Conversando con Josè Pepe Mujica: una voce fuori dal coro

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Conversando con Josè Pepe Mujica: una voce fuori dal coro

Non veniamo al mondo per lavorare o per accumulare ricchezza, ma per vivere. E di vita ne abbiamo solo una.

Erano tante le persone che martedì 8 novembre si sono ritrovate all’auditorium Unipol Banca di Bologna ad ascoltare Pepe Mujica, colui che ha ricoperto la carica di presidente dell’Uruguay dal 2010 al 2015. Io sono potuto arrivare con un certo anticipo, e per questo sono riuscito a trovare uno degli ultimi posti a sedere nella sala della conferenza. Molte più persone, soprattutto tanti giovani, sono rimasti fuori dalla sala e si sono dovuti accontentare di seguire la conferenza su 2 maxi schermi allestiti nell’ampio atrio in previsione della grande affluenza. E mi ha fatto molto piacere vedere quei giovani che erano lì per lui, per Mujica. Per ascoltare le parole del “presidente povero”. Al suo ingresso nella sala lo accogliamo con una vera e propria standing ovation, un caldissimo e lungo applauso pieno d’entusiasmo e di calore. Era accompagnato dall’inseparabile moglie Lucia, conosciuta negli anni in cui entrambi combattevano la dittatura militare che governò il Paese tra il 1973 e il 1985. Facevano parte del famoso gruppo armato dei Tupamaros, che era il Movimiento de Libaraciòn Nacional.

Per loro quelli furono anni duri. Per più di un decennio furono reclusi e torturati nelle prigioni del regime. A quei tempi il motto di Mujiaca era: “Il mondo ci divide; l’azione ci unisce”.

Ed è proprio della vita avventurosa e della lunga vicenda politica e umana dell’ex presidente uruguaiano, che si parla nel libro che rappresenta il motivo della conferenza: “Una pecora nera al potere. Pepe Mujica, la politica della gente”, scritto da Andres Danza e Ernesto Tulbovitz, ora pubblicato in Italia dal Gruppo Editoriale Lumi.

Il libro vuole farci conoscere meglio questo personaggio carismatico, che ha antenati baschi e la nonna materna italiana, nata in una famiglia molto modesta di Favale di Malvaro, paesino di montagna sopra Rapallo. Il presidente povero, che da Presidente dell’Uruguay ha sempre devoluto il 90% dello stipendio ai poveri e alle organizzazioni di solidarietà sociale,ostinandosi a continuare ad usare il suo vecchio maggiolone azzurro del 1987. E per questo, e grazie ad alcuni valori importanti per un leader quali coerenza, sobrietà e passione, la sua fama ha valicato i confini del Paese, e sempre ha suscitato un sentimento di grande amore e rispetto da parte del popolo uruguagio.

Quel suo essere una voce fuori dal coro l’ha accompagnato per tutta la sua vita, a partire dal suo legame fortissimo con la terra e la vita semplice, anche quando era Presidente. L’ha sempre dimostrato nei suoi atteggiamenti, nel modo di comunicare, nelle scelte economiche e di ogni genere operate a volte sconvolgendo i più comuni atti di protocollo. Nella vita sociale, durante i suoi cinque anni al governo, ha legalizzato in Uruguay l’aborto, le droghe leggere e i matrimoni gay. Ma Mujica è stato anche il presidente che non usava Twitter, portava i jeans e, come un normalissimo contadino, vendeva i prodotti della sua terra in un mercatino popolare la domenica.

Quando comincia a parlare mi colpisce la sua naturalezza, la sua semplicità, dalle quali però emergono un grande amore per la cultura, e la filosofia. E secondo lui un grave problema dell’economia e della politica è proprio quello di aver abbandonato il campo della filosofia.

Afferma questo con quello sguardo ironico e furbetto di chi ha visto tanto, riuscendo a parlare al cuore delle persone in modo diretto, senza troppi giri di parole.

Nella prima parte dell’intervista, che comunque mantiene sempre i toni di una chiacchierata tra amici, Mujica parla dell’importanza della sobrietà. E nelle sue conferenze ripete spesso la frase: “Abbiamo inventato una montagna di consumi superflui. E viviamo comprando e buttando… E quello che stiamo sprecando è tempo di vita perché quando compri qualcosa non lo fai con il denaro, ma con il tempo di vita che hai dovuto utilizzare per guadagnare quel denaro. L’unica cosa che non si può comprare è la vita. La vita si consuma. Ed è da miserabili consumare la vita per perdere la libertà”. Un altro modo di affermare che secondo lui “poveri sono quelli che rincorrono i soldi”.

Può apparire strano per un ex-tupamaros, ma Mujica quando racconta i passaggi più duri della sua vita, traspaia una visione profondamente radicata alle teorie della non violenza. Dichiara che non ha mai sentito odio per i militari, li vedeva come strumenti di una fase storica.

E per questo cita una frase di Nelson Mandela, che come lui visse l’esperienza del carcere: “Sapevo che l’oppressore era schiavo quanto l’oppresso, perché chi priva gli altri della libertà è prigioniero dell’odio, è chiuso dietro le sbarre del pregiudizio e della ristrettezza mentale. L‘oppressore e l’oppresso sono entrambi derubati della loro umanità”.

Nella ricerca di un mondo migliore, Mujica intende la storia come una cosa viva, che ci insegna che l’unica cosa permanente è proprio la dimensione del cambiamento. Il cambiamento ci sollecita a saper leggere la realtà, senza per questo voltare pagina, ma trovando una nuova dimensione della realtà, per essere capaci di crescere ed evolvere con il tempo, per essere adeguati al passo del tempo, al passo della vita.

Interrogato sulla sua attuale visione politica, Mujica in modo molto realistico vede la storia degli uomini come un’alternanza tra spinte conservatrici e spinte di rinnovamento egualitarie. La lotta per il progresso non finisce mai. Per Mujica il limite del liberalismo, non inteso esclusivamente in termini economici, è che ci ha portato il principio di libertà e uguaglianza relativa tra gli uomini, dove non ci sono più differenze di origine e di sangue, e c’è libertà di pensiero. Però quella rivoluzione liberale ci ha promesso qualcosa che poi non riesce a garantirci completamente, ovvero l’uguaglianza.

Secondo Mujica esiste una forte connessione tra visione libertaria e liberismo, e confessa che nel profondo del suo cuore si sente un po’ anarchico. La conferenza prosegue poi su temi legati ai problemi dell’attualità politica internazionale: elezioni americane, temi di economia mondiale, i flussi migratori, la crisi dell’America Latina, i problemi endemici del continente africano. E spesso il parlare di Mujica è stato interrotto dai nostri calorosi applausi.

Un incontro bello e profondo, che ha dato molto a tutte le persone che hanno potuto essere presenti e ascoltare una persona che ha fatto della sua sobrietà e normalità, qualità straordinarie ed ispiratrici. Grazie Presidente!

Vorrei però concludere questo articolo citando un fatto accaduto la sera prima a Modena, dove Mujica dopo la sua conferenza è stato avvicinato da un amico di Vivere Sostenibile, il meteorologo Luca Lombroso che gli ha chiesto un parere sui cambiamenti climatici in atto nel nostro pianeta.

Gli abbiamo fatto qualche domanda, per schiarirci le idee. Ecco una sintesi della risposta che Mujica ha dato a Luca, che ringraziamo per la collaborazione:

La tragedia dei cambiamenti climatici sostanzialmente dipende dagli uomini che vogliono cambiare la natura a loro vantaggio. Dobbiamo impegnarci per fermare le atrocità inflitte alla natura,imponendo serie restrizioni per abbassare considerabilmente i livelli di anidride carbonica e metano prodotti dalle attività umane. Questo colpisce però l’interesse economico di molto industrie, e queste fanno resistenza con la loro influenza e potere sui governo dei loro paesi.

L’umanità si è avviata verso una specie di olocausto collettivo, con danni e sacrifici che si sta moltiplicando progressivamente. Non capiamo la gravità della situazione. Non credo che il surriscaldamento climatico sia un problema solo di un gruppo di tecnici e di portavoce, non è solo responsabilità degli uomini che ci comandano. E’ una responsabilità di tutti noi. Siamo chiamati a fare in modo di che i governi mondiali stabiliscano accordi adeguati. E’ assolutamente necessario, è in ballo il futuro dell’umanità.

 

 

fonte: https://viveresostenibileroma.wordpress.com/2017/02/02/conversando-con-jose-pepe-mujica-una-voce-fuori-dal-coro/

Gli indigeni Waorani vincono contro i petrolieri: salvi dalle trivelle 200mila ettari di Amazzonia

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Gli indigeni Waorani vincono contro i petrolieri: salvi dalle trivelle 200mila ettari di Amazzonia

Le terre ancestrali non sono in vendita per lo sfruttamento petrolifero. Una sentenza storica riconosce agli indios Waorani i loro diritti e impedisce la trivellazione di 200mila ettari di Amazzonia.

Waorani-petrolieri, uno a zero, perché finalmente la Corte dà ragione ai popoli indigeni stabilendo che le terre ancestrali non potranno più essere sfruttate a piacimento delle multinazionali.

Con la sentenza, i Waorani acquistano il diritto ad essere interpellati ogni qualvolta qualcuno decida di varcare le loro terre ancestrali e secondo il tribunale qualsiasi lottizzazione o speculazione, da adesso in poi, deve prevedere delle consultazioni con gli indigeni.

Ma non solo. A Puyo in Ecuador, dopo anni e anni di battaglie, le terre dei circa 4800 Waorani rimangono interdette alle trivelle perché gli indigeni hanno il diritto “inalienabile, non revocabile e indivisibile” di mantenere il possesso delle loro terre ancestrali.

Da tempo i petrolieri con promesse di regali cercano di portare dalla loro parte gli indigeni con il solo fine di accedere al petrolio che giace nella foresta. Come tutti gli altri nativi, i Waorani non si sono mai arresi e non hanno mai ceduto alle lusinghe delle multinazionali, preferendo sempre le loro terre.

Guidati da Nemonte Nenquimo, l’attivista di etnia Waorani, adesso finalmente bloccano le trivelle. La sentenza tuttavia potrebbe essere ribaltata in appello. Ma gli indigeni non hanno dubbi: continueremo a lottare per le nostre terre.

 

tratto da: https://www.greenme.it/vivere/costume-e-societa/31505-indigeni-waorani-petrolio-amazzonia

…E poi, la maratona “vietata ai neri” l’ha vinta proprio Noel: ruandese con sei fratelli morti nel genocidio…!

 

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…E poi, la maratona “vietata ai neri” l’ha vinta proprio Noel: ruandese con sei fratelli morti nel genocidio…!

La maratona “vietata ai neri” l’ha vinta propria Noel: ruandese con sei fratelli morti nel genocidio

Infanzia difficile, come tanti suoi coetanei. A 4 anni, durante i terribili mesi del genocidio, perde il padre e sei fratelli.

Dopo l’altolà agli atleti africani, i timori di sfruttamento e caporalato nell’atletica, gli organizzatori hanno capito che il rimedio era peggio del male e hanno chiamato un pugno di runner di colore. Racconta tutto sul Corriere.it, Riccardo Bruno.
Noel Hitimana si è presentato alla 24esima Trieste Half Marathon e ha tagliato il traguardo da solo dopo un’ora 3 minuti 28 secondi. «I veri ostacoli sono stati la pioggia e il vento. Le polemiche? Ho saputo, ma credo che sia giusto far partecipare tutti. Poi io sono contento di essere qui e di allenarmi in Italia». Ha una voce calma, quasi delicata. Risponde al telefono in inglese, sta rientrando in treno a Siena dove vive dagli inizi di aprile. Fa parte del gruppo di atleti gestiti da Enrico Dionisi, manager storico del running. Vivono in tre appartamenti, due per gli uomini, uno per le donne. Attualmente ci sono 5 ruandesi e 9 keniani, 10 uomini e 4 donne. Paolo Traversi è colui che l’ha scoperto in Africa. «Ha iniziato a correre tardi, quattro anni fa. Quest’anno ha fatto i mondiali di cross, poi è venuto con noi».

Infanzia difficile, come tanti suoi coetanei. A 4 anni, durante i terribili mesi del genocidio, perde il padre e sei fratelli. «Non ho avuto la possibilità di crescere con loro, per fortuna ho avuto una madre bravissima». Finite le elementari è costretto ad abbandonare gli studi per le ristrettezze economiche. Ha la passione del ballo, ha un discreto talento, diventa danzatore dell’Urukerereza, il balletto nazionale. Ma quando vede la Kigali International Peace Marathon, la gara più importante della nazione, decide che il suo futuro è nella corsa. «Non una scelta scontata — aggiunge Traversi —. Il Rwanda dal punto di vista sportivo è il più europeo dei Paesi africani. I bambini giocano a calcio, fanno ciclismo, basket e volley».I primi risultati non sono pari all’entusiasmo. Fino al 20 maggio dell’anno scorso, primo alla mezza maratona di Kigali, il sogno di una vita. Consacrazione tra gli atleti nazionali, porte aperte per gli ingaggi all’estero.

fonte: https://www.globalist.it/sport/2019/05/06/la-maratona-vietata-ai-neri-l-ha-vinta-propria-noel-ruandese-con-sei-fratelli-morti-nel-genocidio-2040993.html

Un cult: la sveglia di Fantozzi ed il tram a volo – Una delle scene più divertenti della storia del cinema italiano…

 

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Un cult: la sveglia di Fantozzi ed il tram a volo – Una delle scene più divertenti della storia del cinema italiano…

Voce narrante – Per arrivare a timbrare il cartellino d’entrata alle 8 e 30 precise, Fantozzi, sedici anni fa, cominciò col mettere la sveglia alle 6 e un quarto: oggi, a forza di esperimenti e perfezionamenti continui, è arrivato a metterla alle 7:51… vale a dire al limite delle possibilità umane! Tutto è calcolato sul filo dei secondi: cinque secondi per riprendere conoscenza, quattro secondi per superare il quotidiano impatto con la vista della moglie, più sei per chiedersi – come sempre senza risposta – cosa mai lo spinse un giorno a sposare quella specie di curioso animale domestico. Tre secondi per bere il maledetto caffè della signora Pina – tremila gradi Fahrenheit! –, dagli otto ai dieci secondi per stemperare la lingua rovente sotto il rubinetto […], due secondi e mezzo per il bacino a sua figlia Mariangela, caffellatte con pettinata incorporata, spazzolata dentifricio mentolato su sapore caffè, provocante funzioni fisiologiche che può così espletare nel tempo di valore europeo di sei secondi netti. Ha ancora un patrimonio di tre minuti per vestirsi e correre alla fermata del suo autobus che passa alle 8:01. Tutto questo naturalmente salvo tragici imprevisti…

…E l’imprevisto c’è. La rottura della stringa. Dopo un rapido cambio la decisione:

Fantozzi – Allora prenderò l’autobus al volo!

Pina – No Ugo l’autobus al volo no!

Mariangela – No Papà!

Fantozzi – Si saltando dal terrazzino guadagnerò almeno 2 minuti!

Pina – No Ugo non l’hai mai fatto, non hai il fisico adatto! (Pina)

Fantozzi – Non l’ho mai fatto, ma l’ho sempre sognato!

Il resto è tutto da vedere…

E se gli psichiatri prescrivessero gite nei boschi anziché antidepressivi?

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E se gli psichiatri prescrivessero gite nei boschi anziché antidepressivi?

 

Gli “Shinrin-yoku” (letteralmente “bagni nella foresta”) sono una pratica comune in Giappone e consistono in brevi visite nei boschi che permettono di respirare sostanze volatili capaci di migliorare l’intera funzione immunitaria. Una camminata o escursione in una foresta corrisponde ad una pratica naturale di aromaterapia. Evidenze scientifiche hanno dimostrato come questa possa ridurre in maniera significativa ansia, depressione e rabbia.
Grazie alla presenza di fragranze e profumi, in particolare modo quelli emanati dalle conifere (fitoncidi), comunemente noti come “oli essenziali legnosi”, il rischio di problemi psicosociali legati allo stress risulta essere inferiore negli individui che compiono regolarmente tali immersioni nei boschi come parte integrante del loro stile di vita. (1, 2)
Le resine prodotte dalle piante nelle foreste sono principalmente composte da terpeni, molecole lipidiche che ricoprono un ruolo chiave nei rimedi erboristici tradizionali (oltre che ad una varietà di scopi, da aromi per la cucina a profumi di detergenti).
La natura ci offre un’incredibile varietà di terpeni di immensa importanza per tutti noi. Sono infatti più di 10.000 i terpeni individuati fino ad ora, diversi tra loro in struttura, aroma e funzione.
Alcuni esempi sono l’umulone, costituente del luppolo, responsabile del sapore amarognolo della birra; il mentolo, parte integrante di molti dentifrici; la citronella comunemente usata in detersivi liquidi; il geraniolo, presente negli spray anti-zanzare e la lavanda, per tisane serali…
Alcuni terpeni dimostrano proprietà anti-depressive e calmanti, con effetti ansiolitici.
Chiaramente, ad esclusione di specifiche allergie, questi terpeni sono sostanze ampiamente sicure e vengono perciò utilizzate in un’ampia gamma di attività umane. Ciò nonostante, le potenzialità dei terpeni non vengono ancora prese con la giusta considerazione dalla maggior parte di psichiatri e psicologi. (3)
Queste sostanze mostrano inoltre una grande biodisponibilità. Questo significa che gli effetti positivi dei terpeni possono essere riscontrati anche a concentrazioni impercettibili nel siero, e che possono quindi essere assorbiti facilmente tanto attraverso la respirazione quando l’ingestione e l’assorbimento cutaneo. (4, 5)
Quail terpeni possono funzionare come antidepressivi e ansiolitici?
Numerosi studi comportamentali in seguito alla somministrazione di olii citrici su roditori sono stati effettuati. I risultati di tali test hanno dimostrato come il limonene riduca significativamente i livelli di ansia e stress sociale. (6;7)
È stato infatti dimostrato come questa molecola veicoli le sue proprietà antidepressive attivando i recettori 5-HT 1A che portano ad un successivo rilascio di serotonina (un neurotrasmettitore capace di regolare l’umore) nella corteccia prefrontale; questa è la parte del cervello associata a funzioni quali l’espressione personale, le interazioni sociali ed i processi decisionali.
In aggiunta, il limonene aumenta anche i livelli di dopamina (un altro neurotrasmettitore in grado di portare sensazioni di appagamento) nell’ippocampo; la parte del cervello responsabile dell’apprendimento e della memoria. (8; 9)
Questi effetti sono stati confermati da uno studio clinico che ha visto un gruppo di pazienti depressi ospedalizzati essere sottoposti ad inalazioni di fragranze citriche presenti nell’aria, con una successiva normalizzazione della Hamilton Rating Scale of Depression, e l’interruzione con successo di farmaci antidepressivi in 9 su 12 pazienti e perfino un miglioramento globale della risposta immunitaria (Scopri come l’infiammazione contribuisce enormemente ad aumentare gli stati depressivi qui) (10)
Il linalolo è un terpene largamente noto per la sua attività ansiolitica. È un terpene psicotropo e gioca un ruolo cruciale negli effetti sedativi e calmanti veicolati da piante come la lavanda e la cannabis.
Il linalolo agisce attraverso la modulazione di GABA. Questo rende questo olio essenziale importante per il trattamento di convulsioni, stress ed ansia. (GABA è infatti il principale neurotrasmettitore inibitore e viene attivato da ansiolitici e anticolvulsivi).
L’olio di lavanda può anche essere di aiuto per controllare comportamenti ossessivi legati a stati di dipendenze (ad esempio shopping o alimentazione compulsiva o assunzione di droghe).
Uno studio clinico con pazienti obesi sottoposti a bypass gastrico ha riscontrato una riduzione del bisogno di assunzione di morfina nei pazienti sottoposti a somministrazioni di olio essenziale di lavanda. Riduzione non registrata nel gruppo di controllo a cui tale olio non era stato somministrato. (12)
Il fitolo, presente nella maggior parte delle piante verdi, aumenta GABA, bloccando uno degli enzimi che lo decompone.
Questo potrebbe essere il meccanismo che giace dietro gli effetti rilassanti della Cannabis Sativa e della Lactuca Sativa (lattuga).
Effetti dei “bagni nelle foreste” sullo stress ormonale
I livelli di adrenalina e noradrenalina liberi presenti nelle urine, forniscono una misura affidabile della concentrazione presente nel sistema sanguigno di questi ormoni. Bassi livelli di stress vengono generalmente associati con una diminuzione della concentrazione di attività adrenosimpatica.
Similmente, i soggetti sottoposti a “bagni nelle foreste” in studi clinici giapponesi hanno riportato una diminuzione significativa delle concentrazioni di adrenalina e noradrenalina nelle urine; un evento registrato tanto per soggetti di sesso maschile quanto di sesso femminile. (1)
Successivi studi di follow-up sono stati condotti nel 2008 con l’obiettivo di verificare se tali ridotti livelli di stress fossero esclusivamente legati al maggior tempo libero dal lavoro a disposizione dei soggetti o meno. Questa volta è stato richiesto ai soggetti di passeggiare non in un bosco ma in una normale città, in totale assenza di foreste o parchi.
La visita turistica alle città non ha registrato alcun effetto sui livelli di stress ormonale, suggerendo come sia proprio la presenza di un ambiente naturale l’elemento chiave per ottenere risultati positivi sullo stress ormonale, come evidenziato nella figura seguente.
Inoltre, bassi livelli di adrenalina in circolazione nel corpo sono stati associati ad un aumento diretto dei linfociti NK, cellule del sistema immunitario di grande importanza per la loro attività anti-tumorale come spiegheremo nel prossimo articolo su terpeni che aiutano la prevenzione dei cancri. (13, 14)
Come abbiamo spiegato in questo video, un altro elemento indicativo di stati depressivi è il livello di cortisolopresente nel sangue. È stato dimostrato come i “bagni nelle foreste” da una parte riducano i livelli di cortisolo salivari e dall’altra stabilizzino l’attività nervosa automatica. (15, 16)
Quanto spesso si dovrebbero compiere queste escursioni nei boschi?
Nei soggetti partecipanti allo studio, la maggior attività immunologica e la contemporanea minor risposta allo stress è perdurata per più di 30 giorni dopo la gita nei boschi, suggerendo come un “bagno nella foresta” al mese possa essere una raccomandazione ideale per un programma di prevenzione di stress e depressione.
Gli oli essenziali possono essere inalati o massaggiati sul corpo di una persona affetta da stress acuto o insonniae gli effetti sono genericamente quasi immediati, rendendo questo metodo, possibilmente in congiunzione con altri cambiamenti nello stile di vita (se sei interessato in nutraceutici ideali per il controllo della depressione puoi approfondire l’argomento qui), un ottimo trattamento iniziale per tali patologie completamente privo di effetti collaterali, al contrario di quanto avviene con la maggior parte degli interventi farmacologici (SSRI, MAOs, e benzodiazepine).
Referenze:
1) Qing Li. (2010). Effect of forest bathing trips on human immune function. Environ Health Prev Med . 15 (1), 9-17.
2) Morita, E Fukuda, S Nagano, J Hamajima, N Yamamoto, H Iwai, Y, et al.. (2007). Psychological effects of forest environments on healthy adults: Shinrin-yoku (forest-air bathing, walking) as a possible method for stress reduction. Public Health. 121 (1), 152-9.
3) Simonsen, J L (1947) The Terpenes. Volume I (2nd edition), Cambridge University Press, 230-249
4)Falk-Filipsson A, Lof A, Hagberg M, Hjelm EW, Wang Z (1993). d-limonene exposure to humans by inhalation: uptake, distribution, elimination, and effects on the pulmonary function. J Toxicol Environ Health 38: 77–88.
5) Jäger W, Buchbauer G, Jirovetz L, Fritzer M (1992). Percutaneous absorption of lavender oil from a massage oil. J Soc Cosmet Chem 43 (Jan/Feb): 49–54.
6) Carvalho-Freitas MI, Costa M (2002). Anxiolytic and sedative effects of extracts and essential oil from Citrus aurantium L. Biol Pharm Bull 25: 1629–1633.
7)Pultrini Ade M, Galindo LA, Costa M (2006). Effects of the essential oil from Citrus aurantium L. in experimental anxiety models in mice. Life Sci 78: 1720–1725.
8) Komiya M, Takeuchi T, Harada E (2006). Lemon oil vapor causes an anti-stress effect via modulating the 5-HT and DA activities in mice. Behav Brain Res 172: 240–249.
9) Yang Y, Raine A (November 2009). “Prefrontal structural and functional brain imaging findings in antisocial, violent, and psychopathic individuals: a meta-analysis”. Psychiatry Research 174 (2): 81–8.
10) Komori T, Fujiwara R, Tanida M, Nomura J, Yokoyama MM (1995). Effects of citrus fragrance on immune function and depressive states. Neuroimmunomodulation 2: 174–180.
11) Noma Y, Asakawa Y (2010). Biotransformation of monoterpenoids by microorganisms, insects, and mammals. In: Baser KHC, Buchbauer G (eds). Handbook of Essential Oils: Science, Technology, and Applications. CRC Press: Boca Raton, FL, pp. 585–736
12) Russo EB (2001). Handbook of Psychotropic Herbs: A Scientific Analysis of Herbal Remedies for Psychiatric Conditions. Haworth Press: Binghamton, NY.
13) Li Q, Morimoto K, Kobayashi M, Inagaki H, Katsumata M, Hirata Y, et al. (2008) Visiting a forest, but not a city, increases human natural killer activity and expression of anti-cancer proteins. Int J Immunopathol Pharmacol. 21:117-28
14) Li Q, Morimoto K, Kobayashi M, Inagaki H, Katsumata M, Hirata Y, et al. (2008) A forest bathing trip increases human natural killer activity and expression of anti-cancer proteins in female subjects. J Biol Regul Homeost Agents. 22:45-55
15) Park BJ, Tsunetsugu Y, Kasetani T, Hirano H, Kagawa T, Sato M, et al. (2007) Physiological effects of Shinrin-yoku (taking in the atmosphere of the forest)- using salivary cortisol and cerebral activity as indicators. J Physiol Anthropol. 2007;26:123-8
16) Tsunetsugu Y, Park BJ, Ishii H, Hirano H, Kagaw T, Miyazaki Y. (2007) Physiological effects of Shinrin-yoku (taking in the atmosphere of the forest) in an old-growth broadleaf forest in Yamagata Prefecture, Japan. J Physiol Anthrpol. 26:135-42
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Ti sei mai chiesto perché, nonostante i miliardi spesi da decenni per la ricerca e la promessa di una cura che è da sempre “dietro l’angolo”, il cancro continua ad aumentare e a fare vittime?

 

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Ti sei mai chiesto perché, nonostante i miliardi spesi da decenni per la ricerca e la promessa di una cura che è da sempre “dietro l’angolo”, il cancro continua ad aumentare e a fare vittime?

Ti sei mai chiesto perché, nonostante i miliardi di dollari spesi per la ricerca sul cancro nel corso di molti decenni e la promessa di una cura costante, che è da sempre “dietro l’angolo”, il cancro continua ad aumentare e a fare vittime? «Tutti dovrebbero sapere che la ricerca sul cancro è in gran parte una frode, e che le principali organizzazioni di ricerca sul cancro sono abbandonate nei loro doveri alle persone che le sostengono». Lo afferma Linus Carl Pauling, ricercatore e vincitore del Premio Nobel per la Chimica nel 1954 e per la Pace nel 1962. E’ considerato un genio del XX secolo che ha posto le basi per la chimica quantistica, la biologia molecolare e la medicina ortomolecolare. La ricerca sul cancro? E’ stata un fallimento. Afferma la dottoressa Marcia Angell, medico e direttore della rivista “New England Medical Journal” (Nemj), considerata una delle più prestigiose riviste mediche peer-reviewed di tutto il mondo: «Semplicemente non è più possibile credere a gran parte della ricerca clinica che viene pubblicata, o fare affidamento sul giudizio dei medici di fiducia o delle linee-guida mediche autorevoli. Non ho alcun piacere nel giungere a questa conclusione, che ho maturato lentamente e con riluttanza durante i miei due decenni come direttore della rivista medica».

Il dottor John Bailer, che ha trascorso 20 anni nello staff del National Cancer Institute ed è anche un ex redattore della sua rivista, ha dichiarato pubblicamente in una riunione dell’American Association for the Advancement of Science: «La mia valutazione complessiva è che il programma nazionale sul cancro deve essere giudicato un fallimento qualificato. La nostra ricerca sul cancro degli ultimi 20 anni è stata un totale fallimento. Oggi sempre più persone dai 30 anni in su muoiono di cancro, molto più che in passato. Ci sembra che i nostri pazienti vivano di più con la malattia ma la verità è che la diagnostichiamo prima. Molte persone con malattie lievi o benigne vengono incluse nelle statistiche e riportate come ‘guarite’ dal cancro grazie alla medicina. Quando i funzionari del governo indicano i dati di sopravvivenza e dicono che stanno vincendo la guerra contro il cancro, in verità stanno utilizzando i tassi di sopravvivenza in modo improprio».

Un altro punto da sottolineare è che la maggior parte del denaro donato alla ricerca sul cancro è speso per la sperimentazione sugli animali, che da molti è stata considerata del tutto inutile. Ad esempio, nel 1981 il dottor Irwin Bross, l’ex direttore del Sloan-Kettering Cancer Research Institute (il più grande istituto di ricerca sul cancro di tutto il mondo), ha dichiarato: «L’inutilità della maggior parte degli studi su modelli animali non è molto conosciuta. Ad esempio, la scoperta di agenti chemioterapici per il trattamento del cancro umano è stata ampiamente considerata un trionfo grazie alla sperimentazione sugli animali. Ci sono pochissime evidenze che potrebbero sostenere tali affermazioni». Un’altra citazione che si riferisce a come la medicina sia diventata industria farmaceutica è stata fatta dal dottor Dean Burk, biochimico americano del National
Cancer Institute: «Quando hai il potere non devi dire la verità. Questa è una regola che è stata tramandata in questo mondo da generazioni. E ci sono moltissime persone che non dicono la verità quando sono al potere in posizioni amministrative».

Burk ha anche affermato che «il fluoro provoca più decessi per il cancro rispetto a qualsiasi altro prodotto chimico: è una delle conclusioni scientifiche ed evidenze biologiche a cui sono arrivato nei miei 50 anni nel campo della ricerca sul cancro». Nell’edizione del 15 aprile 2015 della rivista medica “Lancet”, il caporedattore Richard Horton ha dichiarato: «Il caso contro la scienza è molto semplice: gran parte della letteratura scientifica, forse la metà, può essere dichiarata semplicemente falsa. La scienza ha preso una direzione verso le tenebre». Nel 2005, il dottor John P.A. Ioannidis, professore presso la Stanford University, ha pubblicato un articolo sulla “Public Library of Science” (Plos) intitolato “Perché i risultati pubblicati sulla ricerca sono falsi”, dove ha dichiarato: «C’è sempre più preoccupazione che i risultati pubblicati dalle più recenti ricerche siano falsi». Nel 2009, il centro anticancro dell’Università del Michigan ha pubblicato un’analisi dove ha rivelato che gli studi sul cancro sono falsi a causa di conflitti di interesse. Hanno dichiarato che i risultati prodotti erano la conseguenza di ciò che avrebbe funzionato meglio per le aziende farmaceutiche.

Ci sono molte informazioni disponibili provenienti da persone direttamente coinvolte nella ricerca sul cancro. Non solo l’informazione della tv è manipolata, ma la nostra società è diventata un grande conflitto di interessi e le grandi multinazionali vogliono sempre più profitto a scapito della nostra salute e dell’ambiente. La verità è che, secondo l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, «l’80-90 per cento dei casi di cancro sono determinati dall’ambiente e quindi teoricamente evitabili». Le cause ambientali del cancro includono la qualità dell’aria che respiriamo, l’acqua che beviamo, pesticidi, erbicidi, ormoni ed
antibiotici presenti nel cibo del supermercato, le radiazioni elettromagnetiche a cui siamo quotidianamente esposti e anche l’inquinamento luminoso che danneggia le nostre ghiandole.

Inoltre fin da piccoli siamo sottoposti a vaccini e medicinali che danneggiano il nostro sistema immunitario e che si accumulano a vita producendo molti disturbi. Vanno infine inclusi anche i traumi emotivi come dimostra la psicosomatica e la nuova medicina germanica. Ma purtroppo, come ha espresso il dottor Hans Ruesch: «Nonostante il riconoscimento generale che l’85% di tutti i tumori è causato da fattori ambientali, meno del 10% del bilancio del National Cancer Institute è affidato alla ricerca sulle cause ambientali. E nonostante il riconoscimento che la maggior parte delle cause ambientali sono legate alla nutrizione, meno dell’1% del bilancio National Cancer Institute è dedicato agli studi sulla nutrizione». Questo è principalmente il motivo per cui così tante persone si stanno interessando e dirigendo verso trattamenti alternativi e naturali che non vengono approvati dalle case farmaceutiche che controllano la medicina moderna. Come ha detto Pauling riguardo al perché non viene comunicato alle persone quanto la vitamina C possa essere utile per prevenire il cancro: «La mancanza d’interesse delle multinazionali risiede nel fatto che la vitamina C è una sostanza naturale che è disponibile a bassi costi e che non può essere brevettata».

(“Medici rivelano: le ricerche sono false, il cancro è una frode”, da “DioniDream” del 30 dicembre 2015).

Buon Primo Maggio con Giorgio Gaber – Il nostro giorno

 

Giorgio Gaber

 

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Buon Primo Maggio con Giorgio Gaber – Il nostro giorno

Primo maggio. Una data importante, la festa dei lavoratori, una festa per ricordare quello che i nostri nonni hanno conquistato, i diritti ottenuti per lavorare con dignità e non essere sfruttati.

Vi proponiamo questo brano scritto dal grande Giorgio Gaber proprio per questa occasione.

Il nostro giorno

Un giorno per chi lotta con coraggio
è il nostro giorno è il primo maggio.

Un garofano è spuntato d’un sol colpo fra le dita
ma sicuro che sbadato oggi è maggio che ci invita
ad unirci fino a sera per la nostra primavera
forza amici in allegria questa nostra festa sia.

Un giorno per chi vive nel lavoro
un giorno per chi spera nel futuro
un giorno per chi lotta con coraggio
è il nostro giorno è il primo maggio.

Un giorno per chi lotta con coraggio
è il nostro giorno è il primo maggio.

Via di corsa tutti in piazza tutti fuori ad applaudire
c’è persin la mia ragazza sotto il sol dell’avvenire
Le officine oggi son vuote dorme il tram nel capannone
rosso maggio le tue note della strada son padrone.

Un giorno per chi vive nel lavoro
un giorno per chi spera nel futuro
un giorno per chi lotta con coraggio
è il nostro giorno è il primo maggio

Un giorno per chi lotta con coraggio
è il nostro giorno è il primo maggio.

Questo giorno è tutti i giorni tutto l’anno vi è racchiuso
primo maggio tu ritorni a dar forza a chi è deluso.
Questa festa è una gran festa non ce l’hanno regalata
su leviamo alta la testa noi l’abbiamo conquistata.

Un giorno per chi vive nel lavoro
un giorno per chi spera nel futuro
un giorno per chi lotta con coraggio
è il nostro giorno è il primo maggio

Un giorno per chi lotta con coraggio
è il nostro giorno è il primo maggio.

Un giorno per chi lotta con coraggio
è il nostro giorno è il primo maggio.

Giorgio Gaber

In Islanda le fantastiche strisce pedonali in 3d ben visibili, fanno rallentare gli automobilisti e garantiscono la sicurezza dei pedoni.

 

strisce pedonali

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In Islanda le fantastiche strisce pedonali in 3d ben visibili, fanno rallentare gli automobilisti e garantiscono la sicurezza dei pedoni.

Strisce pedonali tridimensionali per far rallentare gli automobilisti. Succede nella piccola città islandese di Ísafjördur dove sono troppi coloro che superano i limiti di velocità nel centro cittadino. Insomma laddove non arrivano le campagne di prevenzione, si aguzza l’ingegno.

L’idea non è nuova, le strisce pedonali in 3D ci sono in India, il paese che ha la più alta percentuale di vittime sulla strada, ancora in Russia e Cina ma anche in Italia, a Bologna e Vimercate, dove sembra che stia dando ottimi risultati. In Islanda, invece, è la prima volta che viene installato questo tipo di segnaletica.

Qui è la Vegmálun, ovvero la compagnia che si occupa della manutenzione e della segnaletica orizzontale a creare delle strisce pedonali tridimensionali grazie a un’illusione ottica. In pratica, da lontano sembra di trovarsi davanti dei blocchi di cemento e di conseguenza il guidatore è indotto a frenare.

Le strisce in 3D sono state dipinte nelle principali vie della cittadina del nord dell’Islanda e lo stesso amministratore delegato di Vegamálun, Gauti Ívar Halldórsson ammette che l’idea gli è venuta osservando gli attraversamenti pedonali indiani.

 

fonte: https://www.greenme.it/abitare/arredo-urbano/25502-strisce-pedonali-3d-automobilisti

Più una società si allontana dalla verità più odierà quelli che la dicono, ci insegnò George Orwell

 

George Orwell

 

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Più una società si allontana dalla verità più odierà quelli che la dicono, ci insegnò George Orwell

Nel 2017 sul magazine The New Yorker fu pubblicato un articolo di Jill Lepore, professoressa di storia americana dell’Università di Harvard, intitolato Un’età d’oro per la narrativa distopica. La professoressa spiegava che i romanzi distopici nacquero in contrapposizione alla narrativa utopica: “Un’utopia è un paradiso, una distopia un paradiso perduto”, ha scritto Lepore per poi evidenziare quanto gli attuali scenari politici mondiali abbiano favorito la rinascita di questo genere, sia con la scrittura di nuovi romanzi, film e serie tv, che con la riscoperta dei grandi classici. Un dato esemplificativo: nel primo mese dell’amministrazione di Donald Trump, durante il quale il suo staff faceva continuo riferimento ai “fatti alternativi”, il romanzo cult di George Orwell, 1984, registrò unrecord di vendite su Amazon.

È difficile non cogliere l’attualità delle opere di George Orwell, pseudonimo di Eric Arthur Blair, e delle sue riflessioni su temi come la corruzione, il tradimento e più in generale gli orrori che può generare una società capitalista e individualista come quella in cui viviamo. L’odierno scenario della politica e della società civile, italiana e di altre democrazie occidentali, può trovare sufficienti corrispondenze, e trarre insegnamenti, in quanto raccontato da Orwell nel romanzo breve La fattoria degli animali del 1945.

La genesi di questo racconto allegorico deve molto al vissuto personale dello scrittore britannico. Orwell, nato in India nel 1903, era figlio di un funzionario coloniale e sin da adolescente entrò in contatto con le profonde ingiustizie che l’amministrazione britannica imponeva alle popolazioni indigene, empatizzando con la loro condizione. Tornò in Europa nel 1927, deciso a seguire la sua vocazione di scrittore, scelta che gli fece patire la fame per anni, ma che lo mise in contatto con quella parte della popolazione, povera e senza speranza, che rafforzò le sue idee socialiste e lo convinse a combattere contro le ingiustizie sociali. Nel 1937 Orwell combatteva dalla parte dei repubblicani nella guerra civile spagnola come volontario nelle file del Poum (Partito obrero de unificaciòn marxista), un partito marxista di ispirazione trotzkista della Catalogna. L’esperienza di guerra durò poco meno di un anno: a maggio il Poum venne dichiarato illegale, costringendo lo scrittore a fuggire in Francia. L’esperienza spagnola ispirò il libro Omaggio alla Catalogna, pubblicato nel 1938, dove già si intravedevano le idee di fondo che lo condussero alla stesura de La fattoria degli animali: l’elogio della rivoluzione, l’avversione nei confronti di coloro che si lasciano corrompere dal potere e l’aspra critica al comunismo nella sua derivazione stalinista.

La fattoria degli animali racconta la ribellione di un gruppo di animali stanchi di essere vessati e sfruttati dall’uomo, il terribile signor Jones, per autogovernarsi. Il padre morale della rivolta è il Vecchio Maggiore, il maiale più anziano e saggio della fattoria, che poco prima di morire incita gli altri a insorgere contro la tirannia degli esseri umani: “Tutto il prodotto del nostro lavoro ci viene rubato dall’uomo. […] L’uomo è il solo, vero nemico che abbiamo. Si tolga l’uomo dalla scena e sarà tolta per sempre la causa della fame e della fatica”. Guidati da queste parole, e approfittando delle continue ubriacature del signor Jones , gli animali riescono a liberarsi, cacciando gli umani e diventando padroni della fattoria. Fin da subito, l’operato di tre di loro spicca su quello di tutti gli altri: i maiali Palla di Neve, Napoleon e Clarinetto. I primi due si rivelano essere abili strateghi mentre il terzo, capace di “far vedere bianco per nero”, lavora per influenzare l’opinione degli altri animali coinvolti nella rivoluzione, in un’allegoria non troppo velata alla propaganda dei regimi e al servilismo di alcuni media.

I maiali ritenendosi più intelligenti degli altri animali, si autoproclamano capi: imparano a leggere e a scrivere ed elaborano sette comandamenti, plasmati sui principi della rivoluzione, a cui la comunità deve sottostare. Ben presto, però, il mondo di uguaglianza e libertà dai lavori più umili, in cui avevano tutti riposto fiducia, si rivela un orizzonte irraggiungibile. I suini cambiano le regole continuamente e siccome pochi animali sanno leggere e scrivere, i principi della rivoluzione vengono dimenticati e nessuno ha la forza o la conoscenza necessaria per opporsi a chi è al potere. Nell’epilogo i capi arrivano a riunirsi allo stesso tavolo per cenare e riappacificarsi con l’uomo, di cui ormai hanno assunto i comportamenti e la postura eretta, rendendo impossibile distinguere i maiali dai fattori, un tempo dipinti come nemici. C’è un momento del romanzo, in cui le sette regole che il gruppo di ribelli si era dato per organizzare la vita all’interno della fattoria vengono soppiantate dall’unico motto “Tutti gli animali sono uguali” a cui viene aggiunto “ma alcuni sono più uguali degli altri”. Questa fu la sintesi trovata da Orwell per spiegare i meccanismi che possono corrompere gli ideali rivoluzionari, seppur mossi dalla volontà di creare società più giuste ed egualitarie. Il messaggio, come accade in ogni grande opera che resiste al passare del tempo, ha dunque una portata universale che arriva fino ai giorni nostri.

In Italia abbiamo al governo del Paese un partito nato come antisistema: il Movimento 5 Stelle è nato per combattere la vecchia politica, ma ora che gioca con le sue stesse regole sembra essersi dimenticato le ragioni della sua rivoluzione. Il motto che Orwell fa scrivere sui muri della fattoria ricorda l’originario “Ognuno vale uno” declamato nel 2010 dagli attuali capi del Movimento, primo tra tutti Beppe Grillo, che l’anno della fondazione scriveva “La massa non è più stupida, la massa diventa intelligente, si autogoverna […] Per la prima volta nasce un movimento dove ognuno vale uno, un movimento che non ha bisogno di sovvenzioni e di partiti”. Come nel libro di Orwell, oggi appaiono evidenti le contraddizioni tra i vecchi principi e i provvedimenti presi dal M5S una volta arrivato al governo.

Il M5S sta pagando a livello elettorale le incoerenze tra il suo programma e l’azione legislativa, come dimostra il caso dell’Ilva di Taranto. Il Movimento ha chiesto per anni, anche per bocca dell’attuale vicepremier Luigi Di Maio, la chiusura, la bonifica del territorio e la formazione dei lavoratori per reimpiegarli nel settore della green economy. Con queste promesse alle elezioni politiche il M5S si è guadagnato quasi la metà dei voti della provincia, ma nel settembre 2018, Di Maio, in qualità di ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, ha firmato un accordo con i nuovi proprietari dell’ex Ilva, in base al quale il complesso siderurgico continuerà a lavorare con impianti obsoleti, senza aver disposto nessun piano di bonifica. Evoluzione simile ha avuto anche il dibattito sul progetto della Tap, il gasdotto Trans-Adriatico, ferocemente contestato da quella classe politica che oggi dice di essersi resa conto di non poterlo bloccare. La lista di promesse non mantenute si allunga di giorno in giorno, come l’acquisto dei caccia da combattimento di ultima generazione F-35, considerato una spesa da tagliare con priorità prima di arrivare al governo del Paese e che oggi è stata confermata perché secondo il sottosegretario alla Difesa del M5S, , “Resta ovvio che non possiamo rinunciare a quella che è una grande capacità aerea della nostra aeronautica”.

L’incoerenza del M5S è evidente anche nelle sue linee di condotta, come ad esempio il divieto del doppio mandato. Se Grillo nel 2009 scriveva: “Riduzione a due mandati per i parlamentari, per qualunque carica pubblica e eliminazione di ogni privilegio per i parlamentari”, dieci anni dopo i pentastellati hanno deciso di abolire la regola del doppio mandato. Anche sul tema dell’immunità parlamentare, demonizzata quando si trovava all’opposizione, il M5S ha rivisto la sua posizione al Tribunale dei Ministri di Catania l’autorizzazione a procedere contro il vicepremier e alleato di governo Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona aggravato per il caso della nave Diciotti.

Orwell lascia intendere  nel suo romanzo che la rivoluzione è stata tradita anche per due motivi: la maggior parte degli animali non ha conservato la memoria dei vecchi principi e chi l’aveva, come l’asino Benjamin, ha scelto di non tacere. I primi si sono lasciati rabbonire dalle parole di Clarinetto, il maiale servo del potere che distorce la realtà alle ragioni della propaganda. Mentre Benjamin, cinico e disilluso, non ha messo al servizio della comunità la sua istruzione e le sue conoscenze, proprio come quella schiera di intellettuali colpevoli nel corso della storia di non essersi schierati contro le dittature. Oggi più che mai bisogna leggere, fare proprie e riflettere sulle parole che Orwell scrisse nella nota che precedeva La fattoria degli animali: “La libertà intellettuale è una tradizione profondamente radicata, senza la quale è assai dubbio che la nostra tipica cultura occidentale possa esistere. Molti nostri intellettuali si sono visibilmente allontanati da questa tradizione. […] Se libertà vuol dire veramente qualcosa, significa il diritto di dire alla gente quello che la gente non vuol sentir dire”.

 

 

 

fonte:

https://thevision.com/cultura/george-orwell/

“Dirò cosa mi hanno fatto a Dio. Gli dirò tutto” le ultime strazianti parole di un bambino Siriano…

bambino Siriano

 

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“Dirò cosa mi hanno fatto a Dio. Gli dirò tutto” le ultime strazianti parole di un bambino Siriano…

 

“Dirò cosa mi hanno fatto a Dio. Gli dirò tutto” le ultime strazianti parole di un bambino Siriano…

“Dirò cosa mi hanno fatto a Dio, Gli dirò tutto”

Con queste parole strazianti è morto un bambino siriano di tre anni, vittima dei bombardamenti e della guerra che martirizza da anni il suo paese. E’ lo strazio nascosto di una tragedia inarrestabile, la faccia taciuta delle atrocità che subiscono i piccoli innocenti coinvolti nelle guerre.

Bambini che non hanno più niente, né case, né genitori, né qualcuno che li abbracci e li consoli. Bambini che sono stati costretti a vedere cose che mai avrebbero dovuto

Bambini a cui sono stati rubati sogni e speranza, che hanno perso tutto: anche le loro vite. La frase “Dirò cosa mi hanno fatto a Dio, Gli dirò tutto”, la dice una bambino, (secondo blog e agenzie, di 3 o 4 anni) prima di morire dopo aver subito delle atrocità. Un bambino, in un paese in guerra, solo, promette di dire a Dio che il Male che gli uomini gli hanno fatto è qualcosa di brutto, che la guerra gli ha fatto qualcosa di ingiusto, che la violenza gli ha tolto tutto, anche la vita.

Quante volte la stessa identica successione di parole, diverse solo per l’autoritàPapà/Mamma/maestro/insegnante/fratello maggiore) a cui ci si rivolge, abbiamo ripetuto tutti noi. Quante volte ci ha consolati l’idea non di un vendicatore ma di un uomo o una donna saggi, che vedono dall’alto, in nostro soccorso e capaci non di offrirci la vittoria ma di ristabilire la giustizia ? Quante volte ci ha consolati questa idea, possibilità, soluzione ?

I bambini ovunque vi è la guerra non hanno questa possibilità di speranza in un adulto, in un’autorità in grado d ristabilire la giustizia.

L’Onu oggi denuncia gli orrori subiti dai bambini per mano dell’Isis, e basterà leggere quanto si dice per restare sgomenti.

“Dirò tutto a Dio” è un pensiero sicuramente passato per la mente di un qualsiasi bambino in Siria, fosse anche solo per un secondo.

Speriamo che quel bambino, quei bambini, quelle preghiere di quanti tornano a sentirsi bambini davanti all’orrore di un male così abominevole possano vedere o raggiungere Dio e dirgli cosa è stato fatto loro. E’ una preghiera, è una richiesta, è una supplica davanti ad un male che sfinisce.

“Lo dirò a Dio”, questo basta a non rendere preghiera e speranza inutili. A qualcuno ancora in un mondo silente e sordo davanti alla guerra, è possibile dire qualcosa.