8 Marzo – Un fantastico monologo di Luciana Littizzetto: “Cari uomini vi scrivo”…

Luciana Littizzetto

 

 

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8 Marzo – Un fantastico monologo di Luciana Littizzetto:  “Cari uomini vi scrivo”…

Amici. Amici del sesso avverso. Allegri compari di Sherwood. Cara altra metà della mela, quella dove c’è il vermino. Cari amici nati da un unico ceppo, ma differenti da noi per un’unica cippa.  Noi vi amiamo tanto anche in molti momenti della nostra vita che mai avremmo pensato. Vi amiamo quando adoperate l’asciugamano per la faccia per parti meno nobili e più vaste, vi amiamo anche quando, uscendo dalla doccia per divertirvi, vi pinzate il walter sotto le gambe e ci fate vedere come sareste se foste femmine… Ma abbiamo delle richieste da farvi. Cari e mansueti gorilla.

A noi donne più che la mimosa secca che ci regalate l’otto marzo dopo che è stata tutto il giorno sul cruscotto, ci serve che impariate tutti i giorni piccole e grandi cose.

Ci sarebbe già di conforto che non vi faceste lo shampoo con il balsamo, per dire. E capiste che tanto non fa schiuma anche se nell’insaponarvi ci mettete l’energia che ci vuole per stancare un vitello prima della marchiatura.

Avremmo desiderio che i calzini, così come sono nati, continuino a vivere appaiati anche quando saranno distanti dai vostri piedi. Ci piacerebbe che capiste, almeno una volta ogni quinquennio, cosa vi vogliamo dire a volte col nostro silenzio. Se ci vedete tacite e silenziose, provate a girarvi. Se per terra dietro di voi vedete venti merde a forma di piede, forse ci sarebbe piaciuto che vi levaste le scarpe dopo essere passati avanti e indietro nella fanga.

Vorremmo inoltre che oltre a sapere a memoria il numero di piede di Marchisio vi ricordaste anche i giorni di ricevimento dei professori dei figli. Adoreremmo che poteste comprendere, tra le varie e tante possibilità che vi si affacciano alla mente, che un bicchiere nel lavandino non deve per forza rimanere lì, ma è possibile lavarlo con due soli colpi di spugnetta… E che le pentole antiaderenti non sono fatte per disegnarci sopra dei geroglifici con la punta del coltello. Vorremmo che non consideraste come dogma assoluto che l’arrosto della mamma è più buono di quello che facciamo noi.

Il creatore non ha detto: “E la suocera fece l’arrosto, fatelo sempre così in memoria di me”.

E saremmo felici, se poteste non rimirare le tette delle altre come se fossero un’opera d’arte, e le nostre come due vecchie cugine.
Ci piacerebbe che prendeste il raffreddore per quello che è, e cioè un insieme di starnuti che dura quattro giorni, e non come una malattia invalidante senza speranza… E saremmo liete se almeno una volta nella vostra vita provaste ad appendere i pantaloni sull’attaccapanni in modo logico, pensandoci un attimo.

Il gancio ad esempio, va appeso e non infilato dentro l’orlo.

E infine vorremmo tranquillizzarvi cari homi sapiens sapiens. State sereni e non temete. Dire una volta tanto “ti amo” non crea né impotenza né assuefazione.

Letterina alla Befana di Luciana Littizzetto

Luciana Littizzetto

 

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Letterina alla Befana di Luciana Littizzetto

Cara Befana è la tua socia che ti parla, la tua Walter ego.

Intanto vorrei dire a tutti che non sei una escort, anche se quando voli sulla scopa sembra che tu faccia la lap dance in orizzontale. Sia chiaro per tutti.

Dunque cara Bef, puoi dire a quelli che costruiscono i bancomat che la smettano di costruire i bancomat controsole? Che per riuscire a fare il prelievo bisogna coricarsi sul bancomat e schiacciare il naso dentro al vetro per vedere qualcosa?

Spiega loro che quando noi andiamo al bancomat non è per prendere la tintarella sul culo, eh! Noi al bancomat ci andiamo per prelevare. Ecco. E se sul vetro batte il sole vediamo solo la polvere dei secoli. Quindi appello ai bancomat designer, mettere bene un bancomat non è difficile: aspettate mezzogiorno, se la luce picchia contro basta che lo spostiate di posizione, teste di pirla!

E già che siamo lì, illumina, oh Befana, chi fa i feltrini da mettere sotto le gambe delle sedie. Fa’ sì che siano fatti per restare per sempre sotto le gambine e non che se ne vadano subito in giro come fa il cerotto, che se te ne metti uno sul dito del piede tempo di mettere la calza è già risalito fino al ginocchio.

Fai poi una legge che regolamenti le richiamate telefoniche col cellulare, che quando cade la linea parte la scarambola che tutti e due richiamano contemporaneamente e ti escono i nervi dalla guaina. Ecco, facciamo che richiama il primo che ha chiamato. Ecco. E fine al ballarò.

Fa’ anche che le zip delle giacche a vento si incastrino quando non hai una minchia da fare e non quando parte lo skilift.

Fai i cicles a sapore costante (le gomme). E non che quando lo metti in bocca è fortissimo, ha il sapore di duecento borocilline e dopo cinque minuti non sa più di niente e ti sembra di masticare l’elastico delle mutande.

E chiedi, cara Befi, all’ikea di fare i plaid a misura d’uomo: bastano trenta centimetri in più così uno riesce a coprirsi i piedi senza lasciar fuori le tette. E poi, Befi mia, già che parli con quelli lì, spiegagli che facciano le federe della misura dei nostri cuscini che sono rettangolari e non quadrati. Chissene frega che in Svezia usano i cuscini quadri! Noi siamo in Italia, se la federa è quadra e il cuscino un rettangolo a noi poi resta fuori una budella di cuscino che sembra un’ernia espulsa.

E fai, oh Befana tutta tana, un disegno di legge sui contagocce, che si chiamano contagocce ma se li premi orinano come un cucciolo di cocker. Tranne la Novalgina, perché le gocce di Novalgina sono stitiche: prima che ne cada una passa il tempo di una partita di calcio.

E già che ci sei proponi a Monti di fare anche una riforma dei tappi coi buchi dell’Aperol, che sono sempre intasati e poi quando scuoti di colpo ne viene giù mezzo litro. Finanzi la ricerca almeno per questo.

Vieta le pubblicità di cibo per gatti servito nei piatti di porcellana inglese, i gatti son gatti, non sono fighetti decadenti come i loro padroni.

E se trovi una belva feroce per strada la riporti al circo, allora rimetti tutte le slot machine nei casinò e toglile dai bar.

Inventa un allarme per appartamenti che almeno una volta nella vita suona perché ci sono davvero i ladri e non per i cazzi suoi.

Fai oltremodo sì che i gelatai smettano di fare i gelati con gusti che mi sento di definire pragmaticamente del cacchio, tipo tè verde, zenzero, soia, perché di questo passo arriveremo ad abbinare cioccolato, cardo e ascella di Gattuso. Non è degno di un paese civile.

N.B. Notare Fazio gonfio come un’otaria. Ma senza baffi.

Luciana Littizzetto