“Dirò cosa mi hanno fatto a Dio. Gli dirò tutto” le ultime strazianti parole di un bambino Siriano…

bambino Siriano

 

.

.

seguiteci sulla pagina Facebook Curiosity 

.

.

 

“Dirò cosa mi hanno fatto a Dio. Gli dirò tutto” le ultime strazianti parole di un bambino Siriano…

 

“Dirò cosa mi hanno fatto a Dio. Gli dirò tutto” le ultime strazianti parole di un bambino Siriano…

“Dirò cosa mi hanno fatto a Dio, Gli dirò tutto”

Con queste parole strazianti è morto un bambino siriano di tre anni, vittima dei bombardamenti e della guerra che martirizza da anni il suo paese. E’ lo strazio nascosto di una tragedia inarrestabile, la faccia taciuta delle atrocità che subiscono i piccoli innocenti coinvolti nelle guerre.

Bambini che non hanno più niente, né case, né genitori, né qualcuno che li abbracci e li consoli. Bambini che sono stati costretti a vedere cose che mai avrebbero dovuto

Bambini a cui sono stati rubati sogni e speranza, che hanno perso tutto: anche le loro vite. La frase “Dirò cosa mi hanno fatto a Dio, Gli dirò tutto”, la dice una bambino, (secondo blog e agenzie, di 3 o 4 anni) prima di morire dopo aver subito delle atrocità. Un bambino, in un paese in guerra, solo, promette di dire a Dio che il Male che gli uomini gli hanno fatto è qualcosa di brutto, che la guerra gli ha fatto qualcosa di ingiusto, che la violenza gli ha tolto tutto, anche la vita.

Quante volte la stessa identica successione di parole, diverse solo per l’autoritàPapà/Mamma/maestro/insegnante/fratello maggiore) a cui ci si rivolge, abbiamo ripetuto tutti noi. Quante volte ci ha consolati l’idea non di un vendicatore ma di un uomo o una donna saggi, che vedono dall’alto, in nostro soccorso e capaci non di offrirci la vittoria ma di ristabilire la giustizia ? Quante volte ci ha consolati questa idea, possibilità, soluzione ?

I bambini ovunque vi è la guerra non hanno questa possibilità di speranza in un adulto, in un’autorità in grado d ristabilire la giustizia.

L’Onu oggi denuncia gli orrori subiti dai bambini per mano dell’Isis, e basterà leggere quanto si dice per restare sgomenti.

“Dirò tutto a Dio” è un pensiero sicuramente passato per la mente di un qualsiasi bambino in Siria, fosse anche solo per un secondo.

Speriamo che quel bambino, quei bambini, quelle preghiere di quanti tornano a sentirsi bambini davanti all’orrore di un male così abominevole possano vedere o raggiungere Dio e dirgli cosa è stato fatto loro. E’ una preghiera, è una richiesta, è una supplica davanti ad un male che sfinisce.

“Lo dirò a Dio”, questo basta a non rendere preghiera e speranza inutili. A qualcuno ancora in un mondo silente e sordo davanti alla guerra, è possibile dire qualcosa.

“SiAmo Afrin”, mobilitazione per aiutare i profughi siriani che hanno combattuto l’Isis

 

SiAmo Afrin

 

.

.

seguiteci sulla pagina Facebook Curiosity 

.

.

 

“SiAmo Afrin”, mobilitazione per aiutare i profughi siriani che hanno combattuto l’Isis

Larga adesione alla campagna di aiuti umanitari. Il fumettista Zero Calcare ha disegnato il logo ufficiale

Per non dimenticare Afrin. Per non dimenticarci di quei curdi che in Siria hanno combattuto fino alla morte contro l’Isis e adesso si ritrovano con l’esercito turco in casa, nel silenzio della comunità internazionale. “SiAmo Afrin”, in due parole. Si chiama così la campagna di aiuti umanitari a sostegno della popolazione curda, araba, yazida e assira in Rojava, che parte oggi dall’Italia ed è appoggiata da un lungo elenco di associazioni e movimenti. Tra i sostenitori anche il fumettista Zero Calcare, che da anni ha sposato la causa curda e ha voluto disegnare il logo ufficiale dell’iniziativa.

Due gli scopi principali di “SiAmo Afrin”. Il primo: racimolare fondi attraverso il crowdfunding (il link è http://l2l.it/siamoafrin) e nelle piazze italiane, dal 25 aprile al 2 giugno. “Quanto raccolto verrà portato alle popolazioni del Rojava come conforto per chi è stato colpito da ‘Ramoscello di ulivo’, l’attacco scatenato dal governo turco insieme a truppe dell’Isis contro Afrin”, fanno sapere gli organizzatori. “Un’azione bellica che ha costretto 350mila persone ad abbandonare le proprie case per rifugiarsi nei campi profughi. Una delegazione solidale sarà poi inviata in Rojava, nella Siria Federale Settentrionale, per consegnare quanto avremo raccolto. Il primo tir di aiuti arriverà a destinazione già il 24 aprile”.

C’è anche un secondo, cruciale, obiettivo, come spiega a Repubblica Hawzhin Azeez, la giovane presidente della fondazione Hêvî attiva in Rojava. “Protestare per il silenzio con cui la comunità internazionale e i governi sono rimasti a guardare l’attacco ad Afrin e le drammatiche condizioni in cui versano le donne e gli uomini coinvolti”. Nel volantino di presentazione, appaiono cifre e circostanze che quantificano la tragedia umanitaria in corso: “500 civili uccisi tra cui molti bambini, 350.000 sfollati, bombardati acquedotti, scuole, siti archeologici, centrali elettriche, ospedali”. Si fa riferimento anche al presunto uso di “napalm, gas clorino e altre armi chimiche” da parte dell’esercito turco.

Appoggiano la campagna Karim Franceschi (il ragazzo di Senigallia che per primo si è unito all’esercito popolare curdo dello Ypg nel 2015 durante la liberazione di Kobane), Paolo Bernabucci presidente del Gruppo Umana Solidarietà (Gus) impegnato nell’accoglienza dei migranti, diversi movimenti di sinistra ed ecologisti, istituti culturali curdi e alcuni centri sociali, tra i quali il napoletano Je so’ Pazzo, lo spazio occupato dove è nata la lista nazionale Potere al Popolo che ha partecipato alle ultime elezioni. Gli organizzatori presentano il progetto questa mattina a Roma, alla “Cittadella dell’altra economia”, Sala dei convegni, alle 9.30.
di FABIO TONACCI

fonte: http://www.repubblica.it/cronaca/2018/04/24/news/_siamo_afrin_mobilitazione_per_aiutare_i_profughi_siriani_che_hanno_combattuto_l_isis-194669690/

Donna siriana che vive in Italia racconta la verità che i media censurano

 

siriana

.

.

seguiteci sulla pagina Facebook Curiosity 

.

.

Donna siriana che vive in Italia racconta la verità che i media censurano

 

Sotto le bombe: la testimonianza di una donna siriana
di MILENA CASTIGLI

Nella notte fra venerdì e sabato Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna hanno fatto scattare il raid militare in rappresaglia al presunto uso da parte del regime siriano di armi chimiche contro la popolazione civile. Il Pentagono ha fatto sapere che almeno 120 missili sono stati lanciati contro tre obiettivi sulla città di Damasco. Questo, nonostante finora non ci siano prove ufficiali sull’impiego di armi chimiche nella strage compiuta nella regione del Ghouta. Per conoscere l’esatta dinamica degli eventi, bosognerà attendere la risposta del team dell’Organizzazione internazionale per la proibizione delle armi chimiche.

La crisi siriana ha avuto inizio il 15 marzo 2011 a Damasco con le prime dimostrazioni pubbliche contro il governo centrale del presidente Bashar al-Assad, parte del contesto più ampio della cosiddetta primavera araba, per poi svilupparsi in rivolte su scala nazionale e quindi in vera e propria guerra civile a partire dall’inizio del 2012; il conflitto è ancora in corso.

Per conoscere il punto di vista di chi vive in prima persona il dramma di una guerra iniziata ormai da 7 anni, In Terris ha intervistato Myriam (nome di fantasia), un’insegnante siriana che vive in Italia da oltre un decennio.

Myriam, che vita facevi in Siria?
“In patria facevo l’insegnante, vivevo bene e non mi mancava nulla. Poi mi sono sposata con un italiano e mi sono trasferita nel Bel Paese”.

Hai parenti che abbiano vissuto i bombardamenti di venerdì notte?
“I miei parenti sono 8 anni che vivono sotto le bombe! I miei genitori e mio fratello vivono ad Aleppo, mentre ho dei cugini a Damasco”.

Sei riuscita a parlare con loro dopo il raid?
“No. Sono 7 anni che non rientro in Siria: dall’inizio della guerra. Coi miei familiari parlo a volte al telefono, ma loro cercano di raccontarmi il meno possibile per non farmi preoccupare. Però su Facebook mi arrivano le notizie in arabo di quello che succede realmente lì”.

Hai scoperto qualcosa?
“Sì. Dai social per esempio – e non dai miei parenti – ho saputo che anche la casa dei miei genitori è stata distrutta da un bombardamento, così come tutto il quartiere dove vivono”.

Come vivono – o sopravvivono – le persone comuni?
“Malissimo perché non c’è più niente. Hanno bombardato tutto e la gente vive di carità e della protezione del Signore”.

Tu sei cristiana?
“Sì, sono cristiana”.

Come riescono i tuoi parenti a sopravvivere in realtà come Aleppo o Damasco?
“Non me lo dicono. Non so come fanno a mangiare, a bere … credo che vivano solo per miracolo. Non solo loro, ma anche tutti quelli che sono rimasti in quelle zone e non sono scappati in altre nazioni, perché in Siria manca anche il minimo indispensabile: non hanno acqua potabile, né corrente elettrica né medicinali”.

Secondo te, chi sono i ribelli?
“Sono mercenari che vengono da fuori”.

Non sarebbero dunque siriani?
“No. A mio avviso, sono combattenti professionisti pagati dalle nazioni più potenti del mondo. I giornali non ne parlano perché le notizie che arrivano in occidente non sono sempre vere. Tutta l’Europa è stata ingannata. Ma noi che viviamo e veniamo dalla Siria sappiamo la verità, come si viveva lì prima dell’inizio della guerra”.

Quale sarebbe la verità?
“La verità, secondo il mio punto di vista, è che in Siria sotto gli Assad – prima il padre e poi il figlio – vivevamo benissimo, non mancava niente a nessuno”.

Ma nel 2011 qualcosa è cambiato. Come hai vissuto la Primavera Araba?
“Con molta preoccupazione per la mia gente. Perché nelle guerre e negli scontri muoiono soprattutto gli innocenti, la povera gente. Mentre i potenti sono protetti e nessuno fa loro del male. Il popolo è quello che muore. Migliaia e migliaia di vittime: chiese, ospedali, case, città andate interamente distrutte. Chi ci rimette è sempre il popolo; i politici per esempio sono ancora tutti vivi”.

Che cosa speri per la Siria?
“Spero che ritorni tutto come prima della guerra. Ma ormai i morti sono morti. Le case non ci sono più, il Paese è in ginocchio. Per rimetterlo in sesto ci vorranno forse dei decenni”.

In questo conflitto hai perso dei cari?
“Sì, purtroppo tantissimi”.

Quanti?
“Tra parenti, amici, conoscenti stretti e colleghi in questi 7 anni ho perso almeno 200 persone”.

 

fonte: https://www.interris.it/esteri/sotto-le-bombe–la-testimonianza-di-una-donna-siriana