Il razzismo? Dipende dalla scarsa intelligenza. Più sei stupido, più sei razzista. Lo dice la scienza

 

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Il razzismo? Dipende dalla scarsa intelligenza. Più sei stupido, più sei razzista. Lo dice la scienza

Il razzismo? Dipende dal QI basso. Ecco perché

 

Lo psicologo Gordon Hodson, della Brock Univerisity dell’Ontario, ha effettuato diverse ricerche negli ultimi anni volte ad osservare la correlazione – se mai ce ne fosse una – tra inclinazione ai pregiudizi, agli atteggiamenti conservatori, razzisti o omofobi e il QI.
Un suo famoso studio mette in luce una correlazione piuttosto significativa che non ha mancato e
non mancherà di far discutere.

Lo studio

Lo studioso ha infatti selezionato un campione britannico di circa 15000 bambini di 10/11 anni che sono stati sottoposti a test per la valutazione del quoziente intellettivo; lo stesso campione, 20 anni dopo, è stato ascoltato riguardo a opinioni su alcune tematiche del tipo “le donne che lavorano a tempo pieno causano un problema alla famiglia” “saresti disposto o meno a lavorare con persone di altre razze”, “è necessario educare i bambini a obbedire all’autorità”.

I test

I bambini che all’epoca del test avevano avuto i risultati più scarsi in termini di QI si sono rivelati essere mediamente più d’accordo con la linea conservatrice-discriminatoria rispetto a quelli che avevano avuto i risultati migliori.

Al netto di generalizzazioni che sarebbero una sterile strumentalizzazione dei risultati della ricerca di Hodson, c’è un dato interessante che emerge da quanto osservato: un QI meno sviluppato risulta essere correlato alla resistenza al cambiamento, all’ostilità nei confronti del diverso e riluttanza verso il nuovo.

Le cause

Da questo consegue una posizione meno aperta al diverso in ogni sua forma. Il che riguarda non la bontà della persona ma la sua capacità di elaborare informazioni ad un livello più evoluto.
Il che a sua volta determina il grado di limitazione entro il quale la persona si auto condannerà a vivere, o meno.

I dati

Dai dati è emerso anche come le persone con capacità cognitive meno sviluppate tendano ad avere meno contatti con le persone di altre razze e come i soggetti meno capaci di ragionamento astratto tendano a coltivare posizioni maggiormente omofobe.
Si può quindi affermare che gli atteggiamenti discriminatori siano sintomo di una deficienza, in buona sostanza.
Parafrasando qualcuno si potrebbe oggi dire “io ho un sogno: vivere in un mondo nel quale il QI delle persone sia abbastanza elevato da non arenarsi più su questioni – come il pregiudizio e la paura del diverso – che non riguardano a questo punto più la sfera morale ma l’auspicabile
maggiore sviluppo cognitivo dei futuri abitanti del nostro pianeta.

tratto da: https://ilfastidioso.myblog.it/2018/02/04/e-scientifico-chi-e-di-destra-o-razzista-e-perche-ha-il-q-i-basso/

Le razze non esistono, il razzismo sì. Ottomila genetisti lo hanno dimostrato – E non dimenticate che il razzismo dipende dalla scarsa intelligenza. Più sei stupido, più sei razzista…

 

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Le razze non esistono, il razzismo sì. Ottomila genetisti lo hanno dimostrato – E non dimenticate che il razzismo dipende dalla scarsa intelligenza. Più sei stupido, più sei razzista…

Viviamo in una realtà in cui, sempre di più, gli episodi di razzismo sono all’ordine del giorno: nelle scuole, per strada, nello sport. La presunta superiorità di alcune “razze” su altre viene spesso tirata in ballo per fare propaganda politica: su quali basi, però? Certamente non scientifiche. Per la scienza, infatti, quello di “razza umana” non è altro che un costrutto sociale, che non si basa su nessuna evidenza scientifica.

Il concetto di “razze umane” ha radici ben lontane nel tempo: già nel Medioevo esisteva la discriminazione verso altri popoli o verso determinate categorie di persone, ma non si trattava tanto di motivi legati al colore della pelle, quanto piuttosto religiosi e politici. La suddivisione dell’umanità in “razze” è arrivata dopo, con l’espansione coloniale. Il periodo delle grandi esplorazioni ha messo in contatto le popolazioni europee con altre fino ad allora sconosciute, dall’aspetto differente da quello che era comune in Europa: questi popoli erano spesso considerati privi di ragione, sentimento e moralità, e per questo era considerato normale o giusto sottometterli, quando non sterminarli. 

Il primo testo a utilizzare il concetto di “razza” è stato La Nouvelle division de la terre par les différentes espèces ou races qui l’habitent (La nuova divisione della terra secondo le differenti specie o razze che l’abitano)scritto dal medico francese François Bernier nel 1684. Bernier ipotizzò l’esistenza di un diverso tipo di essere umano su ciascun continente, che si distingueva dagli altri per il colore della pelle e altre caratteristiche somatiche, senza però dare giudizi di superiorità o inferiorità di un tipo rispetto a un altro. La classificazione delle “razze” umane venne poi completata da Linneo alla fine del Settecento, che nel suo Systema Naturae divise gli uomini a seconda della provenienza e del colore della pelle. Le teorie razziste vere e proprie, però, risalgono al Diciannovesimo secolo, contemporaneamente alla comparsa del positivismo e della cieca fiducia nella scienza per risolvere i problemi sociali. Il loro scopo primario, negli Stati Uniti, era quello di giustificare su un piano “scientifico” l’istituzione della schiavitù. In Europa, il conte Joseph Arthur Gobineau, nel suo Saggio sull’ineguaglianza delle razze umane del 1855, espose l’idea che la razza superiore fosse rappresentata dai tedeschi, considerati i discendenti più puri di un popolo mitico, gli ariani. Gobineau imputava inoltre la presunta decadenza delle civiltà alle mescolanze etniche.

Ad andare contro queste teorie fu Charles Darwin, che nel 1871 pubblicò L’origine dell’uomo. Darwin sosteneva che la specie umana fosse una sola, e quelle che venivano chiamate “razze” non erano abbastanza distinte da non risultare interfeconde, cioè da non potersi accoppiare tra loro. Le differenze tra queste presunte “razze”, benché vistose, erano del tutto irrilevanti. Ma l’insensato utilizzo del termine “razza” andò avanti: con la nascita del “razzismo scientifico” le persone venivano classificate non solo in base alla provenienza e al colore della pelle, ma anche in base alla bellezza e alle misurazioni antropometriche (l’indice cefalico e l’angolo facciale erano considerati una misura delle facoltà intellettive). Questo aprì la strada all’eugenetica, diventata tristemente nota nel periodo nazista. 

Per molto tempo, quindi, il concetto di “razza umana” è stato fondato su differenze nelle caratteristiche somatiche esterne (il fenotipo), come il colore della pelle, degli occhi, dei capelli. È solo nel secondo dopoguerra, però, che gli scienziati si resero conto che le misurazioni antropometriche non avevano alcun valore scientifico nel determinare le differenze fra popolazioni.

Lo sviluppo della genetica ha fatto sì che si cominciasse a guardare alla composizione genetica di un organismo (il genotipo) come elemento distintivo. A livello genotipico tutte queste differenze non ci sono. La genetica, infatti, ha più volte dimostrato che non esistono razze biologicamente separate e distinte in cui è possibile suddividere la specie umana. La variabilità genetica si distribuisce secondo un gradiente geografico, spiegabile con le numerose migrazioni e il mescolamento di popolazioni nel corso della storia. La “purezza razziale”, che alcune fazioni politiche vorrebbero riportare in auge anche oggi, non ha alcun senso.

Secondo Luigi Luca Cavalli Sforza, pioniere della genetica di popolazioni, “Vi è quasi sempre una sorta di continuità geografica della variazione fra i gruppi umani. Se andiamo da un’estremità all’altra del mondo in qualunque direzione, si passa piuttosto gradualmente da un tipo ereditario a un altro assai diverso. Le discontinuità sono rare e sottili, rendendo problematica la classificazione in razze. Quasi nessun altro mammifero mostra una variazione tra ‘razze’ tanto piccola quanto quella osservata nell’uomo”.

Nel 1950, l’Unesco ha pubblicato una dichiarazione che attestava che tutti gli esseri umani appartengono alla stessa specie e che la razza non è un concetto biologico ma un mito. La dichiarazione era un sunto di tutti gli studi svolti fino a quel momento da antropologi, genetisti, sociologi e psicologi. Eppure, nonostante siano passati quasi settant’anni, c’è ancora bisogno di spiegarlo. Negli Stati Uniti, l’American society of Human Genetics, composta da 8mila genetisti, nel 2018 ha dovuto rilasciare una dichiarazione che, di nuovo, afferma che dal punto di vista scientifico parlare di razze umane e di supremazia di una razza su un’altra non solo non ha alcun senso, ma dimostra anche una scarsissima conoscenza della genetica umana. Ovviamente non è bastato, dal momento che alcuni studi scientifici vengono ancora strumentalizzati dalla politica per portare avanti idee e convinzioni del tutto sbagliate.  

John Novembre, biologo evoluzionista dell’Università di Chicago, ha portato come esempio al New York Times il caso dell’intolleranza al lattosio. Nel 2016, infatti, sono stati diffusi online video e immagini di esponenti di partiti di estrema destra che si facevano fotografare durante comizi e apparizioni pubbliche mentre bevevano latte. Questo perché uno studio del 2008 affermava che la possibilità di digerire il lattosio in età adulta era legata a una mutazione genetica presente solo in alcune parti del mondo, tra cui l’Europa. Questa variante genetica si è sviluppata in quelle popolazioni che, circa 5mila anni fa, allevavano vacche. Si trattava soprattutto di popolazioni del Nord Europa, ma i suprematisti bianchi hanno omesso di specificare che la stessa mutazione è presente anche in Africa e in Medio Oriente. Non è quindi possibile affermare che la possibilità di digerire il lattosio sia una prerogativa esclusiva degli europei o, comunque, di persone dalla pelle bianca.

Dopo la conclusione, nel 2003, dell’Hgp (Humane genome project), nel corso del quale è stato sequenziato l’intero genoma della nostra specie, gli scienziati si sono concentrati anche sulla storia evolutiva dell’uomo: l’uomo moderno ha un’origine sub-sahariana, e attraverso numerose migrazioni si è spostato dall’Africa colonizzando via via tutto il mondo. E proprio dall’Hgp arriva un esperimento che, una volta per tutte, dovrebbe far smettere di utilizzare a sproposito il termine “razza”. Tra i primi genomi completamente sequenziati c’erano quelli di James Watson e Craig Venter, genetisti americani di origine europea, e quello di Seong-Jin Kim, genetista coreano. Sia Watson che Venter condividevano più alleli (un allele è ciò che può variare in un singolo gene: per esempio, tutti gli umani hanno un singolo gene che determina l’aspetto dei capelli e i differenti alleli rappresentano le differenze di colore e consistenza) con Seong-Jin Kim, (1,824,482 e 1,736,340, rispettivamente) che tra di loro (1,715,851).

Altri studi sono arrivati allo stesso risultato: una review pubblicata su Nature nel 2004 afferma che le variazioni genetiche presenti all’interno della stessa popolazione sono più ampie di quelle riscontrate tra popolazioni di regioni geografiche diverse. Le caratteristiche genetiche che associamo a certe popolazioni non sono esclusive, non corrispondono a un unico gruppo, ma formano un gradiente. Per esempio, la mutazione che causa l’anemia falciforme, una malattia genetica del sangue che modifica la forma dei globuli rossi, è presente nelle zone del mondo in cui la malaria è comune. Il gene mutato, infatti, conferisce anche resistenza alla malaria. 

Un altro studio svolto da ricercatori della Stanford University ha esaminato la diversità umane osservando la distribuzione di 4mila alleli nelle sette maggiori regioni geografiche. Oltre il 92% degli alleli esaminati sono stati trovati in due o più regioni, e quasi la metà erano presenti in tutte e sette. Se esistessero razze diverse, o gruppi etnici totalmente separati, ci si aspetterebbe di trovare alleli caratteristici di un singolo gruppo e non presenti negli altri. Invece, solo il 7,4% dei 4mila alleli studiati erano specifici per una singola regione geografica. Non solo: non erano nemmeno così comuni, essendo presenti circa nell’1% delle persone appartenenti a quella regione. Come specie condividiamo tutti, indipendentemente dalla zona del mondo in cui siamo nati e viviamo, il 99,9% del Dna, e le poche differenze che esistono sono imputabili a fattori ambientali, non alla nostra biologia. 

Nonostante questo sia ormai noto, e nonostante ci sia stata anche la proposta di abolire la parola “razza” dalla Costituzione italiana, ancora oggi la politica cerca di etichettare come nemico comune chi ha un colore della pelle diverso, giocando sul fatto che ancora, per molte persone, il pregiudizio e i luoghi comuni valgono di più di una realtà dimostrata scientificamente.

Tratto da: https://thevision.com/attualita/razze-8mila-genetisti/

E non dimenticate che il razzismo dipende dalla scarsa intelligenza. Più sei stupido, più sei razzista…

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Esperimento Sociale – Il Prof razzista attacca studentessa musulmana. La reazioni dei compagni… E se alla fine del video vi scappa la lacrimuccia non vergognatevi: siete ancora umani…!

 

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Esperimento Sociale – Il Prof razzista attacca studentessa musulmana. La reazioni dei compagni… E se alla fine del video vi scappa la lacrimuccia non vergognatevi: siete ancora umani…!

Abbiamo fatto un esperimento sociale al primo giorno di scuola con telecamere nascoste. In tre differenti istituti (un classico, uno scientifico e un tecnico) arriva in classe una nuova compagna, musulmana con il velo integrale. Un nuovo professore, un nostro attore, entra in classe e comincia a deriderla. In un’escalation di battute razziste, xenofobe e islamofobe i ragazzi vengono messi alla prova. Qualcuno difenderà la studentessa islamica dagli attacchi del prof razzista? Una candid camera utile per riflettere sui temi dell’integrazione e dell’accoglienza.

Una produzione Fanpage.it video di Luca Iavarone organizzazione e riprese: Raffaello Durso attori: Pino L’Abbate e Chiara  assistente alla regia: Paola Mirisciotti assistente di produzione: Danilo Zanghi autori: Dario Volpe, Luca Iavarone Si ringraziano presidi e professori degli istituti Genovesi, Leonardo Da Vinci e Di Giacomo per la disponibilità.

Ciao “fratello” razzista. Vuoi sapere perché i migranti non vogliono essere riportati in Libia? …La lettera shock dell’attivista Nawal Soufi che, razzista o no, dovresti leggere, imparare a memoria e diffondere…

 

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Ciao “fratello” razzista. Vuoi sapere perché i migranti non vogliono essere riportati in Libia? …La lettera shock dell’attivista Nawal Soufi che, razzista o no, dovresti leggere, imparare a memoria e diffondere…

Ciao “fratello” razzista
Vuoi sapere perche’ i migranti non vogliono essere riportati in Libia?
Ok
Ti rispondero’ con delle domande
Ti e’ mai capitato di violentare tua madre perche’ qualcuno ha il fucile puntato contro di te e contro di lei? 
Ti e’ mai capitato di violentare tua sorella e di vedere nascere tuo figlio dalla pancia di tua sorella?
Sai quanti figli di scafisti abbiamo in Europa?
Cioe’ sai quante donne hanno partorito al loro arrivo dei bambini non voluti?
Sai cosa significa mangiare un pezzo di pane in 24 ore e vedere un pezzo di formaggino come fosse oro?
Ti e’ mai capitato di fare i tuoi bisogni dentro un secchio e davanti agli occhi di centinaia di persone?
Ti e’ mai capitato di avere le mestruazioni e non poterti lavare per settimane o mesi?
Ti e’ mai capitato di essere messo all’asta e venduto come uno schiavo nel 2019?
Ti e’ mai capitato di nutrire tuo figlio con the zuccherato e spacciarlo per latte?
Ti e’ mai capitato di essere picchiato a sangue perche’ chiedi l’intervento di un medico?
Ti e’ mai capitato d’essere fucilato per colpa di uno sguardo di troppo?
Ti e’ mai capitato di svegliarti con le urine versate in faccia?
Ti e’ capitato che qualcuno ti aprisse il corpo con un coltello e mettesse subito dopo del sale per sentire maggiormente le tue urla?
Per tutti questi motivi…caro razzista…ti posso classificare tra i criminali che hanno accettato un secondo Holocausto
-Nawal Soufi-


Questa la lettera shock ai razzisti che sta girando in rete
Nawal Soufi è una giovane donna siciliana, nata in Marocco e venuta in Italia quando aveva solo un mese. Ha salvato decine di migliaia di persone dalla morte per annegamento. Il suo nome in arabo significa “dono”…

Una donna, giovane, piccola e minuta è riuscita a fare questo da sola