Amarcord – Iso Isetta: la “Smart” tutta italiana che salvò la BMW

 

Iso Isetta

 

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Amarcord – Iso Isetta: la “Smart” tutta italiana che salvò la BMW

Iso Isetta: la “Smart” italiana che salvò la BMW

La Isetta fu prodotta in Italia dalla Iso e in Germania dalla BMW, grazie alla quale conobbe una diffusione inimmaginabile. 

Nel 1954 la Germania vinse i campionati del mondo di calcio, battendo in finale l’Ungheria di Puksas, o meglio, di quel che ne rimaneva visto che il campione Ungherese era stato omaggiato da un intervento assassino alla caviglia nell’incontro che i magiari avevano avuto con i tedeschi al primo turno del mondiale. Il mondiale del doping: si ricorderà così, quello che vide l’intera nazionale tedesca ricoverata in ospedale per una intossicazione epatica il giorno dopo la finale, con gli Ungheresi che ancora recriminano e i tedeschi che invece fanno finta di nulla, mentre si continua a mormorare di una postuma e misteriosa fornitura di trattori che avrebbe varcato i confini della Germania per essere consegnata al governo ungherese.

Di altro doping e di altre richieste di fornitura invece aveva, in quegli anni, bisogno la BMW. La casa dell’elica, serrata dai debiti, era in cerca del rilancio e al salone dell’Auto di Ginevra proprio del 1954, aveva presentato la 502, ponendosi in concorrenza con la connazionale Mercedes Typ 300. Fu un fiasco. La vettura fu accolta tiepidamente e le vendite non decollarono mai, sebbene le numerose declinazioni sia per la carrozzeria (berlina, coupé e cabriolet) che per la motorizzazione dell’auto testimoniano lo sforzo dei dirigenti BMW per posizionarsi in un mercato in cui non erano graditi.

La BMW navigava in acque agitate. Ma quando tutto sembrava compromesso, la soluzione arrivò da un imprenditore italiano che aveva avuto un’idea molto innovativa che all’epoca era quasi fuori mercato, almeno in Italia. Per capire come questo fu possibile, bisogna fare un piccolo passo indietro e arrivare nel 1939 a Bolzaneto in provincia di Genova, dove cercava fortuna Renzo Rivolta, giovane imprenditore con il pallino della meccanica che produceva frigoriferi (per lo più) industriali.

Nel 1943 Rivolta decise di spostare la sua attività nei capannoni dove veniva prodotta l’Isotta Fraschini (e la cosa sarà funzionale al suo successo) e lì iniziò a produrre dapprima grandi elettrodomestici, poi motocicli e infine, fiutando il cambiamento, decise di convertire l’azienda nella produzione di auto, dando vita alla “Iso Automobili S.p.a.”.

Erano gli anni del dopo guerra, l’Italia aveva già acceso la miccia che di lì a poco avrebbe fatto esplodere il boom economico e la Fiat Topolino faceva sognare milioni di italiani, ancora privi del potere di acquisto necessario ad averla. Rivolta voleva produrre un’auto che fosse piccola, comoda e alla portata del grande pubblico, una utilitaria che permettesse a tutti di diventare automobilisti. Per realizzare l’auto (e il sogno) Rivolta si rivolse all’ingegner Preti, giovane e di provenienza aeronautica, il quale dopo aver definito i requisiti di progetto passò la palla all’ingegner Raggi, anche lui di provenienza aeronautica, per disegnarne la carrozzeria. Raggi e Preti (rifacendosi al progetto che Preti aveva presentato per la propria tesi di laurea) disegnarono un’auto caratterizzata da un corpo a uovo con l’aperura sul davanti, con un grande portellone dalla base al tetto, vetri molto grandi, due ruote anteriori e, inizialmente, una ruota posteriore, sostituita immediatamente con una struttura a due ruote (molto vicine per evitare il differenziale) per diminuire i rischi in caso di foratura.

Il motore, chiamato Iso 200, di 198cc di cilindrata e 8,5 cv di potenza, raffreddato ad aria fu realizzato partendo dai disegni del motore di accensione degli aerei attrezzati con propulsore Isotta Fraschini, in uso all’aviazione italiana durante la seconda guerra mondiale. Il cambio era a 4 marce e non era prevista la retromarcia, mentre la trazione era posteriore.

Le linee del disegno originale, che diedero vita al primo prototipo, furono addolcite mediante l’apposizione di due parafanghi laterali mentre il piantone dello sterzo fu agganciato al portellone anteriore: di fatto si piegava su un lato quando il portellone veniva aperto, lasciando libero l’accesso al guidatore e al passeggero. Sulla parte posteriore trovava spazio un piccolo portabagagli. Il paraurti anteriore copriva solo i due spigoli dell’auto, che si distingueva, oltre che per la forma, anche per l’ampia superficie vetrata che assicurava una visibilità superiore agli standard dell’epoca. Il tetto, fatto di tela, era apribile.

Il motore di 8 cavalli e mezzo assicurava una velocità di circa 75 km/h ma soffriva in salita mentre il prezzo, inferiore a quello della Topolino, non era così basso da essere abbordabile dalla grande utenza. Nonostante dopo il lancio l’auto avesse ben figurato alla 1000 miglia e ad altre competizioni famose, incuriosiva il pubblico ma non riusciva a convincere il mercato e le vendite stentavano.

Si arrivò così al 1954 quando al salone di Ginevra la piccola vettura della Iso venne notata da un importatore svizzero della BMW, che la segnalò alla casa madre, che a sua volta pochi mesi dopo inviò il responsabile della sezione collaudi al salone di Torino a parlare con Rivolta e a chiudere un accordo preliminare per la concessione del brevetto. Preludio all’accordo definitivo (verrà chiuso a Milano pochi giorno dopo) grazie al quale la BMW poté iniziare a produrre la Isetta.

I tempi erano stretti e il lancio della nuova vettura, denominata BMW 250, avvenne nel marzo del 1955, con la presentazione alla stampa. Rispetto alla Isetta, la versione tedesca aveva i finestrini laterali abbassabili e un impianto di riscaldamento che la rendeva più confortevole, inoltre era spinta da un propulsore di 250cc (da cui il nome) che erogava una potenza di 12,5 cv.

L’auto, data subito in prova ai giornalisti, piacque e molto. Convinse subito la stampa e anche gli automobilisti, colpiti dai bassi consumi (33 km circa con un litro di benzina), il buon livello di comfort, il design assolutamente innovativo, il prezzo abbordabile.

La BMW 250 fu un vero e proprio successo. Rivolta ricevette una lettera di ringraziamento al raggiungimento delle 50.000 unità vendute, ma era solo l’inizio: la BMW mise in produzione anche la 300 e la 600 equipaggiate con propulsori più potenti e più confortevoli rispetto alla versione 250. La piccola Isetta che in patria non piaceva ed era considerata brutta divenne la prima vettura a basso consumo prodotta in serie e il monocilindrico più venduto nella storia dell’automobile. Grazie ai guadagni provenienti dalle vendite di questa piccola utilitaria la casa tedesca trovò la liquidità per riprendere la ricerca e lo sviluppo di nuovi modelli di auto da lanciare sul mercato.

Il sogno di Renzo Rivolta, di creare un’auto piccola, funzionale, economica, ma con un design ricercato e ricca di soluzioni tecniche è arrivato fino ad oggi. È di questi giorni difatti l’annuncio della Tezzari di Imola, casa specializzata nella costruzioni di auto a emissioni zero, dell’accordo con la Micro Mobility System di Küsnacht in Svizzeraper la produzione e la vendita della Microlino (qualcuno li perdoni per il nome). Auto identica alla vecchia Isetta, ma totalmente elettrica di cui si prevede una vendita che potrà arrivare alle 15.000 unità ma per la quale ci sarebbero già 1.500 prenotazionidi utenti che ne hanno visto il prototipo all’ultimo salone di Ginevra.

Sembra difficile da credere, ma la storia dell’auto insegna che senza la Isetta forse la BMW oggi non sarebbe il leader mondiale nella produzione di auto di lusso che tutti conosciamo e che parte della sua fortuna la deve alla più piccola delle auto che ha mai prodotto, nel dopoguerra, nata dalle idee innovative (per alcuni addirittura visionarie) di un imprenditore e di due ingegneri, che volevano costruire aeroplani e si trovarono a dar forma ai sogni di Renzo Rivolta, Italiano, nato a Desio.

Iso Isetta – BMW Isetta

Prodotta dal 1953 al 1962
Esemplari prodotti: 161.728
Cilindrate: 200cc, 250cc, 300cc, 600cc

 

27 novembre 1868 – 151 anni fa la carneficina (impropriamente chiamata battaglia) di Washita – Altra luminosa pagina della gloriosa storia Americana che non conoscete: quando l’esercito comandato da Custer prese di sorpresa e sterminò anziani, donne e bambini Cheyenne che vivono nelle riserve…

 

Washita

 

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27 novembre 1868 – 151 anni fa la carneficina (impropriamente chiamata battaglia) di Washita – Altra luminosa pagina della gloriosa storia Americana che non conoscete: quando l’esercito comandato da Custer prese di sorpresa e sterminò anziani, donne e bambini Cheyenne che vivono nelle riserve…

 

Nel mese di ottobre 1867, il Maggiore Elliot condusse una scorta di consulenti per la Medicine Lodge Creek nel Kansas. Qui firmarono il famigerato trattato di Medicine Creek. Il Congresso però non tenne conto del Trattato sino al luglio 1868, perciò i Cheyennes attesero invano le promesse che in definitiva non arrivarono mai. Durante questo tempo di tensione nelle pianure, il Generale Phillip Sheridan prese il comando del US. Army Department of Missouri nel marzo del 1868.
Presto si segnalarono delle proteste da parte dei Cheyennes che si sentivano nuovamente traditi dal Governo per il non rispetto dei Trattati di Medicine Lodge Creek a sua volta firmati con i Capi Tribù interessati. Perciò il Governo inviò l’ordine all’agente Indiano Wynkoop di recarsi dai Cheyennes per un suo giudizio obbiettivo sulla reale necessità degli Indiani per il rilascio di forniture. Ma l’ordine avvenne troppo tardi. I Cheyennes nel frattempo si misero in stato di guerra contro i coloni nella terra che consideravano la loro, uccidendoli e facendoli prigionieri. Il 22 novembre 1868, George A. Custer ricevette gli ordini dal Generale Sheridan di lasciare Il Campo dei Rifornimenti per 30 giorni di missione di esplorazione. Quando Custer raggiunse il fiume canadese, mandò sui monti il Maggiore Elliot a esplorare. Dodici miglia a monte gli scouts di Elliot trovarono un sentiero indiano tracciato di fresco e quindì lo notificò a Custer che gli ordinò di seguirne le tracce. Tre dei suoi scout trovarono l’esatta posizione di un villaggio Cheyenne costituito da oltre 50 Tipì che erano sistemati sulle rive del fiume Pole Lodge che faceva parte del FiumeWashita.
11 Compagnie del 7° Cavalleria erano sotto il comando del Ten. Col. George A. Custer, di cui 3 Compagnie del 3° Fanteria, 1 del 5° Fanteria, 1 della 38°ma Fanteria e circa 450 carri provenienti dal Territorio Indiano di Fort Dodgefor. 
All’alba di quella rigida mattina del 27 novembre 1868, circa 700 uomini del 7° Cavalleria si prepararono ad attaccare il campo, mentre gli indiani, ignari di quello che stava accadendo erano ancora nel loro sonno. Con le note del “Garry Owen”, Custer si attestò nei pressi del villaggio con i suoi quattro battaglioni: il Maggiore Joel Elliot con le Compagnie G, H e M proveniente da nord-est; il Capitano William Thompson con le Compagnie B ed F, da sud; il Tenente John M. Johnson con la Compagnia E attestata a sud-ovest; Custer con le Compagnie A, C, D e K, da ovest. L’intento di Custer era di assassinare il maggior numero di Indiani da lui considerati “ostili”
Questo campo indiano Cheyenne era guidato dal Capo Black Kettle, un Suhtia. Black Kettle non mise alcun scout a guardia del proprio villaggio perché ritenne che non ce n’era motivo ed era ignaro di un attacco imminente da parte dell’esercito.
Le truppe di Custer irruppero nel villaggio con violenza e determinazione. Gli ordini erano di non risparmiare nessuno. Una pallottola colpì in pieno petto un capitano uccidendolo, i suoi uomini al suo seguito furono feriti all’addome dai fucili indiani. Il Maggiore Elliot si trovò tagliato fuori ma con la sua Compagnia riuscì a farsi breccia a est e inseguì gli indiani fuggitivi. Fu nuovamente tagliato dalla fuori dalla mischia e la sua compagnia fu uccisa. Durante l’attacco i Cheyenne uccisero 4 prigionieri bianchi tenuti ostaggi. Non è chiarto se Custer è stato capace di salvare gli altri due. Nel frattempo la Cavalleria aveva diviso in due il campo e a colpi di sciabola vennero falcidiati tutti gli occupanti dei Tipì, la maggior parte costituita da donne, vecchi e bambini. Le donne incinte furono sventrate e i feti lasciati sul terreno con le loro madri. Donne, bambini e anziani furono inseguiti tra le loro tende e abbattuti uno a uno come animali a colpi di sciabola dai soldati a cavallo, mentre coloro che tentavano di salvarsi venivano prima colpiti dai fucilieri in postazione, poi finiti e sventrati dalle armi bianche dei  soldati. Ai cadaveri delle donne, degli uomini e dei bambini furono tagliati i genitali. I cavalli dei Cheyenne furono macellati così come furono abbattuti 875 pony indiani.
Dopo aver fatto strage del campo, ucciso Black Kettle e Little Rock, dato fuoco ai Tipì e ucciso tutto il bestiame rimanente, Custer il 1° Dicembre, riuscì a portare con sé presso il Campo di Approvvigionamento dell’Esercito, il suo trofeo di guerra costituito da 52 prigionieri, tutte donne e bambini, che furono successivamente trasferiti a Fort Hayes nel Kansas, come prigionieri di guerra. Sul campo di Washita River  l’esercito perse complessivamente 21 uomini e i feriti furono 16.  I militari di Custer contarono sul terreno “nemico” solo i Cheyenne maschi uccisi che furono 103, non tennero conto invece delle donne e dei bambini massacrati, nemmeno dei molti dispersi che finirono annegati nelle acque gelide del Fiume Washita. 
Geroge A. Custer con il massacro di Washita firmò il suo atto di morte, che avvenne nella battaglia del 1876 presso il Fiume Little Big Horn: i Sioux coalizzati si vendicarono dei suoi orrori commessi ai danni dei fratelli Cheyennes.
Custer fu un grande sostenitore dell’idea che la natura dei Nativi era molto più crudele e feroce di qualsiasi bestia selvaggia del deserto. In seguito lui stesso venne giudicato da un suo ufficiale superiore come “crudele, bugiardo e senza principi morali, disprezzato da tutti gli ufficiali del suo reggimento”
Questo inutile massacro, appena quasi quattro anni dopo quello di Sand Creek nel Sud-Est del Colorado nel 1864, spazzò via tutti coloro che a Sand Creek sopravvissero, delle intere famiglie Cheyennes di antiche discendenze, non sopravvisse nessuno.
Secondo George Bent, le persone che furono trucidate nel massacro di Lodge Pole del Washita River furono:
Black Kettle, (Suhtai) Capo Consiglio;  Little Rock, (Cheyenne) Capo Consiglio.
11 guerrieri: Bear Tongue, High Bear, Blind Bear, White Bear, Cranky Man, Blue Horse, Red Thoots, Few Heart, Red Bird, Hawk . Tra di loro ci furono anche 1 Arapaho e 2 Siouxs (Lakota), 16 donne e 9 bambini.
La maggior parte di loro sono stati abbattuti vicino il fiume ghiacciato Washita o uccisi durante il tentativo di fuggire attraverso il ruscello. C’era poca possibilità di fuga. Quelli che furono fortunati a fuggire furono in pochi, molti furono i feriti, in gran parte erano bambini.  Il massacro di Lodge Pole River (Whashita) del 1868 è stato un genocidio deliberato ad opera di George A. Custer.

Un Cult: Fantozzi ed il varo con la Contessa Serbelloni Mazzanti Viendalmare…!

 

Fantozzi

 

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Un Cult: Fantozzi ed il varo con la Contessa Serbelloni Mazzanti Viendalmare…!

Dal film “Il secondo tragico Fantozzi” il varo della nave con la Contessa Serbelloni Mazzanti Viendalmare – Una delle scene più esilaranti del cinema Italiano. Godetevi il dialogo ed a seguire il video.

Narratore: Parte da 32 metri la Serbelloni Mazzanti Viendalmare.

Contessa: Capovaro… posso andare?

Capovaro: Vadi, contessa; vadi!

(la contessa tira la bottiglia che va a finire in testa a Fantozzi che cade in acqua)

Capovaro: Ecco, contessa!

Contessa: Un’altra bottiglia?

Capovaro: Si, prego!

Narratore: Riparte da 46 metri la Serbelloni Mazzanti Viendalmare!

Contessa: Capovaro… ri-posso andare?

Capovaro: Rivadi contessa, ma più centrale!

(la contessa colpisce di nuovo Fantozzi che è appena uscito dall’acqua)

Narratore: Fantozzi, questa volta, preferì attendere in acqua la conclusione della cerimonia…

Contessa: Capovaro… ri-riprovo?

Capovaro: Ri-rivadi contessa, ma, un po’ più a destra!

Narratore: Qui lo raggiunsero nell’ordine: sindaco con fascia tricolore, ministro della Marina Mercantile, centoduenne baronessa Filiguelli de Bonchamps, mascotte a vita della società; tutte le autorità vennero poi furtivamente varate a parte… Finita la riserva di Champagne, fu deciso di cambiare il rituale della cerimonia… taglio di un cavetto metallico che avrebbe messo in moto il meccanismo del varo. Riparte da 76 metri la Serbelloni Mazzanti Viendalmare!

Capovaro: Vadi, vadi contessa!

Contessa: Taglio! In nome di Dio!

(la contessa colpisce con l’accetta la mano dell’Arcivescovo che urla)

Narratore: Mignolo netto dell’Arcivescovo con Anello Pastorale!

Arcivescovo: Porcaccia di quella… (la banda suona la marcia “sul ponticello” e l’Arcivescovo insegue la contessa con l’accetta in mano)

Narratore: La nave, fu poi varata nel tardo pomeriggio quando si fu placata la furia omicida del porporato…

 

 

Oggi 25 novembre è la Giornata Mondiale contro la Violenza sulle Donne… Permettetemi di dedicare “Lo Stupro”, l’agghiacciante, forte, commovente monologo di Franca Rame a tutte quelle merde che mi fanno vergognare di essere nato uomo…!

 

Franca Rame

 

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Oggi 25 novembre è la Giornata Mondiale contro la Violenza sulle Donne… Permettetemi di dedicare “Lo Stupro”, l’agghiacciante, forte, commovente monologo di Franca Rame a tutte quelle merde che mi fanno vergognare di essere nato uomo…!

Permettetemi di dedicare questo monologo di Franca Rame a tutte quelle merde che mi fanno vergognare di essere nato uomo… (by Eles)

(dopo il testo, che va assolutamente letto, trovate il video)

LO STUPRO

Il brano che ora reciterò è stato ricavato da una testimonianza apparsa sul “Quotidiano Donna”, testimonianza che vi riporto testualmente.

C’è una radio che suona… ma solo dopo un po’ la sento. Solo dopo un po’ mi rendo conto che c’è qualcuno che canta. Sì, è una radio. Musica leggera: cielo stelle cuore amore… amore…

Ho un ginocchio, uno solo, piantato nella schiena… come se chi mi sta dietro tenesse l’altro appoggiato per terra… con le mani tiene le mie, forte, girandomele all’incontrario. La sinistra in particolare.

Non so perché, mi ritrovo a pensare che forse è mancino. Non sto capendo niente di quello che mi sta capitando.

Ho lo sgomento addosso di chi sta per perdere il cervello, la voce… la parola. Prendo coscienza delle cose, con incredibile lentezza… Dio che confusione! Come sono salita su questo camioncino? Ho alzato le gambe io, una dopo l’altra dietro la loro spinta o mi hanno caricata loro, sollevandomi di peso?

Non lo so.

È il cuore, che mi sbatte così forte contro le costole, ad impedirmi di ragionare… è il male alla mano sinistra, che sta diventando davvero insopportabile. Perché me la storcono tanto? Io non tento nessun movimento. Sono come congelata.

Ora, quello che mi sta dietro non tiene più il suo ginocchio contro la mia schiena… s’è seduto comodo… e mi tiene tra le sue gambe… fortemente… dal di dietro… come si faceva anni fa, quando si toglievano le tonsille ai bambini.

L’immagine che mi viene in mente è quella. Perché mi stringono tanto? Io non mi muovo, non urlo, sono senza voce. Non capisco cosa mi stia capitando. La radio canta, neanche tanto forte. Perché la musica? Perché l’abbassano? Forse è perché non grido.

Oltre a quello che mi tiene, ce ne sono altri tre. Li guardo: non c’è molta luce… né gran spazio… forse è per questo che mi tengono semidistesa. Li sento calmi. Sicurissimi. Che fanno? Si stanno accendendo una sigaretta.

Fumano? Adesso? Perché mi tengono così e fumano?

Sta per succedere qualche cosa, lo sento… Respiro a fondo… due, tre volte. Non, non mi snebbio… Ho solo paura…

Ora uno mi si avvicina, un altro si accuccia alla mia destra, l’altro a sinistra. Vedo il rosso delle sigarette. Stanno aspirando profondamente.

Sono vicinissimi.

Sì, sta per succedere qualche cosa… lo sento.

Quello che mi tiene da dietro, tende tutti i muscoli… li sento intorno al mio corpo. Non ha aumentato la stretta, ha solo teso i muscoli, come ad essere pronto a tenermi più ferma. Il primo che si era mosso, mi si mette tra le gambe… in ginocchio… divaricandomele. È un movimento preciso, che pare concordato con quello che mi tiene da dietro, perché subito i suoi piedi si mettono sopra ai miei a bloccarmi.

Io ho su i pantaloni. Perché mi aprono le gambe con su i pantaloni? Mi sento peggio che se fossi nuda!

Da questa sensazione mi distrae un qualche cosa che subito non individuo… un calore, prima tenue e poi più forte, fino a diventare insopportabile, sul seno sinistro.

Una punta di bruciore. Le sigarette… sopra al golf fino ad arrivare alla pelle.

Mi scopro a pensare cosa dovrebbe fare una persona in queste condizioni. Io non riesco a fare niente, né a parlare né a piangere… Mi sento come proiettata fuori, affacciata a una finestra, costretta a guardare qualche cosa di orribile.

Quello accucciato alla mia destra accende le sigarette, fa due tiri e poi le passa a quello che mi sta tra le gambe. Si consumano presto.

Il puzzo della lana bruciata deve disturbare i quattro: con una lametta mi tagliano il golf, davanti, per il lungo… mi tagliano anche il reggiseno… mi tagliano anche la pelle in superficie. Nella perizia medica misureranno ventun centimetri. Quello che mi sta tra le gambe, in ginocchio, mi prende i seni a piene mani, le sento gelide sopra le bruciature…

Ora… mi aprono la cerniera dei pantaloni e tutti si dànno da fare per spogliarmi: una scarpa sola, una gamba sola.

Quello che mi tiene da dietro si sta eccitando, sento che si struscia contro la mia schiena.

Ora quello che mi sta tra le gambe mi entra dentro. Mi viene da vomitare.

Devo stare calma, calma.

“Muoviti, puttana. Fammi godere”. Io mi concentro sulle parole delle canzoni; il cuore mi si sta spaccando, non voglio uscire dalla confusione che ho. Non voglio capire. Non capisco nessuna parola… non conosco nessuna lingua. Altra sigaretta.

“Muoviti puttana fammi godere”.

Sono di pietra.

Ora è il turno del secondo… i suoi colpi sono ancora più decisi. Sento un gran male.

“Muoviti puttana fammi godere”.

La lametta che è servita per tagliarmi il golf mi passa più volte sulla faccia. Non sento se mi taglia o no.

“Muoviti, puttana. Fammi godere”.

Il sangue mi cola dalle guance alle orecchie.

È il turno del terzo. È orribile sentirti godere dentro, delle bestie schifose.

“Sto morendo, – riesco a dire, – sono ammalata di cuore”.

Ci credono, non ci credono, si litigano.

“Facciamola scendere. No… sì…” Vola un ceffone tra di loro. Mi schiacciano una sigaretta sul collo, qui, tanto da spegnerla. Ecco, lì, credo di essere finalmente svenuta.

Poi sento che mi muovono. Quello che mi teneva da dietro mi riveste con movimenti precisi. Mi riveste lui, io servo a poco. Si lamenta come un bambino perché è l’unico che non abbia fatto l’amore… pardon… l’unico, che non si sia aperto i pantaloni, ma sento la sua fretta, la sua paura. Non sa come metterla col golf tagliato, mi infila i due lembi nei pantaloni. Il camioncino si ferma per il tempo di farmi scendere… e se ne va.

Tengo con la mano destra la giacca chiusa sui seni scoperti. È quasi scuro. Dove sono? Al parco. Mi sento male… nel senso che mi sento svenire… non solo per il dolore fisico in tutto il corpo, ma per lo schifo… per l’umiliazione… per le mille sputate che ho ricevuto nel cervello… per lo sperma che mi sento uscire. Appoggio la testa a un albero… mi fanno male anche i capelli… me li tiravano per tenermi ferma la testa. Mi passo la mano sulla faccia… è sporca di sangue. Alzo il collo della giacca.

Cammino… cammino non so per quanto tempo. Senza accorgermi, mi trovo davanti alla Questura.

Appoggiata al muro del palazzo di fronte, la sto a guardare per un bel pezzo. Penso a quello che dovrei affrontare se entrassi ora… Sento le loro domande. Vedo le loro facce… i loro mezzi sorrisi… Penso e ci ripenso… Poi mi decido…

Torno a casa… torno a casa… Li denuncerò domani.

(continua dopo il video)

Era il 9 marzo 1973 quando Franca Rame fu stuprata. La fecero salire a forza su un camioncino cinque esponenti dell’estrema destra, pedine di un gioco malato architettato da alcuni ufficiali dei Carabinieri per punire “la compagna di Dario Fo”, attrice teatrale, drammaturga, politica, attivista. Una donna scomoda, che parlava quando doveva stare zitta, che non sapeva tacere su quello che non andava e non funzionava. Che aveva prestato la sua voce prima all’Organizzazione Soccorso Militare e poi, negli anni Settanta, al movimento femminista. Una donna che doveva imparare a stare al suo posto.

Le spaccarono gli occhiali, le tagliarono viso e corpo con una lametta, – una maschera di sangue -, le bruciarono la pelle con le sigarette e la violentarono a turno. Per quello stupro non c’è mai stata nessuna condanna, ma solo la prescrizione, a 25 anni dal fatto, nonostante nel 1987 due fascisti, Angelo Izzo e Biagio Pitaresi, rivelarono al giudice Salvini che a compiere lo stupro fu una squadraccia neofascista e soprattutto che l’ordine di “punire” Franca Rame con lo stupro venne dall’Arma dei Carabinieri. Nonostante la testimonianza di Nicolò Bozzo, che sarebbe diventato stretto collaboratore di Carlo Alberto Dalla Chiesa e che al tempo dei fatti era in servizio presso la divisione Pastrengo.

 

by Eles

 

Un cult – Gigi Proietti è il Conte Armando Duval ne La Signora delle Camelie – La scena più divertente della storia del cinema Italiano…

 

Gigi Proietti

 

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Un cult – Gigi Proietti è il Conte Armando Duval ne La Signora delle Camelie – La scena più divertente della storia del cinema Italiano…

 

LA SIGNORA DELLE CAMELIE

commedia in un atto

adattamento curato dai Mortis’Attori dell’omonimo
episodio di Gigi Proietti tratto dal film “Un’estate al mare”


PERSONAGGI:
(contraddistinti da colori diversi per la stampa a colori
e dalle iniziali diverse per la stampa in bianco e nero)

P          Presentatore  presenta la scenetta e convince Gigi a recitare        

G         Gigi – Armando Duval attore-spettatore chiamato a sostituire l’attore ammalato che doveva impersonare Armando Duval

 M        Madame Margherita cortigiana malata di tisi, innamorata di Armando Duval

J           Josephine  cameriera di Margherita

S          Spartaco  suggeritore

C          Conte Duval    padre di Armando

D         Dottore       dottore

La vicenda si svolge nella camera da letto di Margherita

LA STORIA

Causa improvvisa defezione dell’attore protagonista, Gigi viene chiamato all’ultimo minuto a sostituirlo nel ruolo di Armando Duval nella commedia “La signora delle camelie”.
Non avendo avuto modo di prepararsi, si affiderà completamente al suggeritore Spartaco che reciterà al suo fianco. Essendo tuttavia un po’ sordo e corto di memoria traviserà ogni battuta trasformando la commedia tragica in tragicomica.

 

ATTO UNICO

Occhio di bue che segue il presentatore.
Palcoscenico con tende chiuse, il presentatore al centro annuncia la Commedia

 

P:      Signore e Signori siamo davvero lieti e orgogliosi
di presentare per la prima volta sul nostro Palcoscenico
una Commedia del Repertorio Classico: La Signora delle Camelie

 

      Questa famosa commedia, tratta dall’omonimo libro di Alessandro Dumas, parla della difficile storia d’amore tra il nobile Armando Duval e Margherita, la cortigiana più bella di Parigi.

Già dal primo incontro Armando si innamora di Margherita, chiamata da tutti  Signora delle Camelie perchè ogni volta che va a teatro porta con sè un mazzo di camelie, ma lei, sempre circondata da molti corteggiatori,  inizialmente ride della sua infatuazione.


Col passare del tempo, Margherita si accorge che sta buttando via la propria vita finchè un giorno scopre anche di essersi ammalata di tisi. Vorrebbe lasciarsi morire, ma pian piano il sincero amore di Armando la conquista e le da la forza per ritornare a vivere.

A questo punto interviene però il padre di Armando, che disapprova la relazione del figlio con la cortigiana e vorrebbe costringerlo a lasciare Margherita per non infangare il nome della famiglia.

Quello che vogliamo raccontare è proprio il seguito di questa storia d’amore …

La compagnia dei Mortisattori per questa occasione davvero unica
si avvarrà della collaborazione di un attore famosissimo, un vero maestro, che ha dato la propria disponibilità per questa serata.

 Da dietro il presentatore, tra le due tende del sipario chiuso si affaccia improvvisamente il viso dell’attrice che farà la parte Margherita, che sottovoce e con agitazione si rivolge al presentatore

 M:    No, aspetta… C’è un problema
Il maestro non viene…
Ci hanno appena avvisato che si è ammalato…

 P:     Rispondendo con lo stesso tono
Ammalato!?
E la sua parte?
    

M:    Purtroppo ha appena telefonato il suo agente
dicendo che il maestro si trova in ospedale con 40 di febbre

P:     E noi adesso cosa facciamo?
Chi lo dice a tutta questa gente che aspetta?
 

M:    Non saprei proprio cosa fare…
Servirebbe qualcuno che lo sostituisse…
Ma dove lo troviamo? Ormai è troppo tardi….
 

P:     Aspetta aspetta…
Fatalità ho visto in mezzo al pubblico un vecchio amico
che ha studiato recitazione
e che conosceva a memoria i classici più importanti,
tra cui anche “La signora delle camelie”
 

M:    Ma allora…
Potresti chiederlo a lui…!
 

P:     Hai ragione…
Perchè non provare…?
Tanto ormai, perso per perso…
 

M:    Tu allora cerca di convincerlo
che noi intanto ci prepariamo per andare in scena…!
 

L’attrice scompare dietro il sipario e il presentatore torna a rivolgersi al pubblico cercando di riprendere il tono tranquillo iniziale 

P:     Scusate, abbiamo un piccolo problema… 

 Scende dal palco e si ferma di fronte all’attore che per tempo si era seduto in prima fila 

P:     Ma allora non mi ero sbagliato…!
lo saluta con grande enfasi, facendolo alzare e abbracciandolo
Gigi carissimo, è una vita che non ti vedevo…
E’ la Provvidenza che ti ha mandato qui questa sera…
 

G:     Sorpreso e imbarazzato, non capendo dove l’altro vuole arrivare
No no, sono venuto di mia iniziativa… 

P:     Ascolta…
Mi dovresti fare un grosso piacere:
Abbiamo appena saputo che si è ammalato l’attore protagonista maschile.
So che questa parte tu l’avevi imparata quando studiavi recitazione.
Lo puoi sostituire tu?
Ti prego…
Non può dire di no…
Guarda quanta gente sta aspettando…
 

G:     Sorridendo per la richiesta spropositata, e rispondendo con grande imbarazzo
Ma no, ma ti rendi conto?
Sono tanti anni che non faccio questa parte, ormai ho dimenticato tutto…
Sono anche diventato…un po’ sordo
E poi mi manca…mi manca…
Come si dice quando non ti vengono in mente le cose…?

P:     Ti manca la memoria? 

G:     Sì, proprio quella… 

P:     Ma non c’è problema: noi abbiamo il suggeritore!!!!!
Spartaco, fatti vedere!
 

Dal sipario chiuso esce il suggeritore, portando in mano la giacca e il cappello per il ruolo da protagonista, e si presenta  

S:     Buonasera a tutti…
Sono Spartaco, il suggeritore…
concludendo con un inchino
Al vostro servizio!
Quindi si avvia giù dal palco per raggiungere gli altri due 

P:     Se non ricordi una battuta basta che lo chiami, e lui ti viene vicino e te la suggerisce…
Dai Gigi, facci questo dono prezioso…
 

G:     Beh…
Dopo una breve pausa di indecisione, cedendo alle insistenze del presentatore e battendo la mano sulla spalla del suggeritore che intanto li ha raggiunti
E va beh… Se c’è il suggeritore…
…Provamoce!
 

P:     Grazie, Gigi…
Grazie di cuore
 

S:     Spartaco porge giacca e cappello a Gigi
Guarda: ti ho portato la giacca e il cappello

G:     Grazie!
Inizia ad indossarli con l’aiuto di Spartaco
Però…!
Sono proprio della mia taglia!

S:     A vestizione di Gigi completata:
Perfetto! Un ottimo inizio!
Vieni che ti accompagno…

Spartaco fa cenno di avviarsi sopra il palco, ma Gigi lo ferma trattenendolo per il braccio 

G:    Mi raccomando, eh…
Guarda che non ricordo manco una battuta…
 

S:     Non preoccuparti: sono qua io…

G:    Come?

S:     (Spartaco si gira preoccupato verso il pubblico perché inizia a sospettare che Gigi sia veramente sordo, poi riprendendo ad avviarsi)
Ho detto: Non preoccuparti: sono qua io… 

G:    (fermando ancora Spartaco trattenendolo per il braccio)
Se non me arrivasse il tuo suggerimento,
io so fare una risata molto comunicativa…
(Gigi fa la risata per mostrarla a Spartaco)
Ah Ah
Ecco: durante sta risata tu mi ripeti il suggerimento…
Hai capito?

S:     Ok, va bene…

G:    Però me devi stà vicino…

S:     E come no?…Te stò attaccato!

G:    (ancora una volta Spartaco si avvia verso il palco, ma subito Gigi lo ferma per un  braccio)
Come hai detto che ti chiami tu?

S:     (ancora una volta Spartaco si gira preoccupato verso il pubblico perché inizia a sospettare che Gigi abbia veramente la memoria corta, poi riprendendo ad avviarsi)
Spartaco me chiamo, Spartaco…

Spartaco e Gigi salgono sul palco ed entrano nel sipario chiuso. Il presentatore, dopo averli seguiti a breve distanza, si ferma al centro e conclude la sua presentazione: 

P:     Dunque, Signore e Signori:
“La signora delle camelie”

Il presentatore si defila da un lato del palcoscenico

Stacco Musicale 4 (sinfonia 40 di Mozart) che sfuma prima che gli attori inizino a parlare

Il sipario si apre: in scena c’è Margherita che si alza dal letto, sta male e tossisce.
In un angolo in fondo, seminascosti da una mezza quinta, Gigi e Spartaco.
Josephine entra correndo a piccoli passi per dare assistenza a Margherita, e la chiama con enfasi e preoccupazione
 

J:     Madame…!
Madame…!
 

Margherita tossendo si volge verso Josephine e senza rendersi conto le sputa addosso. 

J:     risentita, fra sé
Questa me sputa tutto lo spettacolo… 

M:    con molto trasporto
Questa tosse che mi squassa il petto…!

J:     Non tema, madame…
La sua salute rifiorirà!
 

M:    Margherita volgendosi verso Josephine e sputandole addosso ancora senza rendersi conto
Pietosa bugia! 

J:     risentita, fra sé
Ridaje…

Coraggio, madame…
Sta per arrivare il conte Duval!
 

M:    Ah…!
l’uomo che amo….
Sì, che amo…
Di vero amore!
Presto! Aiutami a sistemarmi i capelli…

Margherita si siede davanti allo specchio e Josephine inizia a sistemarle i capelli con la spazzola

Intanto Spartaco si affaccia sul palco insieme a Gigi e gli da le indicazioni per impostare il personaggio

  1. Ecco… Tocca a te…
    Mi raccomando, aria da nobile: tu sei il conte Armando Duval
    Lei è una donna molto capricciosa…
    Tu entri e dici: Margherita
     

G:    In tono scherzoso, entrando in scena
Ma che è? Una pizzeria?
Capricciosa… Margherita…
 

Josephine uscendo dal palcoscenico incrocia Gigi e lo ferma un attimo per sussurargli

J:     Stia attento:
L’attrice sputa come un cammello…
Non la sopporto più!
 

Gigi, dopo un attimo di esitazione, entra e andando incontro a Margherita inizia a chiamarla 

G:    con molto trasporto
Margherita
 

M:    con molto trasporto
Armando
 

G:    Margherita 

M:    Oh, Armando 

G:    usando un tono sguaiato e volgendo leggermente la testa indietro per chiamare in aiuto il suggeritore
Spartaco!
riprendendo il tono iniziale di molto trasporto
Margherita 

M:    Armando 

G:    Spartaco! 

Spartaco arriva di corsa

S:     Eccolo

G:    Margherita 

M:    Armando

G:    rivolto a Spartaco in tono seccato
Era ora

Spartaco inizia a suggerire a Gigi: insieme alle battute c’è l’intonazione e la posizione del corpo

S:     leggermente sottovoce e con molto trasporto
La vostra vista sola…

G:    Non avendo capito bene, ride nel modo convenuto
Ah ah…
e volgendosi leggermente verso Spartaco chiede che gli venga ripetuto il suggerimento
Eh? 

S:     La vostra vista sola… 

G:    con convinzione
Un’ intervista sola… 

S:     …Mi piace, il cor consola 

G:    Vi piace il gorgonzola? 

M:    sorridendo imbarazzata, cerca di sorvolare sugli errori di Gigi
Ma cosa dite, Armando?
Io sono devastata dall’amore…
 

S:     L’amore è un perverso folletto… 

G:    L’amore è diverso sul letto, eh? 

S:     …E provoca lutti nel cuore… 

G:    E provoca rutti de core …
volgendosi leggermente verso Spartaco con un po’ perplessità
Sei sicuro? 

S:     E presso parenti e amici… 

G:    L’espresso fra Terni e Parigi… 

S:     Alberga una terza leggenda 

G:    Non avendo capito bene, volgendosi leggermente verso Spartaco chiede che gli venga ripetuto il suggerimento
Eh?
e ride nel modo convenuto
Ah Ah… 

S:     Alberga una terza leggenda 

G:    Alberta s’è persa l’agenda! 

M:    incredula, lasciandosi cadere di schiena tra le braccia di Giulio, per esortare Gigi ad attenersi al copione
Armando, parlate! 

S:     Non sembra voi siate malata 

G:    Non sempre vi siete lavata, eh? 

M:    scattando in piedi perché offesa
Sappiate che io sono mutante!
Oh sì, la mia essenza muta…
come il vento
 

S:     Vi adoro quando siete… 

G:    Vi adoro quando siete… 

S:     Così, in mutante essenza… 

G:    Con le mutande e senza 

M:    con imbarazzo, allontanandosi un poco
Armando, dite cose deliranti…
 

S:     Sono inerme e solitario… 

G:    Sono un verme solitario… 

Entrando di corsa la cameriera dice:

J:     Scusate, il signor conte… 

S:     Dicite ancella 

G:    Dicite
Dicite anc…
 

S:     Dicite Ancella 

G:    Dicite Ancella 

S:     Dicite ancella.. 

G:    Rimproverando il suggeritore perché non passa alla battuta successiva
Eh, l’ho detto…
e per significare “se vuoi te la canto anche” cantando sulle note della canzone napoletana
Dicite ancella, a sta cumpagna vosta… 

M:    Rimproverando Gigi
Ora cantate pure…!?

poi rivolgendosi alla cameriera che intanto le si era avvicinata
Cosa c’è Josephine?
 

J:     C’è il conte Duval che chiede udienza 

G:    sorridendo, con tono scherzoso, convinto ci sia un errore
Ma pofarbà, c’è un equinozio…
Il conte Duval son je, son me, so io
 

S:     No, no 

G:    ridendo
Come no? 
 

S:     No, no no 

G:    No? 

J:     Duval padre 

G:    per spiegare di aver chiarito l’equivoco
Aaaah! ……Padre Duval!
volgendosi verso il suggeritore e facendogli segno con le mani (come per indicare una persona noiosa) “due palle”, cioè “du bal”…
Du val…! 

S:     Padre

G:    Guardando in giro per capire da dove entra il padre
Dov’è?

Conte Duval padre entra sul palco da destra zoppicando

S:     Indicandolo a Gigi
E’ lui
 

G:    ripetendo il suggerimento di prima
Padre
 

S:     Padre 

G:    Padre 

Conte Duval padre si posiziona vicino a Gigi-Armando Duval e al suggeritore e continua a camminare sul posto zoppicando imitato da Gigi e Spartaco che zoppicano in sincronia con lui 

G:    Con rabbia, alzando la voce e gesticolando con le mani
Sappiate che io sono infermo nelle mie precisioni
 

S:     Sono serio e positivo 

G:    Sono siero positivo 

C:    Smettendo di zoppicare sul posto e rispondendo a Gigi con lo stesso tono
Basta!
Evitiamo le dispute!
Mi è sempre stato inviso il disputar!
 

S:     So bene di preciso 

G:    So bene di preciso 

S:     Come il disputar vi è inviso 

G:    Come sputarvi in viso
Travisando il suggerimento di Spartaco Gigi sputa in viso al Conte Duval 

Dopo essere rimasto immobile ed esterefatto per un istante, Duval padre si sposta zoppicando con rabbia vicino a Margherita (e a Josephine) e le dice alzando la voce e gesticolando con le mani 

C:    Per questa insana passione, mio figlio trascura il lavoro
I nostri terreni sono abbandonati
I nostri coloni irrompono nelle nostre case
 

S:     Io non permetto oltre… 

G:    Io non permetto oltre… 

S:     Che irrompano i coloni 

G:    Che rompano i …
prima di finire la frase Gigi si interrompe portando una mano alla bocca, mettendosi a ridere e girandosi verso il suggeritore

No, io questa non la dico
No, me vien da ridere…
No, io questa non la dico…

Poi, per cambiare discorso, girandosi verso Margherita, Josephine e Duval padre

Che se dice a Riva Ombrosa?
 

M:    Al colmo dello stupore, rivolgendosi verso Duval padre (e Josephine)
E’ impazzito!
Poi, riprendendo il filo della commedia, con tono deciso
E sia!
 

G:    Girandosi verso Spartaco con fare interrogativo, perché non ha capito bene
E zia?
 

M:    E sia! 

G:    E zia? 

M:    E sia, conte! 

G:    E zia, conte? 

M:    Mi sacrificherò…
Lascerò vostro figlio…

volgendosi verso Josephine, e senza rendersene conto sputandogli addosso
Josephine!

si lascia cadere sul letto, semisvenuta

Intanto Duval padre si sposta dalla parte di Gigi e Spartaco 

J:     Si?

tra sé, lamentandosi per lo sputo ricevuto
Vaff…

        con molto trasporto
Oddio, madame sta male!
Presto, un dottore!
 

D:    entrando con prontezza
Eccomi 

G:    rivolgendosi scherzosamente a Spartaco
Però, che velocità!
Che ASL,  Eh?
 

S:     Dottore, sentite se il cuore pulsa! 

G:    Dottore, sentite se… 

S:     Se pulsa… 

G:    Se puzza… 

D:    dopo avere auscultato il cuore per qualche istante, con tono professionale
Ancora pulsa 

G:    con stupore
Ancora puzza? 

S:     Dottore, ditemi tutta la verità 

G:    Ditemi tutta la verità 

S:     Parlate a cuor nudo… 

G:    Parlate, a cornuto 

D:    malcelando lo stupore per le parole di Gigi e mantenendo un tono professionale
Ha la tosse 

M:    Armando, esalo l’anima 

G:    volgendosi verso Spartaco
Che vol dire? 

S:     suggeritore e Duval padre insieme
More

 M:    Perdonami Armando se non conoscerai mai
la dolcezza del mio a… a… a…
 

G:    volgendosi verso Spartaco
Quante lettere? 

Margherita segna 5 con la mano 

G:    Ma che deve dì? 

S:     suggeritore e Duval padre insieme
Amore

M:    Margherita al culmine della tragedia, morendo
Amore

 S:     Sentito babbo? 

G:    rivolgendosi a Duval padre
Sentito babbo? 

S:     Non conoscerò mai la dolcezza di Margherita… 

G:    Non conoscerò mai la dolcezza di Margherita… 

S:     Che mi è ignota, e a me ignota resterà! 

G:    Che è mignotta e mignotta resterà!

Stacco musicale 5: (finale Traviata atto terzo “Ah, Violetta”)

Si spengono le luci da davanti e si accendono le luci da dietro i fondali e le quinte
(a significare che la commedia è finita).

Gli attori (in controluce e a microfoni spenti) sfogano scherzosamente la rabbia contro Gigi prendendolo a cuscinate e inseguendolo mentre fugge via.

Il sipario viene chiuso.

FINE

Totò, il maggiore tedesco e la carta bianca… Che dite, lo vogliamo dedicare questo video alla Germania, alla Merkel ed all’Unione Europea?

 

Totò

 

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Totò, il maggiore tedesco e la carta bianca… Che dite, lo vogliamo dedicare questo video alla Germania, alla Merkel ed all’Unione Europea?

Nel film, “I due colonnelli”(1963), Totò si esprime a livelli sublimi, ed interpreta il ruolo di un colonnello dell’esercito italiano in lotta con il pari grado dell’esercito inglese. Ma siamo in prossimità dell’8 settembre del 1943, data dell’armistizio, e in una memorabile scena entrata nella storia del cinema, Totò respinge con un mix di divertimento-commozione ed eroismo italiano, l’ordine tedesco di radere al suolo un paesino sul fronte greco-albanese.

La celeberrima scena del “badate colonnello, io ho carta bianca” a cui Totò ribatte “…e ci si pulisca il culo” è entrata nell’ immaginario popolare. Uno straordinario Totò,per un film di grana grossa, ma che diverte facendo riflettere, ed analizzando in maniera storicamente precisa, un pezzo di storia patria.

Guardo gli asini che volano nel ciel – Il ballo di Stanlio e Ollio sul motivo cantato dal mitico Alberto Sordi: 2 minuti che vi faranno tornare bambini e vi doneranno buon umore per tutta la giornata…!

 

Stanlio e Ollio

 

 

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Guardo gli asini che volano nel ciel – Il ballo di Stanlio e Ollio sul motivo cantato dal mitico Alberto Sordi: 2 minuti che vi faranno tornare bambini e vi doneranno buon umore per tutta la giornata…!

Guardo gli asini
che volano nel ciel
ma le papere sulle nuvole
si divertono
a fare i cigni nel ruscel
bianco come inchiostro
vanno i treni
sopra il mare tutto blu
e le gondole bianche
sbocciano nel crepuscolo
sulle canne dei bambu’
Du du du du du
Queste strane cose
vedo ed altro ancor
quando ticchete ticche
ticchete ticche
ticchete sento che e’
guarito il cuor
dall’estasi d’amor

 

 

STANLIO e OLLIO
Stan Laurel, 1890-1965, attore comico inglese e
Oliver Hardy, 1892-1957, attore comico inglese
Guardo gli asini che volano nel ciel
dal film I diavoli volanti, 1939
La canzone è tratta dalla versione doppiata in italiano del film I diavoli volanti,1939 (‘colorizzato’ nel 1991 e nel 2012).
Il motivo Guardo gli asini che volano riprende la melodia composta da Gino Filippini per la canzone del 1942 intitolata A zonzo (con testo originale di Riccardo Morbelli), uno dei primi successi di Ernesto Bonino.
Il nuovo testo è cantato da Alberto Sordi con parole probabilmente scritte dallo stesso attore che al tempo era doppiatore di Ollio.
Nel film in inglese la canzone originale, cantata da Oliver Hardy (Ollio) in persona, era Shine On, Harvest Moon (popolare brano del 1908 della coppia Nora Bayes e Jack Norworth).
Grazie anche a questo intermezzo musicale, accompagnato dai balli di Stanlio e Ollio, il film divenne uno dei più famosi del duo comico.
Impareggiabili.
E si torna bambini…

Un fantastico, esilarante, geniale Gigi Proietti in Nun me rompe er ca’…

 

Gigi Proietti

 

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Un fantastico, esilarante, geniale Gigi Proietti in Nun me rompe er ca’…

A fine articolo il video, ma prima il Testo…

Testo di Nun me rompe er ca – Gigi Proietti di Gigi Proietti

Verso le due,
le due meno venti di notte,
molto tardi…
due meno un quarto,
fra le due meno un quarto
e le due meno venti,
alle due meno diciotto
uno si preparava e…
tutto vestito di nero,
imitando i grandi cantanti
delle cave esistenzialiste…
scarpe nere, pedalini neri,
pantaloni neri, maglione nero,
mutande nere… tutto nero!
Diceva… il nero,
colore della gioia, della felicità…
sigaretta… l’occhio di bue…
che noi chiamavamo
occhio de bove…
sguardo piacionico…
piacionico sarebbe…
acchiappesco!…
… come a dire…
“poi te sdrumo!”…
facilmente intuibile…
… e partiva…
nun me romp’er ca’
nun me romp’er ca’
nun me romp’er ca’
nun me romp’er ca’
nun me romp’er ca’
nun me romp’er ca’
nun me romp’er ca’
nun me romp’er ca’
nun me romp’er ca’
nun me romp’er ca’
nun me romp’er ca’
nun me romp’er ca’
nun me romp’er ca’
nun me romp’er ca’
nun me romp’er ca’
nun me romp’er ca’
tu m’a rott’er ca’
tu m’a rott’er ca’
tu m’a rott’er ca’
tu m’a rott’er ca’
tu m’a rott’er ca’
tu m’a rott’er ca’
tu m’a rott’er ca’
tu m’a rott’er ca’
perscio’!
si me romp’er ca’
si me romp’er ca’
si me rooooomp’er ca’
E per un po’ non cantava,
ma parlava
esprimendo lo stesso concetto
espresso poco prima cantando,
triste, malinconico, definitivo,
esistenziale… amaro!
non, non, mais non,
non, cherie, non, non,
mais non, non,
non, non, non,
nun me romp’er ca’, non,
nun me romp’
er ca’, non,
non, non, non, non,
toi…
a moi…
nun m’a da romp’er ca’
non, non, non, non,
nun me romp’er ca’
nun me romp’er ca’
nun me romp’er ca’
nun me roooomp’er caaaa’
E finiva sempre così
tu m’a rott’er ca’!!!

 

Come sarà il mondo quando non ci saremo più? L’affascinante teoria di un Nativo Americano

Nativo Americano

 

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Come sarà il mondo quando non ci saremo più? L’affascinante teoria di un Nativo Americano

 

Vi siete mai chiesti come sarà il mondo quando ce ne andremo via?
È interessante conoscere il racconto di un Nativo Americano al riguardo.

Potremmo iniziare questo articolo con la frase ” Allacciate le cinture di sicurezza”, per l’argomento che tratta e per come lo tratta, quello cioè del mondo dopo la morte.

C’è chi penserà siano tutte sciocchezze chi, invece, potrà rimanere affascinato.

Una precisazione doverosa: è tratto dalle pubblicazioni di Maurice Barbanell.

Chi era costui – direte voi.

Barbanell era un giornalista e scrittore ma, soprattutto, un grande medium, una persona cioè in grado di parlare con gli Spiriti.

Di padre ateo, mamma ebrea religiosa, Barbanell visse a lungo in una sorta di limbo per quello che riguarda l’aspetto religioso, prima dell’incontro con Silver Birch, Betulla d’argento lo Spirito Guida di un Nativo americano.

“Dovevo venire con l’aspetto di un umile indiano per guadagnare il vostro amore e devozione, non grazie all’uso di alcun nome altisonante, e per mostrare le mie capacità attraverso la verità di quello che ho insegnato. Questa è la Legge.”

Così parte l’introduzione che Barbanell ha dedicato agli incontri con lo Spirito Guida, nel suo famoso testo “Gli insegnamenti di Silver Birch”.

Di cosa ci parla Silver Birch?
Di tutto, della vita, del senso della vita, della morte e di quello che accade al momento del trapasso.

Silver Birch rivela, come anche altri prima di lui, una conoscenza vera di Dio che non ha bisogno di intermediari come le chiese e la teologia.

Dopo la morte – dice lo Spirito Guida – saremo quasi uguali al giorno prima, con un piccolo particolare. Avremo gettato il corpo fisico, e ci potremo esprimere, e vivere, attraverso il corpo eterico, quello che compone l’energia e l’essenza di ciò che siamo stati anche qui, sulla terra.

Aspetto importante:
avremo finalmente lasciato imperfezioni, malattie, e quindi i sordi sentiranno e coloro che avevano problemi alla vista vedranno senza problemi.

Quello che appare affascinante è che quello che si è soliti pensare, come ambiente dopo la vita, sia una sorta di qualcosa di vago e non simile al mondo fisico conosciuto.

Niente di più sbagliato, occorre cancellare l’idea che dopo la morte vi sia una sorta di ” sonno perenne”, e che l’immagine che serbiamo della persona trapassata sia quella che l’accompagnerà per l’eternità.

Addirittura chi ha gustato prelibatezze e assaggiato buoni vini potrà ancora soddisfare questo desiderio, seppur in altra forma rispetto a quando si era in questa vita.

Non esistono differenze linguistiche, perchè ogni individuo comunica con il proprio pensiero, telepaticamente.

Interessante quello che lo Spirito Guida afferma sulle affinità e sul ricongiungimento tra persone care.

Si basano su quella che viene chiamata ” Legge Eterna di Attrazione”, ed è qualcosa che ognuno porta con sè.

Non parliamo del taglio dei capelli, quanto del sentimento espresso e ricambiato.

Quindi chi è stato unito da un vincolo giuridico o da un legame, anche di parentela casuale, non potrà essere affine a coloro che hanno sentito qualcosa di grande, che hanno amato.

Che hanno tenuto dentro di sè un sentimento nobile e puro, anche se hanno abitato case diverse, quelle che ritroveremo nell’altra dimensione e che vengono definite ” dimore”.

Ogni persona perfezionerà se stessa, anche sotto l’aspetto che possiamo definire lavoro.

Non un qualcosa di ripetitivo da fare per guadagnarsi il pane quotidiano, ma la ricerca e lo sforzo per riuscire a creare qualcosa che rimanga per sempre.

Tutto sarà rapportato al livello di conoscenza e di familiarità che si è avuto in vita con il mondo della conoscenza spirituale.

Questa non si impara leggendo un libro o andando a ripetizione, che sia la Messa o qualche altra funzione religiosa, ma seguendo e ascoltando la propria coscienza.

È per questo che il passaggio non è uguale per tutti, o non avviene nello stesso modo per chiunque.

Silver Birch ci parla di una sorta di acclimatamento, di adattamento alla nuova condizione. Non c’è una ” porta del Paradiso ” o zone di fuoco e zolfo per designare l’inferno.

Ognuno graviterà, per un certo periodo, nella sfera spirituale a cui è adatto, secondo quanto vissuto sulla terra.

Non ci saranno finzioni o sotterfugi, ognuno ricoprirà lo spazio che ha saputo e voluto ritagliarsi con le proprie azioni ed il proprio stile di vita.

Chi potrà risiedere in una sfera superiore potrà visitare le sfere inferiori, cosa che non sarà concessa a chi è destinato alle zone più basse.

Esiste il concetto di ” redenzione”, diverso da quello che spesso ci viene insegnato.

È qualcosa di paragonabile al ritorno più che al ” pentimento” inteso come percezione di come si sia vissuta la propria vita.

Esiste infatti, secondo molte culture e tradizioni, la via della reincarnazione o della possibilità di compiere il proprio compito per una seconda o terza volta.

Di questo Silver Birch non fa menzione, almeno per il momento!

 

tratto da: https://www.giornodopogiorno.org/2018/11/14/come-sara-il-mondo-quando-non-ci-saremo-piu-laffascinante-teoria-di-un-nativo-americano/

Un cult: il mitico “vaffanzum” di Amici Miei.

 

Amici Miei

 

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Un cult: il mitico “vaffanzum” di Amici Miei.

Il coro dichiara subito le proprie intenzioni, cantando insieme e con potenza:

Ma va! Ma vaffanzum. Zum.

inizia con il celebre accompagnamento:

pom, pom, pom, pom, pom pom, pom ma vaffanzum

che gli accompagnatori (4 di cui uno farà anche il controcanto) ripeteranno continuamente fino alla fine del brano.

Dopo la seconda ripetizione, il solista attacca:

Oh bucaiola, tu mi tradisci, tu dici “Vengo!” e invece tu pisci!

Al “tu pisci” seguirà, se si sono rispettati i tempi, un “ma vaffanzum” di sottofondo.

Chi chiava tromba (si, si tromba!)

Chi tromba chiava (si, si chiava!)

E chi s’incula si smerda la fava!

A questo punto, cessa l’accompagnamento e, i Cinque Madrigalisti esploderanno in un apocalittico:

Ma va! Ma vaffanzum

 

LEGENDA:
Coro
Accompagnamento
Solista
Controcanto