Pierre Rabhi: occorre un ritorno alla terra per cambiare la nostra società fondata esclusivamente sul denaro.

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Pierre Rabhi: occorre un ritorno alla terra per cambiare la nostra società fondata esclusivamente sul denaro.

Pierre Rabhi: l’avvento del capitalismo-schiavistico e LA FINE DI UN MONDO SECOLARE!

Pierre Rabhi, contadino e filosofo Algerino, trapiantato in Francia dai tempi del colonialismo francese, che sostiene, giustamente, che occorre un ritorno alla terra per cambiare realmente le nostre esistenze e la nostra società fondata esclusivamente sul denaro. Lui il passo l’ha fatto già negli anni ’60 ed oggi cerca di diffondere il verbo tramite libri e conferenze in giro per il mondo.

La povertà non sempre è sintomo di malessere. Crediamo che oggi, immersi nell’opulenza e nel materialismo più sfrenato, si viva meglio rispetto al passato e rispetto a quelle società cosiddette sottosviluppate e povere. Siamo convinti di essere ricchi, di poterci permettere tutto, di essere superiori ma ahimè non è così! Per capire il vero senso della vita leggi attentamente i seguenti paragrafi tratti dal libro di Pierre Rabhi “La sobrietà felice” di cui consigliamo la lettura integrale.

Un uomo semplice, che abita in una piccola oasi del Sud dell’Algeria, si dedica ogni giorno ai suoi doveri di padre di famiglia. Apre la porta della sua bottega, accende il fuoco e, per tutta la giornata, lavora il metallo. Fa manutenzione agli attrezzi agricoli dei contadini, ripara i modesti oggetti d’uso quotidiano. Quel piccolo Vulcano del deserto fa cantare tutto il giorno l’incudine, mentre un apprendista tira la corda del mantice della forgia per attizzare le fiamme. Scintille incandescenti….

Un bambino lo guarda ammirato in silenzio, ne è fiero, immensamente fiero. Di tanto in tanto l’uomo, dal volto volitivo, ascetico e grondante di sudore, si ferma per accogliere i clienti, rispondere alle loro richieste. A volte, davanti alla bottega si forma spontaneamente un assembramento di uomini. Accovacciati su una stuoia di fibre di palma chiacchierano, bevono thé, scherzano, ridono, discutono anche di questioni serie.

Non lontano dalla bottega c’è una piazza quadrata, molto ampia, circondata di negozi – droghieri, macellai, venditori di tessuti e quant’altro – e di laboratori di sarti, calzolai, falegnami, piccoli orafi…

Ogni giorno dalla botteghe fuoriescono canti, come balsami di serenità, che si spandono nell’atmosfera tiepida o soffocante, a seconda delle stagioni. Sul lato ovest c’è uno spiazzo spoglio, aperto dove si tiene il mercato. Una sorta di caravanserraglio senza muri in cui dromedari che bramiscono, pecore, capre, asini e cavalli si mischiano sprigionando odori forti. Alcuni nomadi vanno e vengono in silenzio; altri rimangono accovacciati contro sacchi di tela ruvida gonfi di cereali …. Datteri essiccati per la conservazione e a volte, in stagione, tartufi del deserto si offrono a chi desidera comprarli. Tutto ciò produce un ovattato tumulto, punteggiato dalle voci acute dei venditori che richiamano i clienti. Ogni tanto narratori o acrobati propongono le loro prodezze e i loro sogni a un pubblico affascinato che fa loro cerchio attorno. La città intera è percorsa da ombreggiate viuzze che corrono tra case di terra color ocra incastrate le une nelle altre, sormontate da terrazze, al centro un minareto bianco che a mo’ di vedetta scruta i quattro orizzonti…..

L’atmosfera è frugale. La miseria estrema tocca poco la gente di questa cultura dell’elemosina e dell’ospitalità, richiamate senza sosta come doveri fondamentali dai precetti dell’islam. Il tempo è scandito dalle stagioni e dalle costellazioni. La presenza tutelare e secolare del mausoleo del fondatore della città, che per tutta la vita ha predicato la non violenza, da tempo ha creato un clima di spiritualità propizio alla pace, alla concordia.

La tranquilla città non è tuttavia un paradiso terrestre. Qui come altrove gli uomini sono afflitti da preoccupazioni; il meglio e il peggio vi convivono… Una specie di gioia onnipresente ha la meglio sulla precarietà, coglie ogni pretesto per manifestarsi in feste improvvisate. Qui l’esistenza si tocca con mano. In un clima di pazienza continuamente ravvivata, il più piccolo sorso d’acqua, il più piccolo boccone di cibo danno alla vita un sapore vero. Dal momento che l’essenziale è assicurato, tutto li rende felici e grati, come se ogni giorno vissuto fosse già un privilegio, una tregua. La morte è loro familiare, ma non è una tragedia…

Se questo mondo sospeso tra sogno e poesia non era privo di sofferenza, era però un frutto a lungo maturato sull’albero del destino. Come in altri luoghi del pianeta, gli uomini hanno tentato di crearvi un’armonia, senza però riuscirci alla perfezione, non essendo la perfezione una loro prerogativa…

E poi, insidiosamente, lentamente, in questo mondo vecchio di secoli tutto inizia a precipitare. Il fabbro si intristisce. E’ pensieroso, assorto in strani pensieri. Non torna più a casa al crepuscolo come un libero cacciatore, a volte a mani vuote ma più spesso carico di un cesto colmo di cibarie per la sopravvivenza della sua famiglia per le quali deve ringraziare solo i propri meriti, il suo talento e il suo coraggio, favoriti dalla divina benevolenza. Il lavoro per il fabbro comincia a scarseggiare. Gli occupanti francesi hanno scoperto del carbon fossile e propongono a tutti gli uomini in forze un’occupazione retribuita. L’intera città è sottosopra. E’ finita l’epoca in cui si assaporava il tempo come se fosse eterno. Suona l’ora del tempo degli orologi, fino a quel momento sconosciuto, suona con i suoi minuti e i suoi secondi… Questo nuovo tempo ha come intento di abolire ogni <<perdita di tempo>> e, nel regno dei sonni tranquilli, l’indolenza viene presa per pigrizia. Ora bisogna essere seri, sgobbare molto. Ogni mattina, con una lampada ad acetilene in mano, bisogna sprofondare nelle viscere oscure della terra per riesumarne un materiale nero che cela un fuoco sopito da tempo immemore, come in attesa di un risveglio che gli permetterà di cambiare l’ordine del mondo. Ogni sera, gli uomini escono con il volto insozzato dallo strano termitaio in cui sono stati rinchiusi durante il giorno. Si fa fatica a riconoscerli, tanto inefficaci sono stati i lavaggi per togliere dal visto la scura maschera di carbon fossile e polvere che lo ricopre. Attorno agli occhi si ostinano occhiaie nere, emblema della nuova confraternita dei minatori. Sempre più polsi vengono ornati da orologi; per fare più in fretta, si moltiplicano le biciclette; il denaro si insinua in tutte le ramificazioni della comunità. Le tradizioni prendono un gusto di antiquato, di sorpassato. Ora bisogna mettersi al passo con la nuova cultura.

Il fabbro, come il mastro Cornille di Alphonse Daudet, che soffriva per l’onore beffeggiato del suo mulino a vento – <<respiro del buon Dio>> – soppiantato dai mulini a vapore – <<invenzione del diavolo >> -, resiste finché può a tali sconvolgimenti.

Ma alla fine deve arrendersi all’evidenza: i clienti si fanno rari e riuscire a sfamare la famiglia ha ormai del miracoloso. Non gli resta che diventare lui stesso una termite… Grazie alle sue naturali attitudini viene assegnato a guidare una piccola locomotiva che traina un lungo bruco di vagoni pieni di materiale magico, destinato soprattutto a essere trasportato in Francia. I grandi treni dalle potenti locomotive si porteranno via come un bottino il materiale nero. E’ così che il Progresso ha fatto irruzione in quest’ordine secolare.

Il figlio del fabbro è turbato nel vedere il padre tornare sudicio ogni sera, come tutti gli altri. L’idolo è come profanato. La bottega è diventata un guscio silenzioso dietro la porta oramai chiusa sui ricordi dal gusto desueto di un tempo antichissimo all’improvviso superato. L’incudine non canta più. La civilizzazione, con alcuni dei suoi attributi, la sua complessità e il suo immenso potere di seduzione, è arrivata senza che il bambino possa comprenderla e tanto meno spiegarsela…

L servitù del padre infligge al figlio una strana ferita. Tutta la popolazione sente che sta arrivando qualcosa di importante, qualcosa di insidioso e incomprensibile. L’era del lavoro come ragion d’essere e, come corollario, la smoderatezza evocata dal denaro e dalle nuove cose da acquistare. Come in un ultimo sussulto di libertà, appena percepito il primo salario alcuni minatori non tornavano alla miniera. Quando ricomparivano, dopo un mese o due, i datori di lavoro, scontenti, chiedevano loro perché non fossero tornati prima. I minatori allora rispondevano con candore che non avevano finito di spendere il denaro: perché dunque avrebbero dovuto faticare? Senza esserne coscienti, ponevano una domanda che è stata accuratamente evitata, ma che oggi qualcuno considera essenziale, e alla quale, in quest’epoca di grande scombussolamento in cui siamo obbligati a riconsiderare la condizione umana, bisognerà pur rispondere: lavoriamo per vivere o viviamo per lavorare?

Io avrei compreso solo molto più tardi che, negandone l’identità e la persona, la modernità arrogante e totalitaria aveva inflitto a quel fabbro, come a innumerevoli altri esseri umani del Nord e del Sud del mondo, una sorta di annullamento. Peggio ancora: con il pretesto di migliorarla, ha ridotto la condizione di ognuno a una moderna forma di schiavitù, non solo producendo capitale finanziario senza alcuna ricerca di equità, ma instaurando a livello mondiale, semplicemente prendendo il denaro come unità di misura della ricchezza, la peggior disuguaglianza che esista. Lo sfruttamento e l’asservimento dell’uomo da parte dell’uomo, e della donna da parte dell’uomo, sono sempre stati una perversione, una fatalità che ha macchiato la storia con le brutture che conosciamo; ma se quella perversione era per così dire spontanea, la modernità, con le rivoluzioni intese a mettervi fine, l’ha perpetuata sotto l’insegna dei più alti proclami morali: democrazia, libertà, uguaglianza, fraternità, diritti dell’uomo, abolizione dei privilegi…

Una invenzione fantastica: la carta da parati solare che produce energia grazie ai cianobatteri.

 

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Una invenzione fantastica: la carta da parati solare che produce energia grazie ai cianobatteri.

Sfruttando il processo di fotosintesi dei cianobatteri, gli scienziati hanno sviluppato una carta da parati solare che potrebbe alimentare l’illuminazione domestica.

La sfida dell’efficienza energetica potrà essere vinta se riusciremo a produrre energia solare sfruttando qualsiasi superficie su cui applicare celle fotovoltaiche. Se gran parte della ricerca scientifica si è finora concentrata sulle possibilità offerte dalle facciate degli edifici, c’è chi invece si sta concentrando sul potenziale del solare applicabile ad oggetti o a elementi interni alle abitazioni. E’ il caso dell’Imperial College di Londra, che ha sviluppato la prima carta da parati solare.

La carta da parati solare fatta di cianobatteri

Per realizzarla gli scienziati hanno utilizzato dei cianobatterimicrorganismi fotosintetici che sono presenti sulla terra da miliardi di anni e che vivono e producono energia grazie al processo della fotosintesi. Il team ha trasformato i cianobatteri in inchiostro, stampandolo su carta accanto a dei nanotubi di carbonio che fungono da conduttori, dimostrando non solo che i microrganismi sono in grado di resistere al processo di stampa ma anche di effettuare la fotosintesi producendo quantitativi di energia utilizzabili. Basta una piccola porzione di carta da parati solare per alimentare, ad esempio, una lampadina a led.

Pannello bio-solare che potrebbe fungere da sensore ambientale

Il risultato è un pannello bio-solare che potrebbe essere utilizzando in diversi modi.

“Crediamo che la nostra tecnologia- ha spiegato Marin Sawa del Dipartimento di Ingegneria Chimica dell’Imperial College- possa avere una vasta gamma di applicazioni, come ad esempio quella di funzionare come sensore ambientale. Immaginate un sensore usa e getta camuffato da carta da parati, che potrebbe essere utilizzato per monitorare la qualità dell’aria interna. Una volta arrivato a fine vita, il dispositivo potrebbe essere rimosso e smaltito senza danni all’ambiente, essendo biodegradabile.

Le tante (e inesplorate) possibilità del fotovoltaico microbico

Questa carta da parati solare rappresenta un ulteriore passo avanti nel settore in forte crescita della microbial biophotovoltaics (BPV), ovvero il fotovoltaico microbico, che sfrutta il processo fotosintetico di microrganismi, cianobatteri e alghe per produrre energia. Uno dei vantaggi del meccanismo è che è possibile produrre piccoli quantitativi di energia elettrica non soltanto quando il sole splende ma anche in condizioni di scarsa illuminazione.

Alimentatori monouso e biodegradabili

“I BPV cartacei non sono destinati a sostituire la tecnologia tradizionale delle celle solari per la produzione di energia su larga scala- ha aggiunto Andrea Fantuzzi, co-autore dello studio- ma potrebbero essere utilizzati per costruire degli alimentatori monouso e biodegradabili. La loro bassa potenza li rende maggiormente adatti a dispositivi e applicazioni che richiedono quantità di energia limitata, come sensori ambientali e biosensori “.

Siamo solo all’inizio…

La ricerca è soltanto all’inizio e probabilmente ci vorrà del tempo prima di vedere una carta da parati solare nelle nostre abitazioni. Ma i buoni risultati raggiunti finora fanno ben sperare i ricercatori che si possano fare degli importanti passi in avanti. Innanzitutto, si sta lavorando sulle dimensioni dei fogli, che al momento sono piccolissimi e l’obiettivo a breve termine è quello di riuscire a ridimensionare la batteria su foglio di dimensioni A4, per poi pensare a una scalabilità a livello industriale. Servono infine ulteriori miglioramenti in termini di potenza energetica dei dispositivi e di durata, perché attualmente i pannelli bio-solare durano poco e bisognerebbe cercare di aumentarne la vita, se non altro per giustificare un prezzo ancora eccessivamente alto della tecnologia.

La lezione della Cina, un’isola con più di 120.000 pannelli solari galleggianti: così riescono a dare elettricità ad una intera cittadina!

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La lezione della Cina, un’isola con più di 120.000 pannelli solari galleggianti: così riescono a dare elettricità ad una intera cittadina!

 

È ATTIVO IL PIÙ GRANDE IMPIANTO SOLARE GALLEGGIANTE DEL MONDO, IN CINA
IN CINA PIÙ 120.000 PANNELLI GALLEGGIANTI RIESCONO A DARE ELETTRICITÀ AD OLTRE 15.000 ABITAZIONI

Ne avevamo già parlato qualche tempo fa, quando questo enorme parco solare galleggiante era ancora in fase di costruzione e di perfezionamento. Ora, invece, il progetto di rigenerazione di una miniera di carbone ad Anhui, in Cina, è finalmente giunto a termine, e i suoi pannelli fotovoltaici sono attivi. La creatura messa in piedi – anzi, messa a galla – dalla Sungrow Power non ha nessun precedente in termina di potenza: mai un impianto fotovoltaico galleggiante era stato così esteso, e mai la rigenerazione di una miniera di carbone aveva portato ad un esito simile.

Energia solare a partire dalla rigenerazione di una miniera di carbone

Ma andiamo con ordine: la considerevole area della regione mineraria cinese di Huanin è stata con il tempo allagata dalla pioggia, andando così a formare un bacino d’acqua con una profondità variabile tra i 4 e i 10 metri. L’acqua che riposa in questo anomalo ‘lago’ è molto mineralizzata, e quindi inservibile. Quella che era un’area energeticamente produttiva – per quanto inquinante, ovviamente – era dunque diventata del tutto inutile. Come poteva fare questa ragione a recuperare il terreno e quindi l’energia perduta? A sbalordire tutti con il proprio progetto di rigenerazione di una miniera di carbone è stata come anticipato la Sungrow Power, leader mondiale nel campo della produzione di pannelli fotovoltaici, la quale conta più di 30 gigawatt di potenza installata a livello mondiale.

25 anni di energia pulita e sorvegliata dai droni

La semplice rigenerazione di una miniera di carbone ha così portato alla creazione di un enorme impianto fotovoltaico composto da oltre 120.000 pannelli, i quali coprono così circa 86 ettari di superficie sull’acqua che sovrasta l’ex area mineraria. Come ha spiegato Xiao Fuqin, general manager della Sungrow Power, «in superficie potrebbe sembrare che i galleggianti siano semplicemente appoggiati sull’acqua, quando in realtà ci sono oltre mille piloni installati per tenere in ordine i galleggianti di questo impianto». La società assicura che l’impianto avrà una vita minima di 25 anni, essendo stato disegnato e realizzato per resistere a fattori come il calore e l’umidità, i quali sono ovviamente raddoppiati in virtù dell’anomalo luogo di installazione dei pannelli fotovoltaici. Di certo l’impianto fotovoltaico galleggiante ricavato dalla rigenerazione di una miniera di carbone non verrà lasciato a sé stesso, anzi, verrà sorvegliato e monitorato continuamente, anche grazie all’ausilio di appositi droni, i quali sorvoleranno la zona per supervisionare l’impianto.

La Cina, tra investimenti nelle rinnovabili e abitudini dure a morire

Questo originale progetto di rigenerazione di una miniera di carbone vuol dunque dire che i combustibili fossili cinesi stanno per essere ‘sommersi’ dalle rinnovabili? In un certo senso sì, ma è sicuramente troppo presto per farsi prendere dall’entusiasmo. È ovviamente vero che l’impianto fotovoltaico galleggiante è stato costruito sopra una miniera, ma è anche vero che quest’ultima era già stata abbandonata prima di venire allagata. Certo, gli investimenti cinesi nelle energie rinnovabili sono davvero imponenti, e sembrano essere cresciuti ancora di più da quanto Trump ha deciso di ritirare gli Stati Uniti dagli Accordi di Parigi – si dice che l’impegno della Cina sia addirittura raddoppiato, soprattutto attraverso progetti con altri Paesi. Nessun altro Stato al mondo può vantare la sua stessa capacità di energia elettrica di origina solare, e pur forte di questa supremazia la Cina ha deciso di investire altre 361 miliardi di dollari nelle rinnovabili entro il 2020. Ma di certo è ancora troppo, troppo presto per parlare della Cina come di un’economia ecosostenibile, e le ragioni sono tantissime: basti, in questa sede, ricordare che nella sola Repubblica Popolare Cinese viene consumato quasi la metà del carbone che viene utilizzato ogni anno a livello mondiale. Insomma, con questo ambizioso e sbalorditivo progetto di rigenerazione di una miniera di carbone la Cina si è confermata in testa allo sviluppo delle rinnovabili e del fotovoltaico, ma è indubbio che resti ancora molta strada da fare.

I vantaggi del nuovo impianto solare galleggiante

Del resto i numeri del nuovo gigante solare si commentano da sé: l’impianto fotovoltaico galleggiante più grande del mondo arriva infatti a generare 40 megawatt, ovvero l’energia elettrica necessaria per alimentare 15.000 abitazioni. Quello che fino a qualche giorno fa era il più grande impianto solare galleggiante al mondo, invece, si fermava a 6,3 megawatt, ovvero più di sei volte di meno. Nel mondo non si possono certo contare molti impianti di questo tipo, ma va sottolineato che i vantaggi dell’installare dei pannelli fotovoltaici a filo d’acqua sono molteplici: per la loro installazione non viene infatti sprecato prezioso terreno agricolo, l’acqua contribuisce ad un benefico raffreddamento dei pannelli, i quali, per un effetto collaterale ma senz’altro virtuoso, incrementano l’ammontare di acqua potabile per l’irrigazione limitando l’evaporazione. Se poi, oltre che parlare di un impianto fotovoltaico galleggiante, si parla anche della rigenerazione di una miniera di carbone, i vantaggi ovviamente raddoppiano.

 

fonte:

-http://www.green.it/piu-grande-impianto-solare-galleggiante-cina/

La saggezza dei nativi Americani: “Voi siete schiavi dal momento in cui cominciate a parlare sino a quando morite; noi invece siamo liberi come l’aria”.

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La saggezza dei nativi Americani: “Voi siete schiavi dal momento in cui cominciate a parlare sino a quando morite; noi invece siamo liberi come l’aria”.

 

Gli Indiani d’America avevano già capito tutto sul lavoro… anche per questo furono sterminati…

Gli Indiani d’America avevano già capito tutto sulla schiavitù alla quale i “bianchi” volevano sottoporre il mondo,anche per questo furono sterminati, perchè non volevano sottomettersi alla vita imposta dai “visi pallidi”, dedicata solo al lavoro, senza avere nemmeno il tempo per “sognare”…

Voi cominciate a lavorare sodo fin da piccoli, e lavorate sino a che siete grandi, e poi cominciate di nuovo a lavorare. E lavorate per tutta la vita. Poi, quando avete finito, morite lasciandovi tutto alle spalle. Questa noi la chiamiamo schiavitù. Voi siete schiavi dal momento in cui cominciate a parlare sino a quando morite; noi invece siamo liberi come l’aria.

Abbiamo bisogno di ben poche cose, e non è difficile procurarsele. Il fiume, il bosco, la pianura ci danno tutto quello di cui abbiamo bisogno, e noi non saremo mai schiavi, né manderemo i nostri bambini nelle vostre scuole, dove possono solo imparare a diventare come voi.”

Queste sono paole del Capo Guerriero-Cadette-Apache Mescalero:

Voi uomini bianchi conoscete solo il lavoro.
Io non voglio che i miei giovani uomini diventino uguali a voi.
Gli uomini che lavorano sempre non hanno tempo per sognare, e solo chi ha tempo per sognare trova la saggezza.

Al contrario nostro, gli Indiani, manifestarono fin da subito ripudio e disprezzo verso il dogma occidentale del “lavoro tutta la vita“, se non lavoro non mangio, se non lavoro non ho diritto alla vita, se non lavoro sono un parassita della società.
E’ giusto che tutti sappiano che gli indiani lavoravano lo stretto necessario per vivere, e probabilmente si parla di poche ore al giorno, il resto del tempo era dedicata alla saggezza, ai canti, ai balli, agli incontri d’amore, alle cavalcate solitarie nella prateria, all’esplorazione della natura, insomma a quello che noi chiamiamo “tempo libero” e di cui possiamo godere solo un giorno la settimana.
Gli indiani odiano il lavoro e non perché siano degli scansafatiche (termine utilizzato dalla massa moderna per etichettare un non-adattato al sadico culto della fatica) , ma perché amanti della libertà, un genere di libertà che noi europei abbiamo conosciuto illusoriamente solo negli anni 60 con gli Hippie, dove si poteva girare il mondo ancora senza tanti passaporti, carte d’identità e ogni sorta di diavoleria spacciata dai mercanti del potere per “sicurezza“.
Ecco, gli indiani erano ancora più liberi, potevano andare dovunque senza chiedere il permesso, potevano vivere senza chiedere il permesso, le tasse allora non esistevano, tanto meno lo Stato, le banche, la polizia, le frontiere, gli eserciti, la Chiesa ecc ecc.
Ne consegue che in un mondo davvero libero come era il loro, prima del nostro arrivo “civilizzante“, la sola idea di passare 8-9 ore al giorno a lavorare, svolgendo mansioni monotone e noiose, fosse l’ultima cosa che gli passasse per la testa di fare.
Fonti: varie dal Web

Come la giungla del capitalismo selvaggio condanna l’Africa alla povertà infinita

 

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Come la giungla del capitalismo selvaggio condanna l’Africa alla povertà infinita

Ho incontrato anni fa il presidente di un paese africano il cui sottosuolo era ricco di petrolio. Dei frutti di questa ricchezza in giro se ne vedevano pochi o niente. Gli chiesi quanto petrolio le compagnie straniere estraessero ogni anno. Per un po’ fece finta di ignorare la mia domanda, poi sbottò: « Non lo so e non lo voglio sapere. Uno dei miei predecessori tentò di capirlo e fu cacciato via da un colpo di stato. Quelli fanno come vogliono!».

“Quelli” sono le imprese straniere che operano nel continente al mondo più ricco di materie prime e condannato alla miseria perpetua proprio per questo. Comprano al prezzo che decidono loro, corrompono, distruggono l’ambiente e se qualcuno si ribella, lo eliminano senza pietà. 

È questa la vera causa della tragedia africana e della grande fuga della sua gente. Basterebbe un po’ di trasparenza e di regole chiare. Quella che è normale in ogni società civile che si rispetti. Ma i grandi potentati mondiali non sono disposti ad accettare che regole e diritti valgano su scala planetaria. L’Africa è territorio di saccheggio selvaggio.

È di questi giorni la minaccia del presidente di Vitol, uno dei più grandi gruppi mondiali nel commercio di petrolio. Sono pronti ad andar via dalla Svizzera se passa una legge che prevede, per le imprese residenti nel paese, l‘obbligo di dichiarare ogni pagamento superiore a centomila franchi a governi ed entità straniere.

La legge è figlia dell’indignazione popolare per tanti scandali, non ultimo quello relativo alla Glencore, altra importantissima impresa in campo energetico. Sarebbe venuto fuori il pagamento di una bustarella di 18 milioni di dollari ad un faccendiere legato al presidente della Repubblica Democratica del Congo. In cambio Glencore avrebbe pagato 140 milioni invece di 585 per le sue attività estrattive in quel paese. Un risparmio di quasi mezzo miliardo di dollari. Quante scuole, quanti ospedali, quante strade, quanta occupazione è stata così sottratta alla popolazione congolese?

La tragedia è che Vitol e altre imprese hanno la possibilità di minacciare. Altre nazioni “civili” sono pronte ad ospitarle senza porre domande imbarazzanti. Il nostro mondo è una giungla in cui i più forti hanno ogni potere e godono di ogni complicità. Eppure basterebbe davvero poco per cambiar registro.

Sarebbe sufficiente una decisione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che vincolasse tutti al rispetto di certe regole e Vitol non avrebbe scampo. Nessuno, ma davvero nessuno, finora ci ha messo mano. Si, perché la politica, la politica che conosciamo, ha abdicato ai suoi doveri più elementari nei confronti dei popoli del pianeta. Serve altri interessi. Quelli dei poteri forti.

In Svizzera si terrà a breve un referendum su queste questioni. Qualcuno, dalle nostre parti, è pronto a proporne uno simile?

fonte: http://www.dolcevitaonline.it/come-la-giungla-del-capitalismo-selvaggio-condanna-lafrica-alla-poverta-infinita/

La guerra sconosciuta dei Nativi Americani contro i colossi petroliferi

 

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La guerra sconosciuta dei Nativi Americani contro i colossi petroliferi

Da più di sei mesi centinaia di Nativi americani manifestano lungo il tracciato di un oleodotto in costruzione vicino alla riserva di Standing Rock Sioux, tra il North Dakota e il South Dakota. Si oppongono alla costruzione dell’oleodotto fin dal 2014, quando per la prima volta fu presentato il progetto, sostenendo che profanerà le terre sacre e metterà in pericolo le risorse idriche.

Il 2 settembre scorso, accompagnati dall’intenso rullo dei tamburi, i rappresentanti di più di 50 ‘Prime Nazioni’ hanno firmato nella città di Vancouver, in Canada, il Trattato di alleanza contro le sabbie bituminose. Questa collaborazione si propone di bloccare tutti i progetti di costruzione degli oleodotti il cui passaggio è previsto nelle terre di queste popolazioni: la Trans Canada’s Energy East pipeline, la Trans Mountain expansion, la Line 3 pipeline, e il Northern Gateway.

I popoli indigeni – ha affermato uno dei Capi Indiani firmatari – non sopporteranno più che vengano realizzati sui loro territori dei progetti pericolosi per le popolazioni e per il clima. Forti del loro diritto all’auto-determinazione, hanno deciso tutti insieme di assumersi le loro responsabilità nei confronti della terra, delle acque, delle persone.

Questo Trattato impegna i firmatari a darsi reciproco sostegno nella lotta contro l’espansione delle estrazioni petrolifere, e a lavorare insieme per orientare la società verso stili di vita più sostenibili. I popoli delle Prime Nazioni, gli ambientalisti e altri gruppi coinvolti nella controversia sostengono che l’estrazione del petrolio e il suo trasporto con oleodotti, camion cisterne e treni aumentano i rischi di sversamenti catastrofici, che minacciano gli ecosistemi terresti e marini; inoltre impediscono di raggiungere i traguardi stabiliti dai trattati sul clima.

L’opposizione all’oleodotto Dakota Access si trasforma in un movimento indigeno globale. Il 24 settembre Dave Archambault II, in rappresentanza della Tribù dei Sioux di Standing Rock, si  presenta davanti ai 49 membri del Consiglio delle Nazioni Unite sui Diritti Umani, a Ginevra, e chiede ai presenti di unirsi ai manifestanti a Standing Rock per fermare la costruzione dell’oleodotto. Durante l’estate il movimento è cresciuto fino a contare migliaia di persone.

A STANDING ROCK I “PROTETTORI DELLE ACQUE” CANTANO PER L’ACQUA DI FRONTE A UOMINI ARMATI

Intanto ha inizio la repressione contro gli accampamenti di protesta. Scontri con la polizia militarizzata. Blindati e gas lacrimogeni a fine ottobre disperdono 300 dimostranti in un accampamento allestito su terreni agricoli privati. Ancora un altro attacco portato nella tarda notte del 20 novembre dalla polizia, che ha bersagliato con cannoni ad acqua i manifestanti mentre le temperature erano scese parecchio sotto lo zero. I Nativi e gli ambientalisti hanno riferito di essere stati attaccati anche con proiettili di gomma, gas lacrimogeni e spray al pepe. L’ultimo attacco risale a venerdì scorso, in concomitanza con il Black Friday, il giorno più commerciale dell’anno, nel corso di una manifestazione tenuta presso il Centro commerciale della capitale del Nord Dakota nel tentativo di attirare più attenzione al progetto del gasdotto. Più di trenta attivisti sono stati arrestati, facendo salire a 450 il numero dei manifestanti arrestati da agosto.

I NATIVI SFIDANO L’ORDINE FEDERALE DI LASCIARE L’ACCAMPAMENTO DI PROTESTA ENTRO IL 5 DICEMBRE

Sabato scorso i Nativi hanno manifestato chiaramente la loro intenzione di non lasciare l’accampamento di protesta contro il Dakota Access, dopo che le autorità degli Stati Uniti in una lettera hanno imposto lo sgombero entro il 5 dicembre. Lo hanno comunicato durante una conferenza stampa gli organizzatori dall’accampamento principale di protesta, dove sono accampati circa 5000 persone. Ai Protettori delle acque che dicono “Noi siamo custodi di questa terra. Questa è la nostra terra e non è possibile rimuoverci”. “Abbiamo tutto il diritto di stare qui per proteggere la nostra terra e per proteggere la nostra acqua”. “La Rimozione Forzata e l’oppressione dello Stato? Questa non è una novità per noi come indigeni”, noi rispondiamo che la storia che avete imparato è ormai scritta.

L’unico migrante privilegiato al mondo, il famigerato viso pallido, è sbarcato sulle vostre terre, ha distrutto e massacrato. Ha mentito sulle sue nefandezze, travestito da prode cowboy. Forse domani vincerà questa vostra ultima guerra perché quelli del petrolio non perdono mai. Ma la vostra sarà una magnifica sconfitta, che forse risveglierà le coscienze addormentate.

 

Fonte: http://zapping2017.myblog.it/2017/08/11/la-guerra-sconosciuta-dei-nativi-americani-contro-i-colossi-petroliferi/

 

Dal NREL ecco le finestre solari che producono energia cambiando colore!

 

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Dal NREL ecco le finestre solari che producono energia cambiando colore!

Le nuove finestre intelligenti statunitensi si colorano in risposta al sole mentre producono energia elettrica

Un nuovo capitolo per la tecnologia delle finestre solari

(Rinnovabili.it) – L’ultima novità in campo delle smart window, dispositivi intelligenti in grado di regalare qualche funzione in più ai tradizionali infissi, arriva dagli Stati Uniti. A metterla a punto sono stati gli scienziati del Laboratorio Nazionale delle Energie Rinnovabili (NREL), una delle braccia di ricerca del Dipartimento dell’Energia stelle e striscie. Il nuovo lavoro si è focalizzato sulle finestre solari termocromiche, sistemi commutabili che rispondono dinamicamente alla luce solare: quando i raggi riscaldano il vetro, questo si colora producendo elettricità ad alta efficienza.

La vera novità della ricerca consiste soprattutto nei materiali impiegati per realizzare questo tipo di smart window. Il team, guidato dallo scienziato Lance Wheeler, ha impiegato un complesso di perovskiti- metilammina e nanotubi di carbonio a parete singola: la ricetta ha permesso di creare uno strato assorbitore capace di passare dallo stato trasparente (trasmittanza visibile del 68%) a uno colorato (meno del 3% di trasmittanza visibile).

Il gioco della trasmittanza è dovuto alle molecole di metilammina che “entrano ed escono” dallo strato assorbitore in risposta alla radiazione luminosa. Quando la finestra si colora, un processo che ha richiesto circa 3 minuti di illuminazione durante il test, produce elettricità.

Cosa cambia rispetto agli esperimenti e i prodotti passati? Che le attuali tecnologie per le finestre solari sono statiche, il che significa che sono progettate per sfruttare una frazione dei raggi solari senza sacrificare la trasmissione della luce visibile. “Esiste un compromesso fondamentale tra una buona finestra e una buona cella solare”, spiega Wheeler. “Questa tecnologia lo scavalca: abbiamo una buona cella solare quando c’è un sacco di sole e abbiamo una buona finestra quando non ce n’è”.

Il documento di proof-of-concept pubblicato su Nature Communications riporta un’efficienza di conversione dell’energia solare dell’11,3 percento. “Ci sono tecnologie termocromiche là fuori – aggiungono gli scienziati – ma nulla che converta effettivamente quell’energia in energia elettrica”. Gli scienziati stanno sviluppando una strategia di mercato per portare il loro SwitchGlaze, questo il nome con cui sono state battezzate le finestre solari, in commercio.

fonte: http://www.rinnovabili.it/energia/fotovoltaico/finestre-solari-cambiano-colore/

10 buoni motivi per donare il sangue!

 

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10 buoni motivi per donare il sangue!

Che donare sangue sia un gesto fondamentale non c’è alcun dubbio. Alcuni siti web, si sono divertiti a pubblicare dieci validi motivi per cui fare una donazione sia un gesto davvero indispensabile.

Si va dai vantaggi per sè a quelli per gli altri, dalle motivazioni più serie e impegnate a quelle decisamente più leggere.

Noi siamo pienamente d’accordo con loro. Vediamole insieme.

1. Perché salvi una vita!

Donare il sangue salva una vita, anzi tre. Da ogni sacca di sangue intero donata possono essere prodotte fino a tre sacche mediante separazione degli emocomponenti: concentrati eritrocitari, concentrati piastrinici, plasma.

2. Perché aiuti molte persone!

Permette non solo di salvare la vita a chi è vittima di un incidente o a chi necessità di sangue per i trapianti o le operazioni chirurgiche, ma soprattutto alle migliaia di persone che soffrono di patologie legate al sangue e che necessitano in maniera periodica o addirittura giornaliera di trasfusioni e farmaci plasma derivati.

3. Perché ti tieni sotto controllo!

Donare sangue periodicamente garantisce un controllo costante del nostro stato di salute, attraverso visite sanitarie da parte dei medici prelevatori e accurati esami di laboratorio, in modo assolutamente gratuito e nel pieno rispetto della privacy.

4. Perché aiuti a garantire l’autosufficienza!

Per garantire l’autosufficienza, specie per i plasmaderivati. Solo i Donatori periodici e l’aumento di nuovi Donatori, può far fronte al costante aumento del fabbisogno di sangue ed emoderivati.

5. Perché il sangue non si fabbrica!

Il sangue umano è un prodotto naturale e non riproducibile artificialmente in laboratorio. Solo la donazione volontaria, anonima, gratuita e responsabile dei Donatori ci permette di raccoglierlo.

6. Perché servono solo pochi minuti!

Donare sangue non comporta un notevole dispendio di tempo. La donazione dura pochi minuti, nella piena tutela del donatore e nel rispetto di precise normative nazionali.

7. Perché non fa male!

Donare il sangue è “indolore”, non dannoso per la salute e assolutamente sicuro perché tutto il materiale utilizzato è monouso. La donazione non comporta alcun disagio fisico e il sangue donato viene riprodotto in brevissimo tempo dal nostro organismo.

8. Perché possiamo farlo tutti!

Per donare il sangue non bisogna essere superuomini né eroi, è sufficiente essere sani ed aver compiuto diciotto anni.

9. Perché è un dovere!

Donare il sangue è un gesto di solidarietà, altruismo. Un dovere sociale.

10. Perché è utile!

Perché tutti potremmo avere bisogno di sangue.
Anche tu!

 

…E poi perché fai colazione gratis! …E non è davvero niente male

10 semplici accorgimenti quotidiani per ridurre la propria impronta ecologica

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10 semplici accorgimenti quotidiani per ridurre la propria impronta ecologica

 

L’impronta ecologica è un parametro introdotto nel 1996 da Mathis Wackernagel e William Rees, che misura quanto l’umanità richiede alla biosfera in termini di terra e acqua biologicamente produttive, necessarie per fornire le risorse che usiamo e per assorbire i rifiuti che produciamo.
Lo stile di vita dei paesi occidentali porta tutti noi ad avere un’impronta ecologica eccessiva sul pianeta. Ma con alcuni accorgimenti, gran parte dei quali a costo zero, è possibile “pesare” meno sulle risorse e l’ambiente.


1. CERCA DI ACQUISTARE MERCI PRODOTTE VICINO A TE
Ogni anno i trasporti generano il 13% del totale delle emissioni di Co2 del pianeta, la maggioranza delle quali generate dal trasporto delle merci. L’ideale ovviamente è acquistare prodotti a Km0, ma nel caso non sia possibile presta comunque attenzione al luogo di provenienza dei prodotto che stai per acquistare e scegli quello che ha dovuto fare meno chilometri per raggiungere il supermercato. Se tutti cominciassimo a selezionare i prodotti che acquistiamo anche in base a questo criterio il pianeta ci ringrazierebbe.


2. MANGIA MENO CARNE
Sapevate che un manzo cresciuto in allevamento intensivo nel corso della sua crescita consuma 5mila chili di mangimi, ma una volta macellato si trasforma in non più di 300kg di carne da mangiare? Per ogni kg di carne prodotta sprechiamo da 10 a 15 chili di cereali che potrebbero servire a sfamare il pianeta. Inoltre gli allevamenti sono responsabili diretti anche dell’inquinamento e dell’eccessivo consumo di risorse idriche. I processi coinvolti nell’allevamento di animali generano una produzione di gas serra equivalente al 18% delle emissioni globali, mentre quasi il 25% del totale delle risorse idriche utilizzate ogni anno nel mondo servono per gli allevamenti. Dati più che sufficienti per capire come una riduzione della propria impronta ecologica sul pianeta passi innanzitutto per una riduzione del consumo di carne.


3. CONSUMA ALIMENTI FRESCHI E BIOLOGICI
I terreni coltivati organicamente catturano e trattengono molta più anidride carbonica rispetto alle coltivazioni industriali. Se coltivassimo biologicamente tutta la frutta e la verdura che consumiamo, potremmo togliere miliardi di tonnellate di diossido di carbonio dall’atmosfera. Cerca inoltre di preferire sempre i prodotti freschi, un cibo surgelato richiede infatti 10 volte la quantità di energia sufficiente per la produzione di un cibo analogo fresco.


4. BEVI L’ACQUA DEL RUBINETTO
Preferire l’acqua del rubinetto significa contribuire a ridurre la quantità di plastica prodotta a livello globale ed anche le emissioni dovute al trasporto dell’acqua in bottiglia. Con 192 litri pro capite, l’Italia è al primo posto in Europa per il consumo di acqua in bottiglia. Per la produzione dell’imballaggio (il 78% dell’acqua consumata nel nostro Paese è in bottiglia di plastica), si utilizzano 350mila tonnellate di plastica, pari a 665mila tonnellate di petrolio. L’impronta ecologica di un litro di acqua del rubinetto è da 200 a 300 volte inferiore rispetto ad un litro di acqua acquistata in bottiglia.


5. SMALTISCI CORRETTAMENTE GLI OLI DA CUCINA
Versare in uno specchio d’acqua un solo litro di olio fritto è in grado di formare una pellicola inquinante grande quanto un campo da calcio e di rendere non potabile un milione di litri d’acqua. Certo, i depuratori nelle città esistono anche a questo scopo, ma tenete presente che l’olio in ogni caso intasa le tubature e causa problemi anche ai depuratori più sofisticati. Il metodo corretto di smaltimento è collocare l’olio esausto in un contenitore e portarlo allo smaltimento differenziato oppure, se ciò non vi è possibile, è sempre meglio metterlo in un contenitore ben sigillato e riporlo nella spazzatura tradizionale.


6. LA DOCCIA È MEGLIO DELLA VASCA
Una doccia richiede circa un quarto dell’acqua, e dell’energia per scaldare la stessa, rispetto ad un bagno. Per massimizzare il risparmio, installa un diffusore per la doccia a risparmio energetico: oltre all’energia risparmierai anche l’acqua, che è un bene prezioso. Anche in tutti gli altri rubinetti di casa l’istallazione dei diffusori comporta una riduzione fino al 50% dell’acqua consumata.


7. QUANDO NON USI UN ELETTRODOMESTICO STACCA LA SPINA
Usa il bottone di spegnimento presente sull’apparecchio. Un televisore acceso per 3 ore al giorno (il tempo che gli europei passano in media davanti alla TV) e lasciato in stand-by per le rimanenti 21 ore, usa circa il 40% dell’energia nella modalità stand-by. Inoltre ricorda di staccare trasformatori e caricabatterie dalle prese: essi rimangono sotto tensione ed assorbono energia anche quando l’apparecchio è spento o scollegato. Ognuno di questi trasformatori consuma da 1 a 5 watt: supponendo che in una casa ce ne siano una dozzina, semplicemente staccandoli dalla presa di corrente quando non ne hai bisogno potresti risparmiare fino 40 euro all’anno sulla bolletta.


8. QUANDO POSSIBILE È MEGLIO UTILIZZARE GLI ELETTRODOMESTICI ALLA SERA
Nei giorni festivi, nelle ore serali e notturne, l’energia elettrica costa meno, perché c’è meno richiesta. L’energia elettrica è un bene che va prodotto nello stesso istante in cui viene consumato, quindi il prezzo sale nei momenti di maggiore consumo. Logicamente il risparmio nell’utilizzo di lavatrici, lavastoviglie ed altri dispositivi nelle ore serali e nel fine settimana non è solo economico. Infatti servono più centrali per assorbire i momenti di picco, ma se la domanda fosse meglio distribuita nel tempo, basterebbero meno centrali elettriche.


9. PRESTA ATTENZIONE AL MODO IN CUI USI INTERNET
Sapevate che anche le e-mail inquinano? Tra l’invio e la ricezione di un messaggio di un megabyte vengono emessi in media 19 grammi di Co2: in pratica spedire 8 mail equivale alle stesse emissioni prodotte da un auto per ogni chilometro percorso. E’ quindi importante ridurre in numero di mail non necessarie inviate ed evitare allegati inutili. Inoltre anche l’utilizzo di internet provoca inquinamento, su questo punto è importante sapere che il monitor del computer usa molta meno energia se visualizza pixel neri invece che bianchi. Piccoli accorgimenti, come l’utilizzo di Blackle, la versione di google a sfondo nero, rappresentano buoni sistemi per risparmiare energia.


10. GUIDA L’AUTO CORRETTAMENTE E CONTROLLA LE GOMME
L’ideale ovviamente è muoversi con i mezzi pubblici, la bicicletta o sistemi di condivisione delle auto (“car sharing”) ormai diffusi in molte città. Me se proprio non vi è possibile rinunciare all’auto, ci sono un paio di accorgimenti da tenere a mente per rendere meno impattanti i propri viaggi. Innanzitutto guida senza sbalzi: si possono ridurre le emissioni migliorando lo stile di guida, cioè senza accelerare a fondo quando non necessario, mantenendo una velocità costante, cercando di tenere bassi i giri del motore e spegnendo il veicolo quando si resta fermi per più di un minuto. Inoltre è bene controllare spesso la pressione delle gomme in modo da tenerla appropriata, se ottimale può diminuire il consumo di carburante di oltre il 3% e, visto che ogni litro di benzina in meno risparmia 34 chili di anidride carbonica all’atmosfera, ogni miglioramento nell’efficienza del carburante fa la differenza.

 

 

fonte: http://www.dolcevitaonline.it/10-semplici-accorgimenti-quotidiani-per-ridurre-la-propria-impronta-ecologica/

L’Australia cancella l’incubo dei black out con una batteria gigante ed ecologica.

 

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L’Australia cancella l’incubo dei black out con una batteria gigante ed ecologica.

Una batteria gigante (e pulita) cancella in Australia l’incubo dei black out

Il progetto di Elon Musk, il fondatore di Tesla, garantirà energia costante a 30 mila famiglie 

Quando Elon Musk pensa qualcosa, in genere lo fa in grande. Letteralmente. E così, per risolvere in parte il problema della crisi energetica in Australia, il visionario fondatore e ceo della Tesla ha installato una gigantesca batteria al litio da 100 megawatt – la più grande al mondo – nel sud del Paese.  A Jamestown, a 30 chilometri da Adelaide non lontano da Hornsdale.

L’obiettivo è quello di fornire energia a 30mila famiglie australiane nelle ore di punta, quando l’elettricità lavora a intermittenza. In pratica, la pila gigante sviluppata da Tesla e dalla francese Neoen sarà alimentata con l’elettricità prodotta dal parco eolico di Hornsdale, sviluppato e gestito da Neoen, produttore francese di energia verde e filiale di Impala, la holding di Jacques Veyrat. Il suo compito è quello di accumulare energia e rilasciarla nel momento in cui la domanda è al top. E siccome il numero uno di Tesla va pazzo per le sfide, la batteria è tre volte più potente di quelle della novantina di competitor che hanno partecipato al bando.

Un maxi-piano per le rinnovabili

Per il premier dell’Australia del Sud, Jay Weatherill, il progetto “invia un messaggio chiaro al resto del mondo: l’Australia del Sud sarà leader nelle energie rinnovabili”. Oggi nel Paese il 63% dell’elettricità proviene dal carbone e la fornitura elettrica è una vera e propria piaga che affligge 1,7 milioni di persone.

Alla fine dello scorso anno è bastata una tempesta a lasciare lo stato dell’Australia Meridionale senza elettricità a seguito di un danno alla rete. Il governo dello Stato meridionale, che si è posto l’obiettivo di arrivare entro il 2020 a produrre il 33% dell’energia dalle fonti rinnovabili, ha reagito ai rischi di penuria annunciando un piano di 500 milioni di dollari australiani (33 milioni di euro) che prevede, fra l’altro, la batteria gigante.

fonte: https://www.agi.it/innovazione/batteria_gigante_australia-3160180/news/2017-11-24/