Dal Giappone le turbine sottomarine: dalle onde del mare 10 volte l’energia di una centrale nucleare, pulita ed economica!

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Dal Giappone le turbine sottomarine: dalle onde del mare 10 volte l’energia di una centrale nucleare, pulita ed economica!

 

LE TURBINE SOTTOMARINE CHE PRODUCONO DALLE ONDE 10 VOLTE PIÙ ENERGIA DI UNA CENTRALE NUCLEARE

Produrre energia pulita sfruttando le onde del mare. Un’idea non del tutto nuova ma in Giappone è realtà e promette di produrre 10 volte più energia rispetto a quella del nucleare.

Un’idea nata nel 2012 grazie agli scienziati dell’Okinawa Institute of Science and Technology Graduate University (OIST) in Giappone col un progetto intitolato “Sea Horse”. L’obiettivo? Sfruttare l’energia della corrente oceanica Kuroshio.

Quest’ultima è la seconda corrente oceanica più grande del mondo, dopo quella circumpolare antartica. Nasce nell’Oceano Pacifico al largo delle coste di Taiwan e si sposta verso il Giappone, dove si uanisce alla corrente del Pacifico settentrionale. Il suo soprannome è “corrente nera”, traduzione letterale di kuroshio, per via del colore intenso e scuro delle sue acque.

Nel tratto di costa giapponese lambito da questa corrente, gli scienziati giapponesi puntano a produrre energia pulita grazia a queste turbine sommerse ancorate al fondo del mare attraverso i cavi di ormeggio. Le turbine sono in grado di convertire l’energia cinetica delle correnti naturali di Kuroshio in elettricità, poi trasmessa a terra attraverso cavi sottomarini.

La fase iniziale del progetto ha avuto successo. Da allora il team ha avuto un’altra idea: sfruttare i tetrapodi, strutture spesso poste lungo la linea costiera per indebolire la forza delle onde in arrivo e proteggere le rive dall’erosione.

“Sorprendentemente, il 30% della riva del mare in Giappone è coperto da tetrapodi e sistemi di protezione contro le onde” spiega il professor Tsumoru Shintake a capo della ricerca.

Basta sostituirli o ancorare ad essi delle turbine per generare energia pulita e contemporaneamente proteggere le coste.

“Utilizzando solo l’1% delle coste del Giappone si possono generare circa 10 gigawatt di energia, pari a 10 centrali nucleari”.

Per affrontare questa idea, i ricercatori dell’OIST nel 2013 hanno lanciato il progetto WEC che prevedeva l’immissione di turbine in punti chiave della linea costiera per generare energia. Ogni postazione avrebbe consentito alle turbine di essere esposte alle condizioni ideali sia per generare energia pulita e rinnovabile che per proteggere la costa dall’erosione.

Le turbine stesse sono state costruite per resistere alle forti spinte delle onde. Molto flessibili e leggere, secondo gli scienziati sono state progettate per non danneggiare la vita marina visto che le pale ruotano a una velocità accuratamente calcolata, che consente alle creature eventualmente intrappolate di fuggire.

Ora, il professor Shintake e i ricercatori dell’unità hanno completato i primi passi del progetto e stanno preparando l’installazione dei modelli di turbine dal diametro di 0.70 metri, per il loro primo esperimento commerciale. Il progetto prevede l’installazione di due turbine che alimenteranno i LED per una dimostrazione.
“Immagino il pianeta tra duecento anni. Spero che queste [turbine] lavoreranno sodo e bene, su ogni spiaggia su cui sono state installate” ha detto Shintake.

 

Francesca Mancuso da: https://www.greenme.it/informarsi/energie-rinnovabili/25145-turbine-giapponesi-oceano

 

L’Eolico porta sovrapproduzione: in Germania si arriva a “prezzi negativi”. In altre parole, lo Stato paga cittadini perché consumino elettricità!

 

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L’Eolico porta sovrapproduzione: in Germania si arriva a “prezzi negativi”. In altre parole, lo Stato paga cittadini perché consumino elettricità!

 

Eolico porta sovrapproduzione, Germania paga cittadini perché consumino elettricità

Il boom dell’eolico ripaga i cittadini.Un fine settimana particolarmente ventoso in Germania ha fatto sí che la produzione elettrica sia salita a tal punto da far crollare i prezzi dell’energia fino a renderli “negativi”.

La conseguenza è stata che i produttori di elettricità hanno pagato gli utenti affinché consumassero energia, come mai succedeva dal dicembre del 2012.

In particolare, i prezzi sono passati in negativo quando la produzione, lo scorso sabato, ha raggiunto 39,409 megawatts, l’equivalente della produzione di 40 reattori nucleari. In questa situazione, i prezzi sono andati completamente fuori scala, con prezzi scesi ben oltre -50 €/MWh.

Ne è derivato che il sistema elettrico ha dovuto gestire una notevole sovraccapacità produttiva, che ha costretto le utility a fermare gli impianti convenzionali o pagare i consumatori per prelevare dalla rete l’elettricità eccedente.

Nello stesso giorno, un quarto della domanda elettrica europea (24,6% per la precisione) è stato coperto dalla generazione eolica, con un picco del 109% in Danimarca.

tratto da: http://www.wallstreetitalia.com/eolico-porta-sovrapproduzione-germania-paga-cittadini-perche-consumino-elettricita/

Globi solari gonfiabili. Costano due dollari, ma sono 400 volte più efficienti dei pannelli: 500 watt di produzione energetica…!

Globi solari

 

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Globi solari gonfiabili. Costano due dollari, ma sono 400 volte più efficienti dei pannelli: 500 watt di produzione energetica…!

Producono 500 watt di potenza e per questo risultano circa 400 volte più efficienti dei normali pannelli solari. Stiamo parlando dei “globi solari“, prodotti dalla società Cool Earth.“La maggior parte dei sistemi di energia solare di oggi” – si legge sul sito ufficiale dell’azienda –“prendono la forma di pannelli piani o specchi  con scatole-di metallo e richiedono notevoli quantità di materiali costosi e pesanti. I nostri concentratori solari gonfiati, invece, sono principalmente fatti di materiali poco costosi. Questo approccio progettuale riduce drasticamente i requisiti dei materiali come costi e tempi ”. Uno schema diffuso sul web illustra la composizione del dispositivo:

funzionamento-globo-solare

La caratteristica forma sferica di questa innovativa invenzione permette di catturare l’energia solare attraverso una cupola gonfiabileprovvista di una pellicola con all’interno pannelli solari. L’energia viene concentrata in un unico punto centrale, come in una lente di ingrandimento. Queste caratteristiche permettono al globo solare di creare energia molto più facilmente dei pannelli solari tradizionali, anche in condizioni di maltempo. Inoltre questi globi solari risultano anche piuttosto robusti: sono capaci di resistere a venti oltre le 100 miglia all’ora, ma anche alle piogge, insetti e sporcizia (info sul sito ufficiale www.coolearthsolar.com). L’azienda in questione aveva già utilizzato la tecnologia “gonfiabile” per realizzare altre tipologie di pannelli solari dall’efficienza superiore, come dimostra questa foto:

 

La lezione della Cina, un’isola con più di 120.000 pannelli solari galleggianti: così riescono a dare elettricità ad una intera cittadina!

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La lezione della Cina, un’isola con più di 120.000 pannelli solari galleggianti: così riescono a dare elettricità ad una intera cittadina!

 

È ATTIVO IL PIÙ GRANDE IMPIANTO SOLARE GALLEGGIANTE DEL MONDO, IN CINA
IN CINA PIÙ 120.000 PANNELLI GALLEGGIANTI RIESCONO A DARE ELETTRICITÀ AD OLTRE 15.000 ABITAZIONI

Ne avevamo già parlato qualche tempo fa, quando questo enorme parco solare galleggiante era ancora in fase di costruzione e di perfezionamento. Ora, invece, il progetto di rigenerazione di una miniera di carbone ad Anhui, in Cina, è finalmente giunto a termine, e i suoi pannelli fotovoltaici sono attivi. La creatura messa in piedi – anzi, messa a galla – dalla Sungrow Power non ha nessun precedente in termina di potenza: mai un impianto fotovoltaico galleggiante era stato così esteso, e mai la rigenerazione di una miniera di carbone aveva portato ad un esito simile.

Energia solare a partire dalla rigenerazione di una miniera di carbone

Ma andiamo con ordine: la considerevole area della regione mineraria cinese di Huanin è stata con il tempo allagata dalla pioggia, andando così a formare un bacino d’acqua con una profondità variabile tra i 4 e i 10 metri. L’acqua che riposa in questo anomalo ‘lago’ è molto mineralizzata, e quindi inservibile. Quella che era un’area energeticamente produttiva – per quanto inquinante, ovviamente – era dunque diventata del tutto inutile. Come poteva fare questa ragione a recuperare il terreno e quindi l’energia perduta? A sbalordire tutti con il proprio progetto di rigenerazione di una miniera di carbone è stata come anticipato la Sungrow Power, leader mondiale nel campo della produzione di pannelli fotovoltaici, la quale conta più di 30 gigawatt di potenza installata a livello mondiale.

25 anni di energia pulita e sorvegliata dai droni

La semplice rigenerazione di una miniera di carbone ha così portato alla creazione di un enorme impianto fotovoltaico composto da oltre 120.000 pannelli, i quali coprono così circa 86 ettari di superficie sull’acqua che sovrasta l’ex area mineraria. Come ha spiegato Xiao Fuqin, general manager della Sungrow Power, «in superficie potrebbe sembrare che i galleggianti siano semplicemente appoggiati sull’acqua, quando in realtà ci sono oltre mille piloni installati per tenere in ordine i galleggianti di questo impianto». La società assicura che l’impianto avrà una vita minima di 25 anni, essendo stato disegnato e realizzato per resistere a fattori come il calore e l’umidità, i quali sono ovviamente raddoppiati in virtù dell’anomalo luogo di installazione dei pannelli fotovoltaici. Di certo l’impianto fotovoltaico galleggiante ricavato dalla rigenerazione di una miniera di carbone non verrà lasciato a sé stesso, anzi, verrà sorvegliato e monitorato continuamente, anche grazie all’ausilio di appositi droni, i quali sorvoleranno la zona per supervisionare l’impianto.

La Cina, tra investimenti nelle rinnovabili e abitudini dure a morire

Questo originale progetto di rigenerazione di una miniera di carbone vuol dunque dire che i combustibili fossili cinesi stanno per essere ‘sommersi’ dalle rinnovabili? In un certo senso sì, ma è sicuramente troppo presto per farsi prendere dall’entusiasmo. È ovviamente vero che l’impianto fotovoltaico galleggiante è stato costruito sopra una miniera, ma è anche vero che quest’ultima era già stata abbandonata prima di venire allagata. Certo, gli investimenti cinesi nelle energie rinnovabili sono davvero imponenti, e sembrano essere cresciuti ancora di più da quanto Trump ha deciso di ritirare gli Stati Uniti dagli Accordi di Parigi – si dice che l’impegno della Cina sia addirittura raddoppiato, soprattutto attraverso progetti con altri Paesi. Nessun altro Stato al mondo può vantare la sua stessa capacità di energia elettrica di origina solare, e pur forte di questa supremazia la Cina ha deciso di investire altre 361 miliardi di dollari nelle rinnovabili entro il 2020. Ma di certo è ancora troppo, troppo presto per parlare della Cina come di un’economia ecosostenibile, e le ragioni sono tantissime: basti, in questa sede, ricordare che nella sola Repubblica Popolare Cinese viene consumato quasi la metà del carbone che viene utilizzato ogni anno a livello mondiale. Insomma, con questo ambizioso e sbalorditivo progetto di rigenerazione di una miniera di carbone la Cina si è confermata in testa allo sviluppo delle rinnovabili e del fotovoltaico, ma è indubbio che resti ancora molta strada da fare.

I vantaggi del nuovo impianto solare galleggiante

Del resto i numeri del nuovo gigante solare si commentano da sé: l’impianto fotovoltaico galleggiante più grande del mondo arriva infatti a generare 40 megawatt, ovvero l’energia elettrica necessaria per alimentare 15.000 abitazioni. Quello che fino a qualche giorno fa era il più grande impianto solare galleggiante al mondo, invece, si fermava a 6,3 megawatt, ovvero più di sei volte di meno. Nel mondo non si possono certo contare molti impianti di questo tipo, ma va sottolineato che i vantaggi dell’installare dei pannelli fotovoltaici a filo d’acqua sono molteplici: per la loro installazione non viene infatti sprecato prezioso terreno agricolo, l’acqua contribuisce ad un benefico raffreddamento dei pannelli, i quali, per un effetto collaterale ma senz’altro virtuoso, incrementano l’ammontare di acqua potabile per l’irrigazione limitando l’evaporazione. Se poi, oltre che parlare di un impianto fotovoltaico galleggiante, si parla anche della rigenerazione di una miniera di carbone, i vantaggi ovviamente raddoppiano.

 

fonte:

-http://www.green.it/piu-grande-impianto-solare-galleggiante-cina/

Dal NREL ecco le finestre solari che producono energia cambiando colore!

 

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Dal NREL ecco le finestre solari che producono energia cambiando colore!

Le nuove finestre intelligenti statunitensi si colorano in risposta al sole mentre producono energia elettrica

Un nuovo capitolo per la tecnologia delle finestre solari

(Rinnovabili.it) – L’ultima novità in campo delle smart window, dispositivi intelligenti in grado di regalare qualche funzione in più ai tradizionali infissi, arriva dagli Stati Uniti. A metterla a punto sono stati gli scienziati del Laboratorio Nazionale delle Energie Rinnovabili (NREL), una delle braccia di ricerca del Dipartimento dell’Energia stelle e striscie. Il nuovo lavoro si è focalizzato sulle finestre solari termocromiche, sistemi commutabili che rispondono dinamicamente alla luce solare: quando i raggi riscaldano il vetro, questo si colora producendo elettricità ad alta efficienza.

La vera novità della ricerca consiste soprattutto nei materiali impiegati per realizzare questo tipo di smart window. Il team, guidato dallo scienziato Lance Wheeler, ha impiegato un complesso di perovskiti- metilammina e nanotubi di carbonio a parete singola: la ricetta ha permesso di creare uno strato assorbitore capace di passare dallo stato trasparente (trasmittanza visibile del 68%) a uno colorato (meno del 3% di trasmittanza visibile).

Il gioco della trasmittanza è dovuto alle molecole di metilammina che “entrano ed escono” dallo strato assorbitore in risposta alla radiazione luminosa. Quando la finestra si colora, un processo che ha richiesto circa 3 minuti di illuminazione durante il test, produce elettricità.

Cosa cambia rispetto agli esperimenti e i prodotti passati? Che le attuali tecnologie per le finestre solari sono statiche, il che significa che sono progettate per sfruttare una frazione dei raggi solari senza sacrificare la trasmissione della luce visibile. “Esiste un compromesso fondamentale tra una buona finestra e una buona cella solare”, spiega Wheeler. “Questa tecnologia lo scavalca: abbiamo una buona cella solare quando c’è un sacco di sole e abbiamo una buona finestra quando non ce n’è”.

Il documento di proof-of-concept pubblicato su Nature Communications riporta un’efficienza di conversione dell’energia solare dell’11,3 percento. “Ci sono tecnologie termocromiche là fuori – aggiungono gli scienziati – ma nulla che converta effettivamente quell’energia in energia elettrica”. Gli scienziati stanno sviluppando una strategia di mercato per portare il loro SwitchGlaze, questo il nome con cui sono state battezzate le finestre solari, in commercio.

fonte: http://www.rinnovabili.it/energia/fotovoltaico/finestre-solari-cambiano-colore/

Dall’energia all’agricoltura, 7 fantastiche innovazioni tutte italiane da premiare

 

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Dall’energia all’agricoltura, 7 fantastiche innovazioni tutte italiane da premiare

Dai fitofarmaci naturali alle moto elettriche, dal riciclo dell’asfalto alla condivisione dell’energia rinnovabile: ecco le realtà che hanno ricevuto oggi Premio Innovazione amica dell’ambiente

Legambiente presenta le innovazioni italiane amiche dell’ambiente

 

Quando si parla di innovazione ecofriendly non bisogna necessariamente rivolgere lo sguardo all’estero. Esistono anche in Italia progetti e imprese che maneggiano con destrezza il futuro della sostenibilità. Lo dimostrano le 14 realtà segnalate oggi da Legambiente nella nuova edizione del Premio Innovazione amica dell’ambiente.

Il cigno verde ha assegnato questa mattina sette premi (uno per ogni categoria prevista) e sette menzioni speciali, alle migliori esperienze italiane sul fronte innovazione. Il campo è ampio: si va dai progressi verdi raggiunti in termini di prodotto, di processo, di servizi, a quelli di sistema, tecnologici e gestionali. L’elemento distintivo non è tanto il grado di novità, quanto la capacità di aver saputo innovare  mantenendo alta l’attenzione su ambiente e occupazione. E ovviamente risultando vincente sotto il profilo economico.

“All’inizio, l’innovazione amica dell’ambiente era limitata a miglioramenti nei cicli produttivi e al contenimento delle emissioni inquinanti – spiega il direttore generale di Legambiente Stefano Ciafani -. Oggi, premiamo innovazione industriale, servizi, comunità energetiche e prodotti, siamo in una fase di grandi cambiamenti in cui il desiderio di investire sulla sostenibilità ambientale appare irrinunciabile e, soprattutto, trasversale a più settori, come dimostrano bene i progetti premiati”.

Si va dai fitofarmaci naturali alle moto elettriche, dal riciclo dell’asfalto alla condivisione dell’energia rinnovabile: innovazioni italiane reali, esperienze già in campo, che si segnalano per originalità e per potenzialità di sviluppo.

Le 7 innovazioni italiane premiate

Premio Suolo, agricoltura e sistemi alimentari: a Green Code srl per DEMETRA fitofarmaco totalmente naturale prodotto per il trattamento post raccolta della frutta. Demetra consente l’arresto naturale della maturazione della frutta, prevenendo al contempo lo sviluppo di micosi e la proliferazione di batteri patogeni. Il risultato è un miglior mantenimento delle qualità organolettiche del frutto durante lo stoccaggio e il trasporto, un allungamento della sua shelf life, e una riduzione degli sprechi dovuti alla decomposizione.

Premio Mobilità sostenibile: a Energica Motor Company SpA, l’unica casa costruttrice di moto elettriche supersportive Made in Italy ad integrare la tecnologia di ricarica rapida DC sulla base CCS Combo. Le moto Energica si avvalgono di una batteria a polimeri di litio ad alta energia, inserita in un guscio ermetico che contiene anche il Battery Management System e tutti i dispositivi necessari per garantire la sicurezza del veicolo. Per ovviare al surriscaldamento delle batterie, ha progettato un sistema di raffreddamento che, grazie a specifici percorsi di ventilazione, consente di limitare lo stress del battery pack batterie con notevole beneficio sia in termini di prestazioni del veicolo sia della durata.

Premio Abitare in comunità smart al Comune di Barrali per la “La Grande sfida Riciclona”, ideata per promuovere la buona gestione dei rifiuti, premiando i cittadini più virtuosi. In base al progetto, ogni abitante riceve degli EcoPunti in cambio dei rifiuti portati in differenziata, le migliori famiglie “riciclone” sono premiate uno sconto in bolletta.

Premio Edilizia e rigenerazione urbana: Tubus System Italia srl per la loro tecnologia di relining. Si tratta di un processo non distruttivo che permette di riparare e risanare le tubazioni di scarico rivestendole dall’interno, con un materiale plastico privo di Bisfenolo-A, resistente ad agenti chimici e riciclabile al 100%. In questo modo si può realizzare un nuovo tubo dentro quello esistente senza alcuna demolizione, senza disagi e senza generare macerie.

Premio Economia circolare: a Iterchimica srl per un additivo innovativo che permette di produrre asfalto partendo al 100% da asfalto riciclato (proveniente dalla demolizioni di pavimentazioni ammalorate o a fine vita), senza aggiunta di bitume o aggregati (ghiaia e sabbia) vergini, a temperatura ambiente invece di 180°, e con la possibilità di colorarlo con ossidi (mentre in precedenza era possibile colorare con ossidi solo gli asfalti fatti a 180°).

Premio Società Benefit e B Corp: Mondora srl sb per Cycle2Work, letteralmente “vai al lavoro in bici”, progetto che nasce per incentivare i dipendenti all’utilizzo delle due ruote dolci o dei piedi come mezzo di trasporto preferito per recarsi al lavoro. Dal punto di vista finanziario, ogni collega può decidere di utilizzare il rimborso chilometrico prodotto nel viaggio casa-lavoro per l’acquisto di una bicicletta.

 

Premio Sistemi e comunità energetiche: ForGreen Spa per WeForGreen Sharing, cooperativa energetica, nata il 24 luglio 2015, che produce energia 100% rinnovabile e la consuma con i propri soci in tutta Italia. L’idea è quella di creare una comunità consapevole fatta di soci Autoproduttori o soci Consumatori. I primi, acquistando quote di impianti, producono e consumano energia rinnovabile e la cooperativa gli restituisce ogni anno un ristorno proporzionale al numero di quote sottoscritte. I secondi possono consumare nelle proprie abitazioni energia 100% rinnovabile ad un prezzo vantaggioso da mercato all’ingrosso.

 

fonte: http://www.rinnovabili.it/innovazione/energia-agricoltura-innovazioni-italiane/

L’ira di Dio nucleare nella terra di nessuno

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L’ira di Dio nucleare nella terra di nessuno

 

Scrisse la biologa Rachel Carson decenni addietro a proposito di scorie nucleari smaltite in mare e sottoterra: gli errori che vengono compiuti ora sono compiuti per sempre. Questa è la storia di questi errori in quanto orrori biologici.

Mistero della fede lucana. Sì, ho effettuato attività di gestione di rifiuti nucleari per l’Itrec e avuto rapporti con uno noto esponente politico della zona e dirigenti E.N.E.A. A fare queste dichiarazioni davanti la Polizia Giudiziaria (PG, ndr) che indaga sui traffici illeciti di rifiuti radioattivi in Basilicata è stato un fisico nucleare esperto. Raccontò agli inquirenti il quinquennio ’85 -’90. Anni in cui, aveva riferito pure l’ex vice presidente dell’istituto di vigilanza E.N.E.A, le verifiche erano affidate a istituti privati che eseguivano solo controlli sommari agli automezzi che entravano e uscivano, rendendo possibili traffici non autorizzati. È una storia questa, che non poteva non cominciare come un giallo, e da un mistero in terra lucana a cui si può credere o no, quello delle scorie nucleari di mezza Europa fatte sparire in fondo allo Ionio e sotto la terra. In fondo la Basilicata è sempre stata terra di buchi sfruttati dall’ecomafia. In molti sostengono, accreditati da carte dei Servizi, che ciò sia avvenuto in combutta con un para Stato. Certo la PG relazionò alla D.D.A i presunti traffici di materiale nucleare con l’Iraq, e quei collegamenti tra un amministratore locale un dirigente dell’E.N.E.A e soggetti implicati a vario titolo in traffici di materiali radioattivi. Uno dei magistrati titolari delle indagini, coadiuvato dalla PG, ascoltò una persona che aveva lavorato presso il Centro Trisaia che gli aveva detto perché l’E.N.E.A era terra di nessuno. Era il secondo ad affermare ciò. Chiunque poteva entrare e uscire senza particolari controlli. Non c’era un registro di entrata e uscita di persone e mezzi ma venivano rilasciati permessi i cui originali successivamente erano distrutti. Disse che quando decise di mettere ordine a questo sistema organizzando un archivio per la contabilità dei rifiuti si verificò l’ira di Dio a Rotondella.

Notizie non attendibili e strane circostanze. La PG fornì tutto quello che aveva alla D.D.A, persino notizie considerate non attendibili, o non supportate da elementi oggettivi. Poteva essere importante sapere di quella condotta di scarico a mare usata per smaltire abusivamente reflui contaminati? Poteva importare di quelle strane attività eseguite alla Trisaia da una società con sede a Policoro? E dell’utilizzo da parte di ignoti legati al Centro Trisaia di Rotondella di un fondo di proprietà di una società con sede nella stessa Rotondella quale sito di abbandono di materiale nucleare? Presto questa storia nata come un giallo si trasformò in un noir farcito di enigmi tenebrosi e fuorvianti. Precisamente quando Mario Di Matteo, che del Comune di Rotondella era stato sindaco, cominciò a raccontare alla PG d’aver fondato una società che aveva eseguito bonifiche di rifiuti presenti in una fossa all’interno del Centro Trisaia, e di possedere su una memoria esterna PC una documentazione d’interesse investigativo. L’ex sindaco morì poco dopo in strane circostanze. Fu trovato in una strada vicino casa un’ora dopo il decesso, in pigiama. Per i medici si era trattato di infarto. Evidentemente è una storia importante questa, da batticuore. Forse perché i suoi tratti noir sono direttamente proporzionali al flusso di denaro veicolato dalla gestione di materiali scomodi per tutti, Stato compreso. Intanto la PG riferì alla D.D.A le indagini effettuate per individuare alcuni commercialisti con studio a Matera che, come affermato da un collaboratore di giustizia, si sarebbero messi in contatto con una famiglia della ‘ndrangheta per la gestione del traffico illecito di rifiuti nucleari. E guarda caso prestavano attività presso uno studio dove avevano sede due società che gestivano le aree a Terzo Cavone in agro di Scanzano Jonico dove avrebbe dovuto essere ubicato il deposito unico di stoccaggio delle scorie nucleari.

Carte e fusti spariti. È una storia questa, che passa dal giallo al noir alla spy story. Un magistrato titolare delle indagini verbalizzò il racconto di un noto esponente politico che diceva d’aver presentato ben due esposti alla Procura della Repubblica di Matera. Il primo riguardante la perdita di reflui liquidi provenienti dall’E.N.E.A da una tubazione al mare, il secondo sulla contabilità nucleare nel Centro. Aveva allegato una documentazione non più in suo possesso che era sparita persino dai fascicoli depositati presso la Procura di Matera. Ed è una spy story internazionale. Il nome in codice Billy, un altro dipendente E.N.E.A, aveva consegnato un volume contenente gli allegati di un’audizione alla Commissione parlamentare sulla Banca Nazionale del Lavoro (BNL, ndr) sulla utilizzazione dei finanziamenti concessi all’Iraq dalla filiale di Atlanta della BNL e altri documenti. Billy riferì le irregolarità nella gestione e nello smaltimento dei rifiuti radioattivi, e la superficialità e assenza di controlli alla Trisaia. Ma perché la PG non poté esaminare tale documentazione e confrontarla con gli altri atti d’indagine? Altro mistero della fede lucano. Finalmente a giugno del 2005 L’Espresso pubblicò la testimonianza di Francesco Fonti, ‘ndranghetista collaboratore di giustizia su seppellimenti e affondamenti di rifiuti radioattivi in terra lucana. Spiegò come lo Stato pagava la ‘ndrangheta per farli sparire. “Partimmo con i 40 camion caricati a Rotondella verso le due di notte – raccontò – e un’ora dopo arrivammo con sette o otto di essi al fiume Vella dove era stata predisposta la buca che fu riempita con i bidoni e poi ricoperta. A preparare la fossa erano stati i macchinari messi a disposizione da Y, uomo di Musitano che abitava a Nova Siri, il quale procurò anche i fari per illuminare l’area”.

Servizi di pulizia segreti. Sanno chi è il signor Y, l’imprenditore di Policoro coinvolto anche successivamente in reati che hanno riguardato l’ambiente. E sanno chi sono le società e i commercialisti a Matera che ripulivano. Musitano invece, U’fascista, era uno ‘ndranghetista di Platì mandato in soggiorno obbligato in Basilicata a due passi dall’Itrec a cui un ingegnere dell’ENEA di Rotondella aveva comunicato l’esigenza di far sparire rifiuti che arrivavano da ogni parte d’Europa. Lo stesso ingegnere che aveva relazioni col Di Matteo trovato morto in pigiama per strada che mandava fax all’amministratore delegato e al presidente Sogin per parlare di appalti sui rifiuti all’Itrec. Di una delle operazioni curata in Basilicata nel ‘87 assieme a Musitano, perché di solito ci pensava una rete di imprenditori locali come emerso dalle indagini, Fonti disse di conoscere i luoghi di interramento perché il nipote di Musitano aveva fatto parte della manovalanza per sotterrarli e glieli aveva riferiti. Per la storia nucleare lucana quella del 2005 fu un’estate di fuoco. Entrò in scena il Signor X, soggetto collegato a servizi segreti deviati e organizzazioni criminali sottoposto a programma di protezione a cui era stata attribuita persino una nuova identità. Il Signor X disse che nell’alveo del Fiume Sarmento in agro di San Giorgio Lucano potevano essere stati interrati materiali radioattivi. Ma per dare informazioni più precise voleva la ricompensa e siccome per gli inquirenti già fruiva dei benefici di legge di preciso non si fece nulla. In autunno la PG trasmise all’antimafia una nota del Comando Provinciale C.F.S. di Matera con annotazione e documentazione su uno strano trasporto dall’E.N.E.A di Saluggia di piante dei manufatti presenti nell’E.N.E.A di Rotondella e di cesio e plutonio che a Rotondella non potevano trattare. Sulla copia della bolla di trasporto non era indicata la massa del plutonio trasportato ma solo quella del cesio. Che consegnassero fustini con residui radioattivi si sapeva però, anche da una nota del C.F.S. di Matera e da un permesso che autorizzava un trasportatore. E le rappresentazioni geometriche dei manufatti all’E.N.E.A a che servivano?

La storia infinita. Due anni dopo alla D.D.A il Capo Servizio Impianto Esercizio Itrec aggiunse ulteriori notizie a quanto già dichiarato. Un dirigente E.N.E.A contrario all’ingresso nel Centro di rifiuti provenienti dall’esterno gli aveva svelato che alla Trisaia non era mai stata presente una centrifuga per l’arricchimento dell’uranio, e parlò di attività di collaborazione svolte con tecnici provenienti da Pakistan, Cina, Iraq e Polonia. Se non si arricchiva uranio cosa si arricchiva? Plutonio in segreto? Certo sul mercato nero il valore di tali materiali per la fabbricazione di armi è rimasto a sette zeri. La D.D.A intanto seppe pure che sino al gennaio 2007 per fatti connessi al traffico internazionale di materiale radioattivo avevano indagato o indagavano le procure di Matera, Reggio Calabria, Udine, Torre Annunziata, Livorno, Milano, Roma e Asti. Emerse inoltre che a Rotondella erano stoccati sì ingenti quantitativi di rifiuti nucleari a bassa attività in adempimento alle norme vigenti (biomedicali, parafulmini ecc., ndr), ma che per conferirli i produttori, tra cui numerosi ospedali Siciliani e Campani, pagavano cifre irrisorie, alcune migliaia di lire a fusto, mentre per mettere in sicurezza e bonificare alcune fosse dove erano stoccati l’E.N.E.A, e cioè lo Stato, stava sostenendo ingenti spese. E mentre il direttore dell’impianto Itrec e il titolare della licenza di esercizio erano stati condannati perché non avevano realizzato il sistema di solidificazione dei residui liquidi ad alta attività provenienti dal riprocessamento del combustibile nucleare, finalmente è stato vinto l’appalto di 40 milioni di euro per realizzare l’impianto che dovrà solidificarli. A vincerlo un’associazione temporanea di imprese con un bel curriculum tra mazzette e relazioni criminali. Ma è un’altra storia questa, di quelle classiche, a incasso, una storia infinita. Ai lucani cosa resta?

fonte: http://analizebasilicata.altervista.org/blog/lira-di-dio-nucleare-nella-terra-di-nessuno/