Ci stiamo mangiando l’Africa e la chiamiamo democrazia

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Ci stiamo mangiando l’Africa e la chiamiamo democrazia

Secondo gli economisti, i paesi africani sono tutti in crescita, l’Africa è in continuo sviluppo ma ha due giganteschi problemi: noi occidentali e la non redistribuzione del valore all’interno delle nazioni africane.

Il problema è anche che la maggior parte della crescita di questi paesi è alimentata dal debitoe dalle vendite di risorse naturali, quindi è una crescita su carta, non una crescita della società: la maggioranza della popolazione vive in povertà con poche e rare parentesi di prosperità.

Nei paesi africani, la storia negli ultimi cento anni è particolarmente ripetitiva, in modo quasi inquietante. Ogni tanto c’è una rivolta, arriva un nuovo leader con idee socialiste-nazionaliste del tutto legittime che vengono bollate dall’occidente come filo-comuniste. Il leader stesso viene additato come dittatore, anche se strappa una nazione da una monarchia oscurantista e oppressiva, portandola a una repubblica moderna. Il leader in questione di solito resiste vivo qualche anno, poi viene destituito o ucciso da una rivolta finanziata dai paesi che hanno interessi economici nelle risorse locali. Se il leader riesce a restare in carica più a lungo, in genere finisce per impazzire e diventa un dittatore sanguinario. Molto lo fa la scarsa formazione culturale, l’assenza di intellighenzia del paese, ma parecchio lo fa la pressione quotidiana. Se vivi in una situazione in cui non ti puoi fidare di nessuno, ogni giorno potrebbe essere l’ultimo e l’unico modo per sopravvivere è essere molto paranoici… Da lì alla follia, il passo è breve.

Uno degli ultimi di questi leader di lunga carriera è stato Gheddafi. I media europei si fingono disgustati da Gheddafi, un vecchio dittatore pazzo e vizioso, maniaco di chirurgia plastica, sfarzo, harem e lolitismo (come se in Italia non avessimo avuto il maggiore rappresentante della categoria!). Ma l’informazione mediatica di massa dimentica sempre di raccontare che Gheddafi è stato prima di tutto un idealista, un teorico del neo-socialismo, che ha guidato la rivoluzione contro un re oppressore del popolo che svendeva le risorse a Francia e Stati Uniti, schiacciando la popolazione nella miseria e nell’analfabetismo.

In seguito al colpo di stato, presentato dai media come “oppressiva dittatura militare”, Gheddafi ha messo in pratica le sue idee di rifiuto per il capitalismo, scegliendo una forma di socialismo nazionalista ispirato al socialismo arabo di Gamāl ʿAbd al-Nāṣer, quest’ultimo però presentato come grande politico perché levava a USA e Francia la fatica di mettere d’accordo Husayn e Arafat. Gheddafi ha messo in pratica la ridistribuzione della ricchezza petrolifera per sostenere programmi di benessere sociale: i soldi provenienti dal petrolio venivano depositati direttamente nei conti bancari dei cittadini libici. I loro figli avevano accesso a scuole statali gratuite che prima nemmeno esistevano. C’era lavoro e ospedali pubblici all’avanguardia.
Ha dimostrato che un paese africano che gestisce le sue risorse senza occidentali è un paese ricco. Pensate se lo facesse domattina il nostro governo, se invece di farci pagare le tasse e spendere otto milioni di euro in chat erotiche e scommesse (spesa scoperta ad agosto 2017 dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Digitalizzazione), ci versasse i soldi delle forniture all’estero direttamente sui nostri conti correnti, perché è giusto che partecipiamo anche agli utili. Non diventeremmo grandi sostenitori del governo che attua questa misura?

Sotto la guida di Gheddafi, i libici hanno goduto non solo di assistenza sanitaria e istruzione gratuita, cose rarissime in Africa, ma anche di elettricità gratuita e prestiti senza interessi, oltre ai versamenti dei dividendi dello stato sul proprio conto. Infatti la Libia di Gheddafi negli anni 70-80 è diventata improvvisamente un paese prospero: perché redistribuiva ai cittadini e li istruiva. Creando così (ed è stato questo il principio della fine) un pericoloso precedente per gli altri stati africani che cominciarono a interessarsi della Libia e valutarono che magari potevano fare lo stesso.

Ovviamente è bastato poco perché i leader dell’Occidente vedessero la Libia come una minaccia, la presentassero come uno stato totalitarista in cui non venivano rispettati i diritti umani, fino a finanziarne la rivoluzione del 2011. Certo, Gheddafi a quel punto era già perso nella sua follia dentro la sua casa sotterranea a ordinare di giustiziare chi pensava che lo tradisse. Ma se invece i libici delle nuove generazioni, i quali avevano i mezzi culturali e politici, fossero stati aiutati dall’occidente a far funzionare la repubblica invece che a devastare il paese con una guerra civile? Oggi non ci sarebbe un paese comodamente in crisi, ma un paese prospero, scomodo per chi deve comprare le risorse minerarie, perché non vuole altri al tavolo della contrattazione, un competitor ulteriore al tavolo degli equilibri internazionali, ovvero uno che prima o poi vorrà una fetta di quel 90% di ricchezza mondiale detenuta da pochissimi.

I media raccontano che Gheddafi è stato un dittatore brutale e probabilmente è in parte vero, negli ultimi due decenni lo è stato, ormai incontrollabile, perseguitato dai fantasmi della paura e del non potersi fidare di nessuno, deluso da tutti, con diversi tentativi di colpi di stato alle spalle. Sarebbe bastata però una destituzione incruenta, politica. Invece un paese nel caos è quello che ha bisogno l’Occidente.

La verità è che Gheddafi è stato una delle principali minacce del sistema petro-dollaro dell’economia globale e del continuo sfruttamento dell’Africa. E’ stato l’artefice principale di un paese che prosperava ribellandosi al controllo americano e europeo, un esempio pericoloso per gli altri stati africani che potevano prendere la stessa via.

La Libia di Gheddafi finanziò Sankara in Burkina Faso, Gheddafi stesso lo introdusse ad altri politici e filosofi africani anticolonialisti. Un uomo dalle idee pericolose, che è meglio farci ricordare sfatto e in abiti ridicoli nei suoi ultimi anni che non come pensatore anti-capitalista e artefice del welfare del suo paese che aveva reso ricco.

Purtroppo, la Libia è stata completamente distrutta dall’Occidente quando gli Stati Uniti l’hanno invasa nel 2011 facendola regredire di un centinaio di anni, togliendo tutti i benefici statali, distruggendo gli ospedali all’avanguardia, le scuole, tutto. La Libia oggi è uno stato fallito e caotico, dipendente dall’importazione della “libertà e democrazia” americane.

Secondo Garikai Chengu, ricercatore di Harvard specializzato nei movimenti politici africani e lui stesso attivista, la liberazione africana dovrà prevedere tre fasi: la ridistribuzione di terreni e risorse naturali alle popolazioni locali; il rifiuto completo delle politiche neoliberali del Fondo Monetario e della Banca mondiale; lo sviluppo della capacità di raffinazione minerale in proprio, senza le grandi compagnie multinazionali.

Purtroppo per l’Africa, queste misure non hanno ancora radicato e quando si affacciano in veste di qualche rivoluzionario, come nel caso della Libia, del Burkina Faso, dell’Egitto, vengono prontamente bollate come l’opera di militari-dittatori folli e subito boicottate da USA ed Europa in nome di una pace e di una democrazia che non sono altro che le parole vuote lanciate ai media, come i frisbee ai cani.

 

fonte: http://www.dolcevitaonline.it/ci-stiamo-mangiando-lafrica-e-la-chiamiamo-democrazia/

 

 

Ci stiamo mangiando l’Africa e la chiamiamo democraziaultima modifica: 2017-10-23T22:51:18+02:00da eles-1966
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