Per non dimenticare: 16 marzo 1968, il massacro di My Lai in Vietnam – Quando i soldati del Glorioso Esercito Americano massacrarono 504 civili inermi, torturando i vecchi, stuprando le donne e ammazzando senza pietà bambini e neonati…!

 

16 marzo

 

 

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Per non dimenticare: 16 marzo 1968, il massacro di My Lai in Vietnam – Quando i soldati del Glorioso Esercito Americano massacrarono 504 civili inermi, torturando i vecchi, stuprando le donne e ammazzando senza pietà bambini e neonati…!

 

Il massacro di Mỹ Lai, conosciuto anche come massacro di Sơn Mỹ, fu un massacro di civili inermi che avvenne durante la guerra del Vietnam, quando i soldati statunitensi della Compagnia C, 1º Battaglione, 20º Reggimento, 11ª Brigata della 23ª Divisione di Fanteria dell’esercito statunitense, agli ordini del tenente William Calley, uccisero 504 civili inermi e disarmati, principalmente anziani, donne, bambini e neonati.

I soldati americani – senza pietà – torturarono i vecchi, stuprarono le donne, uccisero anche i bambini e i neonati

Il massacro avvenne il 16 marzo 1968 a My Lai, una delle quattro frazioni raggruppate nei pressi del villaggio di Sơn Mỹ, sito nella provincia di Quang Ngai e a circa 840 chilometri a nord di Saigon. I soldati si abbandonarono anche alla tortura e allo stupro degli abitanti. Come fu poi riferito da un tenente dell’esercito sudvietnamita ai suoi superiori, fu la vendetta per uno scontro a fuoco con truppe Viet Cong che si erano mischiate ai civili.

“I soldati puntarono le armi alle nostre teste e ci costrinsero a entrare nei rifugi antiaerei. Spinta dall’istinto di proteggerci, e sapendo che i soldati avevano già ucciso i nostri vicini, nostra madre ci fece entrare per primi nel rifugio. Aveva in braccio mia sorella di due anni. Mentre mia madre stava entrando, i soldati presero a lanciare granate. I miei familiari, mia madre e mia sorella, furono fatti a pezzi. Di mia sorella non rimase nulla e io svenni all’interno del rifugio”.

“C’era un uomo con due bimbi al seguito e un cestino in mano che andava incontro ai soldati, sul volto la disperazione. Gridava ‘No VC, No VC, No VC!’. Cercava di dire che loro non erano vietcong. Uno dei militari, non fece una piega. Sparò a tutti e tre”

La strage fu arrestata dall’equipaggio di un elicottero statunitense in ricognizione, che atterrò tra i soldati americani e i superstiti vietnamiti. Il pilota, il sottufficiale Hugh Thompson, affrontò le truppe, ordinando di puntare le armi (dell’elicottero) contro di loro e aprire il fuoco se non si fossero arresi. I soldati a quel punto si fermarono, e Thompson fece evacuare i civili sopravvissuti. Solo il comandante del plotone è stato condannato all’ergastolo per omicidio, ma venne graziato dopo appena tre anni dal presidente Nixon.

By Eles

 

“C’era un uomo con due bimbi al seguito e un cestino in mano che andava incontro ai soldati, sul volto la disperazione. Gridava ‘No VC, No VC, No VC!’. Cercava di dire che loro non erano vietcong. Uno dei militari, non fece una piega. Sparò a tutti e tre”

Le Virginidi: Un nuovo fantastico spettacolo dal cielo – arrivano le stelle cadenti di marzo che accolgono la primavera…!

 

stelle cadenti

 

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Le Virginidi: Un nuovo fantastico spettacolo dal cielo – arrivano le stelle cadenti di marzo che accolgono la primavera…!

Marzo, arriva la primavera sotto una pioggia di stelle. Il cielo dell’equinozio sarà infatti impreziosito dalle Virginidi, le meteore attese nel terzo mese dell’anno e stavolta con il loro massimo proprio tra il 19 e il 20 e poi tra il 21 e il 22. È vero, ci sarà la Luna prossima alla fase di piena, ma con qualche accorgimento è possibile esprimere qualche desiderio.

Le Virginidi sono in realtà un sistema complesso di meteore, con diverse componenti. Le eta sono attive dal 9 al 27 marzo, quest’anno con picchi proprio intorno all’equinozio di primavera. Ma c’è anche la componente sud, che mostrerà il suo massimo il 10 aprile.

Come spiega l’Uai, però, la Luna sarà quest’anno particolarmente presente in quanto piena il 21 del mese. Inoltre il radiante delle meteore, ovvero il punto in cui sembra che queste si originano, è situato nella costellazione della Vergine (da cui il nome), nella stessa porzione di cielo.

Dovremo quindi allontanarci, stavolta più che mai, da qualsiasi forma di luce artificiale, per aumentare la probabilità di vedere le stelle che in realtà in un cielo di luna piena sono uno spettacolo ancora più bello (nella mappa il cielo del 20 marzo all’1 circa).

virginidi 20mar19 h1.00

Il bacio tra Luna e Giove

Ma se proprio non siamo riusciti ad esprimere desideri al passaggio delle meteore, possiamo rifarci qualche giorno dopo, ammirando il bacio tra Luna e Giove, nella seconda parte della notte tra il 26 e il 27 marzo nella costellazione dell’Ofiuco (nella mappa il cielo del 27 marzo alle 2.30 circa).

luna gio 27mar19 h 2.30

Il bacio tra Luna e Saturno

E non finisce qui, perché all’alba del 29 marzo la Luna incontrerà anche Saturno, a Sud-Est nella costellazione del Sagittario (nella mappa il cielo del 29 marzo alle 5 circa).

luna sat 29mar19 h 5.00

La primavera dunque arriverà con tanti spettacoli naturali, che non ci faranno per niente mancare i fuochi artificiali.

Un Cult – L’indimenticabile Carosello di Cimabue.

 

Cimabue

 

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Un Cult – L’indimenticabile Carosello di Cimabue.

Dom Bairo è uno storico amaro italiano a base di vino aromatizzato alle erbe molto apprezzato negli anni ’70 e ormai fuori produzione da tempo. L’amaro fu pubblicizzato, dal 1972 al 1976, da una nota serie di caroselli, Le avventure di Cimabue, realizzati gracamente da Paolo Piarerioper la Gamma Film.

Il protagonista delle animazioni era uno sfortunato fraticello di nome appunto Cimabue che veniva costantemente canzonato dai suoi confratelli ogni volta (sempre praticamente) commetteva qualche sciocchezza.

Le avventure di Cimabue” il titolo delle pubblicità dell’amaro  Dom Bairo.

“Oggi fu giorno di letizia per lo convento e per li frati tutti” così iniziavano gli spot con Cimabue che volonterosamente si prestava a fare ogni cosa non combinandone mai una giusta, tanto che i frati gli intonavano in coro: “Cimabue, Cimabue, fai una cosa, ne sbagli due”.

Lui non ci sta e reagisce: “Ma che cagnara, sbagliando si impara!”

Finchè il Frate Priore che è un intenditore tirò fuori un liquore al mondo raro. Anno di grazie 1452, nacque così Dom Bairo, l’uvamaro. Amaro di uva, bontà e benessere di preziose uve silvane ed erbe salutari…

Un Cult: Frankenstein Junior – La mitica cena e la frase motivatrice di Igor…

 

Frankenstein Junior

 

 

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Un Cult: Frankenstein Junior – La mitica cena e la frase motivatrice di Igor…

Una delle scene più divertenti… A cena dopo l’esperimento fallito:

Inga: Oh, dottore, lei non deve torturarsi in questo modo, deve cercare di evitare di pensarci. Guardi lì, non ha nemmeno toccato suo cibo!

Frederick: … ecco! [sbatte le mani sul suo piatto] ora lo ho toccato, contenta?!

Igor: E già… [Con tono pacato e confidenziale] Eh già, non dimenticherò mai il mio povero babbo. Quando questo capitava a lui, be’, sa che cosa soleva dirmi?

Frederick: …Cosa diceva?

Igor: …”Quando la sorte ti è contraria e mancato ti è il successo, smetti di far castelli in aria e va a piangere sul…!”

 

Mostro: Mmm!

Igor: Questo cos’è?

Dr. Frankenstein: Torta di mele della nonna.

Mostro: Mmm!

Dr. Frankenstein: Ti piace eh? Io non vado matto per i dolci, sai, però ti capisco.

Igor: Ma a chi sta parlando?

Dr. Frankenstein: A te. Hai fatto un verso da ghiottone, quindi ti piace il dolce.

Igor: Io non ho fatto nessun verso, ho solo chiesto che cos’era.

Dr. Frankenstein: Ma sì, ti ho sentito.

Igor: Non ero io.

Inga: Io nemmeno.

Dr. Frankenstein: Ah scusate ma, se non eri tu e neppure…

Mostro: Mmm! Mmm! 

Un Cult: Il mitico balletto di Stanlio e Ollio sulle note di At the Ball, That’s All!

 

 

Stanlio e Ollio

 

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Un Cult: Il mitico balletto di Stanlio e Ollio sulle note di At the Ball, That’s All!

I Fanciulli del West nella prima versione italiana e Allegri Vagabondi nella successiva ridoppiata degli anni ’80 è un film straordinario del duo più amato al mondo che si segnala per trovate comiche godibilissime ancorché improbabili, come il pollice accendino di Stanlio che sfregandolo con le altre dita si accende gettando il compare nel più incredulo sconcerto possibile e per le bellissime esibizioni canore dei due.

Ma la scena cult del film è il mitico balletto sulle note di At the Ball, That’s All!

Questo balletto è un vero e proprio inno alla gioia, che riempie il cuore ogni volta che lo si vede…

Era il 9 marzo 1973 quando Franca Rame venne rapita, malmenata e stuprata da un gruppo di fascisti. Da grande Donna trovò il coraggio di raccontare la sua terribile esperienza in un memorabile monologo: “lo stupro” – Non ve lo perdete, soprattutto Voi maschi…

 

Franca Rame

 

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Era il 9 marzo 1973 quando Franca Rame venne rapita, malmenata e stuprata da un gruppo di fascisti. Da grande Donna trovò il coraggio di raccontare la sua terribile esperienza in un memorabile monologo: “lo stupro” – Non ve lo perdete, soprattutto Voi maschi…

Permettetemi di dedicare questo monologo di Franca Rame a tutte quelle merde che mi fanno vergognare di essere nato uomo… (by Eles)

(dopo il testo, che va assolutamente letto, trovate il video)

LO STUPRO

Il brano che ora reciterò è stato ricavato da una testimonianza apparsa sul “Quotidiano Donna”, testimonianza che vi riporto testualmente.

C’è una radio che suona… ma solo dopo un po’ la sento. Solo dopo un po’ mi rendo conto che c’è qualcuno che canta. Sì, è una radio. Musica leggera: cielo stelle cuore amore… amore…

Ho un ginocchio, uno solo, piantato nella schiena… come se chi mi sta dietro tenesse l’altro appoggiato per terra… con le mani tiene le mie, forte, girandomele all’incontrario. La sinistra in particolare.

Non so perché, mi ritrovo a pensare che forse è mancino. Non sto capendo niente di quello che mi sta capitando.

Ho lo sgomento addosso di chi sta per perdere il cervello, la voce… la parola. Prendo coscienza delle cose, con incredibile lentezza… Dio che confusione! Come sono salita su questo camioncino? Ho alzato le gambe io, una dopo l’altra dietro la loro spinta o mi hanno caricata loro, sollevandomi di peso?

Non lo so.

È il cuore, che mi sbatte così forte contro le costole, ad impedirmi di ragionare… è il male alla mano sinistra, che sta diventando davvero insopportabile. Perché me la storcono tanto? Io non tento nessun movimento. Sono come congelata.

Ora, quello che mi sta dietro non tiene più il suo ginocchio contro la mia schiena… s’è seduto comodo… e mi tiene tra le sue gambe… fortemente… dal di dietro… come si faceva anni fa, quando si toglievano le tonsille ai bambini.

L’immagine che mi viene in mente è quella. Perché mi stringono tanto? Io non mi muovo, non urlo, sono senza voce. Non capisco cosa mi stia capitando. La radio canta, neanche tanto forte. Perché la musica? Perché l’abbassano? Forse è perché non grido.

Oltre a quello che mi tiene, ce ne sono altri tre. Li guardo: non c’è molta luce… né gran spazio… forse è per questo che mi tengono semidistesa. Li sento calmi. Sicurissimi. Che fanno? Si stanno accendendo una sigaretta.

Fumano? Adesso? Perché mi tengono così e fumano?

Sta per succedere qualche cosa, lo sento… Respiro a fondo… due, tre volte. Non, non mi snebbio… Ho solo paura…

Ora uno mi si avvicina, un altro si accuccia alla mia destra, l’altro a sinistra. Vedo il rosso delle sigarette. Stanno aspirando profondamente.

Sono vicinissimi.

Sì, sta per succedere qualche cosa… lo sento.

Quello che mi tiene da dietro, tende tutti i muscoli… li sento intorno al mio corpo. Non ha aumentato la stretta, ha solo teso i muscoli, come ad essere pronto a tenermi più ferma. Il primo che si era mosso, mi si mette tra le gambe… in ginocchio… divaricandomele. È un movimento preciso, che pare concordato con quello che mi tiene da dietro, perché subito i suoi piedi si mettono sopra ai miei a bloccarmi.

Io ho su i pantaloni. Perché mi aprono le gambe con su i pantaloni? Mi sento peggio che se fossi nuda!

Da questa sensazione mi distrae un qualche cosa che subito non individuo… un calore, prima tenue e poi più forte, fino a diventare insopportabile, sul seno sinistro.

Una punta di bruciore. Le sigarette… sopra al golf fino ad arrivare alla pelle.

Mi scopro a pensare cosa dovrebbe fare una persona in queste condizioni. Io non riesco a fare niente, né a parlare né a piangere… Mi sento come proiettata fuori, affacciata a una finestra, costretta a guardare qualche cosa di orribile.

Quello accucciato alla mia destra accende le sigarette, fa due tiri e poi le passa a quello che mi sta tra le gambe. Si consumano presto.

Il puzzo della lana bruciata deve disturbare i quattro: con una lametta mi tagliano il golf, davanti, per il lungo… mi tagliano anche il reggiseno… mi tagliano anche la pelle in superficie. Nella perizia medica misureranno ventun centimetri. Quello che mi sta tra le gambe, in ginocchio, mi prende i seni a piene mani, le sento gelide sopra le bruciature…

Ora… mi aprono la cerniera dei pantaloni e tutti si dànno da fare per spogliarmi: una scarpa sola, una gamba sola.

Quello che mi tiene da dietro si sta eccitando, sento che si struscia contro la mia schiena.

Ora quello che mi sta tra le gambe mi entra dentro. Mi viene da vomitare.

Devo stare calma, calma.

“Muoviti, puttana. Fammi godere”. Io mi concentro sulle parole delle canzoni; il cuore mi si sta spaccando, non voglio uscire dalla confusione che ho. Non voglio capire. Non capisco nessuna parola… non conosco nessuna lingua. Altra sigaretta.

“Muoviti puttana fammi godere”.

Sono di pietra.

Ora è il turno del secondo… i suoi colpi sono ancora più decisi. Sento un gran male.

“Muoviti puttana fammi godere”.

La lametta che è servita per tagliarmi il golf mi passa più volte sulla faccia. Non sento se mi taglia o no.

“Muoviti, puttana. Fammi godere”.

Il sangue mi cola dalle guance alle orecchie.

È il turno del terzo. È orribile sentirti godere dentro, delle bestie schifose.

“Sto morendo, – riesco a dire, – sono ammalata di cuore”.

Ci credono, non ci credono, si litigano.

“Facciamola scendere. No… sì…” Vola un ceffone tra di loro. Mi schiacciano una sigaretta sul collo, qui, tanto da spegnerla. Ecco, lì, credo di essere finalmente svenuta.

Poi sento che mi muovono. Quello che mi teneva da dietro mi riveste con movimenti precisi. Mi riveste lui, io servo a poco. Si lamenta come un bambino perché è l’unico che non abbia fatto l’amore… pardon… l’unico, che non si sia aperto i pantaloni, ma sento la sua fretta, la sua paura. Non sa come metterla col golf tagliato, mi infila i due lembi nei pantaloni. Il camioncino si ferma per il tempo di farmi scendere… e se ne va.

Tengo con la mano destra la giacca chiusa sui seni scoperti. È quasi scuro. Dove sono? Al parco. Mi sento male… nel senso che mi sento svenire… non solo per il dolore fisico in tutto il corpo, ma per lo schifo… per l’umiliazione… per le mille sputate che ho ricevuto nel cervello… per lo sperma che mi sento uscire. Appoggio la testa a un albero… mi fanno male anche i capelli… me li tiravano per tenermi ferma la testa. Mi passo la mano sulla faccia… è sporca di sangue. Alzo il collo della giacca.

Cammino… cammino non so per quanto tempo. Senza accorgermi, mi trovo davanti alla Questura.

Appoggiata al muro del palazzo di fronte, la sto a guardare per un bel pezzo. Penso a quello che dovrei affrontare se entrassi ora… Sento le loro domande. Vedo le loro facce… i loro mezzi sorrisi… Penso e ci ripenso… Poi mi decido…

Torno a casa… torno a casa… Li denuncerò domani.

(continua dopo il video)

Era il 9 marzo 1973 quando Franca Rame fu stuprata. La fecero salire a forza su un camioncino cinque esponenti dell’estrema destra, pedine di un gioco malato architettato da alcuni ufficiali dei Carabinieri per punire “la compagna di Dario Fo”, attrice teatrale, drammaturga, politica, attivista. Una donna scomoda, che parlava quando doveva stare zitta, che non sapeva tacere su quello che non andava e non funzionava. Che aveva prestato la sua voce prima all’Organizzazione Soccorso Militare e poi, negli anni Settanta, al movimento femminista. Una donna che doveva imparare a stare al suo posto.

Le spaccarono gli occhiali, le tagliarono viso e corpo con una lametta, – una maschera di sangue -, le bruciarono la pelle con le sigarette e la violentarono a turno. Per quello stupro non c’è mai stata nessuna condanna, ma solo la prescrizione, a 25 anni dal fatto, nonostante nel 1987 due fascisti, Angelo Izzo e Biagio Pitaresi, rivelarono al giudice Salvini che a compiere lo stupro fu una squadraccia neofascista e soprattutto che l’ordine di “punire” Franca Rame con lo stupro venne dall’Arma dei Carabinieri. Nonostante la testimonianza di Nicolò Bozzo, che sarebbe diventato stretto collaboratore di Carlo Alberto Dalla Chiesa e che al tempo dei fatti era in servizio presso la divisione Pastrengo.

 

by Eles

Amarcord – “La storia infinita”, il capolavoro di Michael Ende, il libro cult dei ragazzi negli anni Ottanta e Novanta, compie 40 anni.

 

La storia infinita

 

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Amarcord – “La storia infinita”, il capolavoro di Michael Ende,  il libro cult dei ragazzi negli anni Ottanta e Novanta, compie 40 anni.

“La storia infinita”: il capolavoro scritto da Michael Ende compie 40 anni

Divenuto famoso soprattutto grazie al lungometraggio di Wolfgang Petersen, il romanzo di Michael Ende è ormai un vero e proprio classico della letteratura per ragazzi: ma quando uscì quarant’anni fa, “La storia infinita” fu molto più di questo. L’indimenticabile regno abitato dai Mordipietra ha dimostrato che, attraverso la fantasia, pensare un altro mondo era possibile.

Esiste un libro che, per chi era ragazzo negli anni Ottanta e Novanta (e non solo), è stato un vero e proprio best seller: si tratta de “La storia infinita”, del tedesco Michael Ende. In Italia arriva nel 1981, poco prima del celeberrimo adattamento cinematografico di Petersen, ma la prima edizione risale al 1979: esattamente quarant’anni fa. Un best seller in senso classico, con 10 milioni di copie vendute e traduzioni in oltre 40 lingue. Ma anche in senso più ampio, perché ha letteralmente reinventato un genere letterario e, soprattutto, perché ha parlato ai più giovani e non di una risorsa fondamentale ma spesso taciuta e dimenticata dall’essere umano: la fantasia.

“Restituire al mondo il suo segreto sacro e all’uomo la sua dignità” e “ridare alla vita magia e mistero”: questa è stata l’ispirazione che ha spinto Ende a scrivere un romanzo che, oltre che ai bambini, parla anche e soprattutto agli adulti. E lo fa non per risvegliare l’infante nascosto dentro ognuno di noi, né per spronarci a guardare il mondo con i suoi occhi: ma per ricordare che, sia da bambini che da adulti, rinnegare l’enorme potere della fantasia e dell’immaginazione non aiuta ad affrontare il mondo in modo più lucido e consapevole. È, secondo Ende, proprio nel guardare alla realtà come se fosse un mondo fantastico che possiamo in ogni momento modificare che sta il vero cambiamento.

Bastiano, l’eroe del libro nel libro

I ventisei capitoli scritti da Ende sono ricchissimi di avventure, personaggi e avvenimenti collegati l’uno agli altri da un abile gioco combinatorio: lo stesso romanzo altro non è che un libro nel libro. È proprio attraverso le pagine di un vecchio tomo rilegato che avviene l’incontro fra il piano “reale” e quello “fantastico”: Bastiano sta scappando dall’ennesimo brutto scherzo dei suoi compagni di classe quando si ritrova nella libreria del signor Coriandoli dove ruba, incuriosito, un misterioso libro intitolato “La storia infinita”.

Bastiano è un bambino solitario e chiuso in se stesso: l’improvvisa morte della madre e l’incomunicabilità con il padre lo spingono a rifugiarsi nella lettura di storie fantastiche. Nel mondo immaginato da Ende è in qualche modo il libro a trovare lui perché, anche se inconsapevolmente, il bambino ha già dentro di sé la scintilla del cambiamento. Un cambiamento che avverrà entrando, letteralmente, nel mondo di Fantàsia, e partecipando attivamente alle sue avventure: leggendo, Bastiano si trova di fronte ad un mondo in pericolo, dove il Nulla rischia di inghiottire tutte le forme di vita e gli abitanti.

Come sempre accade, anche questa storia ha un eroe: inizialmente Bastiano lo identifica in Atreiu, coraggioso bambino guerriero del popolo dei Pelleverde, al quale l’Imperatrice Bambina affida il compito di salvare il suo regno. Proseguendo con la lettura Bastiano si accorge di esserne egli stesso protagonista, riuscendo ad influenzare gli eventi narrati: è qui che i due piani del reale e del fantastico si sdoppiano, quando cioè il bambino si accorge di essere egli stesso l’eroe che salverà Fantàsia.

Ma come ogni atto eroico, anche questo comporta un sacrificio: più si immedesima nella storia, più Bastano perde il contatto con la propria realtà. Quanto più diventa simile ad Atreiu, coraggioso e forte, quanto più perde la cosa più preziosa che ha: i suoi ricordi. Sarà solo alla fine di una lunghissima serie di difficoltà e consapevolezze che Bastiano comprenderà che la vera missione è quella di salvare se stesso, e non Fantàsia.

Vivere la fantasia o fuggire la realtà?

“Ma ci sono cose che non si possono capire con la riflessione, bisogna viverle”: quest’unica frase, tratta dal romanzo, riassume appieno il senso del libro. L’insegnamento più importante che Ende ha regalato alle generazioni cresciute con “La storia infinita” è stato quello che anche la fantasia può essere vissuta: vissuta e sfruttata per creare qualcosa di nuovo, e non semplicemente per fuggire ciò che già esiste e non va come vorremmo. Bastiano vive sulla propria pelle il potere rivoluzionario della fantasia, e riesce a farlo perché essa non è un mero esercizio stilistico o una banale uscita d’emergenza dalla vita.

Michael Ende impiegò molto più tempo del previsto a scrivere il suo romanzo. Alle pressanti richieste dell’editore, raccontava, si trovava a dover rispondere: “Non posso darti niente, Bastiano non torna più indietro. Cosa devo fare? Devo aspettare il momento giusto, quando emergerà dal personaggio stesso la necessità di ritornare”. Ed è stato il ricordo, e quindi il suo legame con il suo essere più profondo e non privo di contraddizioni, a far sì che Bastiano finalmente tornasse.

In questo senso “La storia infinita” è molto più che un fantasy fiabesco, o un libro per ragazzi: molti lo hanno definito un vero e proprio romanzo di formazione. Ma c’è ancora qualcosa che sfugge a questa etichetta: negli anni in cui Ende scrive il libro, le giovani generazioni stanno iniziando a scoprirsi figlie di un mondo che non esiste più, ma che ha lasciato delle tracce indelebili, dolorose, nella loro vita. Molti di questi stessi giovani accusarono lo scrittore di “escapismo”, ovvero di aver suggerito che l’unica alternativa possibile fosse fuggire da quel mondo: Ende non la pensava così. Ende credeva che la fantasia, insieme al ricordo, non cancella l’identità, semmai la forma per il futuro. È soltanto chi non è capace di assumere su di sé tutto il peso di questa avventura impossibile ma estremamente reale, che non esce più da essa.

fonte: https://www.fanpage.it/la-storia-infinita-il-capolavoro-scritto-da-michael-ende-compie-40-anni/

“Fa’ la cosa giusta”: tutte le battaglie di Roger Waters – Il mito vivente, fondatore dei Pink Floyd e da sempre incazzato contro i signori della guerra ed i sacerdoti del dio denaro

 

Roger Waters

 

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“Fa’ la cosa giusta”: tutte le battaglie di Roger Waters – Il mito vivente, fondatore dei Pink Floyd e da sempre incazzato contro i signori della guerra ed i sacerdoti del dio denaro

«Fa’ la cosa giusta»: tutte le battaglie di Roger Waters, un mito vivente

Questa è la storia di un soldato, un milite del rock in prima linea dal 6 settembre 1943, armato di una voce, quattro corde e una buona dose di ombrosa incazzatura contro i signori della guerra, sacerdoti del dio denaro e la mancanza di empatia tra gli esseri umani. E se in città vedete librarsi in cielo un maiale gigante, è molto probabile che nei paraggi, ci sia proprio lui, Roger Waters, e che il porco gonfiabile, Algie (leggiadro alter ego di Donald Trump), non sia una vostra allucinazione, ma l’ennesima provocazione di un uomo, un artista, che del pungolo e del motivato dissenso ha fatto una ragione di vita.

L’ultima netta presa di posizione, in ordine di tempo, è arrivata il 31 gennaio, prima del, come sempre, chiacchieratissimo Super Bowl 2019, l’evento che, unendo sport e intrattenimento, una volta l’anno incolla alla tv gli Stati Uniti d’America e con loro buona parte del resto del mondo occidentale. Il messaggio? Diretto ai Maroon 5, band scelta quest’anno per il quarto d’ora più bollente dell’entertainment a stelle e strisce, insieme a Travis Scot e Big Boi, già al centro di una petizione che chiedeva alla band di Adam Levine di abbandonare lo show, ovviamente sottoscritta da Waters.

«Li invito a “mettersi in ginocchio” sul palco davanti a tutti. Li invito a farlo in solidarietà con Colin Kaepernick (ex quarterback dei San Francisco 49ers, famoso per essersi inginocchiato durante l’inno nazionale in protesta contro le ingiustizie razziali e la violenza della polizia contro i cittadini afroamericani, gesto costatogli la carriera, ndr), li invito a farlo per ogni bambino ucciso in queste strade, li invito a farlo per ogni madre e padre e fratello e sorella in lutto. Mia madre mi diceva sempre: “In ogni situazione c’è quasi sempre la cosa giusta da fare, quindi falla”. Ci siamo fratelli, siete davanti a una scelta, non dico che sarà facile, tutti gli uomini del Presidente si incazzeranno, ma che si fottano. Vi chiedo di farlo perché è la cosa giusta e perché da qualche parte dentro di voi lo sapete», ha esortato l’ex bassista e fondatore dei Pink Floyd con un post pubblicato sulla sua pagina Facebook, accompagnato da un video in cui lo si vede con la sua band inginocchiarsi alla fine del concerto del 24 settembre 2017 a Hartford nel Connecticut.

Levine e soci l’esibizione l’hanno portata avanti come da copione, un colpo di testa durante l’halftime show del Super Bowl è roba da giocarsi la carriera… se non sei Roger Waters. Sì, perché lui, pacifista, progressivamente più vicino a posizioni atee, convinto sostenitore del partito Laburista, simpatizzante della causa palestinese, ma contro ogni antisemitismo, spina nel fianco dei governi guerrafondai di George W. Bush e dell’attuale maialone Donald Trump, del contorno se n’è sempre sonoramente sbattuto le palle, dritto al messaggio, dritto alla ragione più profonda, la prima e unica, per cui valga la pena di imbracciare uno strumento e salire su un palco, con un microfono davanti a milioni o anche solo a una manciata di persone.

Nipote di un soldato morto durante la Prima Guerra Mondiale e figlio di un soldato dell’8° Reggimento dei Royal Fusiliers, insegnate pacifista, attivista del partito comunista, Eric Fletcher Waters, morto durante la Seconda Guerra Mondiale, dopo lo sbarco ad Anzio (comune di cui l’ex Pink Floyd è cittadino onorario dal 2014 e dove è tornato spesso in situazioni commemorative) il 18 febbraio del ’44, in quella mattina buia e ghiacciata raccontata nella canzone “When the Tigers Broke Free” e poi in “The Wall”, l’ossessione per la guerra e il pacifismo sono entrate nel profondo della persona e dell’arte di Roger Waters.

Con i Pink Floyd fino all’85, anno in cui abbandonò ufficialmente la band, a partire da “The Dark Side Of The Moon” (1973), con “Wish You Were Here” (1975) e, poi, nella trilogia degli anni tra il ’77 e l’83 – “Animals”, “The Wall” (da cui venne tratto il film “Pink Floyd The Wall”) e “The Final Cut” – darà sfogo a tutta l’inquietudine rispetto a temi quali l’assenza, l’alienazione, il denaro, la morte, la guerra. Saranno le colonne portanti anche della sua carriera solista, proseguita, dopo l’esordio del ’70 con “Music From The Body”, già a partire dall’84 con “The Pros and Cons of Hitch Hiking”. Nell’87 con “Radio K.A.O.S.” racconta la storia di un ragazzo diversamente abile, che con le sue capacità telepatiche, scopre il modo di collegarsi a una stazione radio di Los Angeles e inviare il segnale di lancio a tutte le basi missilistiche del pianeta che si distruggeranno a vicenda, ponendo fine all’oppressione militare del Pianeta.

Nel’92 “Amused To Death”, catalizza gli input di avvenimenti storici come la protesta e le violenze di piazza Tienanmen, la caduta del muro di Berlino e lo scoppio della Guerra del Golfo. Incentrato su una riflessione del rapporto tra media, guerre, violenza e repressioni, il disco sarà l’ultimo fino al 2005, quando Waters tornerà con l’opera lirica sulla Rivoluzione Francese, “ça Ira”.

Da solista Roger Waters si è reso protagonista di un’importante attività live, con concerti come quello del 21 luglio 1990 in Postdamer Platz per celebrare la caduta del muro di Berlino e il lungo tour del ’99 in cui ripropone materiale suo e della band, con cui suonerà di nuovo nel 2005 in occasione del Live 8. Poi da solo sempre più live, sempre più in prima lineanella diffusione di una musica che è resistenza, con tour incentrati su due dischi cardine della sua carriera: “The Dark Side Of The Moon”, “The Wall”, tournée documentata nel film “Roger Waters the Wall”. Via via fino alla realizzazione dell’ultimo album di inediti, intitolato “Is This The Life We Realy Want?”. È questa la vita che vogliamo veramente? A venticinque anni da “Amused To Death” il ritorno di Waters è ancora una volta a gamba tesa su una società, la nostra, capace di rimanere indifferente davanti alla morte degli innocenti, bambini o adulti che siano. Quella domanda, per rispondere alla quale basterebbe guardarsi dentro per un nanosecondo, però, parte anche da una riflessione sull’amore e sul come riuscire a estendere le piccole epifanie amorose, che ognuno di noi, se gli è andata bene, ha vissuto almeno una volta nella vita, sul resto dell’esistenza, sugli altri.

Con quel disco e con quella domanda, Waters ci ha fatto un tour bello e importantissimo tra il 2017 e il 2018: “Us+them”, a sottolineare l’alleanza necessaria tra pubblico e artista contro i porci della guerra, dei muri e dell’alienazione collettiva. Una lunga serie di date, passate anche in Italia, incrociando la loro strada con quella della mostra “The Pink Floyd Exhibition: Their Mortal Remains” e nelle quali sono confluite tutte le istanze fondamentali della sua carriera: roba scritta quarant’anni fa, in alcuni casi, ma ancora pesante e attualissima, soprattutto in un momento storico marcio e maledetto come quello che stiamo vivendo.

“Resist” e “Stay Human” sono le due frasi simbolo di questo tour, forse perché proprio il battersi indefesso per tutti, soprattutto per gli ultimi e i dimenticati, contro la violenza e la sopraffazione, per Roger Waters, la leggenda vivente, è davvero l’unico modo per rimanere umano. Perché quella di Roger Waters è la storia di un soldato, ma non certo quello dell’opera da camera “Histoire du Soldat” di Igor Stravinskij, rivisitata con la sua voce narrante e il titolo “The Soldier’s Tale”. No, a differenza del protagonista dell’opera, infatti, Waters il suo basso al diavolo, in cambio di infinite ricchezze, non lo venderà mai.

tratto da: https://www.dolcevitaonline.it/fa-la-cosa-giusta-tutte-le-battaglie-di-roger-waters-un-mito-vivente/

Il fantastico monologo di Luciana Littizzetto contro la violenza sulle donne – vediamo se arriva il messaggio: quando una donna dice NO è NO!

 

Luciana Littizzetto

 

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Il fantastico monologo di Luciana Littizzetto contro la violenza sulle donne – vediamo se arriva il messaggio: quando una donna dice NO è NO!

Io sono contenta di essere una donna. Solo ogni tanto vorrei essere un uomo per dirmi “Ciao bella figa”.

Poi mi piacerebbe essere un uomo per fare la pipì in piedi e magari scrivere nella neve “Saluti da Bardonecchia”, oppure “La panettiera di via Cosmo usa solo lievito madre”. Anche a letto se fossi un uomo avrei meno preoccupazioni. Intanto penserei che clitoride è un filosofo greco e poi crederei a lei quando mi dice che le dimensioni non contano, l’importante è come lo usi. Senza capire che le donne si riferiscono al cervello ovviamente. Poi mi piacerebbe essere un uomo perché potrei mangiare un Calippo come mi pare senza sentirmi osservata da tutti, e perché parcheggerei meglio di come parcheggio e soprattutto potrei incazzarmi con mia moglie perché non trovo il borsone del calcetto mentre lei prepara l’arrosto, consola un’amica, allatta il figlio, compila il 740 e intanto cerca di capire quando è libero l’amante. Vorrei essere un uomo quando devo andare al bagno dell’autogrill… Guadagnerei mesi di vita! Ma soprattutto vorrei essere un uomo per comprarmi interi pacchi di calze e mutande, tre paia a un euro… e sentirmi lo stesso felice. Però sono contenta di essere una donna, anche se non mi vanno giù un sacco di cose.

Per esempio non mi va giù che il mio stipendio debba essere più basso di quello di un uomo del 45%… che se un maschio italiano più o meno ogni mese guadagna 1000 €, una donna ne guadagna più o meno 550. Perché? Perché io che sono una donna devo guadagnare di meno? I conti li faccio meno bene? Gli affettati li taglio meno bene di un uomo?
E poi ti dicono “Eh… ma va così”. Allora se va così io riduco tutto del 45%. Se faccio la casalinga il bagno lo pulisco solo a metà, se faccio la barista ogni tre clienti uno lo salto… e la sera a letto invece di fare 9 settimane e mezzo ne faccio 5 scarse e poi basta.

Sono contenta di essere una donna, ma non mi va giù che le donne che hanno avuto finalmente il coraggio di denunciare il loro compagno violento, poi non sono state protette. Non ce l’hanno fatta. Nonostante avessero già tante volte denunciato il proprio aggressore. Perché?

Perché bisogna sempre aspettare una pugnalata perché quelle merde vengano sbattuti in galera. Le donne ferite devono sentirsi protette e sicure da subito. Se loro fanno il primo passo, il secondo passo dobbiamo farlo noi. Io sono contenta di essere una donna, ma non ce la faccio a pensare che devo firmare una lettera di dimissioni in bianco se resto in cinta… e mi fa rabbia pensare che quando io vado in maternità, poi non sono più sicura di ritrovare la mia scrivania al ritorno.

Non mi va giù pensare quanto sia difficile, difficile… trovare un posto per mio figlio in un asilo nido. E non sopporto l’idea che se il mio capo allunga le mani io debba tacere per non perdere il posto. E faccio anche fatica a pensare che quando io donna dico no, il mio no debba essere diverso da quello di un uomo. Perché se una donna dice no ad un uomo che la molesta, c’è sempre, sempre la convinzione che se la sia cercata. Che in fondo sia stata colpa sua. Perché quando il dito indica il maiale c’è sempre qualcuno che indica la donna e le da della zoccola. Perché magari era vestita provocante, perché era sola in giro alle tre di notte, perché… se ti fai tre mojito poi non puoi pretendere.

Allora… vediamo se arriva il messaggio! Quando una donna dice no è no! Può aver detto si a 99 uomini e voi siete il centesimo, è no lo stesso! A qualunque età, in qualunque luogo e con qualunque tasso etilico. Anzi, se lei è ubriaca e tu la molesti sei ancora più stronzo. Nessuno ti dà il diritto di toccarla, di abusarla e di violentarla. Solo perché sei più grosso, più forte o hai più potere. Quando una donna dice no è no, esattamente come quando lo dice un uomo. E poi senti cosa ti dico… non sta scritto da nessuna parte che una donna per non subire violenze, debba essere un modello di virtù, purezza e buon senso.

Mettiamo che io voglia essere puttana. Ok? Devo decidere io con chi e non sei tu che mi costringi.

 

8 Marzo – Un fantastico monologo di Luciana Littizzetto: “Cari uomini vi scrivo”…

Luciana Littizzetto

 

 

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8 Marzo – Un fantastico monologo di Luciana Littizzetto:  “Cari uomini vi scrivo”…

Amici. Amici del sesso avverso. Allegri compari di Sherwood. Cara altra metà della mela, quella dove c’è il vermino. Cari amici nati da un unico ceppo, ma differenti da noi per un’unica cippa.  Noi vi amiamo tanto anche in molti momenti della nostra vita che mai avremmo pensato. Vi amiamo quando adoperate l’asciugamano per la faccia per parti meno nobili e più vaste, vi amiamo anche quando, uscendo dalla doccia per divertirvi, vi pinzate il walter sotto le gambe e ci fate vedere come sareste se foste femmine… Ma abbiamo delle richieste da farvi. Cari e mansueti gorilla.

A noi donne più che la mimosa secca che ci regalate l’otto marzo dopo che è stata tutto il giorno sul cruscotto, ci serve che impariate tutti i giorni piccole e grandi cose.

Ci sarebbe già di conforto che non vi faceste lo shampoo con il balsamo, per dire. E capiste che tanto non fa schiuma anche se nell’insaponarvi ci mettete l’energia che ci vuole per stancare un vitello prima della marchiatura.

Avremmo desiderio che i calzini, così come sono nati, continuino a vivere appaiati anche quando saranno distanti dai vostri piedi. Ci piacerebbe che capiste, almeno una volta ogni quinquennio, cosa vi vogliamo dire a volte col nostro silenzio. Se ci vedete tacite e silenziose, provate a girarvi. Se per terra dietro di voi vedete venti merde a forma di piede, forse ci sarebbe piaciuto che vi levaste le scarpe dopo essere passati avanti e indietro nella fanga.

Vorremmo inoltre che oltre a sapere a memoria il numero di piede di Marchisio vi ricordaste anche i giorni di ricevimento dei professori dei figli. Adoreremmo che poteste comprendere, tra le varie e tante possibilità che vi si affacciano alla mente, che un bicchiere nel lavandino non deve per forza rimanere lì, ma è possibile lavarlo con due soli colpi di spugnetta… E che le pentole antiaderenti non sono fatte per disegnarci sopra dei geroglifici con la punta del coltello. Vorremmo che non consideraste come dogma assoluto che l’arrosto della mamma è più buono di quello che facciamo noi.

Il creatore non ha detto: “E la suocera fece l’arrosto, fatelo sempre così in memoria di me”.

E saremmo felici, se poteste non rimirare le tette delle altre come se fossero un’opera d’arte, e le nostre come due vecchie cugine.
Ci piacerebbe che prendeste il raffreddore per quello che è, e cioè un insieme di starnuti che dura quattro giorni, e non come una malattia invalidante senza speranza… E saremmo liete se almeno una volta nella vostra vita provaste ad appendere i pantaloni sull’attaccapanni in modo logico, pensandoci un attimo.

Il gancio ad esempio, va appeso e non infilato dentro l’orlo.

E infine vorremmo tranquillizzarvi cari homi sapiens sapiens. State sereni e non temete. Dire una volta tanto “ti amo” non crea né impotenza né assuefazione.