 1979, aveva puntato invece su un’iperrealtà interamente ricostruita) e a una musica autenticamente popolare, The Blues Brothers rilancia da solo un intero genere musicale e riscuote un buon successo in tutto il mondo, consentendo a Landis di realizzare l’anno seguente il più personale An American Werewolf in London (Un lupo mannaro americano a Londra). La morte prematura di John Belushi, avvenuta nel 1982, contribuisce a conferire al film uno status di cult che garantisce una notevole longevità musicale anche alla band radunata per l’occasione. Nel 1998, Landis & Aykroyd realizzeranno insieme Blues Brothers 2000 (Blues Brothers ‒ Il mito continua), un elegiaco ‘vent’anni dopo’ sull’irripetibilità del passato, rimasto incompreso da un pubblico e da una critica che si merita i finali edulcorati dalla produzione.

Qualche curiosità

  1. La scena in cui la band compare in una sauna, con indosso solo gli asciugamani, è una citazione della foto di copertina dell’album No Sweatdel 1973 dei Blood Sweat & Tears, in cui la band appare in una sauna in identica posa. Lou Marini e Tom Malone, due dei membri della Blues Brothers Band, erano anche in Blood Sweat & Tears e compaiono in entrambe le scene.
  2. Elwood si toglie il cappello tre volte nel film: quando va a dormire nella sua stanza, per rompere la finestra per raggiungere l’hotel Palace, e verso la fine del film quando la Bluesmobile cade a pezzi. Jake si toglie gli occhiali da sole una volta, quando sta parlando con Carrie Fisher, ma non si toglie mai il cappello.
  3. Quando i fratelli nascondono la macchina sotto il ponte, sul muro si vede un graffito: John *cuore* Deborah. E’ un riferimento al regista John Landis e a sua moglie, la costumista Deborah Nadoolman.
  4. Durante le riprese sono state distrutte 103 auto. Era un record fino al 1998 quando fu girato Blues Brothers 2000e le macchine distrutte salirono a 104.
  5. La Bluesmobile è una Dodge Monaco 1974. I veicoli utilizzati nel film sono macchine della polizia acquistate dalla California Highway Patrol. 12 Bluesmobiles sono state usate nel film, tra cui una che è stata costruita solo per cadere a pezzi. Diverse repliche sono state costruite dai collezionisti, ma originale è di proprietà del cognato di Dan Aykroyd.
  1. Durante le riprese in una delle scene notturne, John Belushi è scomparso. Dan Aykroyd si guardò intorno e vide una casetta con le luci accese. Bussò e prima che potesse dire qualcosa il proprietario della casa chiese: “Sei qui per John Belushi, non è vero?” L’uomo disse loro che Belushi aveva chiesto se poteva avere un bicchiere di latte e un panino e poi si era schiantato sul divano.
  2. Durante le riprese della scena di apertura, le guardie di sicurezza della prigione hanno sparato all’elicottero che filmava l’edificio pensando che stasse tentando di spiare sulla struttura.
  3. Il Soul Food Cafe, dove Aretha Franklin canta Think, era il Nate’s Delidi Chicago. Ora è un parcheggio.
  4. Nel seminterrato di Cab Calloway e nel negozio di musica di Ray Charles potete vedere foto incorniciate di di Martin Luther King, Malcolm X e John e Robert Kennedy. Si tratta di un chiaro omaggio all’attivismo per i diritti civili del 1960.
  5. Il guardaroba dei Blues Brothers è nato durante alcuni episodi di Saturday Night Live dove Dan Aykroyd e John Belushi interpretavano degli agenti dei servizi segreti. Come band invece fecero il loro debutto nello show il 22 aprile 1978.
  6. Per il 30esimo anniversario del film, il giornale del Vaticano L’Osservatore Romanolo ha definito “un film cattolico“.
  7. Carrie Fisher si è fidanzata con Dan Aykroyd durante le riprese dopo che lui l’aveva salvata dal soffocamento usando la manovra di Heimlich.
  8. Dan Aykroyd ha collaborato alla sceneggiatura insieme al regista John Landis.
  9. Quando il film uscì non fu accolto molto bene dalla critica: il New York Times lo definì addirittura una “saga presuntuosa”.
  10. Nel 2004 la BBC ha dichiarato la colonna sonora di Blues Brothers come “la più bella della storia del cinema”.
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